sì sì.. ma non è questo il punto. il fatto è che Seneca era anche un grandissimo sparacazzate, e che buona parte di quella roba l'ha scritta mentre era in esilio, lontano da Roma, per convincere i suoi cari (mi sembra di ricordare anche sua madre, ma non ne sono sicuro) che lo stile di vita a cui era condannato era per lui il non plus ultra, perché si adattava perfettamente all'ideale stoico in cui lui si immedesimava.. e frasi come quelle citate erano proprio un 'ciao mamma! guarda come sono stoico!!', mentre è ben noto che contemporaneamente faceva carte false per tornare a Roma! io so benissimo che Seneca quelle parole le ha scritte.. solo che è completamente inattendibile, e che quelle frasi sono platealmente tendenziose!
Tutto giusto.
Però posso fare il precisino del c...?
Nell'articolo c'è scritto: "Il grande filosofo e drammaturgo Seneca scrive che è orgoglioso di nutrirsi in viaggio soltanto con alcuni fichi secchi".
E fin qui niente da eccepire. Seneca lo scrive.
Che poi quello che scrive serva a dare di se un'immagine
virtuosa, è un'altro discorso.
Il punto vero, per tornare IT, è che l'articolista usa quegli scritti di Seneca a sostegno delle proprie tesi e, con un "gioco di prestigio" sintattico, da ad intendere che la "
frugalità era considerata al tempo segno di grandezza d’animo, a patto però che tale semplicità sia poi riequilibrata ogni tanto da allegri festini conviviali: le cenae" sia da attribuire allo stesso Seneca. Della serie, non sono mica io Pinco Pallo che lo dice, lo ha scritto Seneca!
Falso!
Il fatto che Seneca nelle pratiche alimentari tutto fosse tranne che veramente stoico, non dipende certo da una volontà "riequilibratrice", quanto piuttosto da un indole contraddittoria (ipocrita?) di un ricco filosofo che viveva/aveva vissuto presso la corte di Nerone. Ma questo non si può dire, altrimenti salterebbe tutta l'impalcatura che regge la tesi "no colazione!".
Lo stesso gioco viene messo in atto con le altre informazioni "storiche" fornite: vengono creati dei "collegamenti" ad arte al solo scopo di confermare la tesi proposta, ma non viene offerta nessuna dimostrazione di quanto affermato.
Di Montanari (citato in bibliografia) ho letto parecchio e, anche se sono passati un po' di anni, non mi ricordo nulla di quanto sostenuto nell'articolo. O, almeno, non nel senso in cui vengono riportate: se c'erano restrizioni al consumo della colazione nel medioevo, era dovuto più alla azione repressiva della morale cattolica e a pratiche "salutistiche" proposte dalla "scienza (sic) medica" del tempo, tant'è che chi lavorava non esitava a contravvenire ai divieti imposti e si ingegnava per fare spuntini frequenti al di fuori dei pasti canonici.
Inoltre, il termine "colazione" può avere significato su due livelli diversi: il primo, quello "moderno", di contenuto, dei cibi che la compongono; il secondo, di tempo, del momento della giornata nel quale viene consumato. Considerando la colazione dal punto di vista dei "contenuti" possiamo dire che sia una "invenzione" moderna (Montanari la data al XVIII sec.); ma se la si guada dal punto di vista del tempo, si scopre che esistono diverse violazioni al divieto religioso-scientifico di consumare cibi al mattino, anche all'interno di monasteri o ordini religiosi, che portavano ad anticipare i pasti "canonici" per renderli più vicini alle esigenze di chi doveva/voleva consumarli.
Mi auguro si sia capito dove voglio andare a parare...