Insomma.
Il principio del Ju..
Per me è stato il vero
imprinting, quel fenomeno per cui le oche subito dopo la nascita identificano la propria madre nel primo oggetto o persona in movimento che vedono.
E' proprio grazie (o a causa) dell'idea preconcetta di Ju, appresa da letture giovanili, che ho iniziato la pratica dei Judo e che tutt'ora mi incasina la vita facendomi intervenenire in 3D tipo "Considerazioni sull'addestramento del Taiji e sugli aspetti degli SdC che non si basano solo sulla forza fisica"..
E' sulla base dell'idea preconcetta e quasi inconscia di Ju, che dico di una pratica marziale "Mi piace o non mi piace". E' a causa della volontà di conformarsi a quel principio, e non trovandolo nelle pratiche giapponesi (almeno in Italia), che mi sono avvicinato al TJQ.
Insomma, senza il (pre-)concetto del Ju, probabilmente starei discutendo l'idrodinamicità del costume su un forum di nuoto, invece che essere qui. Travestito da
pinguino stellare..
Detto ciò, l'immagine che normalmente viene associata al concetto di Ju è quella legata alla leggenda del salice. Durante un' abbondante nevicata un certo Akiyama, osservò che il peso della neve aveva spezzato i rami degli alberi più robusti che erano così rimasti spogli. Lo sguardo gli si posò allora su un albero che era rimasto intatto: era un salice, dai rami flessibili. Ogni volta che la neve minacciava di spezzarli, questi si flettevano lasciandola cadere riprendendo subito la primitiva posizione.
Mi viene da pensare che il salice "non cede", nel senso che, essendo
morbido può deformarsi elasticamente e "opporsi" alla neve senza applicare più forza di quella necessaria a sostenerne il peso (
peng jin?). Quando la forza peso della neve è re-direzionata opportunamente, la neve può cadere e il ramo torna al suo stato primitivo.
Il ramo non cede, nel senso che la neve, fino all'ultimo è sostenuta. Il ramo non si sposta in modo che la neve gli cada contro. Rimane a contatto.
Questo è il concetto che ho in mente.
Il concetto nel Taiji è diverso? In che cosa?