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Ultimo utente: Master A
« Risposta #30 inserita:: Novembre 21, 2009, 19:04:47 »
Ciao a tutti, forse l'argomento può sembrare ozioso...e lo è...in senso etimologico. Nei momenti di ozio, cioè di mancanza di attività fisica che nel nostro caso è quella sul tatami, il cervello si permette delle elucubrazioni su quello che si fa con il corpo. In effetti in pensiero non pensa se stesso ma le azioni del corpo: parlare, mangiare, combattere...Se tenta di pensare al pensiero, al massimo pensa ad una "testa" che pensa...
Quindi, il buon KohaiAds ci ha dato "oziosamente" informazioni e degli elementi di ulteriore ragionamento...sempre "ozioso" in quanto se avessi qualche cosa da fare...non stare ad oziare davanti al computer.
La postura più vicina al Sanchin che paratico nei miei kata è Seishan Dachi dall'omonimo kata. Anche nel Wadoryu riveste una notevole importanza nella forma Tate. Per costruirla basta ruotare di 90° dalla parte della gamba arretrata e avremmo un Zenkutsu dachi un pò più corto con la punta del piede anteriore che va verso l'interno, praticamente indirizzata verso il nostro avversario. Questa postura diventa quasi naturale e spesso, anche arbitrariamente, sostituisce il nostro zenkutsu (junzuki) dachi creando dei problemi, non ai praticanti che l'hanno assimilata, ma agli arbitri nelle gare di kata. Viene identificata da qualche maestro di wado come l'equivalente di Fudo dachi, la postura consolidata, e ritengo neanche a torto in quanto quel piede verso l'interno allineato al tallone del piede arretrato costringe i muscoli delle gambe e dell'addome a contrarsi, leggermente, e "consolidare" verso l'interno il Ki, giusto all'altezza del tandem proiettandolo verso l'avversario.
Gli arbitri che conoscono poco le dinamiche Wado penalizzano i passaggi dei kata che prevedono negli altri stili il più ampio e anche più bello Zenkutsu. Ad esempio proprio nel Seishan, kata fondamentale, dopo la parte lenta in cui si esegue tutto in Yoko Seishan, la parte veloce propone il Tate Seishan che confrontandolo con lo Zenkutsu dello Shoto in questo passaggio del loro Hangetsu, risulta una postura "bruttina"...
Tate Seishan diventa quindi una postura "qualificante" il wado nei suoi figthing concepts la cui giustificazione risale alla contaminazioni di jujtsu: se scivolo in avanti, devio un attacco anticipandolo e la postura mi consente di lanciare una tecnica con lo stesso braccio e concludere con Giakuzuki (sto semplificando in un esempio); se scivolo all'indietro ... è la stessa cosa!
« Risposta #31 inserita:: Novembre 22, 2009, 01:08:33 »
ciao maurizio
Citazione
Secondo voi, esiste un Dachi, una postura che qualifica lo stile che praticate?
secondo me , no! almeno nel karate no
poi oggi come oggi (evoluzione) se talunno maestro (avendo requisiti e capacita intuitive sopra la norma)
vuole trasformare il karate (prevalemntemente lancio degli arti 70%) in qualcosa di diverso ,e possibile che convenga adottare posizioni precise per esprimere e rendere efficace la tecnica (vedesi sankakudai nell'aikido)
Citazione
Chi ci dice qualcosa sullo Shito?
avendo come base tecnica,nahate shurite e tomari non penso che lo shitoryu non abbia o debba avere qualche posizione peculiare di stile
e se ci potrebbe essere, non potrebbe che essere ,shiko dachi ,pero ne dubito (mi informero)
concludendo ,penso ,che le posioni nello shitoryu, esprimono requisiti piu naturali posibili al nostro corpo
senza forzature ulteriori
in maniera che ,si è piu diretti (veloci) possibili all'occorenza
« Risposta #32 inserita:: Novembre 23, 2009, 13:32:25 »
Ciao a tutti,
La postura "qualificante" che qualifica uno stile non è ovviamente una postura-dachi sic et simpliciter.
Se cosi fosse ognuno di noi praticherebbe lo stile del "neko ashi" dello "shiki dachi" e cosi via.
Il karate come lo conosciamo, cioè di derivazione okinawense, nasce ad opera di pochi codificatori che avevano esigenze diverse e particolari: militari, di fitness, estetiche, di spettacolo, per affermare una tradizione e altre sfumature.
Il karate è diviso in pochi stili mondiali, quelli riconosciuti dal goveno giapponese nel 1942 e altri che pur non avendo quello status, vengono comunque insegnati e praticati. Includo in questa casisitica anche gli stili cinesi, semplificando. Gli stili "ufficiali" si sono diversificati per il corpus tecnico che presentarono per il riconoscimento e, se pur avevano delle similitudini, vennero riconosciuti come differenti dalla commissione di esperti nipponici. Noi possiamo cercare di fare il percorso a ritroso: dalle tecniche che quotidianamente utiliziamo in palestra possiamo cercare di ricostruire la struttura strategica e tattica che i fondatori avevano individuato nel periodo della genesi dello stile.
Ad esempio nel Wado, Otsuka diceva che quello che noi chiamiamo Shiko Dachi era una postura derivata dal Sumo e si chiamava Shimata Dachi e serviva per praticare appunto la lotta. Il Naihanchi dachi era la postura di chi voleva praticare il karate.
Negli interventi scritti ci sono molti spunti di riflessione che derivano dalle sensazioni che la pratica ha suscitato negli scriventi. ...Si "sente" che in quella postura si fa meglio il karate che pratico... e da questo approccio può partire l'analisi dei movimenti e del modo di esegure i kata per arrivare al concetto di combattimento che li descrive.
Personalmente oltre a questo aspetto, ho avvertito l'esigenza di capire da un punto di vista storico che "cosa" stessi praticando e che tanto tempo e denaro mi ha impegnato.
Ad esempio, Zenkutsu dachi che esprime oltre alla postura un atteggimento, è stato ribbattezzato per utilizzarlo nel wado Junzuki dachi. Ovviamente dietro al cambio del nome c'è una concezione diversa della sua funzione.
Un abbraccio [/quote] Potresti spiegare questa concezione diversa?
« Risposta #36 inserita:: Luglio 24, 2017, 11:31:28 »
Sono passati otto anni Ninja, la quasi totalità degli utenti della discussione, tra cui giogio che hai quotato e che si è addirittura cancellato, non scrivono più da tempo. Meglio, direi, viste le stupidaggini scritte da alcuni karateka.