Organizzato ancora una volta dal Bob Arum delle arti marziali israeliane, Carlo Miozzi, sabato 22 ho avuto il piacere di partecipare allo stage che segnava il ritorno di Amnon Darsa in Italia.
Darsa è uno dei nomi più quotati del KM internazionale.
Praticante di KM da circa 30 anni, ha iniziato come studente ancora giovanissimo con Miki Assulik che era uno dei primi istruttori autorizzati direttamente da Imi per finire poi, dopo un lungo periodo come responsabile della formazione di varie compagnie di sicurezza israeliane, col diventare uno dei pilastri della IKMF dei tempi d'oro, al cui interno ha poi finito per ricoprire il ruolo di responsabile della formazione e degli esami.
Uscito dalla IKMF, al pari di altri suoi sodali, dopo una breve collaborazione con un altro istruttore, ha creato la sua organizzazione, lo SMART Krav Maga.
Lo stage è stato diviso in due parti, la mattina sopravvivenza al suolo contro coltello, bastone e calci e il pomeriggio protezione terza persona.
Dopo una breve introduzione Darsa, che è anche un noto ed apprezzato istruttore di Kettlebells, cura personalmente il riscaldamento e questa si rivela una piacevole sorpresa perchè è un riscaldamento "statico" fatto in stile Tacfit per intenderci, con molti esercizi di coordinazione mente-corpo alcuni dei quali in grado davvero di mettere in difficoltà solo per la esecuzione materiale prima ancora che per la difficoltà in sè.
E, cosa che per me è sempre segno di intelligenza didattica, molti di questi esercizi si riveleranno essere dopo strettamente connessi al lavoro che verrà fatto al suolo.
La prima situazione che andiamo a vedere è una persona che cerca di calciarci mentre siamo a terra.
L'inizio è per me diciamo in salita perchè, vista la validità del ckm al suolo (unico capitolo su cui di solito mi sbilancio nel giudizio...), ho un occhio molto critico e grosse aspettative.
Il primo problema sorge nelle modalità del suo tracking (intendendo come tracking il rapportarsi a terra con un avversario in piedi che ci gira attorno)...assolutamente poco funzionale dal punto di vista biomeccanico e con evidenti problemi dati dalla banalità del fatto che maggiore superficie a terra, maggiore attrito e maggiore attrito minore mobilità e reattività.
Negli esercizi specifici la differenza di funzionalità dei due approcci è evidente.
Vi fate un'idea qui...
Col calcio la logica di Darsa è quella di andare ad ammortizzare, con un simil impatto con le nostre parti molli dell'avambraccio, il calcio e di provare poi a scalciare avendo come ideale bersaglio il tronco o il viso perchè scalciare più in basso comporterebbe il rischio di ritrovarci addosso l'aggressore.
Io dissento su tutta la logica.
Come opzione la sola concessione che posso farle è nel caso in cui non ci sia spazio di manovra ma mi preoccuperei però più della massima protezione piuttosto che di altro e poi proverei a sfruttare il contatto con le sue gambe.
La seconda tecnica la conoscevo in parte non solo per averla vista in una delle mie solite ricerche sul tubo ma anche perchè è quella che ha scatenato le ire del buon Idan Abolnik...
Senza voler essere irrispettoso, comprendo il suo disappunto...
La tecnica è questa...
https://www.youtube.com/watch?v=VDmvgaDkr0IAllora...premesso che la copertura del cranio non mi piace affatto, io non giudico sulla fattibilità o meno, meglio...sulla facilità, di quel tipo di soluzione specialmente nel worst case scenario che per noi CKM è la norma a cui ispirarsi, ma mi limito a rilevare che io che non sono piccolo e non ho le gambe corte, ho spesso avuto difficoltà a impattare sul tronco o sulla testa in maniera efficace e, soprattutto, ho riscontrato una profonda incongruenza biomeccanica fra questa soluzione e la necessità di rialzarsi velocemente da terra dal momento che il movimento verso l'alto non genera alcun momentum sfruttabile e anzi obbliga quasi a rallentare...
Col coltello la situazione è decisamente migliorata, sia per lo scenario proposto (una persona che in piedi cerca cmq di infilzarci ripetutamente senza mettere peso su di noi) sia per la soluzione.
Sostanzialmente un blocco/parata mutuato dalla classica 360 del KM, con conseguente spostamento del corpo e tentativo poi di scalciare come mostrato fino a quel momento.
Nulla da dire e tutto sommato molto più sensato il lavoro di gambe adesso che c'è un coltello di mezzo.
In tutto questo Darsa si rivela molto attento, gira durante i drill, corregge quando deve correggere e lascia molto spazio, come da manuale, a un lavoro libero che, inglobando tutto il lavoro del mattino, pone fine alla sessione antimeridiana.
Menzione speciale per una sua spiegazione sulla necessaria chiarezza e distinzione su ciò che lui definisce "Technique-Training-Situation" e sulle connessioni fra queste.
Causa treno che lo attendeva nel tardo pomeriggio per portarlo in quel di Trento, dove avrebbe tenuto il giorno dopo un interessantissimo stage proprio su un treno in movimento, Darsa concede mezz'ora per la pausa pranzo.
Ho il privilegio di passare parte di questo tempo con noi e una porzione della nostra chiacchierata sarà preso oggetto di uno speciale numero di The Spartan files che inaugura la rubrica "10 domande a.....".
Il pomeriggio, come detto, è dedicato alla protezione di terza persona e qui per certi versi si compie una vera e propria magia....abracadabra...
Si, perchè è come se Darsa si trasformasse in un certo modo e con lui la dimensione della lezione perchè la sensazione è quella di essere trasportati in un corso di security.
La sua didattica (mi verrebbe da dire la loro se la cosa nn sembrasse irrispettosa....) è pazzesca...si passa in un attimo dal lavorare con esercizi banali e generici apparentemente a esercizi più specifici, ogni volta con esercizi liberi ad hoc, che fanno entrare in un attimo gente che certe cose non le ha mai fatte nella giusta prospettiva di cosa debba essere la protezione personale.
Lo switch di cui ho parlato prima viene confermato a un certo punto da una sorprendente ma per me giustissima incazzatura di Darsa che, senza peli sulla lingua, accusa tutti quanti di non prendere seriamente certi drill.
Questo per me è un segno di grandissima professionalità, rispetto di chi è andato da lui per lavorare e soprattutto di assetto mentale di chi è abituato a lavorare in un certo modo e con certa gente.
Dai drill di posizionamento e difesa passiva, passiamo a drill di difesa attiva, prima contro un aggressore, poi contro due aggressori (situazione che mi fa sorgere una domanda che lui coglie con discreta ammirazione...) e poi contro più aggressori "a sorpresa".
Il tempo vola...ma prima di chiudere non possono mancare drill specifici sotto stress e lui ci propone quello chiamato ping pong...che è una situazione chiaramente esasperata ma che ha ovviamente la sua ragione e che, paradossalmente per certi versi, mette in crisi un certo approccio al corpo a corpo su cui indugiano alcune scuole.
Una clip qui...
https://www.instagram.com/p/BL4SPSBDfvp/E stanchi e sudati ma divertiti giunge il momento dei saluti.
Che dire...organizzazione sempre perfetta e padrone di casa squisito, piacevole rivedere tanta gente che si è mossa da Belluno a Messina per un evento del genere e cmq come sempre preziosa occasione di confronto e riflessione.
Lui, al di là delle cose più o meno cinvincenti, un professionista e secondo me il migliore fra i vari Moyal, Yanilov, Noah e compagnia bella uscita dalla IKMF.
Sempre studenti, a volte istruttori.
Kida.