KENDOÈ stata la prima lezione di prova e la seconda che ho apprezzato di più. L'ispirazione mi è arrivata da Crux: avrei provato scherma ma le palestre sono lontane
[1], così...kendo! Sapendo che qualcuno era interessato, scrivo qualche riga in più.
La lezione è di 1 ora e mezza e si tiene in una sala di una palestra fitness; quindi purtroppo niente parquet giapponese
[2]. Ad occhio eravamo 15-20 praticanti, con diversi DAN-nati e due istruttori a seguirci. Questo l'ho trovato positivo perché i due insegnanti avevano un modo di fare molto diverso tra loro ed erano in qualche modo complementari. Ovviamente non erano esattamente su un piano paritetico per evitare diverbi tra loro.
La lezione inizia con un saluto, senza cerimonie troppo lunghe ma ho notato una grande quantità di particolari: bisogna appoggiare shinai (simulacro di spada formato da 4 listelli di bambù), bogu (armatura completa) in un punto preciso perché c'era un significato pratico quando al posto di shinai c'erano lame vere. Dopo il saluto, un minuto di raccoglimento in cui svuotare la mente per entrare nella mentalità da allenamento. Molto zen, ma nulla di metafisico. Ho apprezzato.
Iniziamo il riscaldamento, durato 20': in cerchio, guardando tutti verso il centro, abbiamo fatto esercizi di avviamento sia per scaldare i muscoli che per scioglierci. Circonduzioni delle braccia, delle gambe e dei piedi (per la caviglia) Per quel che concerne lo stretching pre-attività abbiamo lavorato soprattutto su spalle, polsi
[3] e polpacci. Poi abbiamo preso lo shinai e, sempre in cerchio, suburi. Suburi sono fendenti nel vuoto, usati sia per riscaldarsi, sia per potenziare i colpi
[4]; ce ne sono di diversi tipi. Una delle cose meravigliose del kendo è che lo stesso colpo, un fendente dall'alto al basso, può essere portato in mille modi diversi. Un po' come il gancio nel pugilato
A me invece di suburi hanno spiegato i movimenti (tai sabaki) avanti e indietro; il giorno dopo male cane ai polpacci che vengono sfruttati pesantemente.
Nota lessicale. Men (testa) Kote (polsi, accento sulla e finale), do (busto) indicano sia il bersaglio di colpi sia la parte dell'armatura (bogu) che protegge quel bersaglio. Infine Yoko-men è un fendente dall'alto al basso portato in obliquo
[5]Ora, a coppie, abbiamo allenato men, kote, do. Positivo che ogni 10 ripetizioni si cambiava partner.
Poiché si era ancora senza armatura, i colpi dovevano essere arrestati prima del bersaglio ma portati comunque col kiai. Nulla di entusiasmante e nulla di diverso da quel che ho visto nel karate, sebbene ho dovuto prendere un po' l'occhio sulla diversa distanza di combattimento. L'esercizio consisteva nel portare 10 volte la stessa tecnica con un avanzamento frontale; l'avversario si scopriva volutamente per lasciarci colpire. Non è proprio facile come sembra, perché bisogna riuscire a coordinare bene avanzamento, caricamento, kiai e colpo a bersaglio così per 15'. In verità amici kendoka mi avevano già mostrato le basi anni fa, quindi me la sono cavata benino
Ora altri 15' dello stesso lavoro di prima, ma dopo che tutti avevano indossato il bogu. Questo sì che era divertente, perché potevo bastonare un avversario passivo senza trattenermi
Appena ho iniziato a portare i colpi, ho subito capito che facevo un bel po' di errori di cui prima non mi accorgevo, ma allo stesso tempo non dovendo trattenermi avevo un problema in meno, quindi curavo di più avanzamento e traiettoria del colpo.
A questo punto abbiamo aggiunto un pizzico di varietà eseguendo sequenze più lunghe di colpi. La maggiore difficoltà era mantenere il concetto di "ippon": portare ogni colpo come se fosse quello definitivo.
Infine kirikaeshi. Esercizio complesso da descrivere e fondamentale nel kendo; si tratta in breve di una sequenza di scambi che contiene tutte le basi del kendo. Si comincia con men, poi pausa, poi 4 avanzamenti veloci con men, poi 5 spostamenti indietro ma ancora eseguendo men. Nei 4 spostamenti avanti e i 5 indietro però l'avversario non si lascia colpire ma si esercita a parare, o meglio a deflettere il colpo con il proprio shinai. Infine si avanza ancora facendo uchi komi: men (l'avversario non para) + do in un tempo solo e infine uscita laterale. Anche nel kendo si suda
GLi ultimi 20-30 minuti jigeiko e shiai. Il primo è un combattimento libero e continuato, il secondo è il combattimento "da gara", in cui l'azione si conclude ad ogni colpo andato a segno. Sebbene le competizioni siano di shiai, il jigeiko è fondamentale per allenarsi, è il combattimento tradizionale.
Sembrava tutto molto divertente ma non avendo il bogu non ho potuto partecipare
La lezione è finita con saluto, altro minuto di silenzio (per ripercorrere la lezione col pensiero e memorizzare quanto appreso) poi chiacchiere e doccia.
Riflessioni. La lezione è stata nel complesso piacevole. Mi ha colpito come il kendo riesca a fondere bene sport e tradizione meglio di quanto abbia mai visto altrove: c'è un codice da seguire eppure si riesce a praticare liberamente. Lo stesso senso di libertà me lo ha dato poter tirare bastonate senza trattenersi. Per la prima volta nella mia vita, ho potuto fare un kiai senza preoccuparmi delle coneguenze; mi hanno assicurato che il bogu assorbe tranquillamente colpi ben più potenti delle mie sventagliate. È una sensazione tutta particolare, mettere tutto te stesso in un solo colpo e, quando la forza si scarica sull'avversario, ti senti "vuoto", libero e leggero. Immagino che il jigeiko sia anche più divertente, ma senza bogu o sei un suicida o sei un Dog Brother
c'è unache una parte che può essere noiosa: ripetere lo stesso taglio decine di volte a vuoto o bloccando il colpo va affrontato con la mentalità giusta. Mi torna in mente un discorso affrontato tempo fa sul forum la differenza tra ripetere una tecnica mille volte e conoscere male 1000 tecniche: tutti dicono che bisogna seguire il primo approccio, poi però nella realtà molti si "rompono". (Da qui le am con milioni di tecniche).
Ultimo appunto sull'ambiente. Come tutti gli ambienti dove c'è il confronto diretto, i praticanti sono piuttosto concreti, ci sono concetti zen ma nessun pippone metafisico. Non c'è il caos di federazioni che ho visto in altre discipline: una sola italiana (cik), sottoposta ad una sola europea a sua volta sottoposta all'unica federazione giapponese. Con questo spirito in Lombardia i vari club sono molto "vicini" ed e possibile a qualunque livello partecipare a lezioni tenute da altri maestri in altre palestre. È un ambiente rilassato ma serio.
Infine, la disciplina attira gente mediamente nerd e la mananza di preparazione atletica consistente non fa certo cambiare la loro natura