Segue pippone sui kata, nessuno si senta obbligato a leggere
Per molti anni ho eseguito i kata dando per scontato che servissero anche se non mi facevano impazzire, di fatto era la parte di lezione che mi piaceva di meno, ma mi ci sono sempre impegnato.
Poi quando per un periodo sono stato costretto ad allenarmi da solo, per forza di cose mi ci sono dedicato ed ho iniziato ad apprezzarli fino a che ho raggiunto una passione forte per questa pratica, durata circa due anni. A volte passavo anche due ore e più a fare kata e godevo come un riccio. Ho iniziato ad approfondire la cosa studiando, ricercando, risalendo ai kata più antichi, studiandone le applicazioni, interessandomi a quelli di altri stili, Goju e Uechi soprattutto. Mi sono sempre sentito in mezzo ad un marasma perché di fatto ci ho cavato poco o nulla ma ero convinto che prima o poi le cose sarebbero cambiate.
Di fatto non è stato così.
Purtroppo le mie convinzioni sui kata hanno preso degli scossoni così forti che si sono rovinosamente sgretolate.
Il primo scossone è arrivato frequentando per un certo periodo uno che conosce molto profondamente il corpo umano e il suo funzionamento in ambito atletico, che mi ha iniziato ai principi dell’allenamento (questi sì, sono principi) mettendo a nudo le debolezze di una forma preordinata.
Il secondo scossone è arrivato un giorno come tanti altri, semplicemente riflettendo sui kata. Il piede così, il piede cosà, l’applicazione giusta, sbagliata, originale, modificata… a un certo punto ho avuto un satori e mi sono chiesto a che cacchio serve rompersi la testa su cose che non funzionano mai, se funzionano è una volta ogni mille anni, se funzionano sistematicamente di fatto sono copiate da JJ o MMA (e NON viceversa).
Inoltre si parla sempre di kata antichi, non corrotti, funzionalissimi… ma a parte ciò che
si sente dire, nessun documento scritto o visivo offre un riscontro in tal senso. Quindi non vedo perché non escludere che invece questi kata mitici di fatto non siano mai esistiti, e che i kata che facciamo ora bene o male sono come allora.
Il terzo scossone è arrivato frequentando il corso di BJJ dove mi sono accorto che il kata non mi ha dato nessun vantaggio ne’ in piedi ne’ a terra, e dove invece in un anno di frequentazione monosettimanale ho imparato un sacco di cose utili, pratiche e immediate. Tra l’altro non ho avuto nessun vantaggio nemmeno rispetto a chi iniziava da zero, quindi non si può nemmeno dire che mi sono trovato bene a BJJ perché ho interiorizzato prima chissà quali principi.
Il colpo di grazia è arrivato a causa di zio Spartan, Aizik e mia moglie
per colpa dei quali ho dovuto arrendermi a un’evidenza per me ormai rivelatasi innegabile, credo di aver raccontato questa storia più volte…
Il corso che ho seguito recentemente fondamentalmente, per il mio punto di vista, ha infierito su di uno sconfitto.
Quindi scadente allenamento atletico, fumoso strumento di trasmissione, inefficiente modello che dovrebbe instillare dei principi, manchevole manabile di tecniche di difesa personale.
Di fatto l’unica cosa che ho riscontrato di davvero bello e utile nei kata è proprio l’esecuzione fine a se’ stessa e lo stato che procurano, la calma il focus, lavoro mentale insomma, e in base a tale conclusione proporziono l’importanza e il peso attribuitogli.
Sarò colpevole, miscredente, incapace, impaziente… ma dopo 20 anni passati a eseguire kata su kata, a vincere pure qualche gara e a ricevere complimenti anche dai tradizionalisti su come interpreto i kata stessi, concedere ancora fiducia a un sistema che continua a restare muto e non fornire risposte mi sembra troppo.
Anche perché spostando invece le stesse attenzioni prima dedicate ai kata, verso i fondamentali e le tecniche, i kihon, ho invece moltissimi riscontri. Si badi poi che i riscontri non significa solo avere poco subito in contrapposizione all’ipotetico molto dopo, perché anche capendo quello che si deve fare, poi bisogna imparare ad eseguirlo, ed è qui che entra in gioco il perenne perfezionamento l’unità tra azione e intenzione tanto ricercata dai karateka, piuttosto che seguire per anni di fatto una pratica esoterica che dovrebbe improvvisamente sbloccare certe capacità o comprensioni.