Pur ringraziando per la fiducia, visto l'interesse per l'argomento, più che evocare me, per maggiore attendibilità e conoscenza, dovevate resuscitare dal loro silenzio forumistico e impegni personali Cooks e Alfarano.
Seppur con accezioni diverse kali, arnis ed eskrima sono i termini più noti per identificare un ventaglio di stili marziali filippini a cui si possono identificare elementi in comune ma abbastanza variegati per contesto geografico ma soprattutto culturale di provenienza con tribù, lingue e religioni diverse con influenze reciproche od esterne difficili da delineare con precisione.
Basti pensare che le Filippine sono un arcipelago con più di 7000 isole.
A Nord abbiamo isole fortemente influenzate dal cattolicesimo negli ultimi 4 secoli, per il dominio degli Spagnoli, che hanno poi nella prima metà del '900 subito l'invasione americana e pure quella giapponese.
A Sud è invece molto più accentuata l'influenza musulmana e colonia di Stati stranieri lo era più sulla carta che per reale controllo del territorio. Per certi versi molte zone meridionali sono state culturalmente influenzate più da Indonesia e Malesia che dagli Spagnoli, che formalmente li dominavano.
Poi c'è un influenza sparsa di culture, religioni e tradizioni preispaniche e preislamiche.
A grandi linee per gli stili marziali si generalizza talvolta come più influenzate dal Silat indomalese gli stili del Sud e più continentali asiatiche o giapponesi quelli del Nord ma ai miei occhi non è facile ricostruire in porti di mare e su rotte di passaggio quali genti hanno influenzato le altre.
C'è poi da dire che le codificazioni marziali sono recenti e a volte abbastanza approssimative (per fortuna dico io). Le codifiche hanno cominciato a servire per insegnare agli stranieri perchè di catalogare e schematizzare fino ad allora non se ne era sentita l'esigenza. La trasmissione era in famiglia o all'interno delle piccole comunità, una sorta di famiglia allargata, quindi lezioni individuali con gli anziani che insegnavano faccia a faccia ai giovani che avevano selezionato. Il tutto in modalità abbastanza chiusa perchè per logica (come anche in altre tradizioni) non insegni a combattere a gente di cui non ti fidi (che domani può essere il tuo nemico).
Più che per titoli dati da federazioni e burocrati, gli insegnanti erano i veterani. La responsabilità di voler mettersi a insegnare non se la prendeva il maestro ma era dell'aspirante, perchè insegnare significava il dover accettare le sfide per far testare la propria validità (di non esser cazzari). Il regolamento completo e condiviso delle sfide era che ad armi pari l'incontro finiva quando uno dei due si arrendeva o non era più in grado di continuare. La responsabilità finale di scegliere di insegnare spettava a chi si sarebbe poi giocato le ossa.Più che il lignaggio per insegnare bisognava dimostrare le doti combattive.
Sulla modalità delle lezioni dipende dalla scuola, dall'insegnante e pure dal periodo/programma da fare. Come costante direi il riscaldarsi col bastone soprattutto doppio.
Nelle amf, riveste grande importanza, a mio modo di vedere, la mentalità e la forma mentis.
Tolto il “trauma” iniziale, ossia l'installazione del “sistema operativo”, passare da bastone a coltello o a mani nude da un momento all'altro non crea nessun problema, è solo abitudine. Di media direi che i primi mesi sei decisamente più focalizzato sugli olisi, in un secondo tempo, sulle mani nude, poi sul coltello. Machete, espada y daga (machete e coltello o bastone e coltello), armi flessibili, bastoni di altre dimensioni e peso possono venir dopo ma dai fondamentali non ti schiodi più di tanto e metabolizzati a sufficienza quelli conto di non turbarmi più di tanto.
Sulle armi da fuoco, non so dire perchè nella scuola/stile che studiavo erano previsti ma facoltativi e il mio istruttore aveva preferito non mostrarli.
Le forme/kata ci sono. Come nome io sapevo si chiamino anyo. Ci sono anche le gare per i ragazzini. Penso siano di introduzione recente, ultimo secolo se non ultimi 20-30 anni.