Tre diverse operazioni alchemiche (e non è uno scherzo)
Ricetta di Pellegrino Artusi: Cappone arrosto tartufato.
Ammesso che il cappone col suo busto, cioè vuoto, senza il collo e le zampe, ucciso il giorno innanzi, sia del peso di grammi 800 circa, lo riempirei nella maniera seguente:
Tartufi neri o bianchi che siano poco importa, purché odorosi, grammi 250.
Burro, grammi 80.
Marsala, cucchiaiate n. 5.
I tartufi, che terrete grossi come noci, sbucciateli leggermente e la buccia gettatela così cruda dentro al cappone; anche qualche fettina di tartufo crudo si può inserire sotto la pelle. Mettete il burro al fuoco e quando è sciolto buttateci i tartufi con la marsala, sale e pepe per condimento e, a fuoco ardente, fateli bollire per due soli minuti rimovendoli sempre. Levati dalla cazzeruola, lasciateli diacciare finchè l'unto sia rappreso e poi versate il tutto nel cappone, per cucirlo tanto nella parte inferiore che nell'anteriore dove è stato levato il collo.
Così sigillato serbatelo in luogo fresco, per cuocerlo dopo 24 ore dandogli così tre giorni di frollatura. D'inverno è bene conservarlo ripieno tre o quattro giorni prima di cuocerlo, anzi è bene aspettare i primi accenni della putrefazione, chè allora la carne acquista quel profumo speciale che la distingue e meglio si stacca dalle ossa.
Charles Baudelaire poeta francese (Parigi 1821 - 1867)
Da "I fiori del male":
"Alla svolta di un sentiero, una carogna infame, su un letto di sassi, con le gambe in aria come una femmina oscena ardente e sudante veleni, apriva in modo cinico e indifferente il suo ventre pieno di esalazioni. Il sole raggiava su quella putredine, come per cuocerla a perfezione, e per restituire centuplicato alla Natura tutto ciò che essa aveva unito in sé.. E il sole guardava quella carcassa stupenda schiudersi come un fiore; ronzavano le mosche su quel putrido ventre da cui uscivano nere schiere di larve, colanti come liquido denso lungo quei vivi brandelli. Eppure Voi sarete simile a quella sozzura, a quell'orribile infezione. Sì tale sarete Voi o regina, quando entrerete sotto le erbe e le grasse infiorescenze, a imputridire fra gli ossami. A me resteranno la forma e l'essenza divina del mio amore putrefatto".
Di tutt'altro tono ma dallo stesso significato ecco il trattato sulla Pietra Filosofale scritto da Paracelso:
"Se tu vuoi fare Pietra, non devi partire dal Regno Minerale, ma in questo stesso devi cercare il tuo principio e lascia in pace tutti i Metalli. La nostra materia è "electrum minerale immaturum" nel quale vi è infuso lo "spiritus mundi" in forma minerale e vi si mantiene, e dove esso, in forma libera e spirituale putrefazione, diventerà metallo, ma non lo è ancora; non è né metallo né minerale, benché abbia già assunto la forma minerale. Solo la perseveranza, la consapevolezza, la coscienza di compiere il proprio dovere ci permetterà di ricevere dal Padre delle Luci, la vera conoscenza del micro e macro cosmo".