Che titoli "ispirosi" questo signore, ci racconti un po' il suo pensiero?
Raccontare il suo pensiero? Uhm... potrebbero venirne fuori una dozzina di tesi laurea e tre-quattro tesi di dottorato, a spanne...
Facciamo così, do un "assaggio", sintetizzando a modo mio la prima lezione di "Libertà attiva", più informazioni sparse.
- D. definisce se stesso un “
incorreggibile illuminista, che perciò si trova bene nel XVIII secolo”, anche se con una punta
[1] di scetticismo nei confronti di una visione “ottimista”. Secondo D. benessere e democrazia non sono processi strettamente legati e inevitabili e, anzi, per tenerli assieme è necessaria una attività in tale direzione, altrimenti è probabile che il mondo che conosciamo possa cambiare in peggio.
Benessere economico di uno Stato e “democrazia” viaggiano a velocità diverse e spesso il primo è molto più lento della seconda, mettendo a rischio la tenuta delle democrazie “nascenti”.
- D. afferma che la maggior parte degli esseri umani non è stata mai così bene
[2], pur con tutti i “però” del caso. Dire che non siamo mai stati così bene significa per D. che gli uomini hanno reali possibilità di scelta.
Il benessere umano si misura in termini di
chances di vita, che possono essere opzioni di scelta (
entitlements – diritti positivi) tipo il diritto di voto in presenza di più candidati o partiti tra i quali scegliere; oppure possono essere offerte (
provisions), quali il lavoro o il
welfare. D. tiene ben distinti i concetti di
entitlements e
provisions, sebbene in alcuni ordinamenti costituzionali
[3] l’utilizzo dell’unico termine “diritto” crea, a suo modo di vedere, incongruenze e paradossi
[4].
- Per D. la “politica delle libertà” non è aggrapparsi allo
status quo, bensì agire fattivo nel continuo costruire le basi e i presupposti per tale politica, affrontando i continui pericoli che ogni democrazia prima o poi
[5] si trova ad affrontare. Il fine ultimo di tale “
libertà attiva” è l’estensione delle
chances di vita dei migliori a tutti gli altri, per questo motivo ritiene utile, se non proprio opportuno, garantire una base comune di
provisions (quale può essere un reddito minimo garantito), al fine di impedire che le inevitabili diseguaglianze di una società liberale e democratica si trasformino in privilegio per pochi a danno dei molti.
- Uno dei fondamenti di D., che pervade tutte le sue opere
[6], è che l'ordine liberale poggia su due pilastri, la democrazia e il dominio del diritto: la prima è
inevitabilmente incompiuta e perciò da costruire/ricostruire continuamente; il secondo è
ancora incompiuto, soprattutto a livello internazionale, sia a livello europeo (UE) sia a livello mondiale (ONU, NATO, ecc...), ma anche nelle "moderne" democrazie non è che se la passi benissimo...
Si può essere d'accordo o meno con le tesi di D., ma secondo me è comunque un autore da leggere:
Vivamente consigliato.