IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA

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Offline Bingo Bongo

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #30 on: December 11, 2011, 16:19:06 pm »
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Essere guerrieri implica fatica, devozione e distruzione (di se stessi e degli altri).

Suvvia, la pratica è abbastanza semplice: è come le percosse che subisce una lama incandescente che dev'essere forgiata...
Dura e piena di dolore.

Oggi i tuoi post sono particolarmente integralisti  :)
Se ti hanno fatto arrabbiare dimmelo che organizziamo una spedizione punitiva (naturalmente con passamontagna)  :)

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Offline West Wind

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #31 on: December 11, 2011, 16:24:54 pm »
0
E di grazia bingo bongo,qual'è il limite fra potenza e prepotenza?
E già che ci siamo,cosa si intende per potenza?
Potenza rispetto a chi?
Come si fa a stabilire chi è più potente?
Nel qual caso "non si sentisse il bisogno di stabilirlo" possiamo dire che nessuno è potente fino a prova contraria?
La potenza si misura contro il più forte. La prepotenza si applica contro il più debole.
Quindi per stabilire chi sia potente è necessario un confronto?
Del resto hai detto "contro il più forte",uno contro l'altro implica un confronto...
A meno che la sfida non sia no contact ovviamente...
Ma in questo caso,chi dei due vincesse diverebbe da potente a prepotente,perchè per vincere è necessario essere più bravi,e se uno vince e l'altro perde,allora chi vince si è misurato contro uno più debole e diventa prepotente...
Spero stiate prendendo appunti...
Ecco,quando ualcuno mi risponde filosoficamente a domande pratiche succede questo  :(
A livello pratico,come si fa a capire chi è più potente?

Non si è unito a voi anche Bruce Lee?  :gh:
Certo che c'è anche Bruce Lee che fra l'altro picchia sempre Elvis Presley. Sono voci di corridio però perché fortunamente io ancora non mi sono unito a loro!  :)


Comunque tutta questa storia di Marte per dire che sono più guerrieri i praticandi di SdC rispetto ai praticanti di mistiche Arti Marziali si riassume con l'unica vera qualità necessaria per salire su un ring: avere voglia di fare a botte.

E i campioni olimpionici di nuoto avevano voglia di fare il bagno...
Avanti,non siamo alle elementari,cerchiamo di non isultare le reciproche intelligenze con queste asserzioni superficiali e prive di qualisasi spessore.
La voglia di mettersi alla prova,di confrontarsi non la mettiamo nemmeno in conto?
Ne siamo così carenti da non concepire che qualcuno ce l'abbia?  :om:
Lasciando stare la psicologia spicciola però mi chiedo ancora,se confrontarsi sul ring implica che piace fare a botte,come si fa a stabiulire chi è più potente? (rimando al post di prima)
In principio era la parola...e la parola era WAAAGH!!!

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Offline Bingo Bongo

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #32 on: December 11, 2011, 17:03:55 pm »
+1
Quindi per stabilire chi sia potente è necessario un confronto?
Del resto hai detto "contro il più forte",uno contro l'altro implica un confronto...
A meno che la sfida non sia no contact ovviamente...
Ma in questo caso,chi dei due vincesse diverebbe da potente a prepotente,perchè per vincere è necessario essere più bravi,e se uno vince e l'altro perde,allora chi vince si è misurato contro uno più debole e diventa prepotente...
Spero stiate prendendo appunti...
Ecco,quando ualcuno mi risponde filosoficamente a domande pratiche succede questo  :(
A livello pratico,come si fa a capire chi è più potente?
Anche tu fai filosofia allora. Però hai ragione dobbiamo essere seri.
Se il ragazzino bullo a scuola picchia quello timido ed esile è così difficile identificare quel ragazzino come "prepotente"?. Se quel ragazzino si picchia con uno come lui e prende le botte non vuol dire che l'altro automaticamente è prepotente vuol dire che l'altro è più potente. C'è una bella differenza.
Potenza e prepotenza sono un giudizio sul comportamente di una persona in una certa situazione.
La prepotenza si cela nella ricerca del confronto non leale. Come ho detto la prepotenza si applica alla ricerca del più debole.
Per capire chi è più potente a livello pratico si cerca un confronto leale che deve prevedere delle regole. Poi si può vincere o perdere, ma non ha nulla a che vedere con la prepotenza.


Quote
E i campioni olimpionici di nuoto avevano voglia di fare il bagno...
Avanti,non siamo alle elementari,cerchiamo di non isultare le reciproche intelligenze con queste asserzioni superficiali e prive di qualisasi spessore.
La voglia di mettersi alla prova,di confrontarsi non la mettiamo nemmeno in conto?
Ne siamo così carenti da non concepire che qualcuno ce l'abbia?  :om:
Lasciando stare la psicologia spicciola però mi chiedo ancora,se confrontarsi sul ring implica che piace fare a botte,come si fa a stabiulire chi è più potente? (rimando al post di prima)
Pensa che invece è l'unica cosa pratica e di spessore e pure intelligente e utile al topic.
Quando conoscerò un pro di MMA o di pugilato che va sul ring per confrontarsi, ma senza voglia di picchiarsi ti darò ragione. Se uno con la voglia di confrontarsi sale sul ring e si picchia (perché è quello che fa) con uno che ha voglia di picchiarsi mediterà sulla sua voglia di confrontarsi quando uscirà dal coma.
Avete parlato di guerra e adesso fate filosofia? Tyson non saliva sul ring perché aveva voglia di confrontarsi, ma perché aveva voglia di fare a botte. Quando ha incominciato a concepire il pugilato come confronto è finita la sua carriera. Quando ha smesso pure di pensare al confronto si è pure pentito di aver picchiato un sacco di gente. "Di aver fatto male" come ha detto lui stesso. Il confronto va bene per gli amatori. Senza la voglia di fare a botte non si diventa né Tyson né Fedor. E scusami, ma trovo che questa cosa sia davvero poco opinabile.
Poi ripeto: il confronto ci sta, ma la voglia di fare a botte riassume tutte le qualità necessarie senza bisogno di tirare in ballo marte (visto che è stato tirato fuori per gli SdC). Poi naturalmente ci sono discipline dove la voglia di fare a botte non è determinante come in altre, ma semplicemente perché sono discipline dove non si fa a botte.

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Offline West Wind

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #33 on: December 11, 2011, 17:14:32 pm »
+1
Io studio filosofia,ma non all'università.
Sui libri.
Ma mi piace studiare e fare un sacco di altre cose,mi piace cucinare,mi piace fare passeggiate in montagna,mi piace arrampicare...
Ma non mi vedrete mai fare uno spezzatino appeso come un salame in corda doppia,è meglio non mischiare cose che non centrano.  ;)
Quindi stai dicendo che per dimostrare che uno e potente deve confrontarsi,ma se si confronta e vince allora è uno che vuole solo fare a botte...
Qualcosa mi sfugge...
Come mi sfugge il concetto dove si insegna a combattere senza fare a botte...
Puoi cucinare senza pentole?
P.S. non è filosofia,è dialettica  ;)
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Offline happosai lucifero

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #34 on: December 11, 2011, 17:30:01 pm »
+2
C'entra perché è la differenza fra il spiegare una tecnica che serve a spezzare un braccio per insegnare a non spezzarlo. Questo è Aikido.

questa frase non ha nessun cazzo di senso

In un certo senso me lo hai detto tu.
Come tu hai dedotto dalla sua storia che l'ultimo Ueshiba fosse rincoglionito io deduco dalla sua storia che l'ultimo Ueshiba fosse illuminato (non facciamo però polemica sulla parola "illuminato"  :) ).

sì ma tu hai scritto:
Ueshiba aveva capito che era stato molto più rincoglionito quando spezzava le braccia.

la differenza sta nel fatto che io mi sono limitato a dare una mia lettura, tu invece, oltre a darne una tua, l'hai attribuita a OSensei

Come dovrei firmarmi?

bingo bongo va benissimo

nessuno è perfetto  :)

io in particolare.. :dis:
There are more things in heaven and earth, Horatio,
Than are dreamt of in your philosophy.

In quanto a educazione vado in culo a tanti


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Offline Bingo Bongo

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #35 on: December 11, 2011, 17:52:14 pm »
0
Io studio filosofia,ma non all'università.
Sui libri.
Ma mi piace studiare e fare un sacco di altre cose,mi piace cucinare,mi piace fare passeggiate in montagna,mi piace arrampicare...
Ma non mi vedrete mai fare uno spezzatino appeso come un salame in corda doppia,è meglio non mischiare cose che non centrano.  ;)
Quindi stai dicendo che per dimostrare che uno e potente deve confrontarsi,ma se si confronta e vince allora è uno che vuole solo fare a botte...
Qualcosa mi sfugge...
Come mi sfugge il concetto dove si insegna a combattere senza fare a botte...
Puoi cucinare senza pentole?
P.S. non è filosofia,è dialettica  ;)
Io ho studiato filosofia all'università, però anche sui libri  :)
La dialettica è un modo di argomentare tipico dei filosofi. Più che la tecnica della dialettica mi sembra tu abbia usato la tecnica del sillogismo. Che poi anche quando, altri su questo forum, dicono di non fare filosofia nel momento stesso in cui lo dicono la stanno facendo. Almeno tu la studi e questo è già positivo.

Quote
Quindi stai dicendo che per dimostrare che uno e potente deve confrontarsi,ma se si confronta e vince allora è uno che vuole solo fare a botte...
Il confronto leale stabilisce, fra due combattenti, chi è più potente. Uso la parola potente invece di "forte" solo perché la potenza è una qualità positiva contrapposta alla prepoteza che è invece una qualità negativa.
Potenza e prepotenza sono qualità indipendenti dal combattimento sono qualità del comportamento di un individuo. La prepotenza è cercare il debole per prevalicarlo. E' uccidere il fiorista se non paga il pizzo.
L'avere voglia di fare a botte non garantisce di vincere, ma il non averne garantisce nel 99% dei casi, in uno sport dove si fa a botte, di perdere.

Quote
Come mi sfugge il concetto dove si insegna a combattere senza fare a botte...
Fare un torneo di chi sao, spinta delle mani, ma anche judo è differente che salire su un ring per mandare KO il tuo avversario prendendolo a pugni o a calci. I campi di confronto sono molti e non tutti richiedono come qualità principale la voglia di picchiarsi. Visto che si parlava di Marte in particolare per dire che gli SdC ne rispecchiano le qualità meglio che le AM dico semplicemente che non c'era bisogno di tirare in ballo marte.
Perché se devo entrare nella gabbia per picchiare qualcuno la prima qualità che devo avere è la voglia di farlo.

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Offline Bingo Bongo

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #36 on: December 11, 2011, 18:17:07 pm »
0
C'entra perché è la differenza fra il spiegare una tecnica che serve a spezzare un braccio per insegnare a non spezzarlo. Questo è Aikido.

questa frase non ha nessun cazzo di senso
Se ne capissi il senso mi daresti ragione. Quindi ci sta che per te non abbia senso :)
Per me ne ha. Il senso è: con l'Aikido non si spezzano braccia.


In un certo senso me lo hai detto tu.
Come tu hai dedotto dalla sua storia che l'ultimo Ueshiba fosse rincoglionito io deduco dalla sua storia che l'ultimo Ueshiba fosse illuminato (non facciamo però polemica sulla parola "illuminato"  :) ).

sì ma tu hai scritto:
Ueshiba aveva capito che era stato molto più rincoglionito quando spezzava le braccia.

Quote
la differenza sta nel fatto che io mi sono limitato a dare una mia lettura, tu invece, oltre a darne una tua, l'hai attribuita a OSensei
La tua lettura ti ha portato a dare un giudizio, parecchi anni dopo, sullo stato psichico dell'ultimo Ueshiba.
Forse Ueshiba non si è definito come io gli ho attribuito. Anzi chiedo venia anche il solo aver associato la parola rincoglionito al suo nome.
Ho attribuito a lui, in modo colorito, quello che di se stesso può aver pensato quando spaccava le braccia nel momento in cui ha formalizzato uno stile dove non sono previsti i colpi di percussione come repertorio di combattimento (almeno nella forma più vicina ai principi).
Sarà verosimile dedurre che avrà pensato che la strada percorsa inizialmente non fosse la giusta via?
Comunque non me l'ha detto lui. Dovrei riprendere la sua biografia. Non è detto che non abbia rinnegato le AM come distributori di morte. Però tutto sommato chi se ne frega. Abbiamo l'Aikido. Credo che come eredità marziale sia più che sufficiente.

Come dovrei firmarmi?

Quote
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Mi fa piacere.

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Anch'io. Sarà per questo che mi piace la Muay Thai?  :)

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #37 on: December 11, 2011, 18:19:43 pm »
0
Quindi si,se uno decide di affrontare un altro in uno scontro leale è potente.
Quindi perchè un pugile che affronta un altro pugile in uno scontro leale (in quanto regolamentato,e consenziente da entrambe la parti) è uno che vuole fare a botte?
Se uno perdesse l'incontro,ma era mosso da un sano spirito di competizione,mentre il vincitore fosse animato solo dalla sua sete di sangue,lo sconfitto sarebbe più potente perchè ha affrontato lo scontro con un'altro spirito?
Inoltre è strano,sono stato un judoka per anni,e l'ho sempre considerato più sdc che AM...
E ci picchiavamo...
Ho preso più botte facendo judo che facendo wt  XD
Credo che tu confonda la voglia di vincere,con la voglia di fare a botte.
Mancando l'agonismo,le am sono carenti di questa smania di vincere che hanno i praticanti.
Meglio direte voi.
Io invece dico di no,peggio,molto peggio.
Arrivare ad un traguardo concreto,con risultati sotto gli occhi di tutti,inequivocabili ed insindacabili...
Toccare con mano il risultato dei propri sforzi,il motivo per cui si è sudato,per cui si sono prese botte,per cui si sono persi giorni interi ad allenarsi quando i coetanei andavano al mare con le ragazze fighe.
E questa è una sensazione più forte di qualsiasi spinta morale,che chiunque non abbia mai fatto agonismo (non solo di am,ma qualsiasi agonismo a livello serio) non riuscirà mai a capire.
Ad un agonista serio,da terribilmente per le balle di perdere anche la partita di briscola per chi offre da bere.ù
Se vuoi metterla sul piano spirituale filosofico ci sono valori molto più alti nello sport che nelle am...
Con l'unica differenza che gli sportivi seri li imparano da soli,senza che nessuno glieli imponga o glieli spieghi,sopprimendo la teoria in favore di un onesto e costante allenamento
In principio era la parola...e la parola era WAAAGH!!!

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Offline Darth Dorgius

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #38 on: December 11, 2011, 18:20:56 pm »
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Il guerriero combatte per combattere. Non per vincere o perdere, o per confrontarsi.

Per combattere e basta.
Cittadino del Territorio Libero di Trieste.

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Offline West Wind

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #39 on: December 11, 2011, 18:25:15 pm »
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just do it come disse la Nike  :gh:
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Offline happosai lucifero

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #40 on: December 11, 2011, 18:31:35 pm »
0
[...]nel momento in cui ha formalizzato uno stile dove non sono previsti i colpi di percussione come repertorio di combattimento (almeno nella forma più vicina ai principi).

veramente se non ricordo male OSensei ha detto che l'Aikido è innanzitutto irimi e atemi.. correggetemi se ho detto una vaccata
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Offline Gargoyle

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #41 on: December 11, 2011, 18:39:40 pm »
+1
Per quello che può valere, la mia esperienza di aikido non è stata poi così filosofica.
Ok, magari non si insegnava a "spezzare braccia" ma di certo non si tendeva al evitare colpi e basta per arrivare al volemose bene. Anzi.
Le tecniche che ho studiato (e cercato di imparare), applicate in velocità, con determinazione, con "cattiveria", lussavano articolazioni e ferivano i tendini, proiettavano per far cadere di faccia, sul collo o sulla nuca.
Che poi questo non venga fatto in palestra durante l'allenamento è chiaro. Che non esistano competizioni di aikido sul ring lo è altrettanto.
E sempre per quel poco che so io, Ueshiba, non si è mai tirato indietro davanti alla richiesta di scontri diretti, sfide e provocazioni varie. Diciamo che ci provava pure un certo gusto.

Un guerriero fa quello che è addestrato a fare, combattere.
Allo stesso modo un filosofo, filosofeggia.
Ciò non esclude che uno possa essere un po' anche l'altro, ma sono scelte. Non facciamo troppe confusioni romantiche.

Ci si avvicina alla pratica marziale per quello che è.

Se poi un combattente, nella sua pratica marziale, ci trova anche delle filosofia è un conto.

Ma ritengo che il contrario di "violenza" non sia "pacifismo" o "non-violenza". Può semplicemente essere "intelligenza"....  :)

E due individui consapevoli che si scontrano su di un ring, tatami, materassina o in una gabbia, non sono per forza dei violenti.
« Last Edit: December 11, 2011, 18:43:58 pm by Gargoyle »
Improvvisare, adattarsi e raggiungere lo scopo.

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Offline Bingo Bongo

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #42 on: December 11, 2011, 19:02:58 pm »
+1
Quindi perchè un pugile che affronta un altro pugile in uno scontro leale (in quanto regolamentato,e consenziente da entrambe la parti) è uno che vuole fare a botte?
Nel pugilato pro ci si picchia e ci si fa male seriamente. Si sale sul ring con la voglia di picchiarsi, di far male al nostro avversario. Senza questa voglia stai a casa sul divano. Non basta aver voglia di confrontarsi perché ci si è allenati tanto e ci si vuole mettere alla prova per fare il pro.
Forse stai leggendo il "voler fare a botte" come qualcosa di negativo. Non lo è. Però non è neanche una qualità che si sviluppa col duro allenamento. Se ne hai voglia ti alleni duramente. Nel pugilato bisogna fare a botte. Se hai voglia di fare a botte bene altrimenti sul ring non ci sali. Non sto dicendo che per fare pugilato devi essere assetato di sangue. Dico che non sali sul ring senza il caschetto se non hai voglia di picchiarti.

Quote
Se uno perdesse l'incontro,ma era mosso da un sano spirito di competizione,mentre il vincitore fosse animato solo dalla sua sete di sangue,lo sconfitto sarebbe più potente perchè ha affrontato lo scontro con un'altro spirito?
Sarebbe uno che ha affrontato un combattimento sportivo in modo leale e ha perso perché è stato più "potente" (forte) l'avversario. Quindi il più potente è chi ha vinto lealmente e nessuno dei 2 è stato prepotente.
Inoltre lo "sano spirito di competizione" non è indice di potenza in contrasto con "sete di sangue" indice di prepotenza. Non ho mai detto questo. Anzi la sete di sangue nell'esempio specifico è una qualità apprezzabile.

Quote
Inoltre è strano,sono stato un judoka per anni,e l'ho sempre considerato più sdc che AM...
E ci picchiavamo...
Ho preso più botte facendo judo che facendo wt  XD
La lotta la faccio anch'io e c'è una bella differenza fra una proiezione o un armlock e il prendersi in faccia una combinazione diretto/gancio. Poi che ne hai prese di più nel judo rispetto al wt ci credo visto che pare che nessuno sappia più fare wt.

Quote
Credo che tu confonda la voglia di vincere,con la voglia di fare a botte.
Se non hai voglia di fare a botte della voglia di vincire te ne ricordi quando ti svegliano con i sali.
 
Quote
Mancando l'agonismo, le am sono carenti di questa smania di vincere che hanno i praticanti.
Ci sono competizioni di quasi tutti gli stili di AM. In alcune non c'è la voglia di picchiarsi perché non si fa a botte, ma c'è la voglia di vincere. Però sono, in linea generale, d'accordo che le Arti Marziali se non vengono veicolate in forme vicine agli SdC non hanno un banco di prova dove potersi mettere alla prova al di fuori della sfera protettiva.


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Io invece dico di no,peggio,molto peggio.
Arrivare ad un traguardo concreto,con risultati sotto gli occhi di tutti,inequivocabili ed insindacabili...
Toccare con mano il risultato dei propri sforzi,il motivo per cui si è sudato,per cui si sono prese botte,per cui si sono persi giorni interi ad allenarsi quando i coetanei andavano al mare con le ragazze fighe.
E questa è una sensazione più forte di qualsiasi spinta morale,che chiunque non abbia mai fatto agonismo (non solo di am,ma qualsiasi agonismo a livello serio) non riuscirà mai a capire.
Ad un agonista serio,da terribilmente per le balle di perdere anche la partita di briscola per chi offre da bere.ù
Se vuoi metterla sul piano spirituale filosofico ci sono valori molto più alti nello sport che nelle am...
Con l'unica differenza che gli sportivi seri li imparano da soli,senza che nessuno glieli imponga o glieli spieghi,sopprimendo la teoria in favore di un onesto e costante allenamento
I principi che si imparano praticando SdC si imprano anche nelle AM. La differenza sta solo nell'esperienza di chi combatte sul ring.
Al di là di questa esperienza fare Muay Thai o Karate è la stessa cosa (se ci si allena bene in etrambi).

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Offline Bingo Bongo

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #43 on: December 11, 2011, 20:06:23 pm »
0
Per quello che può valere, la mia esperienza di aikido non è stata poi così filosofica.
Ok, magari non si insegnava a "spezzare braccia" ma di certo non si tendeva al evitare colpi e basta per arrivare al volemose bene. Anzi.
Le tecniche che ho studiato (e cercato di imparare), applicate in velocità, con determinazione, con "cattiveria", lussavano articolazioni e ferivano i tendini, proiettavano per far cadere di faccia, sul collo o sulla nuca.
Ed è corretto che non sia stata filosofica la tua esperienza, ma l'obiettivo non è quello di spezzare le braccia. Quando si applica una leva e si immobilizza il compagno a terra lo si fa con l'obiettivo di immobilizzarlo non di disarticolare la spalla. Il fatto che puoi rompere un gomito è perché l'Aikido è appunto un'AM. Il fatto che non devi rompere il gomito è perché l'obiettivo è di immobilizzare non di rompere. Quasi tutte le leve vengono portate a terra in modo da immobilizzare.
A me è capitato in allenamento di disarticolare la spalla di una ragazzina giapponese con una tecnica molto semplice ed è bastato trattenere un secondo di troppo il braccio perché si disarticolasse a livello della spalla. E' stato un mio errore. Causato anche dal fatto che questa ragazza era davvero molto più mingherlina della media delle ragazze della palestra.
Chi ha fatto il carabiniere durante la leva sa che vengono fatti corsi di aikijutso al fine di immobilizzare per mettere le manette, non col fine di rompere le braccia. Poi i carabinieri fanno anche tiro a segno, ma perché il fine non è far capire all'aggressore che sta sbagliando restituendogli il coltello, ma arrestarlo.
Sarebbe stato difficile per Ueshiba formalizzare un'Arte partendo da principi shintoisti di armonia e amore universale eplicando la difesa senza offesa utilizzando pugni e calci. Il fine dell'Aikido, nella pratica non solo nella filosofia, è di immobilizzare o proiettare l'avversario senza offesa. Quale cosa migliore delle leve e le proiezioni finalizzati all'immobilizzazione. Direi che il sistema regge ed è geniale.
Riguardo al fatto che non si sia mai tirato indietro cito dalla biografia: "La comparsa di un "avversario" deve essere considerata come un'opportunità per mettere alla prova la sincerità del proprio allenamento mentale e fisico, per verificare se si è effettivamente in armonia con il volere divino".



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Offline Bingo Bongo

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Re:IL SIGNIFICATO DELLA PRATICA
« Reply #44 on: December 11, 2011, 20:16:40 pm »
0
[...]nel momento in cui ha formalizzato uno stile dove non sono previsti i colpi di percussione come repertorio di combattimento (almeno nella forma più vicina ai principi).

veramente se non ricordo male OSensei ha detto che l'Aikido è innanzitutto irimi e atemi.. correggetemi se ho detto una vaccata

Non hai detto una vaccata. L'Aikido è il risultato di irimi e atemi. E questo risultato deve rispettare i principi dell'Aikido. Quindi Uke non deve ritrovarsi con un braccio rotto, ma immobilizzato o proiettato.
Irimi ha un doppio significato: dal punto di vista fisico significa entrare di lato per evitare un attacco dell'avversario. Dal punto di vista spirituale significa penetrare e neutralizzare una forza aggressiva.
Detto questo io sono favorevole a un Uke che i pugni li sappia tirare. Cioè quando tira un diretto o un gancio dovrebbe farlo con maggiore cognizione di come li tirerebbe uno che lo sa fare. Perché nelle palestre di Aikido si vedono dei colpi che fanno abbastanza ridere. Per quanto è più probabile che uno in strada, non capace, i colpi li tiri effettivamente in quel modo.

Come repertorio intendevo appunto che non vengono allenati come li allenerebbe uno stile specializzato nella percussione. Li si allena perché sono necessari per "creare" aikido nel rapporto irimi-atemi
« Last Edit: December 11, 2011, 20:20:10 pm by Bingo Bongo »