LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE

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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #75 on: December 13, 2011, 18:36:14 pm »
0

...........

-a questo proposito vorrei citare Tommy, il pugile piu' ignorante,tamarro e aggressivo che io abbia mai avuto la s-fortuna di conoscere; in un momento di calma,parlando di una cosa del genere disse "tiro e prendo pugni tutti i giorni per diverse ore,quando esco di qui sono stanco e appagato,voglio solo farmi i fatti miei"-
E non e' un pensiero raro,tutt'altro!
Quando combatti su un ring,non senti il bisogno di dimostrare niente a nessuno perche' in discoteca un tipo ti ha urtato, un idiota ti ha rubato il parcheggio...

Insomma ci siamo capiti, il fatto che siano "ignoranti" non vuol dire che siano discipline che fomentano la violenza o richiedono voglia di fare a botte  :)
Ti quoto per l'equilibrio e la serenità. Si vede che ti hanno fatto davvero scancare stasera :-)
Ma sopratutto perché finalmente leggo una condivisione dalla quale molti dovrebbero, per il metodo, prendere da esempio.

Poi scrivo il resto perché il guerriero adesso va a fare il culo al lettto

Grazie per l'apprezzamento  :)

Dai pero',diamo al Reverendo quel che e' del Reverendo, tutti i miei post sono considivisioni di esperienze  :)

Peccato che la stupidità non sia dolorosa.
(A. S. LaVey )

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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #76 on: December 13, 2011, 19:04:34 pm »
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Spoiler: show
Ho capito cosa intendi, quello che cerco di dire e' che le cose non sono legate,anche se va di moda farlo cosi'  :)

Nel Karate non è moda ma è tradizione. Da che esiste il Karate giapponese è sempre stato intriso di Budo e Zen.
Che non siano strettamente legati sono d'accordissimo, dopotutto di una pratica ognuno può scegliere di fare e non fare qualcosa.
Io ad esempio faccio Karate pur con una pratica di kata ridotta all'osso.

Quote
Spoiler: show
Faccio qualche esempio visto da moi medesimo  :):

Palestra di thai in cui si coltiva il lato animista correlato alla pratica e alle sue tradizioni.

Gruppo di studio di kung fu Cristiano, preghiera prima e dopo la pratica[1].

Gruppo di "Pugilato Antifascista" (si,vedevano nei valori della boxe significati proletari, no,non sto scherzando)

Scuola di Xing yi guidata da un maestro cabalista con un allievo interessato alla filosofia occidentale,uno al misticismo stile "energie interne" e poi c'era sillich che se ne batteva le palle di tutto  :D

E avanti...
 1. Perfavore,sorvoliamo sulle contradizioni... :nono:

Direi che sono delle eccezioni (peraltro abbastanza divertenti XD) a quella che è la norma delle singole discipline standard. Nel Karate (parlo del karate perchè è una realtà che consoco bene) invece è la regola, quindi difficilmente si può parlare di "moda".

Quote
Spoiler: show
Il fatto e' che su una pratica puoi montarci sopra qualsiasi ideale, e' una questione di filtri  :)

Infatti secondo me qui stai confondendo ciò che qualcuno ha già fatto notare: non è un ideale, ma solo uno stato mentale. Qualunque ideale anzi è da rifuggire...
Certo è che in molte palestre di AM tale concetto viene travisato tirando fuori deliri misticheggianti, ma è un misconception.

Quote
Spoiler: show
Per il concetto di Flow: allora, quasi mai l'ho sentito chiamare Flow, ma versioni spicce di "no mente" le ho sentite in quasi tutte le palestre di sdc.

Io non ho spesso visto invece allenare tale concetto. Certo è che non basta dire solo "no mente" (o concetti analoghi) per dare agli allievi un'indicazione sul suddetto stato mentale da ricercare.
Nei dojo ci sono molti elementi che poi vengono ritenuti strani o forzatue importazioni di un'altra cultura, che invece servono a dare la direzione in questo senso (sempre se correttamente utilizzati, perchè sono un mezzo). Il zarei, il mokuso, il dojokun, sono dei piccoli esempi ma ci sono anche degli esercizi specifici sui quali ora non mi dilungo.
Dire "no mente", ma non proporre esercizi per trovare (o meglio perdere) questo stato è come dire "facciamo preparazione fisica" e farsi 4 piegamenti messi in croce prima dell'allenamento, stessa cosa vale per quella mentale.
D'altra parte cose simili si vedono in una caserma, il saluto, la fanfara, il passo di marcia...

Quote
Spoiler: show

Di solito ci si fa ingannare dal fatto che essendo in occidente e parlando in  italiano o al max inglese i concetti ci appaioni normali perche' a noi familiari,mentre sembrano acquisire strani significati quando presi in prestito da altre culture...

Per una persona cresciuta nel giappone del buddismo zen del primo dopoguerra dire "muga" o "eliminare l'io che osserva" era linguaggio corrente come per noi dire "non devi pensare a dove metti i pedi,devono andare da soli".
Cambia il nome ma il concetto permane  :)
Se domani io andassi in cina a insegnare "mazzate tribali " e in mezzo a una frase in cinese spiegassi ai miei allievi che serve piu' "cazzimma" mi guarderebbero strani e mi chiederebbero che significa.
Al che io spiegherei loro che e' quel modo di agire proprio di chi e' molto deciso a giungere al fine,senza curarsi troppo del modo in cui si arriva, uno modo d'essere con una velatura di cattiveria,ma senza la connotazione etica di "male"...

E BAM, di colpo si parlerebbe del mistico concetto marziale di "Cazzimma:)

Come fatto notare da Gelo, ci sono diversi modi per arrivare allo stato di vuoto mentale che si sta ricercando, lo si dice nello Zen stesso. Qualcuno può trovare delle, peraltro corrette, analogie con il fervore religioso in occidente almeno per quanto riguarda gli effetti. Personalmente io mi trovo molto più affine al pensiero orientale, che cerca l'illuminazione dentro e non al di fuori dell'uomo, e che cerca l'immanenza nel mondo delle cose e non la trascendenza.
Non c'è meglio o peggio, ma solo maggiore o minore affinità.

Naturale che niente è legato indissolubilmente alla disciplina stessa, ne’ la preparazione fisica ne’ quella tecnica e nemmeno le singole tecniche…
D’altronde in passato questa “filosofia” (virgolettata) è stata adottata perché ha prodotto, e produce ancora oggi risultati, poi sta al praticante decidere se vuole allenare lo spirito oltre al corpo e alla tecnica oppure no.
Quindi allo stesso modo di un buon programma di preparazione atletica, un buon programma di preparazione mentale fa da supporto alla disciplina.
Nella tradizione orientale questa preparazione c’è, nulla toglie ad un occidentale che fa Boxe di poter fare altrettanto con, che so, il training autogeno.


Rispondo di fila per evitare i quote annidiati:

Innanzitutto diciamo che moda e tradizione li considero assolutamente equivalenti: si fa cosi' perche' si fa cosi',non perche' e' necessario,mi scuso se avendo usanto il termine moda abbia urtato la sensibilita' di qualcuno,non voleva essere dispregiativo nell'odierno senso di frivolo e passeggero  :)


Per quello che riguarda le eccezioni...non so onestamente ho visto piu' di queste stramberie che palestre in cui si spiegasse davvero qualcosa di "filosofia",ma cmq non volevo farne una questione di numeri quanto piuttosto di adattabilita'.
-ci si incastra di tutto,indipendentemente dal fatto che sia storicamente vero o meno-



Quando dicevo pratica mi riferivo alla pratica marziale,non allo stato mentale dell'assenza di mente.  :)



Nelle palestre occidentali....mi sa che o io non ho capito la tua obiezione o tu il discorso della "cazzimma"...
In una cultura estranea noti molti rituali,nella tua propria non li vedi perche' sono gia' metabolizzati.

Il fatto che in una palestra occidentale si possa essere tutti fratelli d'allenamento,ridere e scherzare e' per te perfettamente normale,vivendo tu in un mondo in cui e' normale considerare gli esseri umani sullo stesso piano di dignita'.
Per paradosso in giappone questa cosa potrebbe essere vista come una cosa che esiste solo all'interno della palestra, fuori dalla quale saluto i miei compagni in maniera adeguata al loro rango,ma li dentro li chiami "fratelli".
E sarebbe corretto per un giapponese dire che dentro la palestra viene attivamente praticata e richiamata la filosofia occidentale, nell'assenza di gradi,nel saluto tra pari,nelle reciproche cortesie vissute senza necessita' di ricambiare,etc...  :)



La preparazione mentale viene curata "meno",sopratutto ai livelli piu' bassi, proprio perche' si confida che sia la disciplina stessa con la sua pratica a sviluppare certe qualita', inoltre i risultati raggiunti con "metodi" occidentali fanno capire che non e' necessaria una ritualizzazione di certe cose.
Mi vengono in mente i tiratori nel tiro al piattello, un esempio a mio avviso incredibile di automatizzazione,concentrazione e azione perfetta. Pieno di occidentali,nessuna scuola o tradizione di meditazione alle spalle  :)
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Offline Bingo Bongo

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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #77 on: December 13, 2011, 19:06:11 pm »
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PRIMA PARTE DEL REVERENDO
...........

-a questo proposito vorrei citare Tommy, il pugile piu' ignorante,tamarro e aggressivo che io abbia mai avuto la s-fortuna di conoscere; in un momento di calma,parlando di una cosa del genere disse "tiro e prendo pugni tutti i giorni per diverse ore,quando esco di qui sono stanco e appagato,voglio solo farmi i fatti miei"-
E non e' un pensiero raro,tutt'altro!
Quando combatti su un ring,non senti il bisogno di dimostrare niente a nessuno perche' in discoteca un tipo ti ha urtato, un idiota ti ha rubato il parcheggio...

Insomma ci siamo capiti, il fatto che siano "ignoranti" non vuol dire che siano discipline che fomentano la violenza o richiedono voglia di fare a botte  :)
Ti quoto per l'equilibrio e la serenità. Si vede che ti hanno fatto davvero scancare stasera :-)
Ma sopratutto perché finalmente leggo una condivisione dalla quale molti dovrebbero, per il metodo, prendere da esempio.

Poi scrivo il resto perché il guerriero adesso va a fare il culo al lettto

Vorrei fare una premessa: non vorrei, non parlo di te rev, che qualcuno abbia preso come un'offesa personale il fatto che ho parlato in termini non positivi di un ex campione di thai, che per inciso non è petrosyan, ma che per rispetto comunque non ho nominato. Per quanto mi riguarda mi sento in diritto di giudicare chi mi pare fosse Hitler o Gandhi, Ueshiba o Tyson. Se volete giudicate me, ma non giudicate me perché vi sta sul cazzo che giudico un campione. Un giudizio serio è quello di Rev (sintesi): un campione è un professionista e come tutti i professionisti si fa pagare. E poi ci sono i casi in cui alcuni fanno comunque beneficenza. Il mio commento era solo per fare un esempio nell'orto degli SdC legati ai valori morali che uno dovrebbe acquisire come per magia nella pratica delle AM o degli SdC. Così come è stato fatto per l'orto delle AM tradizionali.
Il risultato è che sono le persone a scegliere.
Fine OT.

In merito a questo post racconterà un paio di storie:

1° storia
Anni fa (tanti anni fa) in Calabria è arrivato un ragazzo nella nostra compagnia che diceva di essere praticante di Karate, ma siccome aveva fatto un patto (col sangue di cavallo) col suo maestro non poteva usare le sue arti se non per difesa personale. Ora voi penserete che sto scherzando, ma non è così. Questo ragazzo dice che se preme un punto sotto l'ascella qualunque colpo riceve sulla spalla non lo sente. Bene da quel giorno diventa per tutti "Pippo Karaté" (Pippo non è il suo vero nome che non dico perché con la maturità di oggi penso che tutto sommato era solo un ragazzo).
Bene, gli abbiamo rotto sulla spalla non so quanti pezzi di legno. Abbiamo preparato buche e quando ci cadeva dentro lo prendavamo letteralmente a legnate. Una sera in locale gli diciamo che delle persone hanno detto che lui li ha guardati male e che adesso sono cazzi suoi. Lui rimane preoccupato per tutta la sera. Andiamo in spiaggia, di notte, mentre dorme brucio un paio di fogli di un pornazzo che tenevano nella capanna (la zona è una di quelle che puoi farti i falò perché tanto non cìè anima viva per chilometri) gli do fuoco e glielo infilo nel costume. Dopo le urla si alza, prende un bastone e si tuffa in acqua. Fa un pò di bracciate, in acqua col bastone, sale su uno scoglio e passa tutta la notte li.
La mattina seguente andiamo tutti a casa. Il pomeriggio in spiaggia è in un angolo da solo e a un certo punto scoppia a piangere. Decidiamo che ne ha avute abbastanza.
In questo periodo ero con ragazzi normalissimi. Ignoranti si, ma non disadattati. Fanno i pescatori, i muratori. Non teste di cazzo. Se dovevano fare a botte non si tiravano indietro, ma non violente. Io ero quello più rissoso di natura. E facevo già arti marziali.
Ora mi chiedo chi glielo ha fatto fare a "Pippo Karaté" di venire a sparare cazzate.
Sai cosa penso? Ha fatto quello che abbiamo fatto tutti facendo i fighi con la nostra prima ragazza e vantando esperienze inesistenti per poi alla conta dei fatti fare una figura di merda o sotto le nostre e soprattutto le sue aspettative. :-)
Non credo neanche che abbia mai fatto karate. Voleva solo farsi forte.
Forse, se avesse fatto davvero karate, cazzate non ne avrebbe sparate.
Perché anche con me, che sapevano facevo kung fu, all'inizio mi stuzzicavano, ma dopo un paio di calci sulle gambe hanno capito che non dovevano rompermi i coglioni. Ed essendo comunque amici sapevo non sarebbero venuti fuori casa coi coltelli per fare il capocollo.

2° storia
incomincio a frequentare persone più pericolose (e non è un modo di dire). Fra questi quello meno pericoloso è uno che fa muay thai ed è una specie di guardia del corpo di un altro tizio. Questo si allena facendo la corda in balcone su piastrelle che sfiorano i 50 gradi. Il pomeriggio così giusto per scherzare facciamo a chi tira il pugno più forte sulla spalla dell'altro. Nessuno dei 2 vuole mollare. Ci fermiamo solo quando fra capillari rotti e pelle strappata esce sangue da un buco che sembra il foro di un proiettile.
Non ci basta. Allora i giorni successivi andiamo in palestra è via con tibbiate al tronco e alle cosce. Quando ci afferriamo alla testa gli dico "se mi fai cadere ti ammazzo" lui mi tira una ginocchiata che mi lascia senza fiato. Io gli tiro prima un pugno in faccia e poi un calcio corto tipo kung fu. Lui mi tira un calcio circolare thai con tutta la forza e io tiro su la gamba per parare e finisce col collo del piede sulla mia tibia. La sera lui zoppica e io faccio fatica a camminare. La cosa continua per tutta l'estate.

Sia nella storia dove ci si vanta di fare AM sia nella storia dove le AM ci si vanta di praticarle io, in entrambe, di AM non ci vedo niente.
Per il resto ho solo condiviso senza pretendere di dimostrare un bel niente. E' solo un pezzetto della mia storia. E penso che le 2 storie siano, in modo sbagliato e in modo diverso, filosofia nelle AM.



Dai pero',diamo al Reverendo quel che e' del Reverendo, tutti i miei post sono considivisioni di esperienze  :)
Diciamo che in altri casi credo che entrambi abbiamo sfruttato più una logica da settimana enigmistica (per quanto anche questa frutto di esperienza eh...) che l'arte della condivisione!
Però è una mia opinione.
In questo caso, invece, do al Reverendo quello che è suo  :)

Per la seconda parte, a breve (più o meno) su questi schermi, la mia condivisione




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Offline West Wind

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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #78 on: December 13, 2011, 21:35:29 pm »
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Quella per lui è una "via spirituale";ne ha tutti i requisiti.
E' una "via" perchè da una partenza grezza,sporca e indecisa,tramite varie tappe arriva a un automiglioramento ed un autocontrollo degno di un monaco zen.
Ed è spiritualeperchè per lui assume dei connotati quasi metafisici.
Quindi,dal momento che ha tutte le caratteristiche sia del percorso,che dello spirituale,non vedo perchè non attribuire ad una serie rituale di efferati omicidi l'appellativo di via spirituale,e l'incremento delle capacità dell'assassino,non sono forse crescita spirituale?
Quindi se abbiamo finito i sofismi,come fa la ripetizione di un gesto a portare un individuo dalla parte del "bene"?
Visto che mi sembra che con crescita spirituale voi intendiate esclusivamente qualcosa di positivo...
In principio era la parola...e la parola era WAAAGH!!!

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Offline Ragnaz

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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #79 on: December 13, 2011, 22:38:52 pm »
0
Quella per lui è una "via spirituale";ne ha tutti i requisiti.
E' una "via" perchè da una partenza grezza,sporca e indecisa,tramite varie tappe arriva a un automiglioramento ed un autocontrollo degno di un monaco zen.
Ed è spiritualeperchè per lui assume dei connotati quasi metafisici.
Quindi,dal momento che ha tutte le caratteristiche sia del percorso,che dello spirituale,non vedo perchè non attribuire ad una serie rituale di efferati omicidi l'appellativo di via spirituale,e l'incremento delle capacità dell'assassino,non sono forse crescita spirituale?
Quindi se abbiamo finito i sofismi,come fa la ripetizione di un gesto a portare un individuo dalla parte del "bene"?
Visto che mi sembra che con crescita spirituale voi intendiate esclusivamente qualcosa di positivo...

Manca un grosso presupposto di base... una "via" spirituale non te la puoi inventare per come ti fa comodo... è necessario un Maestro che ti possa guidare lungo il percorso seguendo tappe più o meno precise... quindi proprio come in una AM. Se poi tu durante il percorso traligni e ti volgi "al lato oscuro" è un altro paio di maniche.  MA non è che mo' un serial killer solo perchè si perfeziona nel suo uccidere la gente perchè è malato possiamo vedere una via spirituale, su, andiamo, evitiamo ste cose....
Ragnaz - alias Luca



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Offline Bingo Bongo

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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #80 on: December 13, 2011, 23:13:18 pm »
0
Quella per lui è una "via spirituale";ne ha tutti i requisiti.
E' una "via" perchè da una partenza grezza,sporca e indecisa,tramite varie tappe arriva a un automiglioramento ed un autocontrollo degno di un monaco zen.
Ed è spiritualeperchè per lui assume dei connotati quasi metafisici.
Quindi,dal momento che ha tutte le caratteristiche sia del percorso,che dello spirituale,non vedo perchè non attribuire ad una serie rituale di efferati omicidi l'appellativo di via spirituale,e l'incremento delle capacità dell'assassino,non sono forse crescita spirituale?
Quindi se abbiamo finito i sofismi,come fa la ripetizione di un gesto a portare un individuo dalla parte del "bene"?
Visto che mi sembra che con crescita spirituale voi intendiate esclusivamente qualcosa di positivo...
Prima di risp a rev che è un pò più lungo dico la mia al tuo post: potrebbe essere che sia il "bene" ha portare l'individuo a ripetere quel gesto in quel modo. A portare "il vedere" quel gesto come un modo per dare una nuova visione (utopistica, ideale, irrealizzabile quello che vuoi) di manifestazione d'amore nei confronti proprio di colui che ne ha più bisogno, il nostro aggressore. Può essere che dimostrare amore a chi ti vuole uccidere sia un modo che possa in qualche modo fargli riflettere sulle sue azioni questo né io né Ueshiba diciamo che per farlo devi farti uccidere. Devi farglielo capire facendo cadere nel vuoto la sua aggressività, la sua violenza. Certo possiamo credere che il bene e il male non esistano, ma se invece pensi che esistano tutto diventa molto più semplice. Io so qual è la cosa giusta. E per questo che il saggio non dice solo cose banali, ma le applica. La difficoltà sta proprio nel salto. Poi tu mi dici che quello che è giusto per me non è giusto per te, la cultura, le cirostanze, la società, la predisposizione, la famiglia...Insomma facciamo dialettica e lo possiamo fare all'infinito. Per questo dobbiamo sempre e solo guardare noi stessi.
Sempre per come la vedo io. Io sono qui per imparare mica per insegnare niente a nessuno.

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Offline Dipper

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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #81 on: December 14, 2011, 00:14:48 am »
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Rispondo di fila per evitare i quote annidiati:

Innanzitutto diciamo che moda e tradizione li considero assolutamente equivalenti: si fa cosi' perche' si fa cosi',non perche' e' necessario,mi scuso se avendo usanto il termine moda abbia urtato la sensibilita' di qualcuno,non voleva essere dispregiativo nell'odierno senso di frivolo e passeggero  :)
Allora in questo caso se per moda intendevi consuetudine ci siamo.

Quote
Per quello che riguarda le eccezioni...non so onestamente ho visto piu' di queste stramberie che palestre in cui si spiegasse davvero qualcosa di "filosofia",ma cmq non volevo farne una questione di numeri quanto piuttosto di adattabilita'.
-ci si incastra di tutto,indipendentemente dal fatto che sia storicamente vero o meno-
Anche sul fatto che in tutto ci si possa incastrare tutto sono d'accordo, sostengo da sempre che le discipline non sono entità immutevoli a se' stanti ma sono in costante evoluzione, questo può valere sia sul lato pratico che su quello mentale.
Certo è che allo stato attuale delle cose è molto più facile trovare un dojo di KarateDo dove si parla di Budo piuttosto che un dojo di Kung Fu Cristiano o una palestra di Boxe Antifascista... XD

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Quando dicevo pratica mi riferivo alla pratica marziale,non allo stato mentale dell'assenza di mente.  :)
Scusa ma questo non ho capito a cosa si riferisce... :pla:

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Nelle palestre occidentali....mi sa che o io non ho capito la tua obiezione o tu il discorso della "cazzimma"...
In una cultura estranea noti molti rituali,nella tua propria non li vedi perche' sono gia' metabolizzati.

Il fatto che in una palestra occidentale si possa essere tutti fratelli d'allenamento,ridere e scherzare e' per te perfettamente normale,vivendo tu in un mondo in cui e' normale considerare gli esseri umani sullo stesso piano di dignita'.
Per paradosso in giappone questa cosa potrebbe essere vista come una cosa che esiste solo all'interno della palestra, fuori dalla quale saluto i miei compagni in maniera adeguata al loro rango,ma li dentro li chiami "fratelli".
E sarebbe corretto per un giapponese dire che dentro la palestra viene attivamente praticata e richiamata la filosofia occidentale, nell'assenza di gradi,nel saluto tra pari,nelle reciproche cortesie vissute senza necessita' di ricambiare,etc...  :)
I rituali derivano sì dalla cultura dove nascono, ovviamente, ma non vi si identificano. Basta pensare all'uso dell'"osu", che nel dojo è un segno di rispetto e di fratellanza, mentre al di fuori, sempre in Giappone, è un saluto piuttosto volgare, di basso borgo, sebbene ora cominci ad essere diffuso anche tra i ragazzi.
Anche in Giappone (io localizzo perchè conosco meglio questa realtà) il rituale del Karate, o del Chado viene riconosciuto come tale.
Allo stesso modo ci sono rituali marziali nei corpi militari anche qui, che affondano le radici nella cultura occidentale ma non sono di uso comune ovunque.

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La preparazione mentale viene curata "meno",sopratutto ai livelli piu' bassi, proprio perche' si confida che sia la disciplina stessa con la sua pratica a sviluppare certe qualita', inoltre i risultati raggiunti con "metodi" occidentali fanno capire che non e' necessaria una ritualizzazione di certe cose.

Mi vengono in mente i tiratori nel tiro al piattello, un esempio a mio avviso incredibile di automatizzazione,concentrazione e azione perfetta. Pieno di occidentali,nessuna scuola o tradizione di meditazione alle spalle  :)

La meditazione, lo Zen in generale, come ho scritto prima è solo uno dei mezzi e per definizione non ha pretesa di unicità e di assolutezza come molte ideologie occidentali (tale apertura e delasticità è uno dei motivi per cui lo sento molto più affine rispetto alla cultura che mi è stata inculcata qui, ma è una questione di risonanza dell'anima, assolutamente personale). Dunque non hai bisogno di convincermi che ci possano essere delle buone prestazioni mentali anche senza Zen o altra roba orientale perchè ne sono già convinto :thsit:

Ma quello che ti contesto, e che mi da' in un certo senso la conferma che la preparazione mentale viene generalmente poco curata, è confidare che sia solo la pratica (e un generico "no mente") a sviluppare in maniera ampia quelle qualità mentali.

Non è così, altrimenti basterebbe esistere per essere tutti illuminati.
Si confonde la strada con la meta.

Allo stesso modo se uno ti dicesse che sviluppa i muscoli con la sola tecnica, tu gli diresti invece che la preparazione atletica va molto oltre la semplice ripetuta applicazione delle tecniche.

Lo Zen (parlo nello specifico perchè è ciò che mi è più vicino, ma a breve amplierò il discorso) non è un orpello inutile, ma un efficace metodo di preparazione mentale che è stato applicato con successo nella pratica del Ken Jutsu dalle caste dei Samurai per sopportare il pesantissimo carico emotivo che comportava la loro professione (che non era certo menare fendenti all'aria ne' tantomeno battersi per sport). Dunque un qualcosa di più rispetto alla mera tecnica di utilizzo del katana, certo, ma non inutile. Al contrario ha fornito un valore aggiunto non di poco conto.

Non si vuole fare Zazen perchè la si ritiene una vaccata... va benissimo!
Ma non per questo la preparazione mentale va sottovalutata, ci sono occidentalissimi metodi per allenarla (che poi in realtà spesso siano dei remake di pratiche orientali è un altro paio di maniche, ma poco importa, l'importante è il risultato, no?).
Tutti questi metodi in realtà seguono dei pattern predefiniti, fisici (gesti, respirazione...), mentali (vari tipi di visualizzazione o rilassamento...) o entrambi, quindi di fatto delle ritualità che non sono fini a se' stesse ma servono per il raggiungimento di un particolare stato mentale. Ovviamente vale anche per la Ram Muay ad esempio.

La preparazione mentale specifica (e non semplicemente integrata nella normale pratica) ha un suo capitolo ne L'Allenamento Ottimale di Weineck che cito spesso, è stata studiata in una tesi dell'utente Manlio Sorba (Scienze Motorie), e fa anche parte del programma del corso che seguirò a febbraio.

Riporto un brano di un bell'articolo al riguardo
Quote
Spoiler: show
Ogni pratica sportiva è legata con un filo rosso ai nostri aspetti mentali: ai nostri istinti, alla nostra razionalità, alle nostre emozioni, alle nostre convinzioni e ai nostri comportamenti agiti. In una parola sola sport è anche mente.

L’importanza dell’approccio mentale nello sport pare spesso evidente e diversi sono gli esempi in cui gli aspetti emotivi e psicologici diventano sempre più decisivi. Ogni atleta o tecnico ha esperienza di questo.

 

Allora possiamo chiederci:

Cosa significa “ero fisicamente al top, ma non c’ero con la testa” ?

Per quali motivi si fatica con le squadre di “livello” più basso, mentre si ottengono grosse prestazioni con le grandi?

Perchè alle volte l’atleta è come bloccato?

Quante volte si sente dire … “in allenamento viaggia come un treno, in gara si spegne”?

Per quali motivi, succede che siamo proprio noi stessi a boicottare i nostri sogni sportivi?

Perché, sovente, si ha paura di vincere?

Per quali motivi vogliamo qualcosa, ma ci manca la motivazione?

Perché un calciatore sbaglia un calcio di rigore?

 

Certo, queste cose possono accadere, ed accadono, sia nel mondo professionistico, che in quello amatoriale.

Certo, le variabili che entrano in gioco sono moltissime e variegate tanto che, alle volte, non possiamo neppure sapere quanti e quali sono gli aspetti decisivi in queste situazioni.

Certo, è fisiologico che possano capitarci queste esperienze, così come che è umano sbagliare.

Tutti gli uomini sono soggetti all’errore, ma come diceva il drammaturgo e poeta tedesco Berthold Brecht, saggezza non è non commettere errori, ma scoprire subito il modo di trarne profitto.

Da questa prospettiva, possiamo intuire come gli aspetti emotivi e psicologici giochino un ruolo assai rilevante nello sport e questo, in particolare, pare eclatante in ambito professionistico dove è “normale” attendersi che l’atleta sia preparato fisicamente e tecnicamente.

Oggi l’impressione che si ha, guardando ai fatti di sport, è che spesso il divario tecnico-qualitativo sembra incidere sempre meno, mentre, a fare la differenza è la condizione mentale e psicologica delle squadre e degli atleti.

Insomma, l’atleta si allena sempre con grande diligenza e dedizione, cura le proprie abilità motorie, la tecnica e la tattica, ma alle volte è proprio il suo approccio mentale che  può fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta.

Un’altra domanda che possiamo porci a questo punto è: ma possiamo farci qualcosa? possiamo migliorare o allenare le nostre abilità mentali? La risposta a queste domande è affermativa: si parla a tal riguardo di allenamento mentale.

 

Allenamento mentale: una risorsa in più per gli atleti

L’allenamento mentale o mental training rappresenta un’opportunità in più per tutti gli atleti che vogliono migliorare le loro prestazioni sportive.

In senso allargato, per allenamento mentale si può intendere un atteggiamento di maggior attenzione rivolto proprio agli aspetti emotivi o cognitivi durante qualsiasi allenamento “atletico” e, in particolare, la consapevolezza di come essi condizionano la prestazione in senso positivo o negativo.

Questo può essere fatto pianificando dei programmi di training mentale che si affiancano e sono di completamento, nel rispetto delle specifiche competenze, all’allenamento fisico - tecnico e tattico dello sportivo.

Attraverso l’allenamento mentale e l’utilizzo delle tecniche ad esso collegate, l’atleta può, inoltre, accrescere la conoscenza di sé stesso, dare espressione alle proprie capacità, migliorare il proprio livello di autostima, scoprire come corpo e mente possano interagire permettendo la realizzazione delle sue potenzialità.

In particolare, parlando di tecniche di allenamento mentale (Mental Training) si allude a metodi integrati improntati all’apprendimento e al perfezionamento di alcune abilità mentali che interessano da vicino tutte le attività sportive.

La prestazione sportiva richiede, infatti, diverse abilità mentali quali la capacità di focalizzare e mantenere l’attenzione su aspetti rilevanti, consapevolezza, abilità nel controllo dei pensieri, gestione dell’ansia pre-agonistica, capacità di attivazione.

Tali competenze e capacità possono applicarsi, anche, ai più diversi ambiti della nostra esistenza.

Da http://www.umanamente.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=141:le-abilita&catid=49&Itemid=164
継続は力なり 空手の修業は一生である
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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #82 on: December 14, 2011, 08:10:07 am »
0
 :ricktaylor:
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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #84 on: December 14, 2011, 10:15:30 am »
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È la mia filosofia, cosa c'è che non va? :sur:
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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #85 on: December 14, 2011, 11:10:52 am »
0
Ah ok ora è tutto chiaro  ;D
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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #86 on: December 14, 2011, 12:36:04 pm »
0
Quella per lui è una "via spirituale";ne ha tutti i requisiti.
E' una "via" perchè da una partenza grezza,sporca e indecisa,tramite varie tappe arriva a un automiglioramento ed un autocontrollo degno di un monaco zen.
Ed è spiritualeperchè per lui assume dei connotati quasi metafisici.
Quindi,dal momento che ha tutte le caratteristiche sia del percorso,che dello spirituale,non vedo perchè non attribuire ad una serie rituale di efferati omicidi l'appellativo di via spirituale,e l'incremento delle capacità dell'assassino,non sono forse crescita spirituale?
Quindi se abbiamo finito i sofismi,come fa la ripetizione di un gesto a portare un individuo dalla parte del "bene"?
Visto che mi sembra che con crescita spirituale voi intendiate esclusivamente qualcosa di positivo...

Manca un grosso presupposto di base... una "via" spirituale non te la puoi inventare per come ti fa comodo... è necessario un Maestro che ti possa guidare lungo il percorso seguendo tappe più o meno precise... quindi proprio come in una AM. Se poi tu durante il percorso traligni e ti volgi "al lato oscuro" è un altro paio di maniche.  MA non è che mo' un serial killer solo perchè si perfeziona nel suo uccidere la gente perchè è malato possiamo vedere una via spirituale, su, andiamo, evitiamo ste cose....

Ecco già il fatto che bisogni averwe qualcuno che ti tenga per mano e ti guidi non mi piace.
Il passaggio dall'autonomia e quello dell'eteronomia è il primo traguardo della pedagogia.
Questo implica che non hai più bisogno di qualcuno che ti indichi le scelte giuste,ma che tu sia abbastanza formato come persona da poterle fare da solo.
Essere trattato come un bambino non fa per me  ;)
E' molto interessante spingere gli esempi all'estremo,si mettono in risalto i tabù delle persone,i punti oscuri sui quali non solo per una persona è difficile parlare,ma che è anche inpossibile mettere in discussione.
Quindi ora vorrei mettere in luce come per alcuni si è terroristi,per altri eroi...oppure come tanti serial killer erano venerati come dei dai loro seguaci (mi viene in mente charles Manson e la "Famiglia"),ma faremmo notte...
Quindi sarei interessato a capire che cosa secondo te è una crescita spirituale.
E soprattutto quali sono le metologie corrette per attuarne una,e cosa la suddetta comporta
« Last Edit: December 14, 2011, 12:43:36 pm by West Wind »
In principio era la parola...e la parola era WAAAGH!!!

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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #87 on: December 14, 2011, 12:41:50 pm »
0
Quella per lui è una "via spirituale";ne ha tutti i requisiti.
E' una "via" perchè da una partenza grezza,sporca e indecisa,tramite varie tappe arriva a un automiglioramento ed un autocontrollo degno di un monaco zen.
Ed è spiritualeperchè per lui assume dei connotati quasi metafisici.
Quindi,dal momento che ha tutte le caratteristiche sia del percorso,che dello spirituale,non vedo perchè non attribuire ad una serie rituale di efferati omicidi l'appellativo di via spirituale,e l'incremento delle capacità dell'assassino,non sono forse crescita spirituale?
Quindi se abbiamo finito i sofismi,come fa la ripetizione di un gesto a portare un individuo dalla parte del "bene"?
Visto che mi sembra che con crescita spirituale voi intendiate esclusivamente qualcosa di positivo...
Prima di risp a rev che è un pò più lungo dico la mia al tuo post: potrebbe essere che sia il "bene" ha portare l'individuo a ripetere quel gesto in quel modo. A portare "il vedere" quel gesto come un modo per dare una nuova visione (utopistica, ideale, irrealizzabile quello che vuoi) di manifestazione d'amore nei confronti proprio di colui che ne ha più bisogno, il nostro aggressore. Può essere che dimostrare amore a chi ti vuole uccidere sia un modo che possa in qualche modo fargli riflettere sulle sue azioni questo né io né Ueshiba diciamo che per farlo devi farti uccidere. Devi farglielo capire facendo cadere nel vuoto la sua aggressività, la sua violenza. Certo possiamo credere che il bene e il male non esistano, ma se invece pensi che esistano tutto diventa molto più semplice. Io so qual è la cosa giusta. E per questo che il saggio non dice solo cose banali, ma le applica. La difficoltà sta proprio nel salto. Poi tu mi dici che quello che è giusto per me non è giusto per te, la cultura, le cirostanze, la società, la predisposizione, la famiglia...Insomma facciamo dialettica e lo possiamo fare all'infinito. Per questo dobbiamo sempre e solo guardare noi stessi.
Sempre per come la vedo io. Io sono qui per imparare mica per insegnare niente a nessuno.

Ecco,un problema per cui non riusciamo a capirci è il muro del bene e del male.
Violenza uguale male.
Un libro bellissimo che mi viene in mente è "come un onda che sale e che scende".
La violenza non è male,è natura.
Per assurdo,per un bullo è più istruttivo prendere una catrva di legnate,che amore e comprensione.
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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #88 on: December 14, 2011, 13:06:14 pm »
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Ecco già il fatto che bisogni averwe qualcuno che ti tenga per mano e ti guidi non mi piace.
Il passaggio dall'autonomia e quello dell'eteronomia è il primo traguardo della pedagogia.
Questo implica che non hai più bisogno di qualcuno che ti indichi le scelte giuste,ma che tu sia abbastanza formato come persona da poterle fare da solo.
Essere trattato come un bambino non fa per me  ;)
E' molto interessante spingere gli esempi all'estremo,si mettono in risalto i tabù delle persone,i punti oscuri sui quali non solo per una persona è difficile parlare,ma che è anche inpossibile mettere in discussione.
Quindi ora vorrei mettere in luce come per alcuni si è terroristi,per altri eroi...oppure come tanti serial killer erano venerati come dei dai loro seguaci (mi viene in mente charles Manson e la "Famiglia"),ma faremmo notte...
Quindi sarei interessato a capire che cosa secondo te è una crescita spirituale.
E soprattutto quali sono le metologie corrette per attuarne una,e cosa la suddetta comporta

Intanto la pedagogia studia (soprattutto) come insegnare ai bambini/giovani, e come insegnare loro a "stare al mondo", quindi nulla in realtà a che vedere con la spiritualità.
Tu faresti AM o yoga o anche qualunque sport serio senza un maestro/istruttore/guida?
Suppongo la risposta sia no. Inoltre, più la strada è lunga e complessa più la necessità di una guida si protrae nel tempo.
La via spirituale è mooolto lunga, e non si tratta si essere come "bambini" ma semplicemente di avere qualcuno più avanti di te che evita che tu sbagli strada...
La crescita spirituale riguarda il raggiungimento (come in tutte le vie/tradizioni) di quello che puoi chiamare un po' come vuoi, e cioè illuminazione, nirvana, salvezza etc,.etc... I metodi sono "sempre" quelli, yoga, taoismo, pratiche indu' di vario tipo, e tutto ciò che è esoterismo "tradizionale" (cabala ebraica, alchimia, sufismo musulmano, ecc.). E checchè se ne creda, non sono "cose" astruse astratte e/o che ognuno fa come gli pare. Sono percorsi molto precisi e molto chiari. Che poi nei secoli in molti casi siano stati inquinati, commercializzati, sputtanati in millemila modi è un altro paio di maniche  :nono:
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Re:LA FILOSOFIA NELLA PRATICA MARZIALE
« Reply #89 on: December 14, 2011, 13:27:38 pm »
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Intanto la pedagogia studia (soprattutto) come insegnare ai bambini/giovani, e come insegnare loro a "stare al mondo", quindi nulla in realtà a che vedere con la spiritualità.
Quindi a cosa serve imparare qualcosa che non impari a stare al mondo?
Perchè se la "via spirituale" insegna qualcosa di utile allora insegna a stare al mondo...
Se insegna qualcosa di inutile allora non serve che la insegni...


Tu faresti AM o yoga o anche qualunque sport serio senza un maestro/istruttore/guida?
Suppongo la risposta sia no. Inoltre, più la strada è lunga e complessa più la necessità di una guida si protrae nel tempo.
No,decisamente no.
Ma queste sono cose pratiche,puoi imparare a fare l'elettricista professionale senza che qualcuno te lo insegni?
Direi di no.
Puoi imparare però la filosofia teorica di Hegel senza un professore,solo comprando i suoi libri?
Direi proprio di si...
Per la teoria basta un minimo di attenzione,se così non fosse,all'università tutti i corsi avrebbero l'obbligo di frequenza e non esisterebbero i compiti a casa nelle scuole primarie...

La via spirituale è mooolto lunga, e non si tratta si essere come "bambini" ma semplicemente di avere qualcuno più avanti di te che evita che tu sbagli strada...
Qual'è il metro di giudizio per capire che lui è spiritualmente più avanti di me?  :gh:

La crescita spirituale riguarda il raggiungimento (come in tutte le vie/tradizioni) di quello che puoi chiamare un po' come vuoi, e cioè illuminazione, nirvana, salvezza etc,.etc... I metodi sono "sempre" quelli, yoga, taoismo, pratiche indu' di vario tipo, e tutto ciò che è esoterismo "tradizionale" (cabala ebraica, alchimia, sufismo musulmano, ecc.). E checchè se ne creda, non sono "cose" astruse astratte e/o che ognuno fa come gli pare. Sono percorsi molto precisi e molto chiari. Che poi nei secoli in molti casi siano stati inquinati, commercializzati, sputtanati in millemila modi è un altro paio di maniche  :nono:

Quindi per farli bene dobbiamo trovare il santone che fa le cose come andavano fatte millemila anni fa,la scuola pura di XY,con il maestro pieno diu attestati?
E poi chi dice che millemila anni fa facevano le cose giuste?
Chi dice che il capo fondatore non fosse un cazzaro?
Come si misura empiricamente il livello di spiritualità?
In principio era la parola...e la parola era WAAAGH!!!