Eccomi, scusate il ritardo.
Una preghiera e una premessa: la prima, non “discutete” ma dialogate; la seconda, non so neppure io dove voglio andare a parare, onestamente, perciò lasciamo da parte le “intenzioni” vere o presunte.
Riguardo il tono del topic, credo sarebbe meglio lasciarlo al margine tra il serio e il faceto, perché a voler essere completamente seri bisognerebbe essere anche rigorosi e per come è stata posta la questione si potrebbe sviluppare un ragionamento metalogico su più livelli, un po' come dimostrare che P=NP
[1].
Infatti, il primo problema è il titolo: per dimostrare che le arti marziali non esistono è necessario prima definire cosa siano le arti marziali e in questo modo avremmo contraddetto l'assunto iniziale, innescando un ciclo potenzialmente senza fine. Perciò, lascerò da parte la logica formale, per evitare di avvilupparmi in processi metalogici, e adotterò un approccio pragmatico
[2], a complessità crescente.
Una definizione di arte marziale scontenterebbe tutti, perciò limitiamoci a dire che l'argomento in qestione riguarda (almeno) due persone che si menano
[3], quindi, almeno in questo contesto, anche il pugilato sarebbe “arte marziale”.
La prima domanda che mi pongo è: perché due persone si menano? Possono farlo a) per sport, b) per difendersi, c) per aggredire, o d) per entrambe le due ultime cose. Siccome qui siamo dalla parte dei buoni, tralasciamo il punto c).
Tra il menarsi per sport e le altre “motivazioni” c'è una separazione netta e definita (o, per lo meno, ben definibile) ed è a mio parere la presenza di regole di combattimento codificate che i contendenti sono tenuti a rispettare.
Un'altro piano di demarcazione può essere la simmetria/asimmetria nel combattimento: rispetto a questo piano, sport e duello sono molto più simili tra di loro rispetto all'autodifesa. Due persone che si affrontino su un ring o per strada, al netto delle capacità personali, partono da una situazione sostanzialmente simmetrica; al contrario, in un alterco che finisce a botte e ancora di più in una aggressione deliberata assistiamo a situazioni di partenza asimmetriche (con gradi diversi): uno attacca, l'altro si difende.
Ambiente e contesto: nello sport sono controllati e stabili, perciò l'influenza sull'esito del combattimento è sostanzialmente neutro; nel non-sport, invece, possono risultare determinanti, offrendo contemporaneamente ostacoli e opportunità.
Veniamo al “come” menarsi: nello sport colpi e bersagli vengono determinati dalle regole, che impongono limitazioni più o meno stringenti e determineranno le diverse strategie di combattimento; nel non-sport tali limiti non ci sono. Quindi il piano “come menarsi” individua delle differenze solo all'interno del combattimento sportivo: qui si può andare da pochi colpi e pochi bersagli (p.e. Pugilato) a molti colpi e molti bersagli (p.e. MMA, se intendiamo con “colpi” anche tecniche di lotta). In teoria, nel non-sport dovremmo trovare il maggior numero possibile di colpi utilizzabili (compreso il famigerato trittico OPG), ma così incontriamo un problema di altra natura: il tempo di allenamento.
Immaginando un continuum ideale, si potrebbero idividuare due estremi che racchiudono il combinato disposto di “tempo di allenamento a disposizione – padronanza delle tecniche”: a parità di tempo, si va da “una tecnica fatta benissimo” a “tutte le tecniche possibili e immaginabili fatte malissimo”. Naturalmente le situazioni reali più comuni sono racchiuse tra “poche tecniche fatte bene” e “molte tecniche fatte male”: lo sport è più vicino a “poche tecniche fatte bene”, arrivando fino a qualcosa di simile ad un “abbastanza tecniche, alcune fatte bene altre così così”; il non-sport, invece, se da un lato sembra aspirare a un utopistico combattimento totale al massimo livello, dall'altro in realtà sembra più orientarsi verso un triste “moltissime tecniche fatte malissimo”. Ci sono eccezioni, naturalmente: se nel non-sport includiamo i moderni sistemi di difesa personale, troviamo degli esempi virtuosi e molto più vicini alla realtà.
Quest'ultima frase mi porta allo studio delle situazioni. Questo è piano di demarcazione multiplo: nello sport le situazioni sono quasi sovrapponibili all'ambiente e al contesto e perciò resta nettamente distinto dal non-sport; nel non-sport si individua almeno una distinzione tra chi pretende di poter far fronte a tutte le situazioni possibili e immaginabili e chi più pragmaticamente si occupa di studiare la realtà e utilizzando un approccio statistico si dedica con maggior cura agli scenari più probabili, aggiornando continuamente il “database” di riferimento.
Ecco, a questo punto l'immagine che mi viene in mente è quella di una torta che può essere affettata in modi diversi, con porzioni diverse per dimensioni, porzioni che possono essere sporzionate ulteriormente o accorpate o spostate di posto: sono queste le “arti marziali”, entità effimere e aleatorie, che rappresentano solo una parte più o meno limitata della torta intera.
P.S. Se ho scritto boiate, non ve la prendete come se vi avessi offeso la madre: ditelo semplicemente, non mi offendo mica.