ISATO KUBO: un ritorno alle radici?

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ISATO KUBO: un ritorno alle radici?
« on: July 01, 2011, 09:38:50 am »
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Uno dei maestri giapponesi di Taikiken che sta cercando di compiere un lavoro "genealogico", riscoprendo l'Yiquan, anche con studi e viaggi presso maestri Cinesi. Il risultato è un Taikiken contaminato dall'Yiquan, un curioso ibrido:

Taïkiken Yiquan.

Mi sembra che in allenamento Kubo tenga comunque distinte le due pratiche, senza mischiarne l'apprendimento.
Sarebbe interessante sentire l'utente Beppe che ha conosciuto questo maestro... :thsit:

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Offline Francesco85

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Re:ISATO KUBO: un ritorno alle radici?
« Reply #1 on: July 01, 2011, 12:59:07 pm »
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. Il risultato è un Taikiken contaminato dall'Yiquan, un curioso ibrido:


scusa ma .. il taikiken è una disciplina nata proprio dallo studio dell YiQuan.

cmq interessante "gioco al combattimento" .. a mio giudizio molto utile per chi pratica anke il lato marziale ... ma meno complesso e impegnativo di uno sparring con protezioni.

il rischio di farsi male in questi casi puo essere elevato , sopratutto se a che fare con principianti o con gente che fatica a controllare ..
lo scopo di questo esercizio deve rimanere lo studio .. nn far veder chi ce l ha piu duro ... quando tt cio sfocia in quello ... si finisce nella banalita e ci si fa male ...  :)

Fra
Chi ha certezze assolute è irrimediabilmente pazzo!
Ma non ne sono del tutto certo...

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Offline Francesco85

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Offline Takuanzen

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Re:ISATO KUBO: un ritorno alle radici?
« Reply #3 on: July 02, 2011, 10:23:53 am »
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. Il risultato è un Taikiken contaminato dall'Yiquan, un curioso ibrido:


scusa ma .. il taikiken è una disciplina nata proprio dallo studio dell YiQuan.


Si, ma a Sawai non è stato passato il sistema completo dell'Yiquan/Dachengquan da Yao Zongxun e quindi l'ha completato con elementi mutuate da altri stili (Kendo, Xingyiquan ecc...). Il risultato è che i due stili, pur condividendo un matrice comune, presentavano parecchie differenze: il Dachengquan che pratico col maestro Guo Guizhi è profondamente diverso dal Taikiken, che ho provato e di cui ho studiato qualche esercizio. Secondo me bisogna sottolineare queste differenze, non accorparle ingenuamente in un tutto indifferenziato ( anche se molti maestri lo fanno, a mio parere erroneamente) e capire il perchè si siano originate. Visto che non voglio ripetermi, se ti interessa l'argomento, ti segnalo questo topic che avevo aperto qualche tempo fa, dove si parla anche di questo problema:

https://www.artistimarziali.org/forum/index.php?topic=6688.0

Oggi invece molti maestri di Taikiken giapponese stanno andando a praticare in Cina coi maestri di Yiquan e quindi questa differenza si sta ancora colmando. Kubo è uno di questi, ma ve ne sono altri come Michio Shimada. Anche il Taikiken sta cambiando grazie a questo processo. Era questo che mi interessava mostrare qui. ;)



cmq interessante "gioco al combattimento" .. a mio giudizio molto utile per chi pratica anke il lato marziale ... ma meno complesso e impegnativo di uno sparring con protezioni.

il rischio di farsi male in questi casi puo essere elevato , sopratutto se a che fare con principianti o con gente che fatica a controllare ..
lo scopo di questo esercizio deve rimanere lo studio .. nn far veder chi ce l ha piu duro ... quando tt cio sfocia in quello ... si finisce nella banalita e ci si fa male ...  :)


Fra

Si, nel Taikiken chi se la sente di fare combattimento, entra come gli pare. Questo crea dei problemi per quel che riguarda i rischi e i possibili traumi, come dici tu. Vedi persone che entrano col casco e guantoni, altri col casco ma senza guantoni, altri a mani nude e senza casco, alcuni con guantini da MMA, altri persino con improbabili guantini da giardiniere ecc...
D'altro canto, anche se anch'io combatto prevalentemente indossando casco con griglia e guantoni, vi pè da dire che il casco integrale induce un'eccessivo senso di sicurezza e protezione, spesso non preoccupandosi troppo della difesa, quando invece i colpi si sentono lo stesso, soprattutto a livello della cervicale e infine, si restringe l'area bersaglio solo alla testa e non al resto del corpo. E' utile perchè di permette di combattere in sicurezza e senza farsi male, però è importante anche provare altre modalità. Se togli il casco e combatti con un paradenti, ti accorgi che cambia tutto, dall'assorbimento dei colpi, alla gestione delle distanze. Impariamo anche quello allora!! A mani nude poi è interessante perchè studi anche tecniche che è più difficile eseguire coi guantoni. Perchè limitarsi ad un'unica modalità? Bisogna adattarsi a tutte...
Tutto questo nell'ottica, che tu hai giustamente ricordato, di studio/gioco al combattimento. :)

 
« Last Edit: July 02, 2011, 10:27:07 am by TakuanZen »

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Offline 笨笨

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Re:ISATO KUBO: un ritorno alle radici?
« Reply #4 on: July 04, 2011, 22:09:06 pm »
+1
Sarebbe interessante sentire l'utente Beppe che ha conosciuto questo maestro... :thsit:

Ahia mi chiamano in causa! Dal mare... se ne va a farsi benedire il mio buon "vivi nascosto"...

Per amor di precisione: io mi allenavo con il gruppo di taikiken-iken (in giapponese: yiquan) che faceva capo a Kubo (ma Kubo, grosso e massiccio anche per un occidentale, l'ho incontrato una volta sola), e che si incontrava in due dojo differenti e vicino al parco del castello di Osaka. Di quel periodo ricordo diverse cose, non tutte molto piacevoli: le posizioni da taikiken BASSE, con le ginocchia che sporgevano oltre la punta dei piedi (posizioni ottime per la parte bassa della schiena, ma le ginocchia e le gambe...); e poi gli esercizi di sensibilità con i bastoni, e l'esercizio di pugni che "smbravano" presi dallo xingyiquan, perché ne ricordavano i nomi, ma che rispetto allo xingyi erano molto diversi; e l'esercizio di shotei (i colpi col palmo della mano, duri, ascendenti, esercitati più a lungo delle tecniche di pugno e con uno "snap" da karate); e poi gli esercizi di sensibilità con l'ausilio del bastone e dello shinai; e gli esercizi di combattimento, cui partecipava gente del keiwan (K1) e del KKK (e no, non si trattava degli incappucciati un poco sfigati 'mmericani der sudde: questi menavano come esaltati!) - e dagli esercizi di combattimento per lo più io fuggivo, proprio a causa dell'esaltazione. Era il 2003, e tutti questi signori mi sembravano fighissimi, finché un insegnante di una koryu, incontrato tramite amici, mi freddò: "Combattimento reale?", mi disse, "E quanto dura?". Io: "Almeno 5 minuti a coppia". E lui: "E alla fine quanti morti?". Io: silenzio. E lui: "Quello non è combattimento, è un gioco: le risse alle elementari valgono altrettanto". E gli amici, budoka di fama da mezzo mondo, inseriti nel "giro" delle Koryu, a dargli ragione...

Ciò detto, è indubbiamente vero che gli "ikenisti" giapponesi si allenavano con foga e determinazione (with dedication). Ed è vero che attingevano a due tradizioni: nel caso di Kubo e di chi lo seguiva, il taikiken di Sawai (si mormorava che Kubo fosse stato la persona più giovane insignita da Sawai del grado di Renshi) e lo iken/yiquan di Yao Chenguang. E le due pratiche erano mescolate in allenamento, pur tenendole distinte "in teoria" (le posizioni potevano anche essere tenute "basse" stile taikiken; e all'inizio ai principianti era richiesto "soltanto" di mantenerle; ma poi si iniziava a lavorare sulle direzioni, tensioni, rilassamento eccetera). Io ci ho visto molti elementi del kendo e dello iaido (il senso della distanza, i passi, certi concetti relativi all'uso del centro - ma non chiedetemi esempi, non sarei in grado di farne), ma anche un approccio molto diretto, lineare al combattimento; meno, molto meno pugilato rispetto al gruppo di Yao, che, su consiglio e presentazione dei ragazzi del taikiken, visitai durante quelle vacanze di Natale. E si praticavano sì i cinque pugni dello xingyi, ma rivisit e corretti - e io avevo l'idea che quei cinque pugni appartenessero ad un'epoca intermedia tra lo yiquan di oggi (fortemente influenzato da Yao) e lo xingyiquan da cui, in parte (molto) ristretta, partiva Wang. Vi era, nel taikiken, anche un esercizio del fali quasi statico, molto ma molto diverso dal fali dello yiquan. Una pratica che all'epoca trovavo interessante, ma anche "strana". Qualche tempo fa, parlando con un grande praticante di Yiquan di Sesto, proveniente dal karate, allievo un tempo di Tokitsu, oggi di Guo e i altri insegnanti, a tavola si discuteva proprio dell'opportunità di allenamenti di combattimento spinti allo stremo delle forze e all'estremo del... ma la conclusione cui, in due, si arrivava, la conclusione condivisa, era che neppure nel muay thai o nella boxe durante lo sparring si spinge fino all'estremo - non è logico "rompersi" in allenamento, prima di dover combattere davvero. Nel taikiken, ma prima anche nello shotokan dei miei tempi, lo si faceva, lo si fa.

E a me, che sono pigro e "signor nessuno" nelle AM, questo non piace. Just my two cents.


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Re:ISATO KUBO: un ritorno alle radici?
« Reply #5 on: July 05, 2011, 09:48:20 am »
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Sarebbe interessante sentire l'utente Beppe che ha conosciuto questo maestro... :thsit:

Ahia mi chiamano in causa! Dal mare... se ne va a farsi benedire il mio buon "vivi nascosto"...


Da epicureo convinto ti capisco e mi scuso per aver disturbato il tuo sacrosanto ozio marittimo... XD

Per amor di precisione: io mi allenavo con il gruppo di taikiken-iken (in giapponese: yiquan) che faceva capo a Kubo (ma Kubo, grosso e massiccio anche per un occidentale, l'ho incontrato una volta sola), e che si incontrava in due dojo differenti e vicino al parco del castello di Osaka. Di quel periodo ricordo diverse cose, non tutte molto piacevoli: le posizioni da taikiken BASSE, con le ginocchia che sporgevano oltre la punta dei piedi (posizioni ottime per la parte bassa della schiena, ma le ginocchia e le gambe...); e poi gli esercizi di sensibilità con i bastoni, e l'esercizio di pugni che "smbravano" presi dallo xingyiquan, perché ne ricordavano i nomi, ma che rispetto allo xingyi erano molto diversi; e l'esercizio di shotei (i colpi col palmo della mano, duri, ascendenti, esercitati più a lungo delle tecniche di pugno e con uno "snap" da karate); e poi gli esercizi di sensibilità con l'ausilio del bastone e dello shinai; e gli esercizi di combattimento, cui partecipava gente del keiwan (K1) e del KKK (e no, non si trattava degli incappucciati un poco sfigati 'mmericani der sudde: questi menavano come esaltati!) - e dagli esercizi di combattimento per lo più io fuggivo, proprio a causa dell'esaltazione. Era il 2003, e tutti questi signori mi sembravano fighissimi, finché un insegnante di una koryu, incontrato tramite amici, mi freddò: "Combattimento reale?", mi disse, "E quanto dura?". Io: "Almeno 5 minuti a coppia". E lui: "E alla fine quanti morti?". Io: silenzio. E lui: "Quello non è combattimento, è un gioco: le risse alle elementari valgono altrettanto". E gli amici, budoka di fama da mezzo mondo, inseriti nel "giro" delle Koryu, a dargli ragione...

Ciò detto, è indubbiamente vero che gli "ikenisti" giapponesi si allenavano con foga e determinazione (with dedication). Ed è vero che attingevano a due tradizioni: nel caso di Kubo e di chi lo seguiva, il taikiken di Sawai (si mormorava che Kubo fosse stato la persona più giovane insignita da Sawai del grado di Renshi) e lo iken/yiquan di Yao Chenguang. E le due pratiche erano mescolate in allenamento, pur tenendole distinte "in teoria" (le posizioni potevano anche essere tenute "basse" stile taikiken; e all'inizio ai principianti era richiesto "soltanto" di mantenerle; ma poi si iniziava a lavorare sulle direzioni, tensioni, rilassamento eccetera). Io ci ho visto molti elementi del kendo e dello iaido (il senso della distanza, i passi, certi concetti relativi all'uso del centro - ma non chiedetemi esempi, non sarei in grado di farne), ma anche un approccio molto diretto, lineare al combattimento; meno, molto meno pugilato rispetto al gruppo di Yao, che, su consiglio e presentazione dei ragazzi del taikiken, visitai durante quelle vacanze di Natale. E si praticavano sì i cinque pugni dello xingyi, ma rivisit e corretti - e io avevo l'idea che quei cinque pugni appartenessero ad un'epoca intermedia tra lo yiquan di oggi (fortemente influenzato da Yao) e lo xingyiquan da cui, in parte (molto) ristretta, partiva Wang. Vi era, nel taikiken, anche un esercizio del fali quasi statico, molto ma molto diverso dal fali dello yiquan. Una pratica che all'epoca trovavo interessante, ma anche "strana".

Ti ringrazio per il tuo resoconto. E' sempre illuminante per me poter leggere esperienze personali fatte da qualcuno con i maestri diarti marziali. Aiuta a calarsi molto di più nel punto di vista di chi le ha vissute e farsi un'idea dell'atmosfera degli allenamenti.  ;)
Qualche tempo fa, parlando con un grande praticante di Yiquan di Sesto, proveniente dal karate, allievo un tempo di Tokitsu, oggi di Guo e i altri insegnanti, a tavola si discuteva proprio dell'opportunità di allenamenti di combattimento spinti allo stremo delle forze e all'estremo del... ma la conclusione cui, in due, si arrivava, la conclusione condivisa, era che neppure nel muay thai o nella boxe durante lo sparring si spinge fino all'estremo - non è logico "rompersi" in allenamento, prima di dover combattere davvero. Nel taikiken, ma prima anche nello shotokan dei miei tempi, lo si faceva, lo si fa.

E a me, che sono pigro e "signor nessuno" nelle AM, questo non piace. Just my two cents.

Non lo conosco, non so di chi parli... :=)  :P

 ;D ;D