Tutti noi, pur nel tourbillon di dubbi, distinguo ed incertezze che contraddistinguono la nostra cultura attuale, abbiamo un’ancora di indubitabile certezza: la “realtà”.
La “realtà” oggettiva, incrollabile, solida, omogenea ed immediata, la “realtà” che preesiste a tutte le riflessioni filosofiche, a tutte le ipotesi scientifiche, a tutte le interpretazioni e le differenze soggettive.
Bene, temo di dovervi dare una grossa delusione oggi: noi esseri umani di questa “realtà” non abbiamo alcuna esperienza, o quasi.
Come? Domanderete voi, miei cari amici, ma questa è follia! Tutti abbiamo esperienza della realtà che ci circonda!
Purtroppo no. Se ci soffermiamo un attimo a riflettere, ciò di cui abbiamo esperienza è la nostra percezione soggettiva della realtà, per dirla in altri termini, la nostra mappa della realtà; e questa mappa non è il territorio, essendo radicalmente influenzata da due fattori: la modalità con cui i nostri organi di percezione funzionano e le modalità con cui i nostri processi mentali organizzano queste percezioni.
Nei prossimi post vi propongo di discutere sui modelli di formazione della mappa della realtà, del problema dell’univocità della percezione (ovvero come mai la realtà sembra coerente ed uguale a tutti), dei problemi legati alla misura scientifica della realtà (se posso misurarlo è oggettivo, non è più influenzato dai miei sensi) e del paradosso della profezia autorealizzantesi.