Gran parte della mia infanzia e adolescenza l'ho vissuta in campagna, le vacanze estive (agosto escluso) e praticamente tutti i fine settimana. All'età di sei anni mio nonno mi ha insegnato a sgozzare i polli, l'anno dopo ad uccidere e macellare i conigli. A nove anni ho assistito per la prima volta alla macellazione del maiale. Dopo la prima comunione toccava a me, di fatto, occuparmi di polli, oche, tacchini e conigli in occasione di feste comandate e/o ricorrenze importati. Al contrario, mio padre è praticamente vegetariano, oltre che, da tempo, assolutamente incapace di uccidere un animale
[1].
Era tutto così "normale", faceva parte "dell'ordine naturale delle cose" che ancora oggi non credo avrei problemi a uccidere un animale per nutrirmene. Non che ne provi gusto o, peggio, divertimento, questo no. Però lo farei ancora.
Inclinazioni personali differenti? Può darsi.
Tutt'altro effetto, invece, mi ha fatto "sacrificare" degli animali per scopo di studio. Ancora me lo ricordo e non è stato (e non è) piacevole.
Sembra una contraddizione, ma anche se non so spiegarlo
esattamente, uccidere per mangiare lo trovo ancora moralmente accettabile. Per questo continuo a mangiare carne.
Bisogna tornare forse a quel concetto dimenticato che se si mangia carne "si è fortunati".
E non lasciarsi andare al fatto che i supermercati strabordano di carne di tutti i tipi (e qualità...).
L'abbondanza di qualcosa non ne giustifica l'abuso.