Considerato che il 3D su inizio e fine si è tramutato in una questione su un pugno, apro un 3D apposito:
Oi Tsuki.
Per gli amanti delle leggi fisiche, della dinamicha e della meccanica, proviamo a sezionare questa tecnica.
Mi sembra risaputo che, maggiore è la massa spostata in una direzione e maggiore sarà l'impatto esercitato.
In questo caso si dovrà notare che, nel Jaku Tsuki, la rotazione dell'anca imprime forza al pugno opposto rispetto la gamba anteriore, di conseguenza, per un elementare principio meccanico, toglie spinta alla gamba anteriore, questo perchè se un lato dell'anca spinge in avanti, può farlo solo a condizione l'altro faccia lo stesso in direzione opposta.
Per non avere alcuna parte del corpo che si proietta in direzioni differenti rispetto al bersaglio, si dovrà fare in modo che entrambe le gambe, le anche, le spalle e il busto, vadano nella stessa direzione del pugno.
Questa condizione si trova nel Kizami Tsuki, nell'Oi Komi Tsuki e nell'Oi tsuki.
Nel primo lo spostamento in avanti avviene per scorrimento, negli altri due, la forza cinetica esercitata è maggiore in virtù di un intero passo avanti effettuato.
Nell'Oi Komi Tsuki, il solo punto in cui si rinuncia alla spinta è nel fatto che i piedi perdono aderenza al suolo e conseguente capacità propulsiva, questo in favore di un maggiore allungo e a discapito di una quota propulsiva.
Oi tsuki, si prefigge di realizzare la massima propulsione attraverso un totale radicamento di entrambi i piedi, una spinta originata dal tallone, che prosegue verso l'anca.
L'anca è diagonale, in modo da non avere rotazioni contrarie, così che, da un lato, la spinta possa proseguire nell'altro.
Il busto e le spalle, assumono la stessa diagonale delle anche per le stesse ragioni.
Con questa posizione otteniamo spinta dal piede posteriore e trazione da quello anteriore, entrambi i piedi, le gambe, le anche e il busto, vanno in una unica direzione, dividendo spinta e trazione fra lato destro e lato sinistro.
L'energia cinetica sviluppata confluisce nel pugno che, a questo punto deve essere in grado di reggere l'impatto generato dalla spinta di tutto il corpo, quindi con un perfetto allineamento delle articolazioni fino alle nocche di indice e medio serrate dal pollice.
In questo caso, ogni parte del corpo viene proiettata in direzione del bersaglio, oltre e attraverso il bersaglio, non abbiamo alcuna parte che assuma direzioni contrarie, non c'è dispersione della trazione cagionata dal distacco rispetto al suolo, c'è tutta la corsa possibile generata dal passo, la linea disegnata dalla posizione finale dei piedi, sarà la stessa assunta dalle anche e dalle spalle, in modo tale da avere una e una sola direzione per la forza d'urto che si intende sprigionare, il pugno, strisciando lungo il busto, raccoglie l'energia cinetica mantenendone la direzione impressa dal tallone e dalle anche, senza cambi di direzione.
A questo punto, mi pare evidente che, a parità di spinta, la maggior massa spostata in una direzione produrrà una maggiore forza d'urto, forza che non sarà dispersa ne attraverso la perdita di aderenza mutuata dal distacco dei piedi rispetto al suolo, ne da direzioni contrarie assunte dagli opposti lati del corpo.
Le condizioni necessarie per questo tipo di colpo, son la distanza necessaria, la perfetta esecuzione, l'allineamento corretto delle varie parti del corpo, il momento in cui viene sferrato.
Se per esempio, il busto si manterrà frontale invece che diagonale, avremo una azione di scarico dell'energia, poiché per rimanere frontali, sarà necessario che la spalla opposta a quella del pugno, eserciti una direzione contraria, è quindi evidente, che nell'impostazione didattica del colpo, si mantenga una posizione frontale per mere ragioni estetiche.
Il timing è fondamentale, dovendo percorrere una maggiore distanza rispetto ad altri colpi, dovendo mantenere ben radicati entrambi i piedi evitando salti e slanci, sarà essenziale partire nell'istante in cui l'avversario sta per caricare il suo attacco (sen no sen) o, inevitabilmente, arriverà prima di noi.
Tutto questo rende particolarmente difficile padroneggiare questo tipo di tecnica, richiede un lavoro lungo e snervante, cosa che spesso spinge a rinunciare, classificando come improbabile o inefficace una tecnica che non ci riesce in favore di altre che ci offrono più immediate soddisfazioni.
Una non sufficiente esplosività d'esecuzione, una scarsa propensione al giusto timing, una forte propensione alla corta distanza, sono tutte condizioni che spingono a preferire altre soluzioni.
La cosa che riesce difficile, in genere, è quella di riconoscere un limite proprio, una scelta propria, ritenendoli alla stregua di una sconfitta o di una mancanza, per cui si preferisce sminuire, denigrare o altro piuttosto che rimanere al “non mi piace”, “non mi viene”, “non mi si addice” che non dovrebbero costituire motivo per sentirsi in difetto.
A qualcuno, quella tecnica viene, qualcuno con due gambe e due braccia come tutti e tanto dovrebbe bastare.
In ordine alla meccanica o alla fisica, è evidente che “tutto il corpo in una sola direzione” offra maggior forza d'urto rispetto a “quasi tutto il corpo” o a “un solo lato del corpo”.
Quando dobbiamo produrre tutta la forza possibile, fatalmente ci ritroviamo in quella stessa posizione, spingendo una macchina, buttando giù una porta, spingendo nel terreno una vanga con l'ausilio del piede avanti che spinge da sopra.
Il principio e puramente fisico, ci porta ad assumere quella posizione, quella diagonale che genera la linea più retta possibile dal tallone alla mano consentendoci di sfruttare anche l'altro lato del corpo, usando una gamba per spingere e l'altra per tirare.
Questo, in generale, è il principio che ispira Oi Tsuki, tecnica assai difficile, che necessita di un livello avanzato, che richiede molte componenti per essere eseguita, condizioni che non ne fanno una tecnica di “largo consumo” ma che, non per questo, ne fanno una tecnica di fantasia.
Sempre la fisica, la cinetica e la dinamica, ci dicono che, un oggetto lanciato, sparato o scagliato, nel momento stesso in cui si stacca dal sostegno, inizia a disperdere e perdere, progressivamente, il suo potenziale di forza d'urto.
Il giavellottista, non ha lo scopo di conficcare più a fondo possibile il suo attrezzo in un bersaglio. Il suo scopo è quello di sfruttare l'aerodinamica e la cinetica, per lanciarlo il più lontano possibile, fino a quando, persa del tutto la sua forza, atterra.
Se dovesse conficcarlo più a fondo possibile non se ne distaccherebbe affatto, continuando ad esercitare la forza propulsiva di cui è capace.
In questo caso, si ritroverebbe ad eseguire un gesto, fisicamente simile a quello che compie spingendo un'auto o provando ad abbattere una porta, con un asse più possibile in linea retta, sfruttando ogni parte del suo corpo.
La nostra colonna vertebrale è un'asse su cui ruotano anche e spalle, in questa azione, se una avanza l'altra arretra disperdendo parte dell'energia in direzione contraria, fatto salvo il gesto circolare, su colpi circolari, che sfrutta l'energia centrifuga, energia che non entra in gioco nei colpi dritti.
Per questo, si ottiene la maggior spinta possibile andando in asse diagonale, in modo che entrambe le gambe esercitino una azione nella medesima direzione, così come per le spalle.
Se si prova a spingere un compagno con la mano destra tenendo avanzato il piede sinistro, ci si accorge che parte della spinta viene dispersa, che il piede anteriore non svolge alcun lavoro, al punto che, se lo sforzo è massimo, finisce per sollevarsi da terra.
Quando, mantenendo la stessa mano che spinge, offriamo lo stesso piede avanzato, alla spinta del piede posteriore, sentiremo aggiungersi la trazione di quello anteriore, così che tutto il corpo partecipi alla spinta.
Aggiungendo velocità ed esplosività a questo tipo di forza, il risultato diventa dirompente, atto a sfondare o perforare, ossia lo scopo che si prefigge Oi Tsuki. Specialmente quando si pone il bersaglio, il punto di arrivo, ben oltre l'avversario.
Per togliersi ogni dubbio è sufficiente, laddove non bastassero le elementari nozioni di fisica e cinetica, fare la prova appena descritta con un compagno, dopo di che, considerare la somma della maggior forza di spinta, unita all'esplosività dello scatto.
Questo non significa affatto sminuire altri colpi, ognuno ha una sua ragione ed origine, in relazione alla situazione, alla distanza, alle attitudini personali.
Personalmente non ritengo si possano stilare classifiche se non in ordine alla difficoltà nel padroneggiare una o l'altra tecnica con la necessaria naturalezza.
Ovviamente, come tutte, non è una tecnica indispensabile in kumite, anzi, essendo pensata per lo scontro reale, in kumite perde quasi tutte le sue caratteristiche per ovvie ragioni, al limite andrebbe verificata in tameshiwari, su oggetti e non persone, ma a parte questo, rimane una tecnica che può anche essere accantonata, perchè richiede troppo tempo e lavoro, per attitudini personali, per gusto personale o per qualsiasi altra ragione, purchè dette ragioni non si tramutino in un alibi che porti ad affermarne l'inutilità senza neppure bisogno di verifiche.