Il tuo post Mad tocca diversi punti interessanti. Però non c'entra niente l'Intenzione.
Viaggiare con l'omicidio in testa perché si è rimasti "scemi" o "shockati" o "impauriti" nell'apprendere come recidere il nervo frenico con il coltello è tema da analista, è tema legato alla genetica, alla cultura, alla famiglia, al contesto sociale.
L'Intenzione per noi marzialisti è un termine tecnico che ha un significato ben preciso che eventualmente possiamo anche esplodere.
Il fatto che il senso della pratica marziale tradizionale debba, a un certo punto, necessariamente coincidere con l'intenzione e quest'ultima con la volontà di uccidere il proprio nemico sul campo di battaglia è qualcosa che nel momento dell'accadimento, sia per la difesa della propria vita o per l'offesa della vita altrui, non è opinabile, non è discutibile. O si è in grado di farlo o non lo si è.
E il senso di ciò che alleniamo nella pratica marziale è quello. Il senso "annacquato" della marzialità può avere sfumature diverse. Ma qua parliamo di Arti Marziali.
Se io non mi fossi posto seriamente di fronte a quel senso nella pratica marziale non avrei condiviso, non so in quanti post, la convinzione assoluta che l'Aikido è oggi la disciplina più moderna in assoluto. La più moderna in assoluto, perché l'Aikido che io conosco, non ammette la "violenza" neanche per "giusta causa".
E' ora di abbandonare questa idea delle sfumature, delle giuste cause. Oppure di abbracciarla, ma con le conseguenze del caso. Con l'accettazione di una realtà in cui la "violenza" è parte integrante e imprescindibile della vita. Ieri, oggi e domani.
Ma qualunque sarà la nostra scelta non cambierà il senso delle Arti Marziali. Non toglie il senso della marzialità.
Poi, se vuoi, parliamo di cos'è l'Intenzione.