Il discorso del combattimento "a distanza" lascia un po' interdetti..
Quello che ho capito è che si può fare un lavoro sull'intenzione in modo da far percepire all'avversario il pericolo. E' una sorta di pressione psicologica, come quando si ha davanti un animale pericoloso che vuole attaccare. Anche se non fa nulla si percepisce la sua intenzione e si rimane bloccati..
Chiaramente non è un blocco "fisico" sperimentalmente osservabile, ma emotivo..
Col solito maestro cinese che frequento è un effetto ben percepibile.
Però, prima di arrivare a quel livello, mi sa che ci sono un bel po' di cose da mettere a posto..quindi rischia di rimanere teoria astratta..
Bravo Darth,quello che hai descritto è un combattimento ad altissimi livelli.
Questo tipo di scontro è una forma evidente di combattimento del Qi che esisteva già nella pratica del kenjutsu dell’epoca Edo, e successivamente nel kendo moderno in forma attenuata.
Alcuni hanno la tendenza a giudicare il combattimento unicamente sulla base dei movimenti,non c'è nulla di più sbagliato secondo me. E’ necessario allargare la percezione per giungere al “combattimento senza combattere”; il combattimento del Qi.
E’ a questo livello che si può avvertire il movimento dello spirito che precede il gesto dell’avversario. Facendo pressione con il nostro Qi sull’avversario Noi possiamo nello stesso momento riflettere il suo Qi sul nostro. Il combattimento di Kizeme si produce così, per interferenza dei due opposti Qi. E’ necessario che il grado di pressione del Qi sia equivalente alla sensibilità dell’avversario di percepirlo.