io, al contrario, ho un punto di vista nipponico. che troppo spesso in occidente è travisato. si pensi a quella baggianata dell'ultimo samurai.
basterebbe, come dico sempre, leggere un po' per capire cosa sia lo spirito del budo nei suoi elementi più terra terra. poi, però, vivere tale spirito è altro, e me ne sono accorto solo vivendo in mezzo ai giapponesi, lavorandoci, standoci a strettissimo contatto.
il tema, tornando in topic, è delicatissimo. verrebbe quasi voglia di dire, con luogo comune forse fin troppo scontato, che la "via" marziale è dentro di noi, e bla bla bla.
certo è che ancora oggi i dojokun giapponesi possiedono elementi a volte sociali, a volte comportamentali (improntati al senso comune: gli stessi comandamenti cristiani sono regole che, in molti casi, non escono al di fuori dei confini di tale senso comune), a volte ancora morali.
il punto è: arte marziale intesa in che senso? metodo di lotta per la sopravvivenza? metodo di crescita interiore? metodo sportivo? o magari tutto questo e altro ancora?
i codici cavallereschi di 8 secoli fa possono sopravvivere ai giorni nostri? forse, in oriente, qualcosa di questo ancora sopravvive. ma noi, di estrazione culturale diversa, possiamo davvero entrare in tali sistemi di pensiero e farli propri, magari approfittando del nostro punto di vista - privilegiatissimo - di osservatori e partecipi al tempo stesso, ma dall'esterno?
la mia esperienza mi suggerisce di sì. il punto è che il pensiero "nostrano" è quello del tutto e subito, dell'efficacia istantanea, del pratico e non dell'estetico di per sé. un tempo non era così, forse... chissà...