scusa Bingo non ci ho capito una mazza! del tuo post precedente
se uno non sta' preparando un attacco come faccio a fare un attacco sulla preparazione? non sarebbe un attacco normale nel caso lo colpisco senza che questo abbia iniziato la sua offensiva? a meno di non essere telepatici ed aver colto come "attacco" la sua volonta' di attaccare, la scelta di tempo non e' un'arte Jedi! si basa sul cogliere la volonta' di attacco avendo decifrato il pattern od il ritmo che l'avversario ha per poi anticiparlo, ma se non conosco questo ritmo come faccio ad immaginarlo? per raccolgiere questi "dati" si usa il traccheggio e lo scandaglio, azioni mirate ad andare a "vedere" per poi farsi una idea ed impostare una strategia.
Non e' una cosa unicamente della scherma, nelle prime pagine facevo riferimento anche alla boxe per esempio.
Volevo sincerarmi che non si stesse parlando di "percepire la volontà di attacco" prima che essa si manifesti con una qualunque azione. Fra queste azioni certamente ci metto anche la preparazione all'attacco.
D'accordo sulle strategie utili a inquadrare un "comportamento abituale", anche se nel tempo ristretto del match, dell'avversario.
Naturalmente la cosa non solo vale per entrambi, ma può essere sfruttata simulando un "comportamento abituale" per "anticipare il suo anticipo". Ti abituo che entro sempre da un lato fino a quando non entro dall'altro.
E va bene.
Bingo, ti dico come la penso su: mi sembrano entrambi realizzabili solo dopo tonnellate di esperienza sul campo. Diciamo sparring con molti e molti compagni diversi.
Secondo me la risposta è sì e no allo stesso tempo.
Sì, perché queste qualità/caratteristiche richiedono un volume di "esperienza" (in termini di azioni fatte e rifatte) notevole, e ciò si attua soltanto provandole e riprovandole in tutte le situazioni (da quella collaborativa semplice, in cui fissi la meccanica e il tempismo di base, a quella non collaborativa dello sparring a contatto pieno) fino ad automatizzare.
Ok. L'automatizzazione all'identificazione del pattern direi che è fondamentale a un certo livello.
No, perché non è solo una questione di "volume" di lavoro. E' anche una questione di mentalità del combattimento. Se imposto tutta la mia pratica in un certo senso, alla fine un certo tipo di azioni fanno parte peculiare del mio stile, quindi io cambio o comunque imposto nella mia testa un'idea e/o una visione del combattimento.
Questo è un punto molto interessante.
Partiamo dal presupposto di cui sopra: arrivare all'automazione dalla collaborazione allo sparring non collaborativo a contatto pieno.
Faccio un'affermazione, ma ci sto ancora riflettendo.
Quando parliamo di mentalità al combattimento diciamo che parliamo di mentalità di approccio al combattimento. Se mi approccio allo sparring con l'idea di percepire l'accatto di un avversario, prima che parta, per anticiparlo è diverso che approcciarsi a quello stesso sparring con l'idea di raggiungere il contatto (WC, ma è solo un esempio).
Ora, data una tonnellata di esperienza di entrambi sul "non collaborativo" è possibile che il cervello, volente o nolente, possa fare a meno di percepire determinati pattern utili ad anticipare l'attacco dell'avversario solo perché il cardine di una disciplina prevede il contatto e non lo striking a distanza di scherma?