Maurice Utrillo e l’ebbrezza dell’arte
Il titolo non permette ai dubbi di diradarsi, ma non buttatelo immediatamente nel cestino, aspettate!
Diamo prima uno sguardo e identifichiamolo, poi, spetta a voi decidere se raggiungere ed entrare sul set oppure se restare seduti e dirigere le vostre ricerche altrove.
Maurice Utrillo
E’ un pittore emblematico dell’arte parigina, un ribelle, alcoolista incallito, completamente ignorato dai suoi contemporanei; vive un’esistenza “romanzata”.
Utrillo è conosciuto innanzitutto per aver incarnato perfettamente gli stereotipi del bohémien, anche se lui stesso non ne è consapevole!
Come può un individuo decidere ciò che la propria esistenza ha da offrirgli?
Non è in grado…
Questi, infatti, è un uomo dalla storia “gossip”, cioè la sua vita (che permette anche alla sua pittura di essere conosciuta) è la saldatura di aneddoti, i quali danno origine ad un artista “mitico”, anzi, che lo autorizzano ad entrare nella cerchia dei “pittori-mito”, singolare, vizioso e anticonformista.
Vive senza rendersi conto delle mode, delle correnti artistiche e il suo modo di essere è spontaneo, colmo di sregolatezze, viene investito dall’alone dei “maledetti”, trascinato via dal vino, avvinghiato alle carnali serate nei bordelli e anche serrato da una inconsolabile disperazione interiore, che diventa visibile attraverso l’espressione artistica.
Prima di entrare nel set, leggiamo il curriculum del protagonista!
Maurica Utrillo nasce a Parigi il 26 dicembre del 1883, da Marie Clementine (Suzanne) Valadon , ragazza-madre, in una Parigi che brulica di arte!
Grazie alle conoscenze della madre, incontra Renoir, Lautrec e Degas, i quali diventano suoi “amici” d’infanzia, dato che Suzanne lo porta nei circoli culturali, nei cafè e negli atelier dei pittori.
Prendendo esempio dai “grandi”, inizia a bere vino all’età di sei anni, ovviamente all’insaputa di Suzanne, che, però, se ne accorge ben presto.
Crescendo, intuisce che la città in cui vive è letteralmente un carnaio di gente, di odori, di colori, che lo portano ad essere a disagio in mezzo alle persone.
A scuola non mostra impegno o grandi qualità e la madre decide di assegnargli un’insegnante privata, ma tale tentativo fallisce.
Il motivo è che il giovane risente della vita sregolata di Suzanne, che porta a casa i suoi numerosi amanti, lasciandolo sempre in compagnia della nonna Madeleine.
Nel 1891 viene adottato legalmente dal giornalista spagnolo Miguel Utrillo, conosciuto dalla donna in un cafè, il quale capisce che questa è indecisa sull’identità del padre del ragazzo (Degas o Renoir?).
Maurice Utrillo si ubriaca continuamente e, così, iniziano le crisi, rendendolo sempre più debole ed, intanto, cresce in lui il desiderio di andarsene da casa. Tale sogno si realizza: privo di una meta, ma sostenuto dalle “braccia” forti di una bottiglia di vino.
Il dodicenne Utrillo dà avvio alla fase del cognac e a quella dell’absinthe e il compagno di sua madre, Paul Mousis, gli trova un lavoro presso il Credit Lyonnais.
Il nuovo impiego non lo distrae dal vizio dell’alcool e, in un café, conosce la prostituta Babette, con cui beve in “modo disinvolto” ed instaura la sua prima relazione, non proprio d’amore…
Nel 1896 madre e figlio vanno a vivere in rue Cortot, 12, rinomata via parigina e riconosciuta come “une pépinière d’artistes”, questo fabbricato, diventato museo, “ospita” un gran numero di artisti. Il primo proprietario è l’attore della compagnia di Molière, Claude de La Roze, sieur de Rosimond (1645-1673) , ma è nella seconda metà dell’Ottocento che vi “affluiscono” gli artisti, infatti, Renoir affitta una parte dell’edificio nel 1876, il quale diventa il suo atelier per lavorare al celebre dipinto “Le Moulin de la Galette”. Nel 1896 si sistemano al primo piano Valadon insieme ad Utrillo e, nel 1900, alloggia il pittore ed incisore greco Demetrois Galanis (1879-1966).
Nel 1901 Maurice viene ricoverato, per la prima volta, nell’ospedale di Sainte Anne per essere disintossicato dall’alcool, il medico propone a Suzanne di trovare il modo per distrarlo dal suo vizio e di non vivere più nella caotica Parigi; così si trasferiscono in campagna.
La madre suggerisce al figlio una cura miracolosa: la pittura.
In principio il ragazzo si rifiuta, ma, con l’insistenza della donna, comincia a dipingere ciò che si trova nella sua stanza e fuori dalla finestra della casa in campagna, ovviamente, sempre accompagnato da sorsate di cognac.
Beve e colora, delira e si sporca di vernice; bestemmia e accarezza col pennello la tela: questo è il pittore Maurice Utrillo!
Nel 1903 si trasferisce, nuovamente, sulla Butte in rue Cortot, dato che si sente un uomo di città… sempre mantenuto dalla madre.
Il suo studio è modesto e si affaccia sull’ultima vigna rimasta a Montmartre; si intravedono il Sacro Cuore e la strada che porta al Moulin de la Galette.
Conosce Matisse, Braque, Derain, Dufy, Vlaminck, van Dongen e non dimentica l’alcool.
Nel 1904 “scopre” la malta per intonaco, che mescola con i pigmenti dei colori, conferendo alla pittura effetti rigidi, ma estremamente intensi e lascia come “senza pelle” il suo desiderio irrefrenabile ed emozionante di dipingere!
Da questo momento Utrillo incomincia a creare opere e ogni sorso di cognac è come una pennellata; ma non è soltanto una similitudine, pare che sia davvero la realtà!
Viene di nuovo soccorso da Suzanne e riportato nella casa in campagna.
Ritornato a Parigi incontra il pittore (le fonti affermano molto affascinante!) André Utter, esteta e “seguace” di una “moda” parigina: inalare l’etere.
In breve tempo diventa amico di Utrillo e compagno di sbornie.
Nel 1906 al “duo” si aggiunge Amedeo Modigliani e i tre partecipano a tante feste di intellettuali, sempre con bottiglie in mano e donne a seguito, ma continuando a dipingere intensamente, forse, però, in un modo più sregolato rispetto al passato.
E’ importante da ricordare che Utter diventa il compagno della Valadon.
Nel 1909 Utrillo espone al Salon d’Automne tre quadri e vuole iscriversi alla Scuola di Belle Arti, ma la sua richiesta di ammissione viene respinta e le uniche sue consolazioni sono l’alcool e la pittura dai bianchi di zinco sempre più corposi e mescolati a cemento e ad intonaco.
Il 1910 è rilevante, perché è il primo anno in cui Utrillo firma un suo quadro con “Maurice Utrillo V.” dato che, precedentemente, usa soltanto il cognome della madre ed è anche il periodo della svolta decisiva per la sua pittura.
I critici d’arte Francis Jourdain e Elie Faure “scoprono” alcuni dipinti di Utrillo in una piccola e sconosciuta galleria di un ex mercante di cavalli, Libadue: da quel giorno si estende la fama del pittore come “artista di Parigi”.
Utrillo viene di nuovo ricoverato e successivamente si fidanza con la modella Gaby la Brunette, che, però, non lo sposa.
Il periodo, che intercorre tra il 1909 e il 1914, è uno fra i più importanti per la sua arte, denominato dai critici “periodo bianco”.
I quadri, precedenti a tale fase, possiedono come soggetti i muri, i bistrot, il Sacro Cuore e gli altri scenari dei suoi vagabondaggi da ubriaco; nelle opere è presente molto rigore formale, razionale simmetria, paragonabili quasi ad un’inquadratura cinematografica, anzi, ad una cartolina ingiallita ottocentesca.
Si passa dai verdi spenti ai rossi intensi e ai bianchi di zinco dei muri e dei café.
I dipinti del “periodo bianco” hanno come “protagonisti”, in primo piano e non più sullo sfondo, le cattedrali, le chiese, i monumenti architettonici e i palazzi parigini.
Gli anni di guerra sconvolgono il pittore, ma sono estremamente fertili per la sua produzione artistica, infatti, in quei quattro anni, dipinge più di mille quadri.
Nel dicembre del 1919 muore Renoir, è l’anno del primo riconoscimento pubblico dei quadri del “periodo bianco” in molte mostre, in numerosi e favorevoli articoli critici.
Muore l’amico Modigliani: Utrillo entra in crisi depressiva e la sua unica cura, capace di sanare il dolore, è l’alcool.
In quegli anni Utter diventa il manager di Utrillo, riuscendo a stipulare un contratto con il proprietario della galleria Bernheim-Jeune, per la vendita della futura produzione di Valadon e figlio, garantendo loro un’entrata annua di un milione di franchi, che, nel 1923 viene esposta al pubblico.
Utrillo, dopo il grande successo della mostra, preferisce ancora il cafè di Cesar Gay e, nel 1924, tenta di suicidarsi.
Susanne Valadon lo porta in un castello vicino a Lione e lì riesce a recuperare la salute, per merito delle cure della madre.
La “Trinità infernale” ritorna a Parigi, ma, in seguito a liti furibonde e violente, Utter, nel ’27 (circa), lascia Suzanne Valadon.
Nel 1929 Utrillo è insignito della croce della Legion d’Onore.
Sei anni dopo c’è una data rilevante per il pittore: si sposa con Lucie Pauwels, vedova, stabilendosi nel quartiere elegante dei sobborghi parigini.
L’anno più tristemente importante è il 1938: muore Suzanne Valadon.
Dieci anni dopo viene organizzata l’esposizione retrospettiva di Utrillo nel Salon d’Automne e, non abbandonando mai la pittura, nel 1955 muore a settantadue anni, lasciando i contemporanei perplessi per la sua longevità, nonostante le sregolatezze e gli eccessi della sua vita.
M.