Difficile riassumere tutto quello che voglio dire in un post, anche perchè in questi giorni, tra lavoro e faccine ho avuto pochissimo tempo per leggere e 0 per scrivere
A mio parere, partendo da giovani, con un allenamento costante e ricevendo la giusta preparazione fisica, in pochi anni si è in grado di arrivare a un buon livello di "efficacia", in qualunque campo si voglia applicare questa parola. D'altra parte questo livello dipende moltissimo dalla forma fisica e dalle forze che la giovane età regala.
E' inevitabile però, che col progredire degli anni, questa potenza cali progressivamente :'( e già un individuo di 35 / 40 anni deve necessariamente impostare un ipotetico scontro in maniera molto differente (succede anche ad esempio nel mondo del calcio, il veterano spesso non ha lo scatto di un ragazzo fresco di 25 anni, ma compensa con la precisione, la tattica, il tempismo e la gestione dello spazio).
Ora apro una parentesi... il discorso "giovanotto" contro "vecchietto" (uso termini volutamente estemizzati ed ironici, perchè il discorso cerca di incasellare una casistica che è davvero troppo varia), così asettico, secondo me non porta lontano, bisogna capire
quale giovanotto e
quale vecchietto, e in
quali condizioni.
Sicuramente il vecchietto di cui sto parlando è un caso raro, non parlo di una persona di una certa età che semplicemente frequenta un dojo, ma di chi fa un certo tipo di percorso.
Detto questo, oggettivamente mi è difficile immaginare che il vecchietto in questione possa vedersela seriamente con un combattente professionista al massimo delle sue forze e in perfetta condizione (rimango sempre possibilista, ma prima di credere mi piacerebbe vedere). D'altra parte questo però è un caso limite.
Il vecchietto, con la sua esperienza e la sua tecnica affinata (e naturalmente con alle spalle un lavoro di mantenimento della condizione fisica), è ancora in grado di sorprendere molti allievi, e sicuramente di buttare per terra un paio di giovanotti nel pieno delle forze ma non preparati che lo aggrediscono per strada.
Per arrivare a questo risultato, allora sono necessari molti anni di pratica e di studio costante. Un giovanotto, vista la sua limitata esperienza ma le favorevoli condizioni fisiche (fiato, potenza, velocità...) può imparare e crescere alla svelta. Presupponendo grande impegno e/o talento, sono sufficienti alcuni anni di allenamento specifico per ottenere grandi risultati. Questi risultati però tendono a svanire nel tempo, se a un certo punto le capacità acquisite non sono trasformate in qualcosa d'altro.
Il giovanotto che semplicemente scimmiotta il suo anziano maestro non va lontano, allo stesso modo in cui un vecchietto pretende di allenarsi come faceva 20 anni prima.
L'esistenza passa attraverso diversi stadi, per ognuno di questi c'è un giusto approccio.
Quando si dice che il Karate è per tutta la vita, secondo me si intende questo
non che uno debba per forza aspettare 30 anni prima di essere "forte", ma che se si vuole continuare ad essere "forti", bisogna insistere negli anni.
Ma soprattutto il vecchietto è in grado forse meglio di qualunque giovanotto di
insegnare,
trasmettere, e qui torno alla questione posta da Luca.
L'indipendenza si può e si deve raggiungere se si aspira a un risultato concreto.
Che non si smetta mai di imparare è assodato e siamo tutti d'accordo mi pare, allo stesso modo in cui un medico (per riprendere l'esempio) continua ad aggiornarsi e affinarsi per tutta la sua vita professionale. Di fatto però, difficilmente il medico attinge tali aggiornamenti dal suo vecchio professore dell'università; andrà per convegni, comprerà testi, si confronterà con i colleghi.
Lo stesso vale per chi fa Karate (o altro).
E' giusto e necessario iniziare e crescere presso il Maestro, un mentore che faccia da guida e imposti il lavoro. Meglio poi se questo Maestro ha anche le qualità morali per insegnare qualcosa di più oltre alla tecnica (molti pretendono di averle solo in virtù del pigiamino bianco che indossano, ma in realtà sappiamo che spesso non è così).
Il Maestro, se è davvero tale, ad un certo momento sprona l'allievo ad uscire dal nido a confrontarsi con la realtà circostante (ad esempio, ad Okinawa si usava lasciare in affidamento il proprio allievo, anche per anni, ad un'altra persona). Se così non è, l'allievo comunque ha bisogno di iniziare questo percorso.
Io personalmente considero il mio vecchio Sensei un terzo genitore, e gli devo eterna gratitudine. D'altra parte do' molto valore anche alla mia intraprendenza, alla voglia di confrontarmi con praticanti delle più disparate discipline prima, alla caparietà di alllenarmi da solo anche per lunghi periodi in situazioni sfavorevoli poi, e infine alla capacità di individuare altre persone che sono diventati dei miei nuovi sensei, e che mi aiutano a formare il mio Karate.
Ognuno di loro è prezioso e mi aiuta a sviluppare certe potenzialità che altri non coltivano, perchè giustamente ognuno imposta il lavoro secondo la propria visione, ma alla fine tutto deve confluire in quella che è la
mia visione, che prende da tutti ma non è uguale a nessuno.
Onestamente tornando indietro non cambierei mai questo percorso con la stanzialità permanente in un solo dojo. Il rimanerci fisso per 20 o 30 anni, a mio parere, soddisfa altri tipi di esigenze rispetto a quella della crescita nell'ambito del Budo.