"Sembra, quindi, che le ryūha bugei e gli strumenti pedagogici loro associati puntassero sin dall’inizio al raggiungimento di ideali più astratti di crescita ed illuminazione. Cioè le ryūha bugei rappresentavano un’astrazione della scienza militare e non una mera applicazione della stessa. Esse favorirono i tratti di carattere e l’acume tattico che rendeva chi le praticava un guerriero migliore, ma i loro obiettivi ed ideali erano più simili a quelli dell’educazione liberale che non della vocazione all’allenamento. In altre parole, i bugeisha, anche nel periodo Sengoku, avevano molto di più in comune con gli atleti di tiro olimpionico – allenamento con armi specializzate per sviluppare livelli esoterici di abilità in condizioni ben definite – che con i fucilieri dei Marines. Essi avevano inoltre molto – forse di più – in comune con i praticanti dell’era Tokugawa o delle moderne arti marziali che non con i combattenti ordinari dei loro stessi giorni.
Sostanzialmente sto asserendo che non ci fu un sostanziale mutamento di scopi educativi tra le arti marziali del tardo 16° e quelle della metà del 17° secolo. Il budō dell’era Tokugawa non rappresenta una metamorfosi dell’arte marziale tardo medievale, ma la sua propria maturazione. Le stesse ryūha bugei costituirono un fenomeno nuovo, una derivazione – non uno sviluppo lineare – del precedente e più prosaico addestramento militare."
"Sembra, quindi, che le ryūha bugei e gli strumenti pedagogici loro associati puntassero sin dall’inizio al raggiungimento di ideali più astratti di crescita ed illuminazione. Cioè le ryūha bugei rappresentavano un’astrazione della scienza militare e non una mera applicazione della stessa. Esse favorirono i tratti di carattere e l’acume tattico che rendeva chi le praticava un guerriero migliore, ma i loro obiettivi ed ideali erano più simili a quelli dell’educazione liberale che non della vocazione all’allenamento. In altre parole, i bugeisha, anche nel periodo Sengoku, avevano molto di più in comune con gli atleti di tiro olimpionico – allenamento con armi specializzate per sviluppare livelli esoterici di abilità in condizioni ben definite – che con i fucilieri dei Marines. Essi avevano inoltre molto – forse di più – in comune con i praticanti dell’era Tokugawa o delle moderne arti marziali che non con i combattenti ordinari dei loro stessi giorni.
Sostanzialmente sto asserendo che non ci fu un sostanziale mutamento di scopi educativi tra le arti marziali del tardo 16° e quelle della metà del 17° secolo. Il budō dell’era Tokugawa non rappresenta una metamorfosi dell’arte marziale tardo medievale, ma la sua propria maturazione. Le stesse ryūha bugei costituirono un fenomeno nuovo, una derivazione – non uno sviluppo lineare – del precedente e più prosaico addestramento militare."
« Risposta #2 inserita:: Luglio 19, 2017, 17:35:17 »
Bello!
"professor Karl Friday, storico del Giappone e studioso della tradizione marziale giapponese (che ha ricevuto la trasmissione completa nel Kashima Shin-ryu) in questo estratto di un’intervista del 2009:"
Citazione
Il senso comune lega lo sviluppo delle arti marziali giapponesi (ryūha bugei) alla storia della guerra. Tale assunto parte dal presupposto che i sistemi e le scuole di arti marziali si svilupparono inizialmente quali strumenti per aumentare le abilità dei combattenti, in risposta all’aumentata domanda di uomini d’arme specializzati dovuta agli assetti dell’epoca Sengoku. I guerrieri che speravano di sopravvivere e prosperare sui campi di battaglia medievali, iniziarono a richiedere formazione da veterani talentuosi che, a loro volta, iniziarono a codificare le loro conoscenze ed a strutturare il loro studio. Quindi le bugei ryūha nacquero più o meno direttamente dalle esigenze della guerra medievale. La teoria prosegue asserendo che i due secoli e mezzo della Pax Tokugawa, iniziata nel 1600, apportò dei radicali cambiamenti alla pratica delle arti marziali. L’insegnamento divenne professionalizzato e, in alcuni casi, commercializzato; i tempi di addestramento si allungarono, i programmi tecnici vennero formalizzati; e nacquero elaborati sistemi di graduazione degli allievi. Fatto ancor più rilevante, poi, gli scopi ed i motivi che soggiacevano alla pratica bugei mutarono. I Samurai, che non si aspettavano più di trascorrere il loro tempo sui campi di battaglia, cercarono e trovarono una nuova motivazione logica per studiare le arti marziali, avvicinandosi ad esse non solo per un fine di efficacia nel combattimento, come avevano fatto i loro antenati, ma per uno scopo di elevazione spirituale dell’Io.
Questa è fondamentalmente la storia che ho sintetizzato nel mio libro “Legacies of the Sword”. Essa prende le mosse dall’assunto logico che le ryūha bugei ebbero origine come strumenti per l’addestramento militare ordinario e si evolvettero nel budō, un mezzo di più ampio sviluppo dell’io e di auto realizzazione. Ma ci sono dei problemi con quest’immagine che diventano chiari se la si giustappone alle recenti ricerche sulla guerra medievale.
È chiaro, innanzitutto, che le ryūha bugei non possono aver contato per più che una piccola porzione dell’addestramento militare del sedicesimo secolo. C’erano al massimo poche dozzine di ryūha nel 16° secolo ma le armate dell’epoca mobilitavano regolarmente decine di migliaia di uomini. Ammettendo che persino una frazione del numero complessivo dei guerrieri dell’epoca Sengoku avessero appreso le loro conoscenze da una o più ryūha, ciascuna delle ryūha del periodo avrebbe dovuto aver addestrato almeno svariate centinaia di allievi all’anno. Le ryūha bugei, quindi, devono aver avuto un’attività specializzata, seguita solamente da una piccola percentuale dei guerrieri Sengoku.
Tema ancor più vasto, inoltre, è quello dell’effettiva applicabilità delle capacità che i bugeisha tardomedievali si concentrarono a sviluppare per la guerra del sedicesimo secolo. Un esempio: strategia e tattica si stavano evolvendo dal 15° secolo in poi – esattamente il periodo in cui le bugei ryūha iniziarono a comparire sulla scena – da un’impostazione basata sul singolo guerriero o sulle tattiche di piccoli gruppi, alle manovre tattiche di unità disciplinate molto più numerose. E questo significa che le ryūha bugei, che si concentravano sullo sviluppo dell’abilità nel combattimento del singolo, emersero e fiorirono quasi in maniera inversamente proporzionale all’esigenza di singoli guerrieri specializzati sui campi di battaglia.
Tutti gli studi recenti sulla guerra tardomedievale, inoltre, sottolineano come le spade non furono mai l’armamento principale in Giappone e che esse furono, semmai, delle armi supplementari, in maniera analoga alle pistole portate dai soldati contemporanei. Anche se le spade erano portate in battaglia, esse erano utilizzate molto più spesso nei combattimenti di strada, nelle rapine, negli assassinii ed in altri disordini civili, fuori dai campi di battaglia.
D’altro canto, quasi tutte le ryūha che si rifanno al periodo Sengoku, o a periodi precedenti, dichiarano che la scherma giocava un ruolo centrale nel loro addestramento, sin dall’inizio. Tsukahara Bokuden, Kamiizumi Ise-no-kami, Iizasa Chōisai, Itō Ittōsai, Yagyū Muneyoshi, Miyamoto Musashi e altri fondatori di scuole d’arti marziali erano – e sono – tutti ben noti per la loro abilità di schermidori.
Inizialmente mi sono stupito che il ruolo della scherma nelle arti marziali medievali rappresentasse una sorta di prova principalmente contraria alle conoscenze accreditate sulla guerra del tardo medioevo. Dopotutto, se le bugei ryūha emersero come sistemi per addestrare i guerrieri alla battaglia, e fecero del loro cardine la scherma, ciò non suggerisce forse che le spade fossero molto più importanti nei conflitti medievali di quanto gli studi moderni ci lascino credere?
Dopo aver combattuto con questi dubbi per un bel po’, mi sono alla fine convinto che il problema sta nella premessa iniziale a questo ragionamento. Tutte le domande che mi assillavano (perché le bugei ryūha emersero in un tempo in cui le capacità di comando stavano sorpassando in importanza le abilità di combattimento individuale quali elementi decisivi in battaglia e come chiave per una brillante carriera militare? Perché esistevano così poche ryūha nel periodo Sengoku e perché invece ne proliferarono rapidamente così tante nel corso dell’era Tokugawa, quando il tempo delle grandi battaglie era già passato? E perché la scherma era così prominente sino dalle più antiche bugei ryūha?) ebbero ben più facile risposta togliendo di torno la premessa secondo cui le bugei ryūha ebbero origine come strumenti di insegnamento delle tecniche per sopravvivere nei campi di battaglia. Ed è palesemente vero che ci sono così poche basi per tale ammuffito assunto, al di là del fatto le guerre erano endemiche in Giappone quando apparve la prima scuola di arti marziali. Il senso comune, cioè, si basa su un errore da post hoc ergo prompter hoc.
Sembra, quindi, che le ryūha bugei e gli strumenti pedagogici loro associati puntassero sin dall’inizio al raggiungimento di ideali più astratti di crescita ed illuminazione. Cioè le ryūha bugei rappresentavano un’astrazione della scienza militare e non una mera applicazione della stessa. Esse favorirono i tratti di carattere e l’acume tattico che rendeva chi le praticava un guerriero migliore, ma i loro obiettivi ed ideali erano più simili a quelli dell’educazione liberale che non della vocazione all’allenamento. In altre parole, i bugeisha, anche nel periodo Sengoku, avevano molto di più in comune con gli atleti di tiro olimpionico – allenamento con armi specializzate per sviluppare livelli esoterici di abilità in condizioni ben definite – che con i fucilieri dei Marines. Essi avevano inoltre molto – forse di più – in comune con i praticanti dell’era Tokugawa o delle moderne arti marziali che non con i combattenti ordinari dei loro stessi giorni.
Sostanzialmente sto asserendo che non ci fu un sostanziale mutamento di scopi educativi tra le arti marziali del tardo 16° e quelle della metà del 17° secolo. Il budō dell’era Tokugawa non rappresenta una metamorfosi dell’arte marziale tardo medievale, ma la sua propria maturazione. Le stesse ryūha bugei costituirono un fenomeno nuovo, una derivazione – non uno sviluppo lineare – del precedente e più prosaico addestramento militare.
(Per approfondimenti, leggere il mio articolo “Off the Warpath”, in Budo Perspectives di Alex Bennett [Auckland, New Zealand: Kendo World Publications, 2005], 249-68.)