io da diversi anni pratico aikido. Nello stile che pratico le tecniche vengono trasmesse didatticamente nella forma Kihon, ovvero in una situazione statica, in cui uke ha già consolidato le prese. Quindi in assoluto si inizia a studiare un'azione dalla situazione più scomoda, in cui l'avversario ha una posizione forte e noi (esecutori) siamo in una situazione più precaria.
A mio avviso la didattica antica del judo (il go kyo in senso letterale) non si discosta molto da questo tipo di approccio, si partiva quindi a studiare in una forma in cui uke ha una posizione statica e definita, mentre tori ha la possibilità di apprendere dalle interazioni uke-tori (peso, forza, posizione reciproca, ecc).
Nelle arti marziali giapponesi questo approccio è definito Kata, che sembra un concetto astruso, ma in realtà significa forma, quindi un kata può essere costituito da una singola tecnica,.....nella linea di daito ryu che seguo funziona così.
Il go kyo originario è una serie di 40 kata, ogni azione risponde ad una situazione specifica probabilmente (o sicuramente, ma è difficile da dimostrare) derivata da una situazione di scontro specifica, in quanto il sistema tradizionale del ju jutsu (in senso ampio) prevedeva (e prevede) che ad un preciso gesto dell'avversario (aite) si risponda con l'azione più idonea, sia in termini di letalità che in termini di velocità, ragionando a volte nell'ottica che non stiamo agendo da soli, ovvero che ci potrebbero essere nostri alleati nei paraggi.......quindi immobilizzare anche solo per qualche istante prende un senso ben differente rispetto ad un osae waza di 30 secondi......
Kano però ci dice che la pratica del kata da sola non basta (sia dal punto di vista ginnico che dal punto di vista psicologico), ed è in questo che è un innovatore, impone ai praticanti una finestra nell'allenamento che consenta di allenare l'adattabilità al movimento di uke, che smette di essere un bambolotto, ma inizia ad interagire (ju?). Inizia a definirsi l'idea di combattente (che per Kano una volta stabilite premesse morali equivale ad un livello di uomo molto elevato), ed un combattente deve sapersi adattare all'avversario (ju? Yawara?), ma per fare questo vengono bandite alcune azioni (troppo pericolose) che invece vengono studiate in altri frangenti dell'allenamento. Inizia quindi a definirsi l'idea judoistica moderna di randori e kata, ma viene messa in un angolo e destinata a frangenti specifici la componente "shinken shobu"
Quello che molti faticano a capire è che Kano per sviluppare questo aspetto non si è rifatto a elementi della tradizione giapponese o orientale (come sostengono gli ottusi), ma ha guardato ad ovest, allo sport dell'allora nascente olimpismo*, anche se poi il suo incipit è stato preso troppo alla lettera. Tra l'altro il passaggio arte marziale/attività ludica non era così alieno alla mentalità giapponese ed alla sua tradizione, basta guardare il meraviglioso ed antichissimo fenomeno antropologico del Sumo, e per chi avesse qualche dubbio in proposito consiglio la consultazione del kimarite, ovvero l'elenco delle tecniche della disciplina......è molto simile al go kyo nel modo di rappresentare le azioni di combattimento
D'altra parte sia Yokoyama che Saigo erano anche sumotori.......
ciao
* il motto olimpico allora non era la frase "l'importante è partecipare" ma il più antipatico motto "più forte, più veloce, più in alto",...... ma erano anni bui e lo sport era un modo per rendere grande una nazione agli occhi del mondo, e questo è un aspetto molto presente negli scritti di Kano.