Proseguendo dall'ultimo mio intervento, direi che più che convincere un judoka o un karateka della bontà del mio metodo, devo prima convicere me stesso. Ecco che allora, vado sul suo terreno per domostrare a me stesso quanto funziona il mio metodo. Questo, secondo me, è l'approccio giusto.
Io a questo non sono ancora arrivato. Ho testato qualcosa con chi non pratica taiji, però sono lontano da una dimostrazione vera e propria che mi convinca del tutto. Ho provato con un judoka di circa cento chili (peso stimato), io 68 kg. Allora ci si mette uno di fronte all'altro con le mani a contatto e senza staccare le mani esercitando la forza in modo eguale su entrambe, si prova, spingendo o cdendo a rompere la posizione dell'altro, financo a fargli fare un passo se si riesce.
Lui cintura nera, allora io riesco a fargli perdere l'equilibrio diverse volte, tanto che lui afferma di non essere in forma e di non riuscire a fare un c...o.
Ora, io penso che questa sia una dimostrazione che effettivamente certi risultati si possa ottenerli, proprio usando poca forza, od anche niente forse. Certo da qui a proiettare ce ne passa.
Il problema è che spesso non si riesce a spiegare ciò che si sta provando e come, perché dall'altra parte si conosce solo una certa modalità di apprendimento.
D'altro canto però, dopo mi ha fatto grigio.
Credo che per far cambiare le cose nelle AM occorrerebbe che qualcuno allenato con madalità differenti e meno dotato in muscoli del proprio avversario dimostrasse di essere più forte nell' AM che pratica l'avversario.
Altrimenti è chiaro che, giustamente, senza riscontri, si contesterà sempre il metodo taiji come "aria fritta".
In un certo senso bisogna uscire dal guscio per vedere se il taiji funziona.
In quanto allo stato naturale del corpo (corpo equilibrato), credo che sia la condizione che si dovrebbe ottenere o alla quale avvicinarsi proprio per essere più bravi dell'avversario.
Cioè essere più centrati, più rilassati, più attenti, con meno paura ecc. di lui.