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Martial Sharing => Interstile - discussioni in comune => Topic started by: Dipper on October 27, 2011, 19:26:32 pm

Title: Il fattore “Q”
Post by: Dipper on October 27, 2011, 19:26:32 pm
“Q” sta per quantità, ovviamente :om:

Di recente, un po’ qui e un po’ di là, ho notato che spesso viene fuori il discorso su quanto viene fatta una certa cosa come metro di giudizio.

I pugili in proporzione si allenano ai pugni più dei nak muay quindi i loro pugni sono migliori.
Chi ha la fortuna di allenarsi tutti i giorni è certamente più in alto di chi si allena tot volte a settimana.
... e così via...

Sebbene è innegabile che Q sia un fattore influente soprattutto in difetto, nel senso che non si può scendere sotto una certa soglia per allenarsi bene, mi viene da pensare che sia di frequente sovradimensionato.

Ad esempio, dovendo perdere peso, mi ero messo a correre un giorno sì e uno no per un’ora, lungo lento, senza grossi risultati, e anzi nonostante macinassi km andavo peggiorando. Ora, seguendo i consigli di un amico, allenandomi per massimo 30 minuti 2 o 3 volte a settimana ho ottenuto risultati decisamente non paragonabili.

Anche il mio sensei, anni addietro, parlò al dojo dicendo che in precedenza anche lui era convinto che più è meglio è, ma che con gli anni si era accorto che certi concetti, certe finezze, necessitano comunque di un processo di elaborazione che non può essere accelerato semplicemente aumentando la frequenza degli allenamenti.
Non è affatto detto che 300 ore di allenamento all’anno diano lo stesso risultato di 150 all’anno per due anni.

Per quanto ne so, dovrebbe essere assodato che il riposo è un momento fondamentale per il miglioramento delle performance (anzi è il momento in cui le performance migliorano in risposta allo stimolo dato durante l'allenamento), e che 4 giorni ben programmati a settimana sono infinitamente più produttivi di 7 giorni alla morte, magari con una sessione dello stesso esercizio allo sfinimento ripetuto più giorni consecutivi.

Non parliamo poi in generale dell'usanza antica di far ripetere tipo 300 volte la stessa tecnica allo stremo, senza contare che magari dopo 50 si perde la forma e di conseguenza per l'85% dell'esercizio si insegna al corpo un modo sbagliato di portare il colpo, per allenare una resistenza che potrebbe essere allenata in modi molti più produttivi (questo è un concetto spiegato molto bene nel libro consigliatomi da zio Spartan), ad esempio portare la tecnica il massimo numero di volte che si riesce con un compagno che sta attento che non si perda la forma. Dopo che si è persa la forma definitivamente, l'esercizio finisce.

Secondo ma a volte nonostante questo sia un concetto apparentemente condiviso, è chiaro che si sottovaluta troppo spesso il fatto che “l’altra Q”, qualità, soccombe troppo facilmente alla “Q”.
Naturale che entrambe le Q insieme sono meglio, ma bisogna anche riflettere che mentre troppa quantità può addirittura essere controproducente, la qualità migliora indefinitamente con riflessi sempre positivi, e che quindi meriterebbe più attenzione.

Senza contare che ci possono anche essere altre condizioni, tra cui anche il talento, l'intelligenza, la capacità di metabolizzare, di immaginare, di produrre...

Ma sono solo pensieri miei… non dogmi. Mi interessava sapere che ne pensate al riguardo.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Hung-gio on October 27, 2011, 22:39:53 pm
Sicuramente è fondato il tuo discorso.
In prims è accertato che mentre si dorme il cervello elabora ciò che si è fatto durante la giornata e lo cataloga e stabilizza. In poche parole si impara più di notte( inteso quando si dorme naturalmente) che di giorno.
In secondo luogo lo sforzo troppo intenso del corpo è pericoloso perchè può portare a danni peggiori o bene che vada, come giustamente hai esposto, ad una diminuzione della qualità dell'allenamento.

Detto questo il limite umano è molto più alto di quello che pensiamo. Se gli atleti professionisti si allenano giornalmente , e praticamente senza mai fare pause, un motivo ci sarà.
Pensare di iniziare a praticare un'arte marziale dal primo giorno per diverse ore mi sembra assai azzardato. Il corpo ha bisogno di preparazione e la volontà anche.
Ma arrivati ad un certo livello(parecchi anni di dura pratica) e potendo permetterselo allenarsi qualche ore la mattina e qualche ore la sera non è una cosa impossibile. Il lavoro deve essere ben calibrato naturalmente e SOPRATTUTTO se ci si vuole allenare molte ore al giorno deve essere studiato in ogni dettaglio per cercare di sfruttare al massimo il corpo senza danneggiarlo. Quindi devono essere previste le giuste pause e anche gli allenamenti non devono essere svolti senza cognizizone di causa. Inoltre il corpo deve essere in buona salute e bisogna considerare anche gli atri fattori, come l'età. Non ci si può allenare a 50 anni come lo si faceva a 20.

Il discorso sulla tecnica varia un po', soprattutto riguardo le ripetizioni. Fare 2000 ripetizioni( sono esempi naturalmente) o 5000 difatti non fa variare molto il risultato per i motivi di cui abbiamo discusso prima. Ma se ogni giorno si fanno 1000 ripetizioni invece di 100 il discorso cambia eccome. Esiste forse un punto limite ( che dipende poi da persona a persona) dove si smette di crescere, ma di solito è così elevato che non ci avviciniamo neanche minimamente. L'appunto riguardo il tempo prolungato è anch'esso corretto, ( distribuire gli allenamenti in più anni), ma come dicevo questo funziona sempre in un certo margine molto alto ,quindi tra fare 200 allenamenti in 2 anni e 400 nello stesso tempo, è sicuramente migliore la seconda opzione.

Quindi in definitiva ,si, allenarsi TROPPO può far male, ma di solito (almeno per me) il troppo è così lontano che non è certo un problema .
Anzi direi che il problema opposto , cioè l'allenarsi non abbastanza sia pìù alla nostra portata. Naturalmente mi scuso per le eventuali eccezioni :)!
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Barvo Iommi on October 27, 2011, 23:01:15 pm
in linea di massima, nella mia umile esperienza per le pratiche fisico atletiche la Q importante è quella di qualità, per quelle tecniche torna buona la Q di quantità, per interiorizzare e automatizzare il gesto, senza mai dimenticare la Q più importante che quella prima della I  :)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Gelo - Killer Whale is back! on October 28, 2011, 09:26:36 am
Da quanto ho letto[1], un allenamento fisico intensivo può risultare dannoso se praticato a lungo.
D'altro canto, un allenamento troppo leggero non porta significativi cambiamenti nel sistema muscolo-scheletrico e nel metabolismo del praticante.

Tuttavia, per gli atleti, periodi intensivi di allenamento sono indicati sia per uscire dalla routine psico fisica dell'allenamento standard sia per potenziare ulteriormente le proprie prestazioni.

Per quanto riguarda il settore tecnico, il ripetere un movimento, lo sistema in quella che viene definita memoria motoria, ossia quella parte della nostra memoria che ci consente di eseguire un movimento in modo quasi incosciente[2].
Tuttavia và posta l'accortenza sull'esattezza del movimento e sull'attenzione che si pone ad eseguire. Una lunga esecuzione fà calare di certo l'attenzione, con tutti gli errori che ne derivano.

In tutto questo, dopo il mio mucchio di banalità, spero di aver contribuito a qualcosa. :)
 1. libri e articoli di giornali
 2. esempi classici sono il mangiare o lo scrivere sulla tastiera del pc
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: The Spartan on October 28, 2011, 09:56:52 am
Non il quanto ma il come...
A un certo livello poi il come me quanto.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Barvo Iommi on October 28, 2011, 10:04:13 am
quome, si dice quome  :)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Shurei-Kan on October 28, 2011, 10:32:49 am
Un appoggio a Ryujin e a Gelo.

Io provengo da quel filone che predicava l'importanza di entrambe le "Q" Qualità e Quantità e sosteneva anche che se la Qualità tecnica (non parlo ora di Qualità dell'allenamento) al momento era quello che era, la Quantità era certamente raggiungibile da tutti e quindi cosa buona e giusta.
Devo dare atto al mio maestro storico che dopo aver per anni seguito questa pratica, è andato un po' controcorrente e si è ricreduto totalmente pur senza mai sminuire l'importanza di quella Quantità seppur più logica e sensata.
Ricordo uno degli ultimi allenamenti con un Grande Maestro, ora scomparso, dove ci prlò di questa importanza della Qualità rispetto alla Quantità. Ci disse che a causa della sua età e del suo stato di salute non poteva più praticare per lunghe ed estenuanti sessioni d'allenamento come un tempo e che ora (allora!) aveva compreso che era più profiquo per lui fare 15/20 minuti di allenamento 3/4 volte a sttimana piuttosto che 3 ore continuate in un solo giorno.
Ovviamente bisogna evitare che questo diventi una scusa e si passi ad allenarsi veramente troppo poco poco perchè tanto la prima Q (Qualità) è assodato è più iportante della seconda. Questa che dico è un'ovvietà lo so ma purtroppo conosco casi in cui succede e qui mi ricollego al discorso di "memoria motoria" citato da Gelo e di cui ho sentito parlare da preparatori e professionisti più imparati di me.....
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 28, 2011, 12:53:20 pm
“Q” sta per quantità, ovviamente :om:

Per quanto ne so, dovrebbe essere assodato che il riposo è un momento fondamentale per il miglioramento delle performance (anzi è il momento in cui le performance migliorano in risposta allo stimolo dato durante l'allenamento), e che 4 giorni ben programmati a settimana sono infinitamente più produttivi di 7 giorni alla morte, magari con una sessione dello stesso esercizio allo sfinimento ripetuto più giorni consecutivi.

Non parliamo poi in generale dell'usanza antica di far ripetere tipo 300 volte la stessa tecnica allo stremo, senza contare che magari dopo 50 si perde la forma e di conseguenza per l'85% dell'esercizio si insegna al corpo un modo sbagliato di portare il colpo, per allenare una resistenza che potrebbe essere allenata in modi molti più produttivi (questo è un concetto spiegato molto bene nel libro consigliatomi da zio Spartan), ad esempio portare la tecnica il massimo numero di volte che si riesce con un compagno che sta attento che non si perda la forma. Dopo che si è persa la forma definitivamente, l'esercizio finisce.


Per il primo punto perfettamente d'accordo. Sul fatto che il troppo..stroppia perfettamente d'accordo. Sulle ripetizioni invece può essere voluto. Se faccio tirare 100 pugni contro il sacco a un baldo giovane e questo non usa l'anca perché il tricipite è bello in forma se non lo sfianco potrebbe non capire come fare intervenire le ossa e i muscoli per sopperire al fatto che il tricipite è morto.
Se il tricipite non mi supporta più nell'allugamento devo fare intervenire anche e tronco per lanciare il colpo. Il tricipite diventa passivo. E per farlo capire devo sfiancare. Questo vale per i principianti che hanno carburante e forza naturale da consumare. Bisogna farli stancare per far capire loro in combattimento che la tecnica è frutto di tutto il corpo e non di quel singolo muscolo. Così si passa dalla Quantità alla Qualità della tecnica. Qualità per me significa reggere per tutta la durata dell'incontro. E' qualità anche questa capacità. Vale in tutti gli sport. Anzi ti dirò che negli sport di resistenza è più evidente. Tipo il ciclismo. La quantità a sfinimento non serve per migliorare la tecnica, ma per capirla. Da qui in poi posso e devo allenarmi il giusto.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Clode on October 28, 2011, 13:40:09 pm
Bisogna allenarsi bene e bisogna allenarsi il giusto...
da li il bene è un concetto relativo...per me passare serata a tirare cazzotti a vuoto non è allenarsi bene...
Pure il tanto è relativo c'è gente che va in over dopo 3 minuti di corda...


Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 28, 2011, 14:00:52 pm
Aggiungo solo una precisazione: Premettendo condizioni fisiche adatte la Quantità ai fini dello sfinimento deve essere un allenamento voluto.
Cioè il maestro decide che la sessione di allenamento è dedicata a ripetere per sfinire in modo da mettere l'allievo in contatto con le sensazioni che il corpo restituisce in caso di stress e affaticamento.
Lo sfinimento deve essere un esercizio psicologico. Quindi se il mio allievo fa 100 colpi ed è ancora allegro gliene faccio fare altri 200, ma perché, in quella sessione, l'esercizio consiste nell'entrare nella condizione mentale, fisica di stress dovuto all'aver raggiunto lo sfinimento (non solo muscolare, ma anche psicologico) in breve tempo.
E' chiaro che questo allenamento è solo una parte del tutto. E' esperienza. Meglio che ci si abitui in palestra piuttosto che in combattimento quando lo stress porterà all'affaticamento fisico molto prima.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Paguro49 on October 28, 2011, 14:44:10 pm
Credo che ci siano più variabili in gioco, dalle attitudini ai talenti individuali, dal tipo di impegno el tipo di risposte che il fisico da.
Poi c'è sicuramente un distinguo fra l'attività di tipo professionistico e quella prettamente amatoriale.
L'atleta professionista si allena 4 o 5 giorni la settimana, in alcuni casi 6 (penso ai gruppi militari) dividendo in sessioni il lavoro, potendo dedicare a specifici aspetti, specifici programmi, da quelli atletici a quelli tecnici passando per aerobica, forza ecc.
Ovviamente, l'eccesso produce danni, anche per quello le sessioni di lavoro, perchè 2+2+2 (per sparare a caso) fa 6...ma non è uguale a 6.
Da un punto di vista marziale, la continuità, l'abitudine, aiutano l'assimilazione dei gesti che non dovranno passare per la memoria.
Allo stesso modo, il "dopolavorista" da due giorni a settimana per 90/120 minuti ciascuno, dovrà ogni volta "recuperare" la volta precedente, riaffermarla, per poi progredire nell'allenameno.
Quindi la distanza non è meramente matematica X giorni per X ore diviso... perchè c'è anche quanto perso fra un giorno e l'altro.
Posti questi due aspetti, ci sono tutte le variazioni sul tema, in un senso o nell'altro, che possono essere peggiorative, dall'amatore che va una volta a settimana e nemmeno sempre, col risultato di impiegare una enormità di tempo in più per raggiungere i vari step di esperienza e abilità, all'agonista esasperato che si ammazza 7 su 7 con sessioni interminabili da 3 o 4 ore l'una, andando in over sotto ogni punto di vista, sia tecnico (la lucidità ha un suo peso) che fisico e muscolare,
La Q di quantità, credo abbia due macro aree di riferimento (professionista e amatore) in cui tutto va bene secondo gli scopi prefissi, poi una serie di eccessi in un senso o nell'altro che sono comunque controproducenti.
Ovviamente, anche nel caso del "professionista" tutto va poi riportato e adattato alle caratteristiche fisiche personali, non a caso esistono figure professionali che stilano programmi di lavoro personalizzati.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Dipper on October 28, 2011, 15:07:11 pm
Un paio di punti su cui mi soffermerei.

Hung Gio: io non metto sotto processo i 1000 pugni in generale, ma i 1000 pugni a tutti i costi, magari eseguendoli da schifo pur per dire che se ne sono fatti 1000.

Attenzione poi a paragonarci con gli sportivi professionisti, che ammesso anche non si ripoiano mai (cosa di cui dubito fortemente) hanno l'allenamento organizzato in micro, meso e macrocicli, in maniera specifica e dettagliata da uno o più esperti.
Inoltre non dimentichiamoci che i professionisti sono fondamentalmente un altro tipo di animale, sia come patrimonio genetico che come stile di vita.

Iommi: sicuramente l'interiorizzazione di una tecnica (intesa come apprendimento e sviluppo dell'automatismo), passa attraverso la ripetizione. Ma se si ripete un movimento sbagliato per la maggior parte del tempo a causa dello sfinimento, si interiorizza un movimento sbagliato.

Clode e Shurei: certamente non bisogna eccedere nel senso opposto.

Bingo Bongo: ogni tanto anche secondo me ci sta spingere al limite dello sfinimento, non tanto per il fisico quanto per la mente, ma dovrebbe essere un episodio sporadico.
Interessante il discorso sulla didattica per stanchezza, ma mi chiedo se
1) non ci siano metodi migliori per insegnare un movimento corretto rispetto al dremilen ripetizionen...
2) se l'affaticamento non possa anche produrre effetti negativi durante l'esecuzione, tra cui sovraccarico di ginocchia, schiena e simili per compensare la ridotta operatività del muscolo.

Per il resto Biberonin ha anticipato molto di quello che volevo scrivere.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Barvo Iommi on October 28, 2011, 15:13:37 pm
Iommi: sicuramente l'interiorizzazione di una tecnica (intesa come apprendimento e sviluppo dell'automatismo), passa attraverso la ripetizione. Ma se si ripete un movimento sbagliato per la maggior parte del tempo a causa dello sfinimento, si interiorizza un movimento sbagliato.

Per il resto Biberonin ha anticipato molto di quello che volevo scrivere.
e hai ragione in effetti  :)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Saburo Sakai on October 28, 2011, 15:18:05 pm
Bella discussione e begli interventi.

Vi seguo con interesse.  :)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Ethan on October 28, 2011, 15:18:16 pm
sarebbe interessante un accenno alle modalità di recupero degli atleti professionisti e relative discipline
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Shurei-Kan on October 28, 2011, 15:31:26 pm
sicuramente l'interiorizzazione di una tecnica (intesa come apprendimento e sviluppo dell'automatismo), passa attraverso la ripetizione. Ma se si ripete un movimento sbagliato per la maggior parte del tempo a causa dello sfinimento, si interiorizza un movimento sbagliato.

Quote
ogni tanto anche secondo me ci sta spingere al limite dello sfinimento, non tanto per il fisico quanto per la mente, ma dovrebbe essere un episodio sporadico.

Sottoscrivo......
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Clode on October 28, 2011, 15:40:11 pm
"
Iommi: sicuramente l'interiorizzazione di una tecnica (intesa come apprendimento e sviluppo dell'automatismo), passa attraverso la ripetizione. Ma se si ripete un movimento sbagliato per la maggior parte del tempo a causa dello sfinimento, si interiorizza un movimento sbagliato.
"

Si ma "sbagliato è "diverso" da quello che vogliamo ottenere alias tutte le volte che eseguiamo un movimento diverso in meccanica e potenza a ciò che vorremmo ottenere stiamo sbagliando.
Lavoro e recupero dovrebbe far parte di qualsiasi pratica atletica...chi nei suoi allenamento non lo contepla evidentemente non sa cosa sta facendo...
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 28, 2011, 16:16:18 pm

Bingo Bongo: ogni tanto anche secondo me ci sta spingere al limite dello sfinimento, non tanto per il fisico quanto per la mente, ma dovrebbe essere un episodio sporadico.
Interessante il discorso sulla didattica per stanchezza, ma mi chiedo se
1) non ci siano metodi migliori per insegnare un movimento corretto rispetto al dremilen ripetizionen...
2) se l'affaticamento non possa anche produrre effetti negativi durante l'esecuzione, tra cui sovraccarico di ginocchia, schiena e simili per compensare la ridotta operatività del muscolo.

Per il resto Biberonin ha anticipato molto di quello che volevo scrivere.

Prendiamo un ragazzo/a che non hai mai fatto sport e si iscrive a un corso di Arti Marziali. Questa persona entra in palestra e per ora non sa neanche di avercelo un corpo. E' solo pensieri. Il corpo è una scatola che porta in giro i pensieri.
Dopo una corsetta di riscaldamento (naturale e a basso impatto per scaldare i novizi) gli faccio fare, per prima cosa, stretching. Primo shock: la persona sente un dolorino fastidioso e si chiede che cacchio sta succedendo...Una sensazione???? Si, quel dolorino è soprattutto una sensazione e il cervello entra in contatto con questa sensazione. E' come se il cervello stesse parlando attraverso i nervi con quella parte del corpo che ha prodotto quella sensazione.  Adesso deve usare la mente per rilassare quella parte del corpo, non deve farsi prendere dal panico, deve stare calma. Riesce ad allungare qualche centimetro in più. Va bene. Sta incominciando a capire che ha un corpo che produce sensazioni. Nessun allenamento da navy seal. Adesso può cominciare a imitare le tecniche con calma e senza traumi. Nessuna fretta perché l'inizio è importante.
1) Qua abbiamo a che f :)are con uno che il corpo ha capito di avercelo e che atleticamente regge già dei buoni ritmi. Anche se sporadicamente questa persona deve crescere sia tecnicamente che psicologicamente (che sia amatore o pro). Mi aspetto che sappia tirare un gancio nelle condizioni migliori. Mi aspetto che lo sappia tirare nelle condizioni peggiori. Non voglio insegnargli la tecnica voglio fargliela capire. Tira male il colpo perché è sfinito? Abbassa il ritmo, rilassa il corpo, senti ogni muscolo che può aiutarti sciogli il baricentro e sentilo vivo. Lascia perdere tutto. Muovi il baricentro e fai seguire il resto. Adesso basta. Non deve svenire, ma deve essere entrato in contatto una sensazione. Diversa, più dura, più faticosa, che lo ha portato al limite,  ma una sensazione come quella del nostro novizio/a all'inizio della sua avventura. E aggiungo che al netto di problemi medici conclamati questo allenamento con le dovute proporzioni non ha limiti di età.
2) si, ma solo se in stato di sfinimento si perde la proporzione e l'equilibrio. Mi spiego: la distruzione delle fibre muscolari non è un problema con un pò di proteine crescono più forti di prima  :).  In stato di sfinimento avrò per esempio il tricipite morto, ma anche il resto del corpo non se la sta passando bene. Ottimo. Non devo rompermi un polso perché non ho più la forza di tenerlo dritto. Allora devo rallentare, ma non fermarmi. Devo capire che rilassando il corpo e muovendo il baricentro posso ancora imprimere velocità e forza al colpo anche se il tricipite è andato. Articolazioni e muscoli sono sicuramente più sollecitati, sotto stress. E' questo il bello. Scoprire quanto ancora può dare il mio corpo senza per questo farmi male (leggi danni alle articolazioni).
Proporzione. Questo è importante. E sensazioni. Stati fisici e mentali da gestire. Io dico di allenare questi stati e queste condizioni.
Poi riposo. E sporadicamente sfinimento.

P.S. Non sono d'accordo sull'interiorizzare un movimento sbagliato. Lo sfinimento aiuta proprio a interiorizzare il movimento corretto.
Questo allenamento non rischia di far apprendere una tecnica errata. Io al 12 round non tiro più dei bei ganci, ma qualcosa che gli assomiglia molto. Ma il primo round li tiro da manuale. Uno impara l'equilibrio per andare in bicicletta, ma non smetterà mai di affinare la pedalata per renderla sempre più rotonda, ma dopo 300km magari un pò stanchino sarà.









Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Dipper on October 28, 2011, 17:35:31 pm
Diciamo che l'opinione prevalente è che l'allenamento della tecnica necessiti di un corpo fresco e riposato.
Uno spezzone di un articolo interessante...

Quote
La tecnica va collocata all'inizio dell'allenamento (dopo il riscaldamento) perché essendo uno stimolo a forte impegno neuromuscolare e coordinativo richiede la freschezza del soggetto. Occorre dunque rispettare il principio della corretta successione del carico di allenamento. Dopo la tecnica si allena la forza perché questo aiuta a rafforzare la memoria su come deve essere eseguito il gesto. La tecnica insieme a tutto ciò che comporta un forte stimolo neuromuscolare, se inserita nel microciclo settimanale, si attua dopo il giorno di riposo a meno che essa non sia già stata appresa, in tal caso può essere allenata in condizioni di stanchezza.
http://www.my-personaltrainer.it/teoria_e_metodologia_dell'allenamento2.htm (http://www.my-personaltrainer.it/teoria_e_metodologia_dell'allenamento2.htm)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Takuanzen on October 28, 2011, 18:11:25 pm
“Q” sta per quantità, ovviamente :om:

Di recente, un po’ qui e un po’ di là, ho notato che spesso viene fuori il discorso su quanto viene fatta una certa cosa come metro di giudizio.

I pugili in proporzione si allenano ai pugni più dei nak muay quindi i loro pugni sono migliori.
Chi ha la fortuna di allenarsi tutti i giorni è certamente più in alto di chi si allena tot volte a settimana.
... e così via...

Sebbene è innegabile che Q sia un fattore influente soprattutto in difetto, nel senso che non si può scendere sotto una certa soglia per allenarsi bene, mi viene da pensare che sia di frequente sovradimensionato.

Ad esempio, dovendo perdere peso, mi ero messo a correre un giorno sì e uno no per un’ora, lungo lento, senza grossi risultati, e anzi nonostante macinassi km andavo peggiorando. Ora, seguendo i consigli di un amico, allenandomi per massimo 30 minuti 2 o 3 volte a settimana ho ottenuto risultati decisamente non paragonabili.

Anche il mio sensei, anni addietro, parlò al dojo dicendo che in precedenza anche lui era convinto che più è meglio è, ma che con gli anni si era accorto che certi concetti, certe finezze, necessitano comunque di un processo di elaborazione che non può essere accelerato semplicemente aumentando la frequenza degli allenamenti.
Non è affatto detto che 300 ore di allenamento all’anno diano lo stesso risultato di 150 all’anno per due anni.

Per quanto ne so, dovrebbe essere assodato che il riposo è un momento fondamentale per il miglioramento delle performance (anzi è il momento in cui le performance migliorano in risposta allo stimolo dato durante l'allenamento), e che 4 giorni ben programmati a settimana sono infinitamente più produttivi di 7 giorni alla morte, magari con una sessione dello stesso esercizio allo sfinimento ripetuto più giorni consecutivi.

Non parliamo poi in generale dell'usanza antica di far ripetere tipo 300 volte la stessa tecnica allo stremo, senza contare che magari dopo 50 si perde la forma e di conseguenza per l'85% dell'esercizio si insegna al corpo un modo sbagliato di portare il colpo, per allenare una resistenza che potrebbe essere allenata in modi molti più produttivi (questo è un concetto spiegato molto bene nel libro consigliatomi da zio Spartan), ad esempio portare la tecnica il massimo numero di volte che si riesce con un compagno che sta attento che non si perda la forma. Dopo che si è persa la forma definitivamente, l'esercizio finisce.

Secondo ma a volte nonostante questo sia un concetto apparentemente condiviso, è chiaro che si sottovaluta troppo spesso il fatto che “l’altra Q”, qualità, soccombe troppo facilmente alla “Q”.
Naturale che entrambe le Q insieme sono meglio, ma bisogna anche riflettere che mentre troppa quantità può addirittura essere controproducente, la qualità migliora indefinitamente con riflessi sempre positivi, e che quindi meriterebbe più attenzione.

Senza contare che ci possono anche essere altre condizioni, tra cui anche il talento, l'intelligenza, la capacità di metabolizzare, di immaginare, di produrre...

Ma sono solo pensieri miei… non dogmi. Mi interessava sapere che ne pensate al riguardo.
Qualità e quantità non sono sempre direttamente legati.
Ad es. in certi momenti aumentare la quantità -superare un certo limite- può servire sia a livello psicologico che fisico.
Tuttavia alla lunga può stremare e rovinare decisamente la qualità dell'esercizio. Un esperto non avrà bisogno dello stesso tempo per raggiungere quello stato di efficienza psicofisica.
In generale, prediligere la qualità rispetto alla quantità porta ad un buon miglioramento delle prestazioni senza traumi o ripercussioni successive. Collegato alla qualità per me vi è soprattutto un continuo lavoro di tipo priopercettivo, di ascolto del proprio corpo e delle sensazioni che si provano durante l'esercizio. Spesso prediligere le grandi ripetizioni porta ad una concezione meccanica dell'allenamento, che inibisce la sensibilità dell'esecutore.
Importante è poi la varietà dell'allenamento: io mi alleno tutti i giorni, ma con carichi molto differenti in quanto ad intensità.
"Varietà è saggezza" anche nell'allenamento: mi ricordo un articolo di Ross Enamait, che parlava di questo...
In ultimo conta anche l'età: un giovane ha bisogno di molte ripetizioni e di un allenamento intenso e impegnativo, una persona più avanti con l'età non potrà eseguire pedissequamente lo stesso allenamento: darà importanza ad altri aspetti e il fattore "Qualità" diventerà sempre più fondamentale se vorrà aumentare il livello della sua pratica marziale. Anche in quel caso l'allenamento non può mai essere sempre uguale. ;)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 28, 2011, 18:20:48 pm
Diciamo che l'opinione prevalente è che l'allenamento della tecnica necessiti di un corpo fresco e riposato.
Uno spezzone di un articolo interessante...

Quote
La tecnica va collocata all'inizio dell'allenamento (dopo il riscaldamento) perché essendo uno stimolo a forte impegno neuromuscolare e coordinativo richiede la freschezza del soggetto. Occorre dunque rispettare il principio della corretta successione del carico di allenamento. Dopo la tecnica si allena la forza perché questo aiuta a rafforzare la memoria su come deve essere eseguito il gesto. La tecnica insieme a tutto ciò che comporta un forte stimolo neuromuscolare, se inserita nel microciclo settimanale, si attua dopo il giorno di riposo a meno che essa non sia già stata appresa, in tal caso può essere allenata in condizioni di stanchezza.
http://www.my-personaltrainer.it/teoria_e_metodologia_dell'allenamento2.htm (http://www.my-personaltrainer.it/teoria_e_metodologia_dell'allenamento2.htm)

Sono d'accordo, anche se il sito a cui fai riferimento è molto body building oriented, su questo modo di allenare.
Naturalmente ho capito che l'articolo è sulle metodologie di allenamento non riferite necessariamente al BB.
In un programma generale può essere un ottimo compromesso.
Io però non intendo l'affaticamento e lo sfinimento per raggiungere un altro obiettivo che sia questo la qualità tecnica o semplicemente la resistenza (non alleno la resistenza con sessioni a sfinimento).
Io intendo sessioni di sfinimento con l'obiettivo dello sfinimento. E' quella la sensazione che mi interessa.
Non mi interessa raggiungere un altro obiettivo.
Potrei sfinire facendo fare 100 flessioni, corsa con un compagno sulle spalle e poi sacco o sparring. Tenendo conto che questo può sfinire un amatore non un pro. Quindi sempre in rapporto al praticante.
Sul fatto che "La tecnica va collocata all'inizio dell'allenamento" non ho nulla da obiettare. Se l'obiettivo è averli al massimo delle condizioni psico fisiche di coordinazione e riflessi va benissimo. Ma questo è un altro obiettivo.
La domanda iniziale è se la quantità può avere senso. Per me si, ma dipende dall'obiettivo. Quindi ho parlato di sfinimento.
C'è differenza fra affaticamento (quindi riposo), sovrallenamento (quindi riposo) e sfinimento.
Mi puoi dire: "A me sfinire non interessa, non lo considero un obiettivo" e lo capisco e lo accetto.
Ma se il mio obiettivo è lo sfinimento non posso basarmi su generiche metodologie di allenamento per discernere se è corretto oppure no. Perché è sicuramente corretto.  :)
Detto questo spesso ho fatto riferimento a www.my-personaltrainer.it (http://www.my-personaltrainer.it) che trovo essere un ottimo sito ricco di spunti e suggerimenti.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Dipper on October 28, 2011, 19:10:49 pm
Sì, ti posso confermare che la corretta successione dei carichi è una regola ormai consolidata e dimostrata, ma comunque vedo che lo sai benissimo pure tu.

Detto questo, sul resto posso essere d'accordo.
E' necessario in allenamento arrivare allo sfinimento per non trovarsi disorientati nel caso che la situazione capitasse, per essere preparati e conoscere come ci si sente e quanto ci vuole per andare avanti.
Però l'importante è che questo allenamento abbia il giusto dimensionamento, come dicevamo, e si ritorna ancora al fattore Q, e che soprattutto si sappia qual è lo scopo e quali benefici può portare.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Dipper on October 28, 2011, 21:04:13 pm
Qualità e quantità non sono sempre direttamente legati.
Ad es. in certi momenti aumentare la quantità -superare un certo limite- può servire sia a livello psicologico che fisico.
Tuttavia alla lunga può stremare e rovinare decisamente la qualità dell'esercizio. Un esperto non avrà bisogno dello stesso tempo per raggiungere quello stato di efficienza psicofisica.
In generale, prediligere la qualità rispetto alla quantità porta ad un buon miglioramento delle prestazioni senza traumi o ripercussioni successive. Collegato alla qualità per me vi è soprattutto un continuo lavoro di tipo priopercettivo, di ascolto del proprio corpo e delle sensazioni che si provano durante l'esercizio. Spesso prediligere le grandi ripetizioni porta ad una concezione meccanica dell'allenamento, che inibisce la sensibilità dell'esecutore.
Importante è poi la varietà dell'allenamento: io mi alleno tutti i giorni, ma con carichi molto differenti in quanto ad intensità.
"Varietà è saggezza" anche nell'allenamento: mi ricordo un articolo di Ross Enamait, che parlava di questo...
In ultimo conta anche l'età: un giovane ha bisogno di molte ripetizioni e di un allenamento intenso e impegnativo, una persona più avanti con l'età non potrà eseguire pedissequamente lo stesso allenamento: darà importanza ad altri aspetti e il fattore "Qualità" diventerà sempre più fondamentale se vorrà aumentare il livello della sua pratica marziale. Anche in quel caso l'allenamento non può mai essere sempre uguale. ;)
Bel post, mi era sfuggito. Ma attenzione alla parte evidenziata... l'età è solo uno dei fattori!
Struttura e condizioni psicofisiche, situazione, finalità dell'allenamento e tante altre cose incidono moltissimo sulla ripetizione.
Soprattutto in giovine età poi, quando il corpo si sta ancora formando più che mai è indispensabile l'altra Q ;)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 28, 2011, 22:46:35 pm
Sì, ti posso confermare che la corretta successione dei carichi è una regola ormai consolidata e dimostrata, ma comunque vedo che lo sai benissimo pure tu.

Detto questo, sul resto posso essere d'accordo.
E' necessario in allenamento arrivare allo sfinimento per non trovarsi disorientati nel caso che la situazione capitasse, per essere preparati e conoscere come ci si sente e quanto ci vuole per andare avanti.
Però l'importante è che questo allenamento abbia il giusto dimensionamento, come dicevamo, e si ritorna ancora al fattore Q, e che soprattutto si sappia qual è lo scopo e quali benefici può portare.
Perfetto. Sono d'accordo. La Qualità è fare bene per lo scopo che si vuole raggiungere in rapporto ai benefici che si vuole attenere. Quindi possiamo dire che la Qualità è il risultato di un rapporto e non solo di un metodo. La Qualità è il risultato di Uke e Tori (così faccio contento qualche praticante di Aikido)  :)


Qualità e quantità non sono sempre direttamente legati.
Ad es. in certi momenti aumentare la quantità -superare un certo limite- può servire sia a livello psicologico che fisico.
Tuttavia alla lunga può stremare e rovinare decisamente la qualità dell'esercizio. Un esperto non avrà bisogno dello stesso tempo per raggiungere quello stato di efficienza psicofisica.
In generale, prediligere la qualità rispetto alla quantità porta ad un buon miglioramento delle prestazioni senza traumi o ripercussioni successive. Collegato alla qualità per me vi è soprattutto un continuo lavoro di tipo priopercettivo, di ascolto del proprio corpo e delle sensazioni che si provano durante l'esercizio. Spesso prediligere le grandi ripetizioni porta ad una concezione meccanica dell'allenamento, che inibisce la sensibilità dell'esecutore.
Importante è poi la varietà dell'allenamento: io mi alleno tutti i giorni, ma con carichi molto differenti in quanto ad intensità.
"Varietà è saggezza" anche nell'allenamento: mi ricordo un articolo di Ross Enamait, che parlava di questo...
In ultimo conta anche l'età: un giovane ha bisogno di molte ripetizioni e di un allenamento intenso e impegnativo, una persona più avanti con l'età non potrà eseguire pedissequamente lo stesso allenamento: darà importanza ad altri aspetti e il fattore "Qualità" diventerà sempre più fondamentale se vorrà aumentare il livello della sua pratica marziale. Anche in quel caso l'allenamento non può mai essere sempre uguale. ;)
Bel post, mi era sfuggito. Ma attenzione alla parte evidenziata... l'età è solo uno dei fattori!
Struttura e condizioni psicofisiche, situazione, finalità dell'allenamento e tante altre cose incidono moltissimo sulla ripetizione.
Soprattutto in giovine età poi, quando il corpo si sta ancora formando più che mai è indispensabile l'altra Q ;)

Approvo. Aggiungo solo che in giovane età, per me, la prima Qualità è il far saper comprendere a un nuovo atleta senza nessuna esperienza sportiva che ha un corpo.
La mia esperienza mi dice che non bisogna darlo per scontato. Si può insegnare una proiezione di akido  o un calcio thai a un novizio. Qualcuno fa così. Inizia così.
Io inizio facendoti capire che il corpo da sensazioni. Che i movimenti danno sensazioni. Che le posture danno sensazioni. Il cervello con la sensazione può comunicare.
La sensazione (vogliamo dire anche "emozione") è Arte Marziale. E' energia interna.



Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Hung-gio on October 28, 2011, 23:07:44 pm
Mi sembra che siamo tutti d'accordo sul fatTo che l'allievo novizio non possa allenarsi troppo e soprattutto da solo.  :)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 28, 2011, 23:46:19 pm
Mi sembra che siamo tutti d'accordo sul fatTo che l'allievo novizio non possa allenarsi troppo e soprattutto da solo.  :)

Diciamo che è oggi il novizio può avere la fortuna di non allenarsi da solo e di non allenarsi troppo. Cioé oggi non ho bisogno di morire mangiando l'amanita muscaria invece di un porcino, ma qualcuno, prima di me, è schiattato sicuramente.
Così come i fondatori da novizi e senza maestri hanno dovuto apprendere dalla natura, imitarla. Sia questa natura la scimmia, la mantide o la tigre sia il mare o il vento. Hanno osservato e hanno avuto un'intuizione come la ebbe Newton quando gli cadde la mela in testa. Sia i maestri che Newton hanno "cercato" perché avevano un bisogno da soddisfare.
Oggi tutto va più veloce. Anche le Arti Marziali. Se oggi chiedessimo a due novizi (senza esperienza reale) di combattere lo farebbero avendo in testa quello che hanno visto nei film o negli incontri trasmessi in televisione, nei cartoni animati, letto nei libri o visto dagli amici.
Io dico che ogni tanto sarebbe utile per maestri e allievi cercare ancora quell'intuizione. Sentire ancora quel bisogno. Volgere lo sguardo alla natura.

Voglio aggiungere una cosa slegata dal commento sopra e riferita alle sensazioni e al cervello (leggi mente e pensiero). Per spiegare questo rapporto faccio un esempio che sarà di facile comprensione soprattutto ai maschi (mi scuso anticipatamente con le donne) e mi scuso con tutti perché sarò esplicito.
Se pensiamo a una donna nuda che ci piace, che ci eccita,  non sarà necessario che questa sia fisicamente davanti a noi, in quelle condizioni che stiamo immaginando, perché questo abbia un effetto palese sul nostro corpo.
Questo è straordinario. Niente chimica fra me e questa donna. Niente odori. Niente tatto o vista, non è reale. Non esiste.
Il mio corpo si eccita solo grazie a quello che penso. E il mio corpo, questo si che è reale, ne subisce gli effetti e si modifica.
Il sesso, non è una novità, è una componente molto potente ed è quindi naturale. Lo diamo per scontato. Però questo ci insegna una cosa fondamentale. Posso cambiare il corpo profondamente grazie alla mente.
Questo va insegnato nelle Arti Marziali. Non vogliamo farlo con il sesso, ma dicendo di immaginare di spremere un limone sulla lingua immaginandone l'acidità e chiedendo poi se la salivazione è aumentata?
Facciamolo. Questa non è farina del mio sacco. E' storia delle Arti Marziali.


P.S. L'ho già detto in altro topic, ma lo ribadisco qua: io sono assolutamente convinto di quello che scrivo, ma non lo faccio perché penso di insegnare qualcosa. Lo faccio per imparare. Per stimolare altri Artisti Marziali a "combattere" con le loro idee le mie idee. Anche così si cresce. Quindi se uno pensa che Ueshiba non capiva niente di AM e lo motiva è per me uno che va accolto a braccia aperte (per poi stringerle fortissime intorno al collo  :) ). Scherzo. Si deve dire quello per cui si crede. Come faccio io. E non ho rimorsi e non penso male di nessuno né di è d'accordo né di chi è in disaccordo.  :)




Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: DJ scanner on October 28, 2011, 23:59:41 pm
Così come i fondatori da novizi e senza maestri hanno dovuto apprendere dalla natura, imitarla. Sia questa natura la scimmia, la mantide o la tigre sia il mare o il vento. Hanno osservato e hanno avuto un'intuizione come la ebbe Newton quando gli cadde la mela in testa. Sia i maestri che Newton hanno "cercato" perché avevano un bisogno da soddisfare.
Io dico che ogni tanto sarebbe utile per maestri e allievi cercare ancora quell'intuizione. Sentire ancora quel bisogno. Volgere lo sguardo alla natura.


mi hai fatto emozionare :ohi: ti quoto :)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Takuanzen on October 29, 2011, 10:38:30 am
Qualità e quantità non sono sempre direttamente legati.
Ad es. in certi momenti aumentare la quantità -superare un certo limite- può servire sia a livello psicologico che fisico.
Tuttavia alla lunga può stremare e rovinare decisamente la qualità dell'esercizio. Un esperto non avrà bisogno dello stesso tempo per raggiungere quello stato di efficienza psicofisica.
In generale, prediligere la qualità rispetto alla quantità porta ad un buon miglioramento delle prestazioni senza traumi o ripercussioni successive. Collegato alla qualità per me vi è soprattutto un continuo lavoro di tipo priopercettivo, di ascolto del proprio corpo e delle sensazioni che si provano durante l'esercizio. Spesso prediligere le grandi ripetizioni porta ad una concezione meccanica dell'allenamento, che inibisce la sensibilità dell'esecutore.
Importante è poi la varietà dell'allenamento: io mi alleno tutti i giorni, ma con carichi molto differenti in quanto ad intensità.
"Varietà è saggezza" anche nell'allenamento: mi ricordo un articolo di Ross Enamait, che parlava di questo...
In ultimo conta anche l'età: un giovane ha bisogno di molte ripetizioni e di un allenamento intenso e impegnativo, una persona più avanti con l'età non potrà eseguire pedissequamente lo stesso allenamento: darà importanza ad altri aspetti e il fattore "Qualità" diventerà sempre più fondamentale se vorrà aumentare il livello della sua pratica marziale. Anche in quel caso l'allenamento non può mai essere sempre uguale. ;)
Bel post, mi era sfuggito. Ma attenzione alla parte evidenziata... l'età è solo uno dei fattori!
Struttura e condizioni psicofisiche, situazione, finalità dell'allenamento e tante altre cose incidono moltissimo sulla ripetizione.
Soprattutto in giovine età poi, quando il corpo si sta ancora formando più che mai è indispensabile l'altra Q ;)

Completamente d'accordo, mai basarsi su un unico fattore.
Il giovane ha bisogno di "mangiare amaro" e di rinforzare il corpo, oltre che interiorizzare gli schemi motori attraverso ripetizioni di calci e pugni, sia a vuoto che con colpitori o compagni. Questo lo dicono anche i maestri cinesi: ieri sera tra l'altro mi sono sparato un tabata di burpees che... :-X
Senza dedicarmi alle masturbazioni mentali dei miei colleghi "internati", penso che quando i miei capelli saranno tutti bigi - se ci sarò ancora naturalmente - il mio modello di Budo sarà lui:

Mochida Moriji 10. Dan ~ 剣道の名人 - 持田盛二 (十段) (https://www.youtube.com/watch?v=KaPxuwPhkDg#)

 :spruzz: :)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Dipper on October 29, 2011, 11:01:49 am
Senza dedicarmi alle masturbazioni mentali dei miei colleghi "internati"
Colleghi internati ;D ;D ;D ;D
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 30, 2011, 19:12:56 pm
Vorrei aggiungere ancora una cosa sulle 2 Q.
Come già detto in altro topic preferisco mangiare poco di tutto che abbuffarmi di una sola cosa.
Ricordo quando facevo full contact che in un combattimento il mio avversario stava per tirarmi un diretto destro.
Poco prima che partisse il colpo ho incominciato a portare il peso sulla gamba destra (posteriore) piegando la gamba e la schiena all'indietro, facendo scivolare il piede sinistro in avanti e all'esterno. Il braccio destro è andato naturalmente a proteggere la linea centrale salendo verso il mento come per bere. Il braccio sinistro in avanti. L'ho fatto velocemente, ma senza esagerare lo spostamento. Avete presenta la prima forma dell'Ubriaco? La stavo applicando. Nel fare questo movimento ho confuso il senso che aveva della mia distanza e invece di tirare un pugno è avanzato. Bene io non ho fatto una piega e con la gamba avanzata completamente scarica del peso gli ho tirato un calcio di collo pieno sulla tempia.
Non credo abbia mai capito cosa gli sia successo.
Quella sera io invece ho capito quanto colui che ha fondato lo stile dell'Ubriaco sapesse di combattimento. Ho pensato: quello era un genio. Non sapevo come avrebbe reagito il mio avversario a quella finta, ma il fondatore evidentemente lo sapeva bene. E ha funzionato.
Quello che voglio dire che la qualità a volte sta proprio nel non fare quello che tutti si aspettano.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Clode on October 31, 2011, 10:38:59 am
io sono allibito...va bheh siamo in un forum e si chiacchiera di cose più o meno serie...ma spesso devo dire ho assistito a discussioni interessanti e formanti.
Qui si sta discutendo di cosa?
Bisogna allenarsi tanto e bene...cosa altro c'è da dire?
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Manut on October 31, 2011, 11:25:35 am
io sono allibito...va bheh siamo in un forum e si chiacchiera di cose più o meno serie...ma spesso devo dire ho assistito a discussioni interessanti e formanti.
Qui si sta discutendo di cosa?
Bisogna allenarsi tanto e bene...cosa altro c'è da dire?

Ci sono studi sui tempi di apprendimento motorio e mentale,  sul potenziamento muscolare, sula velocità. Per nn parlare del fatto che le variabili in gioco sono tantissime, considerando il fatto che nn tutti rispondiamo agli stimoli allo stesso modo. Le discipline sportive e se volgiamo anche tradizionali, sono il frutto di studi passati che oggi facciamo senza neanche renderci conto.
Bisogna allenarsi tanto, si ma quanto? Il tuo tanto può essere diverso dal mio. Bisogna allenarsi bene... si ma quali sono i parametri che dicono se una cosa è fatta bene per tutti allo stesso modo.
Io penso che parlarne è importante, soprattutto per chi ha passato 10 anni della sua vita a ripetere le tecniche centinaia di volte per poi, forse, scoprire che in altro modo sarebbe stato piu produttivo.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Clode on October 31, 2011, 12:05:29 pm
Quote
Ci sono studi sui tempi di apprendimento motorio e mentale,  sul potenziamento muscolare, sula velocità. Per nn parlare del fatto che le variabili in gioco sono tantissime, considerando il fatto che nn tutti rispondiamo agli stimoli allo stesso modo. Le discipline sportive e se volgiamo anche tradizionali, sono il frutto di studi passati che oggi facciamo senza neanche renderci conto.
ed il risultato è che bisogna allenarsi tanto e bene...
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Clode on October 31, 2011, 12:09:20 pm
vabbè dai faccio il costruttivo...

Bene = riuscire ad eseguire il gesto tecnico il più simile possibile a ciò che si vuole ottenere
Quanto = Al limite del corretto gesto tecnico e del sovrallenamento...sessioni intense di non più di un paio di ore compresive delle necessarie pause di recupero...
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Manut on October 31, 2011, 12:24:00 pm
Il fatto è che per eseguire gesti tecnici nn basta la semplice esecuzione del movimento, c'è chi riesce in pochissimo tempo, chi dopo anni e chi mai.

Una delle più gravi convinzioni è che tutti impariamo allo stesso modo, a scuola ancora oggi si impone un metodo di studio vecchio è poco produttivo, per questo il sistema scolastico italiano è inutile.
Le persone nn imparano allo stesso modo perchè siamo tutti estremamente diversi, i fattori in gioco sono tantissimi.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 31, 2011, 13:07:06 pm
Secondo me bisogno rendere semplice quello che è complesso.
Questo forum non è solo per gli sport da combattimento, ma di Artisti Marziali.
Quindi mi interessa poco discutere su quale sia il miglior piano di allenamento per preparare un incontro di Thai di un professionista.
Per esempio per Quantità si può solo e soltanto intendere il numero di ripetizioni?
Per Qualità si può solo e soltanto intendere il gesto tecnico?
Per me Qualità può significare riuscire a sopperire a una mancanza di Qualità nel gesto tecnico con un'altra Qualità.
Quindi Qualità come risultato di tutte le componenti. Non solo di quella specifica componente.
Un'atleta che non è in grado di fare la spaccata può essere lo stesso in grado di tirare un calcio alto o può sostituire questa mancanza tecnica con un'altra Qualità.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Darth Dorgius on October 31, 2011, 13:18:11 pm
Questo forum non è solo per gli sport da combattimento, ma di Artisti Marziali.

Perché questa distinzione? Kickboxer e pugili sono artisti marziali esattamente come nak muay e karateka. :)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Clode on October 31, 2011, 13:29:28 pm
Il fatto è che per eseguire gesti tecnici nn basta la semplice esecuzione del movimento, c'è chi riesce in pochissimo tempo, chi dopo anni e chi mai.

Una delle più gravi convinzioni è che tutti impariamo allo stesso modo, a scuola ancora oggi si impone un metodo di studio vecchio è poco produttivo, per questo il sistema scolastico italiano è inutile.
Le persone nn imparano allo stesso modo perchè siamo tutti estremamente diversi, i fattori in gioco sono tantissimi.
vedi neco è proprio questo uno dei punti cardine...
io pratico ed insegno a livello agonistico e sono passato dal sanda alla boxe alla Muay Thai. Una cosa ho imparato che l'apprendimento di questi stili passa per "la corretta esecuzione del movimenti eseguita tante volte a vuoto tante volte al sacco tante volte ai pao e tante volte in sparring".
Se poi chi insegna non sa come usare il sacco i pao etc allora è un altro paio di maniche.
Altre strade che non siano la ripetizione costante dle gesto tecnico sono assolutamente delle illusioni per sopperire a varie mancanze dello stile del praticante o dell'insegnante.
Detto in soldoni...uno si allena bene ma resta una pippa da colpa al metodo...
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 31, 2011, 13:55:47 pm
Questo forum non è solo per gli sport da combattimento, ma di Artisti Marziali.

Perché questa distinzione? Kickboxer e pugili sono artisti marziali esattamente come nak muay e karateka. :)

Un artigiano quando produce qualcosa con le sue mani ha sempre una componente artistica. Questo differenzia il prodotto artigianale da quello industriale. E sono quindi d'accordo con te.
Di diritto quindi la distinzione non esiste, ma esiste di fatto. E' un luogo comune considerare gli sport da combattimento come un settore separato o come un sottoinsieme o un ramo delle Arti Marziali.
Io dico parliamo di Arti Marziali tenendo presente anche le componenti che non entrano in gioco in un evento sportivo.
Quindi non solo di piani di allenamento per lo sport, ma parliamo anche di concetti slegati dallo sport.
E facciamolo tenendo presente che tali concetti posso essere espressi in un contesto interdisciplinare e non necessariamente solo in un topic di stili interni cinesi.
Era per sottolineare che è per tutti  :)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Jack Burton on October 31, 2011, 14:16:14 pm
..... a scuola ancora oggi si impone un metodo di studio vecchio è poco produttivo, per questo il sistema scolastico italiano è inutile.


come darti torto.....  :gh:
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Aliena on October 31, 2011, 14:17:31 pm

Io dico parliamo di Arti Marziali tenendo presente anche le componenti che non entrano in gioco in un evento sportivo.
Quindi non solo di piani di allenamento per lo sport, ma parliamo anche di concetti slegati dallo sport.

Ovvero?
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Darth Dorgius on October 31, 2011, 14:20:48 pm
E facciamolo tenendo presente che tali concetti posso essere espressi in un contesto interdisciplinare e non necessariamente solo in un topic di stili interni cinesi.
Era per sottolineare che è per tutti  :)

Occhio però: se parli in interstile devi usare un linguaggio comune a tutti. E questo linguaggio dev'essere supportato da esperienze comuni facilmente replicabili, altrimenti il tutto ha poco senso.

Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Andy on October 31, 2011, 14:24:39 pm

Io dico parliamo di Arti Marziali tenendo presente anche le componenti che non entrano in gioco in un evento sportivo.
Quindi non solo di piani di allenamento per lo sport, ma parliamo anche di concetti slegati dallo sport.

Ovvero?
L'AM come veicolo per ambire all'altezza degli Dei ed allo sconfiggere gli avversari senza toccarli, usando l'energia dell'Universo.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Manut on October 31, 2011, 14:28:55 pm
Il fatto è che per eseguire gesti tecnici nn basta la semplice esecuzione del movimento, c'è chi riesce in pochissimo tempo, chi dopo anni e chi mai.

Una delle più gravi convinzioni è che tutti impariamo allo stesso modo, a scuola ancora oggi si impone un metodo di studio vecchio è poco produttivo, per questo il sistema scolastico italiano è inutile.
Le persone nn imparano allo stesso modo perchè siamo tutti estremamente diversi, i fattori in gioco sono tantissimi.
vedi neco è proprio questo uno dei punti cardine...
io pratico ed insegno a livello agonistico e sono passato dal sanda alla boxe alla Muay Thai. Una cosa ho imparato che l'apprendimento di questi stili passa per "la corretta esecuzione del movimenti eseguita tante volte a vuoto tante volte al sacco tante volte ai pao e tante volte in sparring".
Se poi chi insegna non sa come usare il sacco i pao etc allora è un altro paio di maniche.
Altre strade che non siano la ripetizione costante dle gesto tecnico sono assolutamente delle illusioni per sopperire a varie mancanze dello stile del praticante o dell'insegnante.
Detto in soldoni...uno si allena bene ma resta una pippa da colpa al metodo...

So che potremmo andare all'infinito, perchè alla base abbiamo visioni dell'apprendimento completamente differenti. Io oltre ad essere un marzialista sono anche un educatore, e la didattica è un argomento che suscita il mio interesse. E' vero che le arti marziali, come tutte le discipline, non sono per tutti, ma è anche vero che se aiutata in un certo modo, una persona può fare miracoli.
Studi passati hanno dimostrato come il quoziente intelletivo possa essere migliorato (nn in modo perenne) se ci si sottopone ad esercizi specifici. Ci sono casi di soggetti autistici che si sono diplomati e laureati (e di certo nn è stato lo spirito santo), ci sono persone che senza un braccio o gamba hanno ottenuto ottimi risultati nello sport anche superiore a certi normodotati.
Tu che insegni, dovresti aver notato che ci sono persone piu lente di altre ad apprendere ma che dopo anni, a paragone dei piu veloci nell'apprendimento, sono di pari livello.
In un sport agonistico (sdc), difficilmente si ha "tempo da perdere" con chi nn promette bene, quindi posso capire il tuo punto di vista, ma in un sistema di DP si deve fare proprio il contrario e concentrarsi su chi ha bisogno. Questo concetto rientra anche nel tradizionale, dove si cerca di migliorare la persona nella crescita personale e non nel confronto con altri.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Manut on October 31, 2011, 14:33:31 pm
..... a scuola ancora oggi si impone un metodo di studio vecchio è poco produttivo, per questo il sistema scolastico italiano è inutile.


come darti torto.....  :gh:

ma tu guarda in quale post dovevo sbagliare  :D
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 31, 2011, 14:42:40 pm

Io dico parliamo di Arti Marziali tenendo presente anche le componenti che non entrano in gioco in un evento sportivo.
Quindi non solo di piani di allenamento per lo sport, ma parliamo anche di concetti slegati dallo sport.

Ovvero?

Se in una sessione di Aikido (ma anche taiji, Viet Vo Dao e perché no Muay Thai e Full Contact) dopo aver fatto sedere gli allievi in seiza uno di fronte all'altro si dice loro di appoggiare i propri palmi sui palmi del compagno questo per me è un esercizio ed è Qualità. Ed è slegato dal combattimento. O meglio non è direttamente coinvolto nelle meccaniche utile al combattimento sportivo. Questo non vuol dire che non farebbe comunque bene a tutti.


Io dico parliamo di Arti Marziali tenendo presente anche le componenti che non entrano in gioco in un evento sportivo.
Quindi non solo di piani di allenamento per lo sport, ma parliamo anche di concetti slegati dallo sport.

Ovvero?
L'AM come veicolo per ambire all'altezza degli Dei ed allo sconfiggere gli avversari senza toccarli, usando l'energia dell'Universo.
Gli Dei no. Sconfiggo gli avversari se faccio sport su un ring.
Quando non li tocco facendo cadere nel vuoto la violenza non li sconfiggo come sportivi. Li sconfiggo come violenti.
E non lo faccio aggiungendo violenza a un contrasto, ma dissipandola tutte le volte che è necessario. Questo è amore.
"Usando l'energia dell'Universo". Si.






Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Clode on October 31, 2011, 14:44:07 pm
Quote
Tu che insegni, dovresti aver notato che ci sono persone piu lente di altre ad apprendere ma che dopo anni, a paragone dei piu veloci nell'apprendimento, sono di pari livello.
si ma sempre dalla ripetizione del gesto tecnico devo passare...

Quote
In un sport agonistico (sdc), difficilmente si ha "tempo da perdere" con chi nn promette bene, quindi posso capire il tuo punto di vista, ma in un sistema di DP si deve fare proprio il contrario e concentrarsi su chi ha bisogno. Questo concetto rientra anche nel tradizionale, dove si cerca di migliorare la persona nella crescita personale e non nel confronto con altri.
ci mancherebbe altro io curo in maniera molto particolare chi ha dei deficit e ti assicuro che far diventare "decente" uno scarsone si ha la stessa soddisfazione che trasformare un "discreto" in un assassino...
Ma sempre dalla ripetizione del gesto tecnico si passa....
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Clode on October 31, 2011, 14:46:29 pm
Quote
Se in una sessione di Aikido (ma anche taiji, Viet Vo Dao e perché no Muay Thai e Full Contact) dopo aver fatto sedere gli allievi in seiza uno di fronte all'altro si dice loro di appoggiare i propri palmi sui palmi del compagno questo per me è un esercizio ed è Qualità. Ed è slegato dal combattimento. O meglio non è direttamente coinvolto nelle meccaniche utile al combattimento sportivo. Questo non vuol dire che non farebbe comunque bene a tutti.
scusa ma io non ho mica capito cosa intendi...e soprattuto cosa significa l'esercizio e quale sia la sua  utilità...
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Manut on October 31, 2011, 14:55:52 pm
Quote
Tu che insegni, dovresti aver notato che ci sono persone piu lente di altre ad apprendere ma che dopo anni, a paragone dei piu veloci nell'apprendimento, sono di pari livello.
si ma sempre dalla ripetizione del gesto tecnico devo passare...

Quote
In un sport agonistico (sdc), difficilmente si ha "tempo da perdere" con chi nn promette bene, quindi posso capire il tuo punto di vista, ma in un sistema di DP si deve fare proprio il contrario e concentrarsi su chi ha bisogno. Questo concetto rientra anche nel tradizionale, dove si cerca di migliorare la persona nella crescita personale e non nel confronto con altri.
ci mancherebbe altro io curo in maniera molto particolare chi ha dei deficit e ti assicuro che far diventare "decente" uno scarsone si ha la stessa soddisfazione che trasformare un "discreto" in un assassino...
Ma sempre dalla ripetizione del gesto tecnico si passa....

E' normale, se una cosa la vuoi imparare la devi ripetere, ma il problema è sempre quello. Quante volte? La tua risposta è finchè nn l'ha imparata?
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Aliena on October 31, 2011, 14:58:00 pm

Io dico parliamo di Arti Marziali tenendo presente anche le componenti che non entrano in gioco in un evento sportivo.
Quindi non solo di piani di allenamento per lo sport, ma parliamo anche di concetti slegati dallo sport.

Ovvero?

Se in una sessione di Aikido (ma anche taiji, Viet Vo Dao e perché no Muay Thai e Full Contact) dopo aver fatto sedere gli allievi in seiza uno di fronte all'altro si dice loro di appoggiare i propri palmi sui palmi del compagno questo per me è un esercizio ed è Qualità. Ed è slegato dal combattimento. O meglio non è direttamente coinvolto nelle meccaniche utile al combattimento sportivo. Questo non vuol dire che non farebbe comunque bene a tutti.
E a cosa servirebbe?
In cosa migliora la loro pratica?

Potresti essere più specifico sulle cose non contemplate dalla disciplina che contempla anche un lato sportivo?
Cosa sono, a cosa portano.

Anche il saluto non è contemplato come pratica legata al combattimento, ma lo si fa.
A volte "batto il 5" (palmo contro palmo) o accenno un abbraccio con chi mi insegna, prima di andarmene: effettivamente mi fa piacere, ma non è certo necessario a migliorare il mio allenamento.

Capisci perchè ho bisogno di maggior specificità per capire di cosa parli?  ;)


Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Clode on October 31, 2011, 15:00:52 pm
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Tu che insegni, dovresti aver notato che ci sono persone piu lente di altre ad apprendere ma che dopo anni, a paragone dei piu veloci nell'apprendimento, sono di pari livello.
si ma sempre dalla ripetizione del gesto tecnico devo passare...

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In un sport agonistico (sdc), difficilmente si ha "tempo da perdere" con chi nn promette bene, quindi posso capire il tuo punto di vista, ma in un sistema di DP si deve fare proprio il contrario e concentrarsi su chi ha bisogno. Questo concetto rientra anche nel tradizionale, dove si cerca di migliorare la persona nella crescita personale e non nel confronto con altri.
ci mancherebbe altro io curo in maniera molto particolare chi ha dei deficit e ti assicuro che far diventare "decente" uno scarsone si ha la stessa soddisfazione che trasformare un "discreto" in un assassino...
Ma sempre dalla ripetizione del gesto tecnico si passa....

E' normale, se una cosa la vuoi imparare la devi ripetere, ma il problema è sempre quello. Quante volte? La tua risposta è finchè nn l'ha imparata?
secondo me "imparata" non esiste....lo si ripete e basta...crescendo nella qualità con cui lo si esegue.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Manut on October 31, 2011, 15:13:14 pm
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Tu che insegni, dovresti aver notato che ci sono persone piu lente di altre ad apprendere ma che dopo anni, a paragone dei piu veloci nell'apprendimento, sono di pari livello.
si ma sempre dalla ripetizione del gesto tecnico devo passare...

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In un sport agonistico (sdc), difficilmente si ha "tempo da perdere" con chi nn promette bene, quindi posso capire il tuo punto di vista, ma in un sistema di DP si deve fare proprio il contrario e concentrarsi su chi ha bisogno. Questo concetto rientra anche nel tradizionale, dove si cerca di migliorare la persona nella crescita personale e non nel confronto con altri.
ci mancherebbe altro io curo in maniera molto particolare chi ha dei deficit e ti assicuro che far diventare "decente" uno scarsone si ha la stessa soddisfazione che trasformare un "discreto" in un assassino...
Ma sempre dalla ripetizione del gesto tecnico si passa....

E' normale, se una cosa la vuoi imparare la devi ripetere, ma il problema è sempre quello. Quante volte? La tua risposta è finchè nn l'ha imparata?
secondo me "imparata" non esiste....lo si ripete e basta...crescendo nella qualità con cui lo si esegue.

Nn so se ti è capitato vedere dei cani con un bastone trai i denti, cercano di passare tra le sbarre ma nn ci riescono. Ripetono e ripetono ma nn passano, ringhiano e si infuriano ma nn passano.
Ho visto fare cose simili anche ad esseri umani...
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Aliena on October 31, 2011, 15:16:40 pm
Va beh, ovvio che deve esserci il Maestro che insegna, ma una volta capito il meccanismo la ripetizione lo affina, il movimento viene interiorizzato e l'esecuzione migliora.  :)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Dipper on October 31, 2011, 15:20:31 pm
Comunque non vorrei che passasse il messaggio per cui una tecnica si può imparare senza averla ripetuta molte volte.
E' un'assurdità.

Il problema è la frequenza nei singoli allenamenti.
Se per intertiorizzare una tecnica sono necessarie diciamo 5000 ripetizioni (sparo una cifra a caso), farne 1000 al giorno per 5 giorni di seguito è diverso da eseguirne 200 a lezione con i giusti tempi di recupero, gli intermezzi ed altro.

Inoltre secondo me è molto importante individuare se ci sono dei problemi a monte.
Dunque se Ciccio non ha abbastanza scioltezza articolare e muscolare per tirare un calcio al viso, prima di metterlo al sacco e fargli ripetere alla nausea il calcio, bisognerà lavorare in maniera mirata sullo stretching e magari sul potenziamento muscolare (dico una banalità, ma secondo me non lo è poi tanto), e quindi penso anch'io che sia importante personalizzare il lavoro.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 31, 2011, 15:47:11 pm
Quote
Se in una sessione di Aikido (ma anche taiji, Viet Vo Dao e perché no Muay Thai e Full Contact) dopo aver fatto sedere gli allievi in seiza uno di fronte all'altro si dice loro di appoggiare i propri palmi sui palmi del compagno questo per me è un esercizio ed è Qualità. Ed è slegato dal combattimento. O meglio non è direttamente coinvolto nelle meccaniche utile al combattimento sportivo. Questo non vuol dire che non farebbe comunque bene a tutti.
scusa ma io non ho mica capito cosa intendi...e soprattuto cosa significa l'esercizio e quale sia la sua  utilità...

La sua utilità è questa: è la sensazione che il mettere i palmi sui palmi del compagno restituisce. Dopo una sessione di allenamento è un toccasana. E ci si deve guardare negli occhi. Lo deve fare e lo può fare anche l'insegnante per entrare in contatto con l'allievo non in un contesto di contrasto, ma di pace. Si può provare e se non se ne sentono i benefici si fa un'altra cosa.

@Hal(IENA)loween Stringere la mano o battere il 5 sono un gesto cordiale il cui tempo di esecuzione ne stabilisce anche i limiti.
Prova con il tuo maestro a mettervi di fronte uno all'altro in posizione seiza e in silenzio, guardandovi negli occhi e senti le sensazioni che restituisce il tuo corpo. Le mani sono importanti. Sono il primo strumento col quale entriamo in contatto col mondo esterno. Vedi i bambini. Ogni tanto tornare bambini è costruttivo. Per quanto riguarda quello che contempla una disciplina sportiva di non sportivo non so dirti.
Fosse per me ogni tanto sarebbe utile portare gli allievi al poligono di tiro. Questo è un esercizio che farei, ma non so dirti se è contemplato.  :)

E facciamolo tenendo presente che tali concetti posso essere espressi in un contesto interdisciplinare e non necessariamente solo in un topic di stili interni cinesi.
Era per sottolineare che è per tutti  :)
Occhio però: se parli in interstile devi usare un linguaggio comune a tutti. E questo linguaggio dev'essere supportato da esperienze comuni facilmente replicabili, altrimenti il tutto ha poco senso.
Sono d'accordo. Sulle esperienze comuni posso garantire sulla eventuale replicabilità, ma non sugli effetti di tale esperienza.
Se dico che "rilassare" i muscoli è importante per me è di facile applicazione, ma ognuno di noi deve capirlo da se (a differenza che se chiedessi di fare 10 flessioni).
Comunque ho capito il messaggio.  :)


Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Aliena on October 31, 2011, 15:52:24 pm
Non ho ancora capito in cosa consiste il "toccasana" nell'ambito marziale.

Perchè finora mi pare un "solo" contatto umano che si può ritrovare in situazioni diverse dall'allenamento.

Cosa cambia facendo questo esercizio o non facendolo, nella mia pratica marziale?

Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Clode on October 31, 2011, 15:54:31 pm
Il problema è la frequenza nei singoli allenamenti.
Se per intertiorizzare una tecnica sono necessarie diciamo 5000 ripetizioni (sparo una cifra a caso), farne 1000 al giorno per 5 giorni di seguito è diverso da eseguirne 200 a lezione con i giusti tempi di recupero, gli intermezzi ed altro.
io qui proprio non ti seguo...io questi obbiettivi no nli vedo bisogna allenare una tecnica punto e stop...farla il più volte con una "decente esecuzione tecnica".
Il tuo problema è quanti pugni far tirare in un allenamento? quanti allenamenti fare? come dividere routine di riposo e lavoro? come creare un allenamento bilanciato dove poter allenare in maniera corretta ciò che ritieni vada allenato senza tralasciare o ridurre bagaglio tecnico ma allo stesso tempo tenere alta la qualità...
be allora questo è un bel probema grosso che hanno tutti i maestri tutte le volte che mettono giù delle routine...ma non esistono formule esiste solo l'esperienza e l'intuizione del maestor di turno oppure la goffaggine di tanti...
Quote
Inoltre secondo me è molto importante individuare se ci sono dei problemi a monte.
Dunque se Ciccio non ha abbastanza scioltezza articolare e muscolare per tirare un calcio al viso, prima di metterlo al sacco e fargli ripetere alla nausea il calcio, bisognerà lavorare in maniera mirata sullo stretching e magari sul potenziamento muscolare (dico una banalità, ma secondo me non lo è poi tanto), e quindi penso anch'io che sia importante personalizzare il lavoro.
certo è molto importante ma non significa nemmeno snaturare una fisicità ed una coordinazione. Spesso in molte palestre si tende a fare gli atleti con lo stampino invece bisogna saper individuare le caratteristiche e lavorare su quelle. Nell'esempio che hai fatto terresti un ragazzo 1 anno per poter poi eseguire in maniera mediocre un calcio alto che poi ovviamente, non essendo un suo modus naturale, in combattimento non farà. Questo è per me tempo perso visto che magari l'atleta in questione ha dei sassi al posto delle mani ed una riattività muscolare fuori dal comune...e se fatot lavorare in maniera corretta potrebbe diventare nel giro di poco un buon alteta invece che uono scarso tiracalciinallenamento. :)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: The Spartan on October 31, 2011, 15:56:05 pm
Comunque non vorrei che passasse il messaggio per cui una tecnica si può imparare senza averla ripetuta molte volte.
E' un'assurdità.

.

Se si da per scontato che una tecnica debba per forza essere un movimento complessissimo e disagevole.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Clode on October 31, 2011, 15:59:03 pm
Quote
La sua utilità è questa: è la sensazione che il mettere i palmi sui palmi del compagno restituisce. Dopo una sessione di allenamento è un toccasana. E ci si deve guardare negli occhi. Lo deve fare e lo può fare anche l'insegnante per entrare in contatto con l'allievo non in un contesto di contrasto, ma di pace.
ok per me è tempo perso preferisco far tirare una ripresa in più di calci al saccone....
per questo tipo di cose preferisco le pizzate con birrozzo post allenamento....
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Clode on October 31, 2011, 16:01:58 pm
Comunque non vorrei che passasse il messaggio per cui una tecnica si può imparare senza averla ripetuta molte volte.
E' un'assurdità.

.

Se si da per scontato che una tecnica debba per forza essere un movimento complessissimo e disagevole.
anche un "semplice" diretto destro è una tecnica molto complessa....Jhon no nmi dire che pure te sei del filone che basta 1 ora a settimana e poi visualizzare l'allenamento...
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Dipper on October 31, 2011, 16:09:10 pm
Il problema è la frequenza nei singoli allenamenti.
Se per intertiorizzare una tecnica sono necessarie diciamo 5000 ripetizioni (sparo una cifra a caso), farne 1000 al giorno per 5 giorni di seguito è diverso da eseguirne 200 a lezione con i giusti tempi di recupero, gli intermezzi ed altro.
io qui proprio non ti seguo...io questi obbiettivi no nli vedo bisogna allenare una tecnica punto e stop...farla il più volte con una "decente esecuzione tecnica".
Il tuo problema è quanti pugni far tirare in un allenamento? quanti allenamenti fare? come dividere routine di riposo e lavoro? come creare un allenamento bilanciato dove poter allenare in maniera corretta ciò che ritieni vada allenato senza tralasciare o ridurre bagaglio tecnico ma allo stesso tempo tenere alta la qualità...
be allora questo è un bel probema grosso che hanno tutti i maestri tutte le volte che mettono giù delle routine...ma non esistono formule esiste solo l'esperienza e l'intuizione del maestor di turno oppure la goffaggine di tanti...
... o rivolgersi a qualcuno che studia questi aspetti.

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Inoltre secondo me è molto importante individuare se ci sono dei problemi a monte.
Dunque se Ciccio non ha abbastanza scioltezza articolare e muscolare per tirare un calcio al viso, prima di metterlo al sacco e fargli ripetere alla nausea il calcio, bisognerà lavorare in maniera mirata sullo stretching e magari sul potenziamento muscolare (dico una banalità, ma secondo me non lo è poi tanto), e quindi penso anch'io che sia importante personalizzare il lavoro.
certo è molto importante ma non significa nemmeno snaturare una fisicità ed una coordinazione. Spesso in molte palestre si tende a fare gli atleti con lo stampino invece bisogna saper individuare le caratteristiche e lavorare su quelle. Nell'esempio che hai fatto terresti un ragazzo 1 anno per poter poi eseguire in maniera mediocre un calcio alto che poi ovviamente, non essendo un suo modus naturale, in combattimento non farà. Questo è per me tempo perso visto che magari l'atleta in questione ha dei sassi al posto delle mani ed una riattività muscolare fuori dal comune...e se fatot lavorare in maniera corretta potrebbe diventare nel giro di poco un buon alteta invece che uono scarso tiracalciinallenamento. :)
Era un esempio Clode... scelto apposta perchè semplice e intuitivo, ma potrebbe anche valere per una qualsiasi tecnica.
Sul differenziare, sfondi una porta aperta.
Ad ogni modo prima di dire, no, tu lascia stare i calci alti che non sei buono, secondo me vale la pena capire se davvero Ciccio non è portato o se può diventarlo con il giusto correttivo, il ruolo dell'allenatore dovrebbe anche essere quello di individuare certi punti di forza latenti.
A me una volta a Shotokan uno mi disse che le mie anche erano conformate in modo da non poter tirare su le gambe...
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: The Spartan on October 31, 2011, 16:10:35 pm
No, ci mancherebbe...
Io distinguo ovviamente fra tecnica e tecnica, ma considero tecnica anche un movimento e in alcuni casi apprendere un movimento richiede pochissimo tempo, ma la capacità di eseguirlo ovviamente nn implica il farlo in maniera perfetta e/o efficace, cosa per cui serve tanto sudore e lavoro.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: xjej on October 31, 2011, 16:11:57 pm
Imparare e automatizzare sono concetti diversi.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Dipper on October 31, 2011, 16:17:51 pm
Sono d'accordo con entrambi.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 31, 2011, 16:46:45 pm
Imparare e automatizzare sono concetti diversi.
Peccato. Su questo non ho nulla da obiettare  :)

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La sua utilità è questa: è la sensazione che il mettere i palmi sui palmi del compagno restituisce. Dopo una sessione di allenamento è un toccasana. E ci si deve guardare negli occhi. Lo deve fare e lo può fare anche l'insegnante per entrare in contatto con l'allievo non in un contesto di contrasto, ma di pace.
ok per me è tempo perso preferisco far tirare una ripresa in più di calci al saccone....
per questo tipo di cose preferisco le pizzate con birrozzo post allenamento....

sul birrozzo sono favorevole. Sul tempo perso no. 

Non ho ancora capito in cosa consiste il "toccasana" nell'ambito marziale.
Perchè finora mi pare un "solo" contatto umano che si può ritrovare in situazioni diverse dall'allenamento.
Cosa cambia facendo questo esercizio o non facendolo, nella mia pratica marziale?

Tu mi hai chiesto un' esercizio slegato dalla routine delle meccaniche degli sport da combattimento e am. Preferisci fare la posizione del loto e meditare sull'esistenza? Facciamolo.
Perché il contatto umano non forma la persona? Non penso che ogni volta che usciamo da una palestra ci sia un gruppo di ninja che ci vuole uccidere.
Quello che cambia è che se una cosa mi rende migliore rende migliore anche la mia pratica, qualunque cosa essa sia (vuoi scrivere ideogrammi giapponesi sulla sabbia? Perché no). Vedo le Arti Marziali un modo per renderci migliori nella vita non solo nel combattimento. Il combattimento è solo perché sono abile. Perché il combattimento appartiene alla vita.

Comunque non vorrei che passasse il messaggio per cui una tecnica si può imparare senza averla ripetuta molte volte.
E' un'assurdità.
Se si da per scontato che una tecnica debba per forza essere un movimento complessissimo e disagevole.
E infatti si da per scontato una cosa sbagliata. Il movimento deve essere semplice e agevole. Il gancio è un gesto semplice e agevole. Lo rendiamo complesso perché parliamo troppo. Invece bisogna parlare il giusto.

Comunque non vorrei che passasse il messaggio per cui una tecnica si può imparare senza averla ripetuta molte volte.
E' un'assurdità.
Se si da per scontato che una tecnica debba per forza essere un movimento complessissimo e disagevole.
anche un "semplice" diretto destro è una tecnica molto complessa....Jhon no nmi dire che pure te sei del filone che basta 1 ora a settimana e poi visualizzare l'allenamento...
E' una tecnica molto complessa solo se la mettiamo al microscopio.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Aliena on October 31, 2011, 16:54:11 pm

Non ho ancora capito in cosa consiste il "toccasana" nell'ambito marziale.
Perchè finora mi pare un "solo" contatto umano che si può ritrovare in situazioni diverse dall'allenamento.
Cosa cambia facendo questo esercizio o non facendolo, nella mia pratica marziale?

Tu mi hai chiesto un' esercizio slegato dalla routine delle meccaniche degli sport da combattimento e am. Preferisci fare la posizione del loto e meditare sull'esistenza? Facciamolo.
Perché il contatto umano non forma la persona? Non penso che ogni volta che usciamo da una palestra ci sia un gruppo di ninja che ci vuole uccidere.
Quello che cambia è che se una cosa mi rende migliore rende migliore anche la mia pratica, qualunque cosa essa sia (vuoi scrivere ideogrammi giapponesi sulla sabbia? Perché no). Vedo le Arti Marziali un modo per renderci migliori nella vita non solo nel combattimento. Il combattimento è solo perché sono abile. Perché il combattimento appartiene alla vita.
Anche leggere un libro, anche fare 4 chiacchiere, anche mille altre cose che faccio durante la giornata mi possono rendere una persona migliore (che io faccia kung fu, o kick boxing, o tennis o briscola).
Non tutte necessariamente una migliore combattente (o semplice praticante, io mi sento ancora lontanissima dal potermi definire combattente).

Ma soprattutto, perchè fare queste cose slegate dalla pratica marziale, in palestra/dojo al posto di esercizi mirati alla pratica marziale?
Perchè, se non ho capito male, tu hai parlato di esercizi che dovrebbero far parte della routine di allenamento facente parte delle AM.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 31, 2011, 18:42:06 pm
Anche leggere un libro, anche fare 4 chiacchiere, anche mille altre cose che faccio durante la giornata mi possono rendere una persona migliore (che io faccia kung fu, o kick boxing, o tennis o briscola).
Non tutte necessariamente una migliore combattente (o semplice praticante, io mi sento ancora lontanissima dal potermi definire combattente).
Ma soprattutto, perchè fare queste cose slegate dalla pratica marziale, in palestra/dojo al posto di esercizi mirati alla pratica marziale?
Perchè, se non ho capito male, tu hai parlato di esercizi che dovrebbero far parte della routine di allenamento facente parte delle AM.
Hai visto "HERO"? C'è una scena nella quale un maestro per capire la spada usa l'arte della scrittura degli idiogrammi. Pensi che se lo sia inventato il regista per dare un pò di romanticismo al film? Assolutamente. E' storia della spada giapponese.
Ho parlato di yoga, di poligono di tiro e di contatto con il mio compagno/a in una situazione di pace e non di contrasto.
Tu non devi essere una combattente devi essere Kung Fu.  :)
La routine può essere una quota di preparazione atletica, di preparazione tecnica, di preparazione psicologica, ma non mi piace fermarmi alla routine. Io voglio essere Kung Fu tutto il giorno. Se pensi che stai perdendo tempo non farlo, ma se pensi di limitare le tue esperienze significa limitare te stessa almeno provaci.
Nella routine di allenamento di Kasparov alla preparazione di un incontro di scacchi c'erano delle sessioni di biliardo.
Ho forti dubbi sul fatto che il suo preparatore non lo stesse preparando nel migliore dei modi perché il biliardo e gli scacchi non c'entrano niente. Mangia un pò di tutto. Perché altrimenti la specializzazione alla fine ti farà perdere di vista il contesto generale.
 :)







Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Aliena on October 31, 2011, 19:10:25 pm
Ho l'impressione che abbiamo una diversa visione e che questa sia la differenza: io vedo la mia pratica come parte della mia vita, tu la tua vita come contorno/complemento alla pratica.

Oppure, cosa molto probabile, non ho proprio capito.
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Bingo Bongo on October 31, 2011, 19:44:28 pm
Ho l'impressione che abbiamo una diversa visione e che questa sia la differenza: io vedo la mia pratica come parte della mia vita, tu la tua vita come contorno/complemento alla pratica.
Oppure, cosa molto probabile, non ho proprio capito.

In parte hai capito  :)
L'unica cosa è la mia vita la vedo come pratica (no contorno o complemento alla pratica).
Devo essere sempre Kung Fu. Devo essere sempre abile.
Quindi la pratica non è in un ordine temporale o spaziale. E' la vita.
E, se mi permetti, penso che il tuo obiettivo non debba essere andare in palestra come parte della tua vita. Il tuo obiettivo è essere sempre Kung Fu. Quando ti siedi per mangiare o quando ti siedi sul divano. Puoi sederti in modo Abile (Kung Fu) o in modo inabile.
Essere abili sempre è un vantaggio che essere abili solo 2 ore. No?  :)
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Gelo - Killer Whale is back! on November 02, 2011, 09:38:51 am
Imparare e automatizzare sono concetti diversi.

Quotone ed appoggio.
Xiej, spero di poterti incontrare un giorno, giusto per farmi annodare un pochetto. ;)

Torniamo a noi.

Dal mio punto di vista, la produzione di praticanti di qualità tra SDC e AM è in un'ottica temporale molto diversa.

Gli Sport da Combattimento sono più immediati e mediamente, puoi far masticare le basi ad un atleta in circa 4/5 mesi se il maestro è bravo.
A mio giudizio, questa rapidità di apprendimento di basi è dovuto sia al minor numero di tecniche totali da trasmettere, sia al fatto che si lascia libera interpretazione ad ogni atleta sulla memorizzazione. Un esempio banale è il gancio; la cosa importante è che il polso sia in linea con l'avambraccio ed il dorso della mano, per evitare traumi al polso. Il resto è storia.
Le Arti Marziali, possono anche facilitare l'apprendimento, ma ricordatevi che siamo sempre obbligati da un certo numero di tecniche che vanno eseguite in quel modo perchè "Così si fà" o "E' stata inventata in quel modo".

In entrambi i casi, resta il fatto che la ripetizione qualitativa del gesto deve essere fatta un certo numero di volte per riuscirla a memorizzare.

E' indubbio che, in entrambi i casi, sono esercizi che ti insegneranno qualcosa per l'intera vita.

P.s.
Anche leggere un libro, anche fare 4 chiacchiere, anche mille altre cose che faccio durante la giornata mi possono rendere una persona migliore (che io faccia kung fu, o kick boxing, o tennis o briscola).

Aliena, la briscola ed i giochi di carte napoletani sono una scienza esatta anche se se in calzoncini o pigiamino colorato. :gh:
Title: Re:Il fattore “Q”
Post by: Prototype 0 on February 13, 2012, 16:28:27 pm
Mi sembra che brevità e multifrequenza sia un binomio premiato da tale thread, o sbaglio?