La prendo da un altro punto di vista, e provo a rispondere a qualcuno.
In tutti (TUTTI) gli sport di competizione, per arrivare ai vertici mondiali, si deve necessariamente (o da atleta, o da preparatore) andare in una certa direzione.
Questa direzione, seppur avente diversi gradi di libertà, non può prescindere dalla conoscenza approfondita e metodica applicazione di una serie di principi (biomeccanici, fisiologici, fisici, etc.).
Quindi, senza entrare nel merito di questi principi, queste nozioni e queste metodologie, mi pare sia poco discutibile che se si vuole arrivare o sperare di arrivare ai vertici di una specialità si debba conoscerli e applicarli al meglio.
Se vogliamo, il riscontro pratico riguardante le teorie si ha eccome.
Se poi fa comodo non volerlo vedere perché (e posso comprenderlo) è faticoso studiare tutte queste cose, bisogna anche accettare ogni tanto di prendersi sonori pernacchioni.
Nicola è tutto vero, quello che in generale ho notato però è che in tutte le discipline dove si punta a conseguire un'obbiettivo si concentrano tutti gli sforzi solo in funzione del risultato
E dove dovrebbero concentrarsi se non in quello? Il problema è che tu pensi che il risultato stia dalla parte opposta di dove sta il gesto tecnico perfetto e/o l'efficacia "reale". E invece non è così.
In una gara di 110 metri ostacoli l'obiettivo dell'atleta è correrli nel minor tempo possibile all'interno delle regole, ovviamente (non posso cioè esimermi dal saltare l'ostacolo, dal non invadere la corsia avversaria, dal non partire prima dello sparo, etc.). Le regole non limitano la possibilità di passare sotto l'ostacolo, saltarlo a cagnolino, tirare una puzzetta mentre si salta. Semplicemente per primeggiare in quella specialità nel corso dei decenni si è sviluppata e affinata una tecnica e una metodologia.
Se un giorno questo ostacolista dovesse in mezzo al traffico cittadino inseguire un ladro che gli ha rubato il portafoglio, io ladro avrei una certa apprensione nel sapere che ho il campione mondiale dei 110 Hs alle calcanga, invece di pensare "tanto questo per strada non c'è abituato a correre, mentre io rapino vecchiette da anni...
Convengo che ad oggi ci siano alcuni (ma solo alcuni) sport e discipline nelle quali il regolamento ha subìto modificazioni che hanno sradicato sempre più tale sport da un contesto più realistico (basta confrontare una competizione di TKD di 20 anni fa da una odierna), ma questo non significa che 20 anni fa il TKDoka era una macchina da guerra e adesso è al pari di un apprendista al corso di pastafrolla di Suor Germana.
nelle gare di judo pur di vincere si fa ostruzionismo, si assumono posizioni che marzialmente parlando sono un suicidio,
Invece, per strada, se per sopravvivere funziona l'ostruzionismo e le posizioni da suicidio marziale, tu non le applichi? Anzi se vogliamo è più facile per strada che non su un tatami o dentro un ring.
ci si spreme fino ai 30 anni massacrandosi il fisico...
E per strada, a maggior ragione, se sei aggredito ed è in gioco la tua vita, non ti spremi massacrandoti il fisico per uscirne fuori?
Per non parlare poi dei "condizionamenti" mentali derivati da tutto ciò, solo pochi riescono effettivamente a capire che l'efficacia sul ring non è sinonimo di efficacia in generale,
Diciamo che non è identico, ma è sinonimo. Inoltre, pensa un po', proprio gli atleti al top mondiale hanno spesso un preparatore atletico che lavora molto sull'aspetto mentale; anzi, negli ultimi anni ha preso sempre più campo lo studio delle emozioni e il livello di attivazione nella pratica di alto livello (ci sono addirittura applicazioni di PNL per migliorare le capacità di alcuni atleti che, potenzialmente hanno nel fisico la prestazione, ma poi non la realizzano).
Infine, e concludo, se torniamo alla pratica nuda e cruda, un pugno è sempre un pugno, e il gesto, reso perfetto nella sua biomeccanica, ha lo scopo di generare la massima efficacia possibile, che lo si tiri contro un sacco, su una pera, su un colpitore, sulla faccia di un avversario o sulla faccia di un aggressore.