visto che qui al lavoro c'è poco da fare oggi sono molto produttivo e rispondo tempestivamente a Carlo, che come sempre pone questioni interessantissime. La mia risposta, per pigrizia, potrebbe essere bohh, oppure potrei fermarmi come fanno quasi tutti dicendo è così perchè un maestro l'ha detto all'amico del mio maestro che è così. Ma essendo io un dinamicissimo padano provo ad usare il mio cervello per giungere ad una risposta, che sarà ben lungi dall'essere soddisfacente, ovviamente.
L'aikido Iwama cataloga pressochè tutte le azioni come omote ed ura, a volte ci si sforza di immaginare azioni ura anche quando non hanno senso, e questo a mio avviso arriva da una perdita di contatto con la realtà, dovuta come molte altre cose alla poca sincerità nell'attacco e nell'atteggiamento di uke. Questa distinzione parte da considerazione geometrica, a volte nella mia scuola preferiamo parlare di forme irimi e forme tenkan, ma la sostanza non cambia.
Nel daito di Kondo le forme ura sono le forme evolute, quelle che non vengono mostrate normalmente se non ai gradi avanzati (che quindi io non conosco), tranne in due casi, ippon dori e shihonage, di cui esistono la forma omote e quella ura con una classificazione di tipo aikidoistico (ovvero geometrica). Per quanto riguarda il daito mi fermo qui, per evitare di dire sciocchezze, eventualmente interverrà qualcun'altro che ne sa più di me. Come già detto il daito da una singola risposta ad ogni possibile azione del nemico, quindi il numero di tecniche è ridotto all'osso in una prima fase di acquisizione dei principi ed assimilazione del movimento.
Per come la vedo io Ueshiba si è trovato ad affrontare un problema di classificazione non tanto all'inizio (nel libro budo la classificazione è piuttosto graossolana, questo forse perchè il suo metodo fu messo a punto lavorando con marzialisti esperti che avevano avuto esperienze di combattimento (judo, kendo e II guerra mondiale), ma si è trovato a divulgare la disciplina anche e soprattutto con persone che non avevano basi di combattimento, (senza dimenticare il problema linguistico) e quindi per scopi didattici ha dovuto suddividere le tecniche in una forma diretta (applicabile facendo movimenti in linea e quindi più daitoistica) ed una forma che parte e si sviluppa su movimenti rotatori (più aikidoistica).
La forma diretta in una prima fase è più semplice, ha meno movimenti, ad una prima analisi forse è anche più legata all'uso di atemi, in quanto devo attraversare la linea di attacco di uke e devo tutelarmi, distrarlo o renderlo inabile. Studiando la forma omote la cosa più importante è la presa di tempo, a livelli avanzati (per utilizzare un linguaggio judoistico e schermistico) la forma omote si può sviluppare solo in sen no sen, anticipando l'attacco sul suo nascere, per questo ho bisogno di uno zanshin molto acuito.
La forma ura è in prima istanza più complessa, devo imparare a gestire l'equilibrio ed il posizionamento con movimenti rotatori, quindi è più difficile la gestione della distanza reciproca fra uke e tori durante l'azione, è più difficile controllare uke, ma quando ho acquisito l'azione ho un vantaggio enorme, infatti posso permettermi un leggerissimo ritardo, passando da sen non sen a go no sen, che poi si tratti di una schivata od una parata cambia poco.
Poi nasce la tecnica vera, il tokui waza, quella applicata in randori, che esce dalla forma didattica e che riunisce i principi di omote e ura a seconda del bisogno, quindi se durante ikkyo omote mi sposto di 20 gradi sulla linea di attacco e nell'ura di 360, nella forma reale mi sposto di quel che serve in quel caso, gestendo l'equilibrio ed il posizionamento in funzione sia di quanto ho appreso nello studio delle forme omote ed ura, che di quanto riesco ad anticipare l'attacco di uke, che è poi l'aspetto fondamentale di una pratica realistica.
Forse omote ed ura vanno non vanno viste come azioni distaccate, ma come ingredienti di una ricetta, tipo la pasta e fagioli.
ciao a tutti