Pongo una domanda: Il fine ultimo di una qualsiasi Disciplina che rimanda a Marte (Dio del combattimento, e non della guerra), non dovrebbe essere il COMBATTIMENTO ?
Viene definito marziale per una questione di categoria.
Per quelle orientali c'è una grossa sovrapposizione tra la parte "fisica" e quella che qualcuno definisce "filosofica"
[1].
Parte che deriva, a mia stretta opinione, da una ricerca pragmatica, per non dire scientifica, ma ovviamente coerente con al visione del mondo e della natura della zona/tempo in cui tale arte si è sviluppata.
Inclusa la "contaminazione" dello zen sulle arti giapponesi (il "distacco mentale" sviluppato con certe pratiche tipiche dello zen era funzionale alla motivazione e al superare la paura della morte nei bushi).
O il taoismo per aclune discipline cinesi, se credo nel fluire del qi, nei meridiani, nel dantien, nei principi contrapposti che in continua ricerca di equilibrio originano tutto, troverò soluzioni e allenamenti che su questo si basano.
Successivamente tali discipline sono divenute semplicemente obsolete in rapporto alla tecnologia di guerra.
Queste pratiche sono diventate quindi un mezzo per migliorare se stessi, almeno per quanto riguarda i -do giapponesi.
Quindi l'idea è di fare introspezione, autoascolto ed "analisi" (quindi si presume arrivare all'automigliormaneto) TRAMITE il combattimento.
Combattimento che se finalizzato a questo può essere più o meno regolamentato, più o meno ritualizzato.
Quindi secondo me più che il fine, per certe discipline il combattimento è un mezzo.
Onestamente se il mio unico fine fosse il combattimento inteso come rendere inoffensivo un eventuale nemico il più velocemente possibile minimizzando il mio rischio andrei in giro armato di tazer (sapendo comunque che potrei in correre in guai legali).
Ti prego di considerare che questo mio ultimo esempio è un po' esagerato solo per rendere meglio l'idea, non per polemizzare.