torno in argomento.
parto da questa tecnica perchè è una tecnica che nel judo non esiste più, non è quindi presente ne' nel go kyo, ne' nelle techicne di katame waza, ne' in nessun kata, e ho scelto questa tecnica sia perchè adoro la foto (anche se la tecnica non è bene eseguita), sia perchè consente di fare un ragionamento, vi prego di seguirmi.
La tecnica mostrata nel judo si chiama tsuki komi (Yamachita la chiama così perlomeno), nel judo non la ho mai studiata, ma ho la fortuna che la tecnica esiste identica nel daito ryu, fa parte del nikkajo (secondo livello) e si chiama sichiribichi, tradotto e reso occidentale significa 28 kilometri, in quanto una volta preso aite in qual modo nella maniera corretta lo si potrebbe portare in giro per 28 kilometri senza problemi, sembrano tanti ma se la tecnica ve la esegue il maestro Kondo capite il senso del nome, l'azione è tremenda, fa un male bestia e controlla diverse articolazioni.
Come si studia questa tecnica?
La foto è alla rovescia rispetto alla tecnica di daito, quindi descrivo l'azione come da foto, così avete tutti un riferimento.
si parte da una posizione statica, uke ci porge il braccio sinistro teso, come fosse in estensione dopo uno tsuki, e noi iniziamo a provare a bloccare il braccio con il nostro braccio destro, che deve andare a premere con il radio il tendine brachiale di uke, cercando nel contempo di afferrare con la mano destra il bavero del nostro judogi. Dopo un poì di armeggi normalmente si trova la posizione corretta, a meno di non stare provando con un lombrico.
A questo punto inserisco l'uso della mano sinistra, quella libera, che deve afferrare il braccio in un punto preciso effettuando un'azione di pressione che esiste simile anche dell'aikido (si usa nello yonkyo), quindi con la radice dell'indice si va a premere uno tsubo posto nella parte interna dell'avambraccio di uke, tra radio e ulna, un punto che il daito definisce sotomiaku e che il kyusho chiama pericardio 6.
L'azione combinata delle due braccia crea una cosa che va oltre la leva, avviene un blocco (dolorissimo) del braccio che in parte esula dal gomito che comunque è in leva. Qui nasce il primo ma: la leva al gomito richiede uno sforzo muscolare da parte dell'esecutore, il controllo corretto non richiede nessuno sforzo fisico, se non quello posturale.
QUesto è il principio di sichiribiki, in cui uke presta il corpo a tori per analizzare i punti salienti della tecnica, ed in questa fase non ci preoccupiamo minimamente di cosa uke potrebbe fare con l'altro braccio o con il resto del corpo, per il momento uke è un bambolotto che ci fa addestrare a costruire la figura geometrica dell'azione che stiamo studiando.
Poi via via si rende l'azione più dinamica, uke inizia a sferrare l'attacco a velocità sempre crescente, e tori deve iniziare a valutare anche il fattore distanza (che nella prima fase era azzerato), il fattore "timing" e via vià tutti gli altri fattori tipici del combattimento, fino ad eseguire la tecnica nella sua interezza, che prevede anche un entrata (volendo anche atemi) sul collo per piegare la schiena dell'avversario (qui non è più uke, ma aite).
Quando la tecnica è acquisita si può verificare che uke non riesca a contrattaccare, ma questo passaggio va fatto quando il meccanismo è compreso, infatti se tori non sa eseguire l'azione è normale che uke si riesca a liberare e contrattaccare, ma non è perchè la tecnica non funzioni, ma perchè tori non la sa eseguire, è questo che intendo con progressione.
Io ho eseguito sichiribiki durante un randori di aikido ad un mio compagno di pratica.....non vi dico le madonne, non se la aspettava, ed alla fine chi ho anche fatto fare una proiezione.
Alcune situazioni judoistiche di presa reciproca consentirebbero lo tsuki komi (o sue varianti rovesciate), anche senza lo tsuki di partenza, ma l'azione è sportivamente vietata in quanto usa gli tsubo, non consente azioni progressive se tirata forte, ma garantisco che la ho provata anche su un judoka bello tosto ed anche lui non sapeva più cosa fare, perchè, se la presa è ben fatta, ci si rende conto che ad un minimo movimento l'avversario ci potrebbe rompere un braccio.....senza considerare il dolore che è veramente atroce.
Da varianti di questo tipo di controllo si sviluppano alcune azioni tecniche scomparse dal judo che poi vedremo, adesso mi fermo qui e aspetto commenti.
ciao