"Nelle varie (scuola che vai combinazione che trovi...) sequenze di difesa da presa al collo delle discipline israeliane questa trasferibilità di meccaniche/movimenti e la priorità esplicita di essi sulle singole applicazioni non la vedo e non l'ho riscontrata. "
Senza fare la cosa del chi e dove...
Nel CKM la soluzione in oggetto (sempre più vista in giro... ) è banalissima...se sei normodotato la impari biomeccanicamente in manco 20 minuti...e biomeccanicamente la esegui da manuale.
Il punto è che a livello didattico con questa tecnica, che cmq va poi allenata e ripetuta, tu introduci discretamente elementi non solo tecnici che poi saranno il pane quotidiano: abitudine al contatto fisico, gestione dello stress collegato, posizionamento ed equilibrio, lettura della situazione, ecc...
Il tutto con l'obiettivo cmq dichiarato di lasciare il più possibile libero lo studente senza meccaniche che in qualche modo lo ingabbino...tutto al più, ma io parlo sempre di principi, lo guidino...
Non sono certo neppure di sapere quale sia la vostra difesa da presa al collo.
Avevo visto una vecchia serie di Moni
[1] in cui era mostrata una “semibracciata “ ruotando (l'avevo vista anche nel corso di km che avevo frequentato seppur non come difesa primaria da programma).
Non discuto che si introducano didatticamente anche elementi che non fanno parte propriamente dell'aspetto tecnico ma la diversità di impostazione progressiva che denotavo era incentrata proprio su quello e non su altro.
Secondo il mio approccio e abitudine vedo sicuramente dei concetti tecnici a monte della vostra soluzione: aldilà della catena cinetica e della gestione del proprio peso, si basa su una geometria di interazione col polso /inizio avambraccio avverso, in questo caso la nostra spalla/inizio braccio.
Questa geometria di interazione sfocia spesso nel generale panorama marziale in una chiave articolare al polso che con altra nostra superficie di interazione in un classico del qinna cinese (per esempio io l'avevo vista anche nel taijiquan), ma non solo, e che è un must didattico delle liberazioni classicizzate ai polsi o più inerente al mio tipo di sistema come introduzione tecnico-didattica ai concetti di difesa e detenzione dell'arma (qualunque essa sia).
Non so come la si spieghi di solito nel CKM, ma nel km a me (ma neppure agli altri allievi di quel corso e neppure a quelli con cui son venuto in contatto di un altro corso nella cittadina di federazione di riferimento diverso) questa geometria di interazione non è stata spiegata
[2].
Per la mia impostazione didattica in cui le applicazioni contano ben poco fine a se stesse ma sono solo esempi, “pretesti” perché il praticante capisca, alleni e metabolizzi i concetti tecnici l'obiettivo della spiegazione sarebbero appunto catena cinetica, gestione del proprio peso e questa benedetta geometria di interazione col polso avverso. La relazione col tipo di leva succitata sarebbe esplicitamente espresso e mostrato con diverse varianti (rimandate a successiva pratica in altro contesto per gli allievi, per esempio è in parte collegato ad alcune modalità di esecuzione “standard” della meccanica del “serpente” a cui anche la “vostra” applicazione è associata) seppur la leva in se non interessi nel frangente specifico per altre priorità.
Ampliando il discorso ai cugini...la 360 del KM è uno strumento che non punta a condizionare nelle scelte il praticante, anzi introduce una serie di biomeccaniche che tornano e che sta poi al praticante legare insieme...e infatti a questo è collegato il drill seguente che è il Retzev che è un vero e proprio free flow drill.
Quando ho visto la 360 del KM sinceramente mi son chiesto: perché codificare/schematizzare 7/8 difese (non ricordo neppure quante sono) con braccio singolo quando con altro approccio didattico basta chiarire l'idea di senso della guardia per esprimere linee guide difensive con arto singolo (compresi le difese dai calci bassi) e come schemi di copertura di base si sintetizza facilmente con 1-2 meccaniche a due braccia per lato
[3] e che sono utilizzabili anche in ottica offensiva essendo strettamente legate ai vari rhino, pensador, etc.?
E' opinione diffusa che le discipline israeliane e simili siano la più adeguata scelta per chi è interessato alla dp proprio perché sistemi moderni, evoluti e semplici e su linee guide generiche di difesa da striking hanno semplificato meno di vecchi metodi tradizionali di nicchia e con mezzi economici ed organizzativi ridicoli in confronto e ai quali sono spesso associato azioni arzigogolate?
Ho dovuto youtubbare per cercare di capire cosa intendi per retzev drill. Dopo qualche filmato penso di aver capito cosa si intende ovvero "vuoto" con compagno davanti a bersaglio. E in parte rientra pure il mio discorso sull'aspetto tecnico vedendo i primi video che ho trovato a riguardo. Fatta esclusione per i praticanti di "primo pelo" (riconoscibili subito dal fatto che usavano le cinture colorate), perchè anche in praticanti più esperti (cinturi marroni/nere) le catene cinetiche dei colpi sono latitanti.
Per esempio posto questo
https://www.youtube.com/watch?v=1_RhmDsY3b8 Nella descrizione parla di una trentina d'anni di esperienza nel km, ma varrebbe se avesse praticato qualsiasi altra disciplina che preveda lo striking, kali e panantukan compresi. Se dopo 5-6 lustri di pratica mostri combinazioni con catene cinetiche di questa qualità e non stai nè parlando/spiegando a un pubblico nè giocando per cazzeggio davanti a una telecamera, dal mio punto di vista c'è decisamente qualcosa che non va.
Dopo un annetto al massimo di pratica il ragazzo che pratica savate con un istruttore della mia zona che conosco e di cui ho visto l'esordio sportivo la settimana scorsa nonostante sotto regolamento assalto/light dimostra una comprensione delle catene cinetiche (concetto base tecnico di striking, e non solo) sembra un fenomeno...
Io per carità capisco che forse alcune cose possano apparire rigide ma non è così...
Quando qualche anno fa ho conosciuto Peccini a un corso della Golani, la cosa che proprio mi colpì di lui (e che per me al tempo era in embrione...) fu proprio la sua capacità di improvvisare su cose mai viste applicando i principi base della disciplina e quello che conosceva...
Come scrivevo nel post precedente, ci mancherebbe altro che credo l'allora vertice di una scuola/”piramide” non sia così.
Non conosco Peccini ma fatico a considerare che fosse un praticante con una manciata scarsa di anni di pratica alle spalle di am/sdc/dp. Se non sbaglio aveva già un solido background marziale alle spalle con orientamento lottatorio prima di avvicinarsi alle discipline israeliane.
In altre discipline da quelle israeliane (am filippine e jkd “concepts”) ho visto diversi praticanti che da tabula rasa in campo marziale dopo 1,5/2 di pratica cominciavano a improvvisare tranquillamente azioni in contesto dinamico e non prefissato. Non erano dei fenomeni o talenti paranormali ma dei ragazzi normalissimi, appassionati e regolari nel praticare per hobby 2-3 volte a settimana.
Da sistemi che sono spesso proclamati come semplici, moderni, evolutamente specializzati e di veloce apprendimento in contrapposizione alle altre discipline mi aspetto almeno gli stessi risultati visti in queste ultime se non meglio, ma di persona non ne sono stato affatto testimone di risultati simili.
Ora, io non ho metro per giudicare quello che avviene nella macrofamiglia del Kali ma per quella che è la mia esperienza se c'è una cosa che contraddistingue una disciplina israeliana di qualità è proprio la libertà poi...
Accetto la constatazione basata sulla tua esperienza, pur essendo divergente dalla mia, dove invece rispetto alla libertà a cui ero abituato in altre discipline mi sembrava di essere, con un paragone da tv series americana, in libertà su cauzione o condizionata sulla parola con il divieto di non allontanarsi dallo stato/contea.
Giusto per chiarire, il mio vuole essere un confronto di metodologie/impostazioni non per decretare se uno sia meglio dell'altro ma al massimo perchè siano rispettati e messi sullo stesso piano entrambi. Poi a ciascuno il suo e la libertà di scegliere consapevolmente quale preferire.
Chiacchierando un istruttore di dp in un'istituzione statale, di km per sua personale iniziativa/interesse in veste civile/privata e che aveva praticato un po' di amf con me, mi esprimeva che rispetto al km in cui era stato istruito le amf hanno un mindset con troppa libertà tecnica di azione per la sua forma mentis e indipendentemente dal fattore efficacia questo aspetto lo metteva in difficoltà/disagio. Per lui personalmente è meglio praticare km? Direi proprio di si, non tutti siamo uguali e la pratica deve incastrarsi bene con il proprio carattere e modo di essere. Non ha più praticato con me di recente, va benissimo così per entrambi e più amici di prima.