Sarebbe interessante, almeno partendo da chi si è preso la briga di rovistare e documentarsi, provare a capire quanto c'è oggi di Marziale nel Karate.
Non vuole essere un 3D polemico o altro, semplicemente mi sembra che spesso ci si chiuda su posizioni ingessate all'oggi o, al massimo, agli anni recenti.
Io personalmente amo capire da dove si arriva e perchè, cerco di capire, senza la pretesa di riuscirci, le ragioni dei vari movimenti e di tutto quello che si fa, spesso ritrovo passaggi, movimenti e tecniche accantonate un sacco di anni fa, cose che mi sembravano unicamente formali, per nulla utili o sensate, cose che oggi mi appaiono chiarissime e, spesso, fondamentali.
A quel punto mi domando:
Te, Tode, Tuite, Okinawa te, Shuri Te, fino al karate, al karate do, fino alle varianti sportive, dimostrative, ludiche e agonistiche, la nascita di stili sempre nuovi, una frammentazione abnorme sotto il profilo didattico.
Mi chiedo quindi quanta parte di quell'arte del combattere sia oggi bagaglio comune in tutti i Dojo, quanto di quel "marziale" sia davvero arrivato al 2010 e quanto sia ancora presente (ammesso ce ne sia) solo grazie al lavoro di alcuni.
premetto che non sono un karateka, ma vorrei provare a dare una definizione di marziale.
il termine marziale quando si parla di discipline giapponesi è parzialmente improprio, perchè è vero che parliamo di qualcosa di inerente la guerra, ma in un accezione specifica, ovvero la guerra vista da una casta che nel corso di qualche centinaio di anni ha costruito un suo modo di vivere e di pensare: il bushi, o guerriero, volgarmente sostituito con il termine samurai, che invece vuol dire "servitore".
All'inizio del 900 fu scritto un libretto da un certo Inazo Nitobe che spiega agli occidentali (e soprattutto ai giapponesi) cosa è il bushido: è un modo di pensare che va ben oltre la pratica di dojo, è uno stile di vita, e leggendo quel libro con attenzione si scopre che il bushi è antropologicamente differente dal guerriero occidentale, perlomeno in senso moderno, per alcuni versi potrebbe ricordare il cavaliere medievale,e fra i valori ci sono il rispetto di un etichetta, il senso dell'onore, la pietà filiare, il principio di riparazione (o vendetta), ecc.
La casta dei bushi aveva sviluppato un complesso sistema di combattimento ed un ancora più complesso sistema di relazioni, ma per alcuni versi il bushido, e qui cito Nitobe, è l'essenza dell'etica giapponese, e dell'educazione di quel popolo.
Per allenarsi i bushi avevano diversi metodi, per il combattimento a mani nude si studiava il ju jutsu, ma quando ci si allenava si mise a punto un sistema perchè i soldati potessero dimostrare il loro valore senza subire danni fisici, e da li si evolse il sumo, che contrariamente ad oggi era praticato anche dai normali e non solo dai giganti.
Il sumo è la prima applicazione sportiva dei vari sistemi di lotta giapponese, moltissimi maestri di ju jutsu praticavano anche il sumo negli anni fra fine 800 e inizio 900, fra i più noti mettiamo Kano e Ueshiba, non esattamente due colossi.
La pratica sportiva era un complemento della pratica marziale, e questo fin da tempi piuttosto antichi, ma proprio in quanto sport la pratica doveva essere sicura, quindi nella pratica si limitavano le azioni potenzialmente pericolose, che venivano relegate ad un altro tipo di studio, normalmente definito kata, che in alcuni stili corrisponde ad una sequenza di tecniche, in altri stili si limita all'azione singola, ad ogni modo tutte le scuole tradizionali codificavano e trasmettevano i loro insegnamenti con i kata, che hanno sempre moltissimi livelli di lettura a seconda del livello del praticante.
Perdendo il senso l'addestramento al combattimento corpo a corpo per le mutate condizioni sociali, tranni rari casi molto specifici (tipo militari e poliziotti) la pratica sportiva ha prevalso, per decine di motivi, fra cui l'accesso alla pratica da parte di enormi masse di persone, attratte più da questo aspetto che non dalla parte antica e per alcuni versi ermetica dei kata.
Io sono un judoka, ho praticato più di 15 anni con scopi agonistici e non sopportavo i kata, poi li ho scoperti e ne ho capito il senso, che va ben oltre la ricerca di una vittoria in un combattimento sportivo, è una ricerca interiore, serve per analizzare e formare alcuni aspetti psicologici dello scontro, addestra la percezione e abitua a gestire gli spazi, ovvio che deve essere uno studio attento e non la ripetizione/creazione di una coreografia, in questo ultimo caso anch'io concordo con l'inutilità del kata che ad ogni modo ritengo utili solo se usati come complemento.
La gara di kata è un'aberrazione del senso stesso del kata, ma uscite dal Giappone le varie scuole hanno modificato la percezione stessa del termine marziale, che è diventato sinonimo di disciplina e facce incazzate, mentre invece forse il senso ultimo di quasi tutte le pratiche di combattimento è l'ottenimento di una consapevolezza interiore che ci renda tutti i giorni migliori.....e non nel senso di cazzuti picchiatori.
ciao