Rma Systema Italy 2011- 2012 Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiarato

  • 654 Replies
  • 113749 Views
*

Offline Trepicchi

  • **
  • 876
  • Ricerca : Mente corpo e spirito in equilibrio
  • Respect: +19
    • Rma systema italy
  • Pratico: incontro sperimento e mi diverto
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #45 on: November 10, 2010, 11:04:51 am »
0
Bellissimo articolo che spiega un po' le origini ......dei cavalieri russi..

ll cavaliere russo
di Aldo C. Marturano ©
http://www.icsm.it/articoli/ri/cavaliererusso.html




Druzhina (da cui druzhinnik) è una parola che, sebbene rassomigli ad un termine norreno (la lingua dei Variaghi) di simile significato, è diffusissima nelle lingue slave e si deve far risalire alla radice *drug ossia amico, fidato ed evidentemente è stata attribuita dai cronografi, forse per etimologia popolare, anche alle compagnie armate variaghe non ancora slavizzate per il periodo pagano della storia russa. Chi ha diritto ad averne una? Da vari accenni nelle Cronache Russe abbiamo visto che l'avevano i bojari locali (di origine slava o di altra etnia e prima dell'arrivo dei Variaghi) di solito, ma non sempre. Il knjaz invece ne ha sempre una, altrimenti non può chiamarsi tale e non potrebbe rifarsi con tutti i diritti alla genealogia rjurikide. Detto ciò, essa risulta composta di molte classi di età riducibili per semplicità a due: Gli adolescenti e gli adulti. Data questa composizione diversa dei druzhinniki, a ciascun gruppo "omogeneo" toccavano incarichi diversi non solo come conseguenza dell'età, ma anche dell'esperienza e della provenienza (schiatta). La classe più bassa sono i ragazzi di 8-10 anni chiamati in russo deti e cioè coloro che hanno appena raggiunto l'inizio del rok, il periodo assegnato dagli dèi alla vita attiva di ogni essere umano. Questi ragazzi sono dunque iniziati all'arte della guerra e, benché non siamo sicuri se assimilarli ai buccellarii occidentali, imparano anch'essi ad usare tutte le armi tradizionali. Non abbiamo notizie di scuole apposite, bensì sappiamo che il tirocinio militare si svolgeva proprio a caccia dove, più che ammazzare animali, si imparava a nascondersi in attesa dell'attacco, a mettere trappole e agguati, a vivere in tenda, a combattere con la spada, ad accendere i fuochi con l'acciarino e senza incendiare l'intera foresta. Agli otroki inoltre venivano affidati varie incombenze quali ad esempio: messaggeri (gonez), guardiani dei fuochi militari o delle mura (gridi), etc. Un gruppo ristretto di questi (agli ordini di un muzh), a guisa di allenamento e tirocinio, addirittura curavano la difesa generica della persona del knjaz col privilegio di dormire vicino a lui, proprio come una specie di guardia pretoriana! Controllano quel che mangia e quel che beve affinché nulla sia avvelenato e gli organizzano materialmente i banchetti rituali. Ci sono poi coloro che ricevono dal knjaz dei compiti temporanei come quelli di portare delle ambasciate in grande stile: i cosiddetti tijùny (termine di derivazione scandinava che significa servo)! Esiste anche la figura dell'intendente che tiene sottochiave derrate, preziosi e armi: il kljuc'nik!

A parte ciò, soltanto dopo aver superate le prove prescritte, si era scelti e si passava alla classe più alta detta dei muzhì ossia dei "maschi" più "vecchi". Possiamo aggiungere a questo riguardo che a 20 anni i muzhì erano "più che adulti" e, se non erano uccisi prima e raggiungevano i 40 anni, erano già considerati degli anziani, visto che quella era la durata media della vita nel Medioevo! Anche fra questi membri esisteva tutta una gerarchia di funzioni che purtroppo non è facile classificare data la scarsità e la non specializzazione delle fonti. Non è neppure possibile dire se la gerarchia corrispondesse ad una carriera da percorrere per arrivare al grado più alto e si può soltanto affermare che i druzhinniki (chiamati anche voitely, voiny) più vecchi erano considerati all'apice della carriera! Il numero dei componenti la druzhina? Se guardiamo alle origini, essa non doveva essere maggiore di una ciurma visto che le bande che attraversavano il Baltico e poi viaggiavano lungo i fiumi russi per la maggior parte del tempo, era un gruppo di ca. 40-50 uomini a barca. Dunque sono pure bravissimi costruttori di barche utilizzando tutto il materiale di un solo albero e Costantino VII Porfirogenito (sec. X), che li conobbe meglio di altri contemporanei, dice che, con quelle loro imbarcazioni, sono velocissimi! Riferiamo ciò perché l'attività militare della druzhina sembra dipendere tutta dalle condizioni delle acque. Allo stesso tempo però aggiungiamo che nelle Terre Russe quando i fiumi in alcuni periodi dell'anno sono coperti dal ghiaccio e quindi impercorribili con le barche... si va a piedi o con le slitte anche in campagna militare! Qui le stagioni definiscono i ritmi vitali molto più nettamente che nel resto del continente e la guerra o le altre attività sono regolate rigidamente col tempo atmosferico (Napoleone insegna!).

Sempre parlando del numero di uomini, dobbiamo sottolineare che di solito la druzhina costituita da più giovani era chiamata la piccola perché meno numerosa (la selezione fisica contava molto!) e quella dei muzhì era la druzhina grande. A parte quanto detto or ora la scelta del membro della druzhina, lo ripetiamo, è basata sulla forza fisica.Un conoscitore musulmano delle Terre Russe del X sec., Ibn Muskaweyi, descrive i druzhinniki così: "Questa gente ha un corpo possente, la loro statura è grande, ha un grande impeto. Non sanno tirarsi indietro per fuggire, nessuno di loro, se non quando ha colpito o è stato colpito a morte." Dunque fatta da tanti bei giovani e che poteva raggiungere il numero di 400 e più come quella racimolata a Kiev da san Vladimiro in cui più druzhine erano confluite sotto il suo comando, essendo risultato lui il capo che aveva eliminato tutti gli altri. Se però fra questi uomini si trovano i Cavalieri russi, dovranno forse essere dei Cavalieri senza cavallo? Nelle icone novgorodesi del XIII-XIV sec. i druzhinniki sono rappresentati sempre a cavallo mentre circondano il knjaz, pure in sella. Lo stesso è per i manoscritti illustrati (famosi quelli della collezione Radziwill), sebbene occorre fidarsi con un grosso grado di prudenza di queste ultime illustrazioni molto posteriori che idealizzano l'antica Rus'. Ciò è abbastanza logico visto che la druzhina era un corpo speciale di rappresentanza e perciò il cavallo (ma non il cavalcare) rivestiva un suo ruolo spettacolare necessario al rango e basta. Niente di scandaloso o di diverso, rispetto al modello occidentale.

E allora fra questi qual è il druzhinnik che può concorrere per la qualifica di Cavaliere? Dovremmo già individuare questo druzhinnik come il personaggio del Medioevo Russo simile al Cavaliere occidentale? E' difficile dirlo e, sebbene gli uomini della druzhina del knjaz possano considerarsi veri nobili minori, non li vediamo tanto vicini al Cavaliere di Jean Flori o ai milites castri di Francia del XII sec.

Sottolineiamo invece una cosa notevole dal punto di vista concettuale. Se si tratta di un problema di fiducia, allora il probabile Cavaliere Russo potrebbe essere colui, scelto direttamente dal knjaz, del quale si può fidare ciecamente e del cui consiglio tiene gran conto! Nei racconti popolari (byline) i muzhì sono incaricati di trasferire in portantina il knjaz difendendolo da qualsiasi attacco "lungo la strada". Nelle Cronache inoltre si dice che i muzhì presenzino persino agli "accoppiamenti sacri" del knjaz con le donne del nemico vinto o, rispecchiando usi forse acquisiti dalle steppe o comunque ibridi, con donne vergini affinché la terra continui a dare i frutti. Altre fonti ci dicono che, se ci sono da prendere le grandi decisioni, intorno al principe si riuniscono le persone più importanti in cui è compresa la nobiltà locale - i bojari - ma in ogni caso l'assemblea - questa (salvo che a Novgorod) è la cosiddetta duma - non sarebbe completa, appunto, se mancassero i druzhinniki scelti la cui presenza è costantemente confermata. Quelli descritti sono compiti di altissimo onore e perciò non affidabili a chiunque…

A qualche druzhinnik addirittura il knjaz concede talvolta il comando di una parte della propria druzhina o lo autorizza ad averne una (di numero di membri inferiore, è sottinteso) e lo insignisce del titolo di velmozh o voivod, traducibili in italiano rispettivamente con comandante o generale. Di questi druzhinniki speciali ne conosciamo parecchi nelle Cronache ed alcuni addirittura concorrono col knjaz per la prevalenza politica. Tuttavia questi incarichi non sono ereditari, notiamolo bene, e perciò non ci sembra che i voivody o i velmozhi possano essere automaticamente definiti i Cavalieri Russi.

E di che vive il druzhinnik? Dall'indagine ci sembra che la sua sussistenza materiale dipende completamente al suo signore: dal knjaz! E' il knjaz che fissa il tempo della guerra e della pace e quindi della ripartizione e della destinazione del bottino sia tratto dal saccheggio sia ottenuto per accordi o cessioni forzate di ricchezze. Li conduce con sé quando cambia di udel ed anzi, nei trasferimenti da un udel all'altro da vari racconti e circostanze sappiamo che i druzhinniki a volta fanno fatica ad acclimatarsi nel nuovo ambiente dove ora il knjaz è stato mandato a risiedere e, agendo con inutile spavalderia, procurano fastidio e reazioni sanguinose nella gente locale offesa. Ciò non toglie che il knjaz li copre per ogni loro eccesso poiché dei druzhinniki non può fare a meno e poiché sono una sua proprietà personale. Se però il mantenimento è solo attraverso la guerra, dobbiamo forse immaginare gli udel russi in guerra permanente? E' esattamente così! La guerra sarà a lungo la realtà dello stato russo delle origini, salvo (ma ciò è rarissimo!) che il knjaz non abbia accumulato tanta ricchezza da poter tenere alto il suo livello di vita e quello dei suoi druzhinniki per lungo tempo. Solitamente perciò, non appena il tempo lo permette, i diversi knjaz si mettono in moto per scendere l'uno contro l'altro. Le ragioni si trovano sempre in vecchie liti che si risolvono col "giudizio di dio", come si chiamano questi scontri, benché ci si affidi spesse volte al duello di due campioni scelti nei campi avversari. L'eliminazione "rituale" dell'avversario però è indispensabile e si uccide senza tanti complimenti! Si crede infatti che in ogni caso un dio (o il dio cristiano) prende le parti di un avversario al quale arriderà la vittoria perché più potente del dio che protegge la parte avversa… Tuttavia è sbagliato pensare ad uno stato russo in cui in ogni momento ci si inventi una lotta armata, quanto invece ad una sistematica politica guerresca, condotta dai knjaz, e mirata ad instaurare un clima di terrore continuo nel territorio. Siccome nel X sec. la druzhina rappresenta l'unica armata del knjaz con la quale costruire uno stato e stabilizzare come istituzione legittima la rapina delle ricchezze che si trovano nel territorio o che fabbrica o raccoglie la gente che lì vive, se la druzhina è abbastanza numerosa e ben esercitata, essa col suo knjaz ben rappresenta il sistema repressivo che occorre allo scopo. L'eventuale difesa o l'attacco militare diventano attività del tutto secondarie. Essa è il servizio d'ordine in città e nella campagna circostante. E non solo! Si presta alla parata e al trionfo dove i druzhinniki compaiono come figuranti a fianco del principe in mostra ai propri sudditi o ai propri vinti. In questo caso, come prescrive la regola che si deduce dalle Cronache russe, è d'uopo mantenere tutti insieme un contegno quasi truce senza accennare neppur l'ombra di un sorriso…

E tuttavia, per quanto li si possano risparmiare negli scontri armati, alla fine i druzhinniki o invecchiano per cause naturali o si ritirano dalla vita attiva col passar del tempo. Occorre quindi un'"alimentazione" esterna di nuovi membri perché la druzhina continui ad esistere e soltanto i figli dei druzhinniki o i parenti stretti del Velikii Knjaz, che erano i primi a poter entrare nella druzhina, non bastano. Al principio dello stato kieviano san Vladimiro invita i giovani da tutti gli angoli del paese per colonizzare la regione a sud di Kiev, inglobando probabilmente parte di essi nella sua druzhina. Non è però questo il solo modo per sostituire i membri scomparsi. Ad esempio, se teniamo presente che tutte le partite di merci che passavano da Kiev dirette ai mercati meridionali pagavano una decima al Velikii Knjaz in natura, possiamo immaginare che anche dalle "partite di schiavi" si traessero come balzello giovani da destinare alla druzhina, dopo adeguato addestramento.

Col Cristianesimo alla druzhina saranno assegnati uno o più preti cappellani dai quali si raccolgono poi le notizie che serviranno a compilare le Cronache. Questi ecclesiastici benediranno le armi e gli armati, prima, e penseranno alle cure dell'anima, dopo. Alla fine dello scontro infatti, seppelliranno i morti o daranno le estreme unzioni ai morenti. Talvolta, come nel caso della Battaglia di Pian delle Beccacce nel 1380, i due monaci assegnati al grande esercito coinvolto (forse centomila armati, ma sembra un numero esagerato) indosseranno per l'occasione un saio con una croce disegnata sul petto. Anzi! Fra i due campioni scelti nei campi avversari, quella volta fu proprio uno dei due monaci a sfidare il gigante tataro del campo avversario e, benché il duello finisse, a dire del cronachista, a favore dei russi, la battaglia scoppiò comunque e continuò fino alla sconfitta (messa in fuga) dei Tatari.

Nel frattempo stava però intervenendo un'altra mutazione importante nella questione del mantenimento materiale dell'armata del principe. I druzhinniki di solito dividevano il bottino (o il tributo forzato) subito dopo la conclusione dell'azione militare secondo rituali propri fissati dalla tradizione. A partire dall'epoca di santa Olga il bottino, sotto forma di tributo, ora arrivava al knjaz da tutto il territorio soggetto senza doverlo andare a prelevare personalmente, e perciò alla druzhina e ai suoi membri tocca trasformarsi in un'organizzazione un po' più sofisticata. Il knjaz, cercando di mantenere in vita un sistema che comunque gli garantisca l'assoluta libertà di distribuire le risorse a suo piacimento ad esempio tenersele per sé nei propri forzieri, ribalta la druzhina, per il mantenimento (izhdivènie), alla gente locale ossia, in pesantissimo modo, ai bojari e ai loro contadini. Fu una trasformazione lenta e impercettibile tanto che al momento della frantumazione della Rus' di Kiev in udel separati e indipendenti fra di loro sotto il giogo tataro, i bojari richiesero sempre di più la loro partecipazione alle decisioni del principe, pena o la sospensione dei loro "servizi tributari" o la cacciata del principe dall'udel o l'abbandono del "servizio" presso il principe (questo a seconda della regione e gli usi in vigore in quell'udel).

Probabilmente per favorire questa mutazione e mitigare allo stesso tempo il nuovo onere economico quasi certamente si favorì l'incontro fra le figlie dei bojari e i druzhinniki stessi in modo che a poco a poco si cominciasse a creare un nuovo corpo di bojari più controllabili di quelli tradizionali. I nuovi nobili essendo stati (ed essendolo ancora in teoria) dei muzhì e quindi ancora legati dal giuramento di obbedienza al knjaz difficilmente avrebbero avuto il coraggio di ostacolarne le decisioni. Tuttavia una volta legato alla terra ricevuta o come compenso di un bottino o di un servizio o come feudo, il nuovo bojaro cominciava ad avere altri interessi talvolta anche opposti a quelli del knjaz e la sua richiesta d'indipendenza comincia a crescere.

Durante il periodo del giogo tataro abbiamo poi una nuova questione per il druzhinnik quale guerriero scelto e affidabile: la possibilità di essere mandato a far parte dell'esercito tataro nelle campagne dei khan in Asia Centrale e nelle vicinanze del Caspio o morire lontano dalla sua terra per non essere stato riscattato e ritornare a casa. Infatti il "tributo tataro" prevedeva non solo trasferimento di ricchezze sotto varie forme, ma anche la cessione di contingenti militari. E questo era un problema per ogni knjaz del Basso Volga! Significava infatti doversi privare di una parte delle difese personali nelle lotte continue che i knjaz facevano l'uno contro l'altro per ingrandire il proprio udel o per aumentare la propria supremazia e quindi vedremo spesso i knjaz recarsi alla capitale tatara di Sarai per portare i loro tributo con pochi druzhinniki onde evitare che una gran parte della druzhina fosse sequestrata! Riscattare i propri armati era poi una spesa non indifferente e non tutti i knjaz furono sempre disposti a farla, tanto che il Vescovado russo ortodosso di Sarai (istituito nella seconda metà del XIII sec. proprio per loro) dovette intervenire con le proprie sostanze o intercedere presso la corte del khan.

Ci troviamo dunque nell'imbarazzo se vogliamo fotografare il druzhinnik in un certo momento della storia russa, senza sfuggire ai limiti cronologici "imposti" dall'unico poema cavalleresco russo - il Cantare della Schiera di Igor - apparso poco dopo gli eventi ivi cantati verso la fine del XII sec. Non dimenticando così quest'opera cercheremo di individuare (se c'è) un certo codice d'onore in maniera da attribuire un carattere "tipico" al druzhinnik e, siccome all'incirca con la caduta di Kiev nel 1240 questo personaggio sarà talmente sconvolto nelle sue funzioni che non risorgerà più come prima, la nostra indagine si fermerà.

Comunque il periodo scelto è ricco di eventi, specie quando una nuova circostanza matura fra le continue lotte per la conquista di una supremazia assoluta di un udel sul parentado rjurikide. Più o meno in questi stessi anni un rjurikide, nominalmente Velikii Knjaz di Kiev, stanco di dover combattere contro le ambizioni di quelli che lo assediano, parenti amici e altri, abbandona Kiev con gli uomini che lo servono e fonda una nuova corte nel Nordest della Terra Russa. Qui cercherà di far diventare tutti i frequentatori della sua corte dei semplici dipendenti salariati da lui a Vladimir-sulla-Kljazma ricostruita letteralmente sul modello di Kiev. Via i druzhinniki e i bojari! Che ci siano soltanto cortigiani ben pagati e soldati ingaggiati per le questioni militari che lo stesso knjaz comanderà senza mai più intermediari. E' una serie d'innovazioni talmente sconvolgenti per le tradizioni che, come abbiamo detto, nel 1174 questo innovatore Andrea Bogoljubskii figlio di Giorgio Lungamano, fondatore di Mosca (vicinissima a Vladimir), deve scomparire. Ormai però la nuova Rus' del Volga, malgrado le nubi tatare che si addensano all'orizzonte, è stata varata!

Alla fine della nostra corsa non abbiamo trovato un esatto corrispondente del cavaliere occidentale né siamo in grado di distinguere una cavalleria di mestiere da una d'élite cavalleresca "all'occidentale". Abbiamo invece scoperto una figura che potrebbe prendere il titolo di Cavaliere Russo cioè il muzh, ossia il più meritevole e il più anziano druzhinnik, per le ragioni che diciamo qui di seguito. Il problema resta invece nel fatto che per questi "cavalieri russi" non siano stati registrati abitudini o costumi cortesi particolari. Non ci sono notizie certe e circostanziate su una "vita di corte" e i primi accenni verso una corte "ordinata" con una certa etichetta sono a Vladimir-sulla-Kljazma all'epoca di Andrea Bogoljubskii. Per di più, siccome i Rjurikidi non ammisero mai che potesse esistere una classe sociale che vantasse una pari dignità qualsiasi, anche parziale, con i membri maschi della loro famiglia, neppure un Cavalierato d'élite è ben riconoscibile, come vorremmo.

In russo muzh significa uomo, nel senso più esaltante la virilità. Da muzh deriva addirittura muzhèstvennyi ossia coraggioso e forte e con muzh si designa persino il marito giusto come forza della famiglia (che successivamente però acquisterà un altro plurale per non confondere mariti e cavalieri) che però insegna a rispettare i costumi tradizionali ai figli. Né possiamo naturalmente sfuggire al paragone con vir, virilis, virilitas e virtus e i significati che queste parole avevano acquisito nelle corti occidentali nel X-XIII sec.

Come distinguere il muzh dagli altri armati? Certamente dalle armi che porta… E qui sono da mettere in evidenza due cose importanti: 1. Le armi nel periodo nel quale vogliamo "fotografare" il nostro cavaliere russo sono oggetti costosissimi e, a seconda della potenza materiale e magica attribuita ad esse, possono essere portate esclusivamente da persone scelte 2. Diventare muzh implica delle cerimonie rituali pagano-cristiane che sono riservate solo a lui.......
...Sono il padrone del fuoco e vedo le cose nascoste, vedo la fiamma che si fa tempo, odo il flessibile fuoco del sacrificio sonoro sono un Unuzi, un bimbo davanti al mistero del mondo colmo di timore davanti al Fuoco, che ricompone le cose disperse..Preghiera di uno Sciamano Siberiano.***

*

Offline Trepicchi

  • **
  • 876
  • Ricerca : Mente corpo e spirito in equilibrio
  • Respect: +19
    • Rma systema italy
  • Pratico: incontro sperimento e mi diverto
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #46 on: November 10, 2010, 11:06:14 am »
0
Ci riferiremo per far ciò alla figura. E' la ricostruzione del druzhinnik del X sec. in base a vario materiale reperito nelle necropoli intorno a Kiev (sebbene con speciale riferimento alla cosiddetta Tomba Nera di Cernìgov datata circa 860 d.C.) che ci sembra raccogliere tutti i tratti e l'abbigliamento necessari al cavalleggero ideale epico russo descritto nelle byline.

Vediamo allora il primo punto. In una società militarizzata come quella medievale dove chiunque girava armato in qualche modo e in special modo come quella di Kiev della stessa epoca in cui il ceto e il posto nella gerarchia degli onori della militari sono indicati dal tipo d'arma che s'indossa al di là del modo di vestire, pur non senza importanza. Ciò significa, nel nostro caso, che spada e ascia da guerra della figura sono attribuibili al muzh e a nessun altro.

Fermiamo un momento la nostra attenzione su queste armi paragonandole comunque con le altre più note in uso. Com'è già chiaro, le fonti per sapere quali armi circolassero sono o le illustrazioni iconografiche dei Codici e delle sacre icone o i reperti archeologici, mentre le menzioni e i termini nelle Cronache, con l'evoluzione della lingua antico-russa, devono essere sempre riconfrontate e corrette. Dai reperti dissotterrati possiamo subito dire che l'armamentario militare subì per lunghi secoli l'influenza dell'Asia quanto a materiali, uso e forme e la tipicità cazaro-steppica delle armi russe e del modo di "portarle" sarà sempre visibile e riconoscibile. Inoltre, malgrado la recente introduzione della religione cristiana, le armi sono ancora considerate come esseri quasi vivi che vanno "nutrite" ad es. col sangue dell'avversario. Tirare fuori la spada dal suo fodero solo per far paura implica da parte del "padrone" che rimedi allo stimolo inutile sulla "forza magica" dell'arma… facendo scorrere la lama sulla propria carne in modo che l'arma si abbeveri del sangue "che aspettava" e rimanga "viva".

Nella figura notiamo subito il "cappotto" che ha il pelo verso l'interno mentre la pelle esterna è ben conciata e quindi dura e resistente (non troppo) alle frecce o ai colpi di lancia non pesanti. Non porta scudo perché questo è considerato un arnese destinato ai fanti dell'opolcenie, sebbene l'evoluzione, quando l'attività militare si sposterà verso sud, sarà verso l'adozione d'uno scudo anche per il druzhinnik in forme varie e di misura ridotta, rispetto a quello del fante.

Come si nota, il muzh ha una cintura. E' uno dei più antichi segni distintivi del rango e non è che il cingulum romano ereditato in tutta Europa e passato qui nelle Terre Russe(57). La cintura (pojas) era non soltanto colorata e ricamata con disegni apotropaici, ma adornata di perle di fiume, fili d'oro e d'argento in numero e disegni ben determinati diversi per i bojari o per i principi. Più alta quella del knjaz e più stretta quella del muzh. In più dà la forza e l'impeto a chi l'indossa.

A sinistra in questa cintura c'è la spada infilata in un fodero di legno ricoperto di cuoio. Molto dobbiamo alle ricerche della sig.ra M. Semjònova che ci informa su quanto a lungo si è discusso in passato sulla questione da dove queste spade potessero giungere nelle Terre Russe. Riassumiamo dicendo che in passato si era affermato, basandosi su reperti archeologici certi, che fossero stati i variaghi a portarle nella Rus' di Kiev visto che in russo la spada per di più si chiama mec' che è parola di origine norrena. Invece studi più recenti e più circostanziati hanno confermato che, a parte l'acciaio, l'impugnatura e il montaggio e la lavorazione della lama erano eseguiti nelle fucine russe del X-XIII sec. La spada deve considerarsi un prodotto "russo" originale sebbene pochi artigiani alla fin fine vi abbiano apposto la propria firma, come invece si usava in Occidente, e ciò per le ragioni magiche che coinvolgeva il fabbro che la forgiava. L'acciaio (o la ricetta e il metodo per farlo) veniva certamente dalla Persia visto che è chiamata in russo bulat (dall'iranico pulad ossia acciaio di Puluadi antico regno caucasico-armeno famoso per le sue fucine). Ha un'impugnatura con il pomo istoriato e lavorato e talvolta, nel caso di persona ricca che se lo può permettere, l'elsa è persino incastonata con pietre preziose. La lama non sempre ha una punta (e questa è già una bella differenza rispetto alle spade scandinave che vengono usate nelle saghe infilzandole nel ghiaccio dall'impugnatura e lanciandosi sulla loro punta per suicidarsi) ed ha lungo tutta la sua lunghezza un incavo allo scopo di alleggerirne il peso che in questo modo non supera 1,5 kg e per renderla elastica giacché deve sempre turbinare libera e tagliente. Con l'introduzione del Cristianesimo apparirà anche la croce come simbolo della benedizione eseguita sull'arma e quest'arma resterà il simbolo esclusivo per il muzh!

Riportiamo qui le parole di J. V. Suharev: "Nel IX - prima metà del XI sec. il diritto (e la possibilità) di possedere una buona e preziosa arma (l'autore si riferisce alla spada, ACM) l'avevano solo quegli uomini che appartenevano allo strato più alto della società: Gli anziani della druzhina. Fra i giovani, a giudicare dai reperti degli scavi delle sepolture dei druzhinniki, ancora nel XI sec. della spada disponevano esclusivamente le persone che avevano un incarico importante e cioè i comandanti di drappelli di giovani, di otroki, che nel tempo di pace agivano quali poliziotti dell'ordine oppure dei posti daziari o in altre funzioni speciali e per questo erano chiamati mec'niki ossia portatori di spade (naturalmente da restituire al knjaz alla fine del mandato)". Che cosa succede della spada quando il muzh muore o è vinto da un altro? E' facile immaginarlo! Alla fine di uno scontro si raccolgono le armi dei vinti sapendo che sono degli "esseri quasi viventi" e appartengono solo ad una sola persona, secondo l'uso slavo orientale. Per questo motivi chi voglia prendersele per sé dovrà ritualmente pagare il vecchio padrone! E' da notare che, nell'uso dei nomadi la spada del vinto veniva al contrario resa inservibile, piegandone la lama, per timore che autonomamente essa si vendicasse in seguito sull'illegittimo portatore!

Un'altra arma che vediamo nella figura è l'ascia da guerra che a giudicare dai reperti archeologici è di tre tipi. La sekira (dal latino securis), usata nei lavori dei campi e per la forma importata di sicuro dal sudovest europeo, era usata dai fanti. La seconda è il cekan usata dai tagliaboschi e forse di origine turca e finalmente il comunissimo topor dal lungo manico che è quello presente in figura. Quest'arma è da lancio o da colpo a seconda delle circostanze e di solito va recuperata al più presto perché è "personale". Col Cristianesimo il topor diventò il simbolo del comando del voivod e in tal caso porta sempre il simbolo della croce ben visibile sulla lama stessa. Quando il voivod la innalza significa che ci si muove all'attacco! Al contrario dare la propria spada a qualcun altro tenendola per la parte della punta significava aver perso lo scontro e che ci si rimetteva alla clemenza dell'avversario vincente o si chiedeva di parlamentare.

Altre armi naturalmente erano a disposizione come pugnali e mazze da guerra, ma soprattutto la lancia (kopjò) ben ritratta nei Codici miniati Radziwill del XVI sec. Essa è lunga e serve più che altro a tenere lontano il nemico restando a cavallo e dunque come arma "russa" è abbastanza tarda. La sciabola invece è molto rara… Soltanto dopo la Battaglia di Pian delle Beccacce (Kulikovo Pole, 1380) come simbolo del potere e come arma di rango la spada cedette il posto alla sciabola, ma solo nella zona del bacino del Volga sotto la supremazia moscovita, e ciò probabilmente fu dovuto al fatto che la guerra da queste parti era cambiata e si scendeva in campagna militare più volentieri a cavallo seguendo le tattiche tataro-mongole.

L'armato russo disponeva di corazze a maglie di ferro che però il muzh evidentemente disdegnava preferendo affrontare la lotta "a petto nudo" nel corpo-a-corpo. Solo così poteva mostrare la sua bravura e arditezza (hrabrost' i derznost') e appartenere agli uomini forti e coraggiosi - muzhestvo - e ciò poteva servirgli per conseguire la lode e una parte maggiore di bottino e di onori da parte del suo knjaz.

Nel seguito però il muzh indossò anche lui una cotta di anelli di ferro (sotto però aveva una maglia di lino per proteggere la pelle dal calore del metallo) e un elmo, al posto della mozzetta orlata di ermellino che vediamo in figura. L'elmo, di vari tipi, è sferico-conico di metallo semplice e lucido con punta superiore allungata, con speciali lavorazioni per il muzh. Tuttavia è diverso da quello del knjaz che è dipinto con effigi di santi protettori (lavoro eseguito in officine non europee). E' difficile poi non immaginarlo con la famosa frusta o knut sempre fra le mani! L'arco e le frecce, come abbiamo già detto sono armi da contadini e non del druzhinnik che non imparerà mai a scoccare frecce mentre è a cavallo come invece sapevano fare i tatari piantati sulle staffe da loro stessi inventate!

Sul secondo punto delle cerimonie di iniziazione c'è molto poco da dire. Nel Cantare della Schiera di Igor non ne sono sottolineate di particolari. Dalle byline sappiamo che i muzhì (insieme al loro knjaz) però partecipavano a celebrazioni magiche particolari, ma nelle Cronache queste sono ricordate raramente e qualcuna solo per nome e basta come ad esempio la triznà, sicuramente per paura di rinfocolare quei riti pagani. La triznà si celebrava per la morte di un "collega" importante e consisteva nel banchetto funebre con probabili canti e tenzoni armate.

L'unica cerimonia - pagana - di cui abbiamo una vera descrizione, sebbene più sommaria, in occasione della "firma" di un trattato fra Kiev e Costantinopoli è la rotà. Essa consisteva nel recarsi al santuario pagano di Perun vicino a Kiev e là i muzhì e il knjaz con la mano destra sulle armi "abbandonate" giuravano solennemente il loro impegno a rispettare gli accordi alla presenza del sacerdote, il volhv. Costui poi dava a ciascuno una foglia di quercia da tenere sul petto per la durata del giuramento. Il giuramento si chiudeva con le parole: "…che possa diventare giallo come l'oro (dall'itterizia) e che possa essere distrutto dalle mie stesse armi…" Col quel giuramento inoltre si prendeva l'impegno solenne nei termini tradizionali per la morte davanti a Dio con molto onore specialmente se si difendeva la vita del capo, del knjaz o di chi per lui, poiché, in caso di non ottemperanza a questo dovere, si poteva essere uccisi legittimamente da qualunque dei compagni… purché il giustiziere impugnasse un'arma "benedetta". Ecco un altro tipo di omicidio, legittimo e consacrato! Successivamente fu introdotto il rito cristiano del bacio della croce (krestocelovanie) davanti al sacerdote o vescovo.

E qui rammentiamo una cerimonia abbastanza curiosa ai nostri occhi del XXI sec. che tiene uniti questi uomini riconfermando il loro patto di fedeltà. Il banchetto rituale o pir nel quale una serie di bevute personalmente indette dal knjaz e l'ubriacatura è il segno indelebile dell'appartenenza al gruppo. I primi tre brindisi era già fissati e prescritti e la coppa da cui bere era la propria che andava svuotata senza esitazioni oppure si beveva un sorso dal "secchio" comune. Accusato di bere troppo lo stesso Vladimiro risponderà infatti che bere dà la carica ai suoi Rus' (con questo appellativo sarà d'ora in poi chiamata la druzhina di Kiev, prima di altre) per significare che in questo modo sacro e rituale si consolidano i legami di dipendenza e di amicizia. , La cerimonia rimase solenne fino oltre il XVI sec. e non escluse assolutamente la presenza persino del Metropolita! Alla fine di questa indagine abbiamo ricevuto un'impressione piuttosto insolita del muzh e quando lo abbiamo paragonato al Cavaliere all'occidentale ci è sembrata una grossa forzatura, ma se andiamo oltre il Medioevo nella storia russa la figura del cosacco e del bogatyr' è quella che prevale come guerriero indomito e moralmente imitabile e ciò quando ormai l'idea del Cavaliere in Occidente si è ormai rifugiata nella leggenda e nella realtà non esiste più. Siccome poi l'apogeo del Cavaliere scorre durante il periodo compreso fra il X e il XIII sec. d.C., la figura del muzh è l'unica contemporanea che più gli s'avvicina.

Così, esprimendoci attraverso le categorie etiche del nostro tempo e, con le tante riserve necessarie soprattutto, tratteggiamo qui di seguito un "immaginario" Cavaliere medievale russo:

1. L'iniziazione. La festa del postrig ossia del primo taglio dei capelli è proprio la festa dell'iniziazione dei giovani nobili alle armi. Naturalmente il postrig del figlio del knjaz è descritto molte volte nei documenti e di conseguenza ci doveva essere una simile festa anche per i ragazzi o figli dei druzhinniki o cooptati nei modi che abbiamo detto. E' l'inizio di una specie di tirocinio (in russo otrocestvo) quale parte della vita dei giovanissimi rampolli. Ibn Rusté intanto informa: "Quando nasce un maschietto fra i loro uomini (della druzhina il padre sguaina una spada e la porta al bimbo ponendogliela nelle mani e dicendo: Non ti lascio in eredità alcuna ricchezza e non possiederai niente altro che quello che riuscirai a procurarti con questa spada." Dunque i figli entravano a far parte immediatamente dei druzhinniki, sebbene a quelli del knjaz fosse riservato un trattamento particolare dato che il loro destino militare era già segnato e il loro traguardo in questo caso era alla fine un trono. Come esempio di distinzione possiamo indicare che per Svjatoslav, figlio di Igor e di Olga, fu scelto il variago Asmud (in norreno-sved. Asmund) e poi possiamo aggiungere che non tutti i fratelli del primogenito erano trattati in questo modo né tutti i figli del kniaz erano sicuri di assicurarsi un appannaggio (udel) col sistema-carosello che abbiamo visto e perciò qualcuno era costretto a diventare un fuorilegge o un mercenario come nel caso di Giovanni Berladnik abbassandosi al rango di semplice druzhinnik.
...Sono il padrone del fuoco e vedo le cose nascoste, vedo la fiamma che si fa tempo, odo il flessibile fuoco del sacrificio sonoro sono un Unuzi, un bimbo davanti al mistero del mondo colmo di timore davanti al Fuoco, che ricompone le cose disperse..Preghiera di uno Sciamano Siberiano.***

*

Offline Trepicchi

  • **
  • 876
  • Ricerca : Mente corpo e spirito in equilibrio
  • Respect: +19
    • Rma systema italy
  • Pratico: incontro sperimento e mi diverto
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #47 on: November 10, 2010, 11:07:14 am »
0
2. L'aspetto. Il viso incorniciato dai lunghi capelli e onorato da barba e baffi gli danno un superbo e maschio comportamento e lo sguardo fiero "da lupo", come qui si usava dire. Per quanto riguarda i capelli, abbiamo qualche incertezza poiché è probabile che il muzh non portasse una folta capigliatura, ma un ciuffo che spiccava al centro del cranio accuratamente rasato. E' così che ci viene descritto da Leone Diacono Svjatoslav nell'incontro con Giovanni Zimisce. A parte ciò al muzh, uomo solitamente spavaldo verso chiunque non sia della sua cerchia, basta un'offesa minima per incendiarlo e indurlo ad un combattimento all'ultimo sangue che di solito finisce con la morte dell'avversario. I muzhì infatti sono gli unici che circolano sempre armati di topor (o con vezzeggiativo toporik), la micidiale ascia da guerra già menzionata che lanciano o usano senza mai fallire il bersaglio, sebbene ora col battesimo debbano contenersi non potendo più uccidere chiunque, ma soltanto chi non è cristiano come loro.

3. Condotta militare. Non discute gli ordini del knjaz ed è sempre pronto ad eseguirli senza alcuna osservazione, costi quel costi, anche la stessa vita. Con il Cristianesimo addirittura ogni sua azione è benedetta, quando benedette sono le armi che ha addosso, ma mai come il knjaz che si muove solo perché le sue azioni sono guidate dal dio cristiano. Un ruolo al quale aspira negli scontri è quello di tenere alto e diritto nella mano lo stjag (lo stendardo del principe di solito istoriato e abbellito con icone del Cristo o della Vergine) oppure quello di reggere a piedi le briglie del cavallo del knjaz. Il muzh è l'unico che può possedere un paio di cavalli e usarli senza tema di offendere il suo knjaz perché ha già un comportamento ben fissato nella sua funzione e sa tenersi entro i limiti impostigli. Se nei primi secoli tornare dalla battaglia, sia persa o vinta, è motivo di celebrare e far festa per essere tornati vivi o eroi morti, col Cristianesimo soltanto la vittoria sul nemico può essere festeggiata, giacché significa che Dio ha punito i perdenti per i loro troppi peccati e lascia che chi ha fatto giustizia trionfi. Il muzh si vanta di essere capace di bere e di mangiare oltre qualsiasi misura e dunque disdegna una tavola che non offra una tale quantità di cibo e di bevande che non lo soddisfino, come quella di un semplice contadino. Probabilmente adopera sostanze stupefacenti o che leniscono il dolore come la comune canapa di cui inala i fumi oppure gli infusi di Amanita muscaria. A lui è riservata una birra speciale molto alcolica quando è il caso di prepararsi alla lotta. Rispetta però il digiuno prescritto dalla chiesa, salvo che in guerra! E' notevole infatti che, al contrario che in Occidente, nelle Terre Russe non è previsto alcun armistizio per le feste comandate (domeniche, Pasqua etc.) e dunque il muzh combatte, "senza peccato", finché le forze glielo permettono. Nel Cantare della Schiera di Igor l'eroe, Igor figlio di Svjatoslav, si mette in cammino proprio al martedì santo, il 23 aprile del 1186. Addirittura quando si festeggiava san Giorgio! Non ha problemi dove dormire o dove meglio accomodarsi, né ha grandi pretese quando è in campagna, ma al momento del saccheggio sa ben riconoscere ciò che vale da ciò che non vale e arraffare per metter nel mucchio comune che poi il knjaz dividerà.

4. Il rapporto con le donne. Per quanto riguarda il rapporto fra i muzhì e le donne, dai documenti riusciamo a capire che una donna non può né deve sottrarsi all'accoppiamento con lui, quasi sia una ierogamia, ma l'amore non è permesso sempre e comunque: Esso è debolezza perché significa sottomettersi alla donna e ciò è scandaloso. Non dovremmo quindi vederlo frequentare taverne e bagni pubblici a Kiev (o peggio che mai a Novgorod). Possiamo immaginarlo condurre quasi una vita monacale, se non fosse per le frequenti campagne militari impostegli dal suo ruolo in cui talvolta deve sopraffare le donne, se sono le donne del nemico, e difendere quelle della propria gente. Certo! Alla fine della battaglia vittoriosa un'orgia non è peccato, ma deve sapere di peccare, se non è moderato. In seguito si sposerà, ma solo con colei che il knjaz gli ha indicato e i figli saranno presentati al knjaz prima che a qualcun altro affinché siano accolti nella druzhina! Non vive per accumulare ricchezza, ma gli piace pavoneggiarsi nella sua uniforme davanti alle donne, sempre attento ai sortilegi che da queste possono venire. Come abbiamo detto nella Rus' di Kiev la poesia o la lirica esaltante l'amor cortese non esisteva, perché la donna veniva sempre tenuta da parte nella società russa patriarcale, ma questo non significa che la donna non avesse un ruolo importante nella vita del muzh. Nella letteratura russa antica è esaltato il dolore e la lamentazione lirica dell'amata sul muzh che non è più tornato e tuttavia, lo ripetiamo, la donna resta un essere misterioso e fondamentalmente pericoloso. Contro di lei il muzh perciò si fornisce di amuleti e croci per evitare il malocchio o l'amore non voluto e, addirittura, il muzh si astiene da contatti sessuali prima di ogni campagna.

5. Il vestito. Nell'illustrazione lo vediamo imbacuccato in una divisa invernale, ma, come abbiamo già detto, ciò è abbastanza logico poiché le campagne militari si fanno d'inverno. Al nord, perché la coltre di ghiaccio forma della ampie radure sui numerosi laghi ed è abbastanza spessa per accogliere fanti e cavalli poco pesanti e, al sud, perché i nomadi sono più attaccabili quando svernano e si concentrano in certi luoghi ben noti che non alla bella stagione quando invece si spostano continuamente da un posto all'altro. Però quando non è in campagna militare al muzh piacciono i bei vestiti e di solito indossa tre capi di vestiario in particolare: il cappello, la cintura e le scarpe. Della cintura abbiamo già detto, mentre il cappello o sciapka che vediamo in figura, non molto diversa da quella indossata dal knjaz che certamente è ornata da pelli molto più pregiate, è diversa da quella portata dai mercanti-bojari novgorodesi (un'alta tiara di pelliccia pregiata molto alta). Alla sciapka si attribuisce la virtù magica di rendere invisibile chi lo porta, ancora al tempo del Cristianesimo. Quanto alle scarpe, ostentavano stivaletti a punta in finissima pelle vaccina conciata a Cordova o a Baghdad mentre i rozzi laptì di scorza di tiglio toccavano al contadino dell'opolcenie.

6. Gli ideali. Prima di altri aspira ad emulare san Michele Arcangelo, suo protettore e vincitore del demonio, ma poi persino san Giorgio che uccide il drago. Anche Alessandro Nevskii, dopo la morte, è un ideale da imitare. E la pietà? E la misericordia verso vedove e poveri? Dalle Cronache sappiamo che san Vladimiro, subito dopo aver preso il battesimo (988) portava da mangiare casa per casa a Kiev ai poveri e riceveva chiunque avesse guai e lamentele per cercare di aiutare. Sicuramente in queste mansioni era aiutato dai suoi muzhì, sebbene poi non possiamo dire quanto peso ebbero queste esternazioni di un santo knjaz nelle abitudini di comportamento personale della druzhina nei secoli successivi. Comunque la morale del muzh è tutta improntato sulla vergogna, più che sulla ricerca di gloria o nasata su un onore personale che già esisteva per il fatto di essere nella druzhina del knjaz. Un muzh era considerato un traditore e quindi si copriva di vergogna, solo se, ritirandosi dal servizio attivo, offrisse i suoi servigi ad uno straniero e, peggio ancora, ad un non cristiano!

7. La morte. E che cosa avveniva alla morte di un muzh? Dalle Cronache della Battaglia di Pian delle Beccacce apprendiamo che i cadaveri dei guerrieri cristiani e russi furono raccolti e ricomposti. Portati fino a Mosca poi, furono esposti al pianto dei parenti sulla Piazza del Mercato (la Piazza Rossa) in file secondo il rango. Il knjaz Demetrio pagò un indennizzo ai famigliari di ciascuno caduto in relazione al grado sociale di ciascuno. Non abbiamo notizia però di sepolture particolari per il muzh, salvo per quello che ad una certa età decide di chiudersi per sempre in convento e che perciò sarà sepolto insieme con gli altri monaci. Sappiamo però che essi facevano donazioni alle chiese dove poi avrebbero voluto essere sepolti, purché la chiesa o il convento non appartenesse al principe. Riportiamo però dalla Zadonsc'cina ossia la raccolta dei componimenti scritti dopo la Battaglia di Pian delle Beccacce un brano del cosiddetto Pianto delle Vedove di fronte ai composti cadaveri dei propri mariti muzhì nella Piazza di Mosca nel 1380. "…Gli uccelli avevano intonato lamentosi canti e tutte le vedove si sciolsero in pianto, sia le principesse sia le spose dei bojari sia quelle dei generali morti in battaglia. Maria Dimitrevna, moglie di Nicola figlio di Basilio piangeva al mattino lungo le rive della Moscova, sotto le bianche mura, dicendo con voce cantilenata: O Don, o Don Fiume rapido Tu che hai varcato le pietrose montagne e sei passato nella Terra dei Polovzi, riportami il corpo del mio signore, Nicola di Basilio, e Teodosia moglie di Timoteo Volujevic' anche piangeva dicendo: Non c'è più gioia per me quando vago nella gloriosa città di Mosca perché so che non incontrerò più il mio signore e Maria moglie di Andrea e Xenia moglie di Michele piangevano quel mattino dicendo: Ormai per noi due il sole si è oscurato nella città di Mosca. Dal rapido Don sono arrivate brucianti notizie, di grandi sventure. I valorosi guerrieri russi sui loro cavalli sono morti sul campo del sacrificio, sul Pian delle Beccacce…"

8.Alcuni nomi famosi. Di solito nelle Cronache i nobili, i bojari prima degli altri, sono chiamati con il nome di battesimo seguito da figlio di… e il nome del proprio padre; del knjaz si dà il nome (eventualmente seguito dal nome del padre per distinguerlo da un omonimo come Alessandro figlio di Jaroslav detto Nevskii), ma per il muzh? Non sappiamo come ci si rivolgesse a lui e non riusciamo a distinguerlo con sicurezza nei documenti. Comunque sia, ecco alcuni nomi di personaggi coinvolti in eventi storici che hanno lasciato qualche segno e che, a quanto pare, furono degli importanti muzhì: Svèneld, Prètic', Vysciàta, Blud, Nikìfor, Mikùlja, Ciùdin, come pure lo zio di san Vladimiro Dobrynija o l'amante omosessuale di san Boris, Giorgio l'Ungherese.

http://www.icsm.it/articoli/ri/cavaliererusso.html
...Sono il padrone del fuoco e vedo le cose nascoste, vedo la fiamma che si fa tempo, odo il flessibile fuoco del sacrificio sonoro sono un Unuzi, un bimbo davanti al mistero del mondo colmo di timore davanti al Fuoco, che ricompone le cose disperse..Preghiera di uno Sciamano Siberiano.***

*

Offline Trepicchi

  • **
  • 876
  • Ricerca : Mente corpo e spirito in equilibrio
  • Respect: +19
    • Rma systema italy
  • Pratico: incontro sperimento e mi diverto
Re: stage systema 20 novembre 2010 Vicenza Luca Chiarato
« Reply #48 on: November 11, 2010, 19:39:21 pm »
0
L'orario per il seminario di Vicenza  20 novembre - ( dueville ) e' stato postato invece che dalle 15:00 alle

18:00 alle 10:00 alle 13:00.

http://www.systematraininggrouppadova.it/index.php?option=com_content&view=category&id=36&Itemid=64&lang=it

« Last Edit: November 11, 2010, 19:50:08 pm by Trepicchi »
...Sono il padrone del fuoco e vedo le cose nascoste, vedo la fiamma che si fa tempo, odo il flessibile fuoco del sacrificio sonoro sono un Unuzi, un bimbo davanti al mistero del mondo colmo di timore davanti al Fuoco, che ricompone le cose disperse..Preghiera di uno Sciamano Siberiano.***

*

Offline Dottor Wolvie Killmister

  • *****
  • 3.548
  • Maresciallo Capo, Plotone da Pub Ar.Ma.
  • Respect: +747
  • Pratico: Pentatonica, Eptatonica, 9a Minore Armonica + боевая контрразведка & Videomaking Marziale, Difesa Personale Autoprodotta, Culto del "Cattivo Gusto"
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #49 on: November 14, 2010, 19:04:16 pm »
0
I segreti della lotta a terra nel Systema Russo.
Articolo di  Dennis Rovere tratto da “INSIDE KUNG-FU” del giugno 1998.

Rilassati. Muoviti liberamente. Apriti. Sono tutte frasi che uno si aspetterebbe di sentire durante una tipica lezione di taiji. Ma questo non è taiji. E’ l’inizio di una lezione del sistema marziale militare russo tenuta da Vladimir Vasiliev. (Per i lettori che non conoscono il suo curriculum, posso dire che è impeccabile. E’ stato uno dei principali membri operativi delle unità addette alle operazioni speciali dell’esercito russo. Non solo ha una lunga esperienza operativa, ma ha anche addestrato bodyguard e agenti di polizia russi. Avendo avuto la possibilità di leggere in anteprima il suo ultimo libro, mi sono figurato un uomo emozionalmente indurito dagli anni trascorsi  a fare il proprio duro e pericoloso mestiere. Ma, nonostante sia davvero in gamba e ben preparato, Vladimir incarna i tratti che vedo e rispetto negli altri insegnanti di combattimento corpo a corpo maturati sul campo di battaglia. Senso dello humor, umiltà, autentica determinazione e soprattutto una vera conoscenza degli scopi e dell’applicazione della propria letale arte).

A differenza di quanto insegnato nelle scuole tradizionali, Vladimir Vasiliev e il Systema si concentrano sull’esplorare e comprendere la strategia del combattimento piuttosto che le tecniche di combattimento.
Quando Vladimir dice di stare rilassati, non si dovrebbe far confusione con lo stare mosci. Già la sola maniera in cui vengono eseguiti gli esercizi di riscaldamento toglie ogni dubbio. Le flessioni ad esempio, coinvolgono anche  il compagno di allenamento, per aumentare la resistenza da vincere, con fino a quattro persone che fanno lo stesso esercizio uno sull’altro.

Oggi, la lezione riguarda la lotta a terra. Sebbene non sia la cosa principale dell’addestramento militare, è nondimeno un argomento molto discusso dai media, almeno negli ultimi tempi.

Vladimir inizia spiegando che nelle operazioni militari non c’è vera distinzione fra lotta a terra e altri modi di combattere. E’ solo negli sport da combattimento che esiste questa distinzione. In uno scontro da strada o durante una missione, non c’è una linea che delimita la fine di uno e l’inizio di un altro.
Tuttavia, continua, dato che i soldati possono essere intralciati dal proprio equipaggiamento e di solito sono sempre armati (ricordo che i Russi eccellono nell’uso della pala da trincea), la maggior parte dell’addestramento riguarda la parte armata e le tattiche di combattimento in piedi. Dopo aver precisato ciò, Vladimir subito aggiunge che però ci sono alcune situazioni dove si finirà sicuramente a combattere al suolo.

La percezione di stare esposti agli attacchi può essere usata come una effettiva strategia, sia difensiva che offensive, se l’aggressore percepisce questa situazione come una apparente debolezza, e quindi una opportunità di attacco.

CONTROLLO NELLA FOLLA
Ad esempio, in evasioni e fughe potrebbe essere necessario eliminare una guardia nemica atterrandola. In questo caso la lotta a terra sarebbe abbinata con dell’addestramento da sentinella o contro la sentinella. Un’altra situazione in cui si può far ricorso alla lotta a terra è nel caso di servizio come agente di polizia o di sicurezza. Nell’affrontare un attacco iniziato in mezzo alla folla, l’uso di armi da fuoco potrebbe essere inadatto e pericoloso, specialmente riguardo il tempo di reazione e eventuali danni collaterali. Spesso è infatti molto più sicuro portare l’aggressore al suolo. Per via del rischio di infortuni fatali, quindi, una realistica ed efficace metodologia di lotta a terra si rivela molto necessaria.
Questa necessità di tecniche adatte a sottomettere l’avversario viene sottolineata da Vladimir con un episodio tratto dalla sua esperienza personale.

Questo episodio si riferisce al suo periodo di servizio in Russia. Vladimir e la sua squadra vennero incaricati di inseguire e catturare tre criminali molto pericolosi (e fisicamente grossi), ricercati per omicidio. Per sfuggire alla cattura, i tre scelsero di lasciare la città a piedi durante una notte scura e senza luna. Inoltre, il tempo quella notte era pessimo per via di una pioggia incessante. Inseguire i criminali in queste condizioni era difficile, e così Vladimir e i suoi colleghi dovettero separarsi. Quindi fu costretto a inseguirli da solo.

Vladimir riuscì a individuare i tre, mentre stavano percorrendo una strada fangosa e scivolosa. Rendendosi conto di rappresentare per loro l’unico ostacolo verso la libertà, Vladimir capì che doveva agire velocemente, per evitare che scappassero definitivamente. Sfortunatamente per lui, anche loro lo capirono subito e lo attaccarono! Si sa che fu una lotta all’ultimo sangue. Vladimir doveva essere ucciso, per non lasciare testimoni della loro fuga (non sapevano che erano inseguiti da una squadra di specialisti).

LIBERARSI DELLA PELLE
Dato che il sentiero era molto scivoloso, la lotta finì subito a terra. Durante la mischia, quando un criminale acciuffava Vladimir per la sua uniforme, lui gli lasciava semplicemente prendere ciò che stringeva e strattonava. In pochissimo tempo, Vladimir stava combattendo senza giacca e maglietta. Questa strategia ebbe l’effetto desiderato, cioè evitare che loro lo continuassero ad afferrare. Fu in grado di guadagnare un certo vantaggio e vincere abilmente i suoi avversari.
Insieme alla strategia degli abiti, Vladimir utilizzò un’altra strategia con successo. Per via del suo addestramento speciale, fu in grado di intercettare sia i pugni che i calci degli assalitori e ridirezionarli verso di loro. Il risultato fu che i fuggitivi finirono col colpirsi a vicenda e, quindi, sconfiggersi da soli. A quel punto, guadagnare il vantaggio finale fu relativamente facile, e Vladimir trattenne i criminali fino all’arrivo dei rinforzi.

Nella lezione seguente, Vladimir dimostra e spiega accuratamente l’essenza del Systema nel combattimento (in generale) e della lotta a terra in particolare.

Abbiamo detto che, a differenza di quanto insegnato nelle scuole tradizionali, Vladimir Vasiliev e il Systema si concentrano sull’esplorare e comprendere la strategia del combattimento piuttosto che le tecniche di combattimento. Cioè, esse non sono legate a reazioni fissate da un set di situazioni predeterminate. Ci spiega che, durante il combattimento, la paura ci fa fare cose che a volte sono il contrario di quanto la situazione ci richiede.
Ad esempio, si può essere abituati ad impugnare il coltello solo con la lama in giù. In un incontro inatteso col nemico ci si può trovare a impugnarlo con la lama in su. Se ti addestri su risposte fisse o ti trovi in una situazione non contemplata dal tuo addestramento, allora la paura potrebbe farti provare a cambiare l’impugnatura, invece di stoccare un semplice affondo, come la situazione lo richiederebbe.
Nella lotta a terra e in alter situazioni di combattimento, è importante capire la paura e sfruttarla produttivamente. Se ti rilassi, se allenti la tensione, che è di solito la manifestazione fisica della paura, sarai in grado di contrattaccare efficacemente.

DIMENTICA IL DOLORE
Una specifica situazione nella lotta a terra o nel grappling può comprendere l’applicazione di leve e torsioni dolorose agli arti e alle articolazioni. Sebbene la tua reazione naturale sia quella di tendere i muscoli e resistere, questa reazione aumenterà il danno fisico. Se, in altre parole, riesci a vedere l’intera scena invece di concentrarti solo sull’area dolorante, riuscirai a ridurre la sensazione di dolore. Questo permette due cose:

“Ridurrai ulteriori danni semplicemente evitando di assecondare la (naturale) tendenza a tendere i muscoli” e “Libererai la tua mente, dandoti l’opportunità di reagire in maniera creativa”.
Insieme a queste reazioni, si raggiunge una profonda comprensione della strategia del combattimento, Di particolare beneficio è la conoscenza dei movimenti dell’aggressore in risposta  alla manipolazione di certe parti del suo corpo, al fine di poterlo subito controllare (o, al limite, con più fasi intermedie).

ESEMPIO 1

La strategia:
Utilizzare la forza di rotazione per deflettere un colpo. Capire che colpire il dietro del ginocchio lo farà piegare, facendo collassare tutto il corpo.
L’applicazione:
State a terra, pancia in su. “Aprite” il corpo, creando un bersaglio che l’aggressore cerca di calciare o calpestare. Come tenta di farlo, toccate la sua gamba con il vostro ginocchio e colpite/agganciate/deflettete.

ESEMPIO 2

Strategia:
Reindirizzamento della forza. Ampiezza di movimento delle articolazioni. Utilizzare leve (piuttosto che forza muscolare) per applicare pressione sulle stesse.
Applicazione:
Siete a terra. L’aggressore, di fianco, vi tira un calcio alla testa. Toccate la sua gamba con l’avambraccio. Alzate il gomito e deviate la sua gamba oltre la vostra testa verso l’altro braccio (ridirezione della forza).
Usate il vostro braccio per spingere il piede in sù e le mani per tirare il ginocchio giù. Seguite con una chiave/rottura articolare alla caviglia. (Utilizzo leve in base alla naturale ampiezza di movimento delle articolazioni).
 
In entrambi gli esempi chi si difende non tenta di usare solo la forza. Dato lo svantaggio di stare a terra, la forza ha poca importanza nell’esecuzione delle tecniche.

Per capire come questo principio funzioni nella difesa, considerate questo: siete a terra. L’aggressore vi sta calciando o colpendo. La naturale tendenza è di rimettersi in piedi per potersi difendere meglio. Ma anche essendo una reazione naturale, essa ha tre svantaggi:

-   Restringe la libertà di movimento;
-   Restringe la visuale, specialmente se ci si copre la faccia o la testa;
-   E’ causa di tensione muscolare, che aumenta il danno fisico dei colpi (ricordate la precedente discussione sul rilassamento?).

Restringendo i movimenti, state restringendo anche la vostra abilità di contrattaccare  attraverso la diretta applicazione di forza (calci o altri colpi) o di una strategia. Anche se non è sempre necessario guardare direttamente un avversario per colpirlo (potete colpire un bersaglio anche con la testa girata) è sicuramente di un certo vantaggio poter osservare le sue azioni e movimenti. Riconoscere gli angoli di attacco, insieme ad altri tipi di abilità mentali, sono sempre un aiuto al successo in un combattimento.

Per sfruttare efficacemente il coprirsi come strategia di attacco, è imperativo imparare prima a controllare la propria naturale tendenza a farlo per cercare di difendersi.

Appena vede una apertura, l’aggressore automaticamente la considera una debolezza nella difesa, una breccia nell’armatura, per così dire, e nel tempo in cui si rende conto di avere commesso un errore, il soldato russo avrà aumentato il numero dei caduti avversari.

La logica del movimento è impressionante e la tecnica insegnata da Vladimir è efficace. Anche se non afferma di voler enfatizzare la lotta a terra, e i suoi principi di rilassamento e apertura ricordano ancora il taiji, questo è tutto parte della strategia e della letale efficienza del Systema.

* * * * *
Dennis Rovere è un consulente nell’addestramento militare e per operatori di sicurezza di Calgary, Alberta, Canada. Ha raccontato in “Inside Kung Fu” della sua esperienza di addestramento nel Wu Jing.

Link all'articolo originale:

http://www.russianmartialart.com/main.php?page=m_secretsystem
« Last Edit: November 14, 2010, 19:17:07 pm by Wolvie Killmister »
Fondatore dell'omonimo sistema di difesa personale!

https://www.artistimarziali.org/forum/index.php?topic=3886.0


*

Offline Trepicchi

  • **
  • 876
  • Ricerca : Mente corpo e spirito in equilibrio
  • Respect: +19
    • Rma systema italy
  • Pratico: incontro sperimento e mi diverto
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #50 on: November 15, 2010, 12:01:18 pm »
0


Sabato 4 Dicembre  VENEZIA

- Palestra Scuola DIAZ -

(adiacenze fermata vaporetto San Zaccaria)

Sestier Castello nr. 4968/a

Stage aperto a tutti

SYSTEMA RUSSIAN MARTIAL ART

Istruttore Luca Chiarato

SYSTEMA TRAINING GROUP PADOVA

Dalle ore  10 ALLE ORE 13

Info Contatti

Tel.   041 2412200      

staff@zenergy.it
...Sono il padrone del fuoco e vedo le cose nascoste, vedo la fiamma che si fa tempo, odo il flessibile fuoco del sacrificio sonoro sono un Unuzi, un bimbo davanti al mistero del mondo colmo di timore davanti al Fuoco, che ricompone le cose disperse..Preghiera di uno Sciamano Siberiano.***

*

Offline Dottor Wolvie Killmister

  • *****
  • 3.548
  • Maresciallo Capo, Plotone da Pub Ar.Ma.
  • Respect: +747
  • Pratico: Pentatonica, Eptatonica, 9a Minore Armonica + боевая контрразведка & Videomaking Marziale, Difesa Personale Autoprodotta, Culto del "Cattivo Gusto"
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #51 on: November 16, 2010, 21:58:04 pm »
0

Systema

Articolo di Trevor Robinson tratto da “COMBAT” di novembre 1999

Il 10 giugno 1999 stavo all’aeroporto di Manchester aspettando il volo per Toronto, e trovai il tempo per riflettere su quegli ultimi sei mesi, per me densi di eventi. A Natale 1998 un mio amico mi regalò un video del “Systema” di Vladimir Vasiliev, e mi chiese che opinione ne avessi. Io risposi che non potevo commentare solo da un video, almeno fino a che non avessi provato di persona, e infatti alla lezione del giorno dopo provai un po’ di tecniche viste nel video, e mi accorsi che funzionavano. Dopo qualche chiamata telefonica mi procurai altri video, e il 20 di febbraio divenni la prima persona della mia nazione ad essere in rapporti con la scuola di Vladimir. E così, fu con eccitazione mista a paura che mi resi conto di essere il primo inglese a recarsi lì per allenarsi nell’arte marziale russa chiamata il “Systema”.

Vladimir Vasiliev ha frequentato l’Istituto Militare di Mosca, e ha trascorso dieci anni di servizio nelle le forze speciali, gli Spetsnaz. E’ un ex istruttore di unità di paracadutisti, unità speciali di polizia e guardie del corpo di alto livello. Lo stile russo di combattimento risale al X secolo. Durante la propria esistenza, la Russia si è trovata a dover respingere invasori provenienti da ogni direzione. Questi attaccavano con i propri stili e armamento, le battaglie avevano luogo su diversi terreni, durante inverni gelidi e d estati soffocanti, con i russi a volte in inferiorità numerica. Come conseguenza, i guerrieri russi acquisirono uno stile di combattimento che combinava un forte spirito con delle tattiche intelligenti e versatili. Pratico e letale contro ogni tipo di nemico, in ogni circostanza. Questo stile è naturale e libero, non ha regole fisse, strutture rigide o limitazioni (tranne per ciò che riguarda la morale). Tutte le tattiche si basano sulle reazioni istintive, punti di forza e debolezza individuali ed è specificatamente concepito per permettere un veloce apprendimento.
 
Dopo la presa del potere da parte dei Comunisti nel 1917, tutte le tradizioni nazionali vennero soppresse. Chi avesse continuato a praticare il vecchio stile di lotta sarebbe stato severamente punito. Al contempo, le autorità si resero conto del valore di questo stile di lotta, e ne riservarono l’addestramento solo alle migliori unità delle forze armate, gli Spetsnaz. Con questo nome, abbreviazione di “Voiska Spetsialnogo Naznacheniya”, vengono indicate le forze speciali. All’interno delle forze armate, vi sono infatti alcune unità che vengono attivate solo per missioni ad alto rischio. I componenti di queste unità venivano duramente addestrati nei tre livelli di abilità umane: fisiche, intellettive e psicologiche. Per via dell’esperienza maturata sul campo, fra operazioni militari segrete e servizi di scorta ad alti livelli nelle quali essi si trovavano sempre a dover testare le proprie capacità, questi operativi divenivano dei veri maestri del vecchio sistema di combattimento russo.

Quello che risalta del Systema è l’ultra veloce curva di apprendimento, l’incredibile semplicità delle tecniche, la completa libertà di movimento, l’enfasi sull’attacco continuo  e sull’economia di movimento. Movimenti imprevedibili vengono usati contro uno o più aggressori, in ogni ambiente. La parte migliore è che si è in grado di integrare tutto questo nel proprio modo di combattere, e usarne perfino i fluidi movimenti circolari che lo fanno rassomigliare al Ju Jitsu, all’Aikido e altre arti.

Quando si arriva alla difesa da armi, il Systema è un mondo a parte, è semplicemente la miglior difesa da coltello che io abbia mai visto in 23 anni di arti marziali, e ho studiato Ninjitsu, Ju Jitsu e Jeet Kune Do. Ho anche visto lo stile filippino di coltello, ma questo li batte tutti. Quando si arriva a lavorare con più aggressori, non ho mai visto un’arte che si possa paragonare a questa. Nelle arti marziali giapponesi, molte persone si preparano su un sistema teorico e poi sperano per il meglio, ma nel Systema russo l’argomento viene toccato sul serio. Ho visto filmati di soldati Spetsnaz combattere fino a 24 persone alla volta. Il mio stesso modo di allenarmi è cambiato così tanto che di solito faccio sparring con tre persone alla volta, da quando sono tornato dalla scuola di Vladimir.

Vladimir Vasiliev è nativo di Tver’, 200 chilometri a nordest di Mosca. Aprì la sua palestra nel novembre del 1993, tre anni dopo essere arrivato in Canada. A lui e sua moglie Valerie, fisioterapista, ci vollero solo sei mesi per recuperare l’investimento iniziale di 10000 dollari canadesi. Adesso la scuola sta incassando più di 5000 dollari al mese. La scuola si trova in un complesso industriale di Thornhill, Ontario. La prima cosa che notai dell’aeroporto di Toronto fu il caldo. Camminai in un muro di aria a 34 gradi, contro i 17 di fresco che lasciai a Manchester. Il primo shock culturale fu vedere un poliziotto armato nell’aeroporto, ma mi attendeva un’altra sopresa: l’aeroporto era climatizzato, e fuori mi attendeva un caldo ancora maggiore! Presi un taxi alle 11 ora locale, e mi diressi verso la scuola di Vladimir, a circa 10 miglia dall’aeroporto.

Quando arrivai alla scuola, era come me l’ero immaginata (l’avevo vista nei video). Salii le scale metalliche ed aprii una porta a vetri che recava la scritta “Arte Marziale Russa – Systema” in lettere bianche. Dentro, le mura erano bianche, c’era un semplice pavimento e degli specchi in fondo. C’era anche un bersaglio per il lancio dei coltelli e come uniche decorazioni una bandiera del Canada, una della Russia Zarista e una di quella Postcomunista. La palestra aveva uno spogliatoio, ma niente docce. C’era lezione. Vladimir si girò, e con un grande sorriso sulla faccia si avvicinò a me, pronto per darmi la mano. Mi disse “Grazie per essere venuto” e io “Grazie a te per avermi invitato”, ma lui insistè “No, grazie a te”. Dopo esserci stretti la mano, mi fece accomodare nella sala principale, dove c’era lezione. Mi sedetti a terra per assistere meglio.


La prima cosa di cui mi accorsi e che feci notare fu che i ragazzi che si allenavano erano belli grossi. Vasiliev commentò ridendo con un “Non importa”. C’erano parecchi ventilatori sul soffitto, e gli allievi sembravano apprezzarlo, dato che stavano sudando molto. Si scambiavano dei pugni e dei calci belli pesanti, era un allenamento  serio. Pensai che sarebbero state due settimane molto intense e dolorose, e avevo ragione!

La lezione finì in uno strano modo: tutti si sedettero in circolo e commentarono quello che avevano fatto, quello che avevano imparato e come era stata impostata la lezione (quando tornai a casa, incorporai questa cosa nella mia scuola). Vladimir mi chiese se avessi avuto l’intenzione di allenarmi quella sera stessa. Io annuii. Lui sorrise, mi battè la spalla e disse “Bravo ragazzo”. Non mi sentivo molto bene, anzi, ero molto stanco per il viaggio e trenta ore di veglia, ma non avrei potuto certo rifiutare la proposta.

Seguii la mia prima lezione alle 19:30. Iniziò come tante altre, solo che alcuni esercizi di riscaldamento non mi erano per niente familiari. Nel Systema si usa un sacco di movimento delle spalle, al contrario delle arti marziali giapponesi. Il movimento è fluido, ondeggiante, circolare. Nelle arti giapponesi la schiena è tenuta dritta e le spalle non si muovono molto, ma nel Systema esse vengono usate per bloccare delle tecniche, in modo che le mani siano libere per proteggere zone come il basso ventre. Se i pugni sono diretti al volto, su può deviarli con le spalle e il petto.

Questa fu una delle cose più strane da imparare, per me che venivo dalle arti marziali giapponesi. Una delle prime cose che mi venne fatta notare fu che stavo “difendendo l’aria”. Nell’arte marziale russa, la maggior parte dei colpi viene bloccata o deviata molto vicino al corpo. In quelle giapponesi sono bloccate almeno a mezzo metro o più dal corpo, ed era a questo che Vladimir si riferiva con “difendere l’aria”. Disse che era meglio portare un avversario alla tua tecnica, piuttosto che applicare su di lui le tecniche. Il Systema è totalmente differente, dato che si basa sul movimento del corpo piuttosto che sulle tecniche. Disse anche che era per questo che ero andato lì, per apprendere come muovermi. Avevo già il mio fornitissimo bagaglio tecnico, ma una volta iniziato a muovermi come insegnatomi, iniziai a capire. Vladimir era sicuro che in due settimane avrei compreso tutto per bene.

Verso la fine della lezione, facemmo sparring. Il mio background è molto solido, ,i allenavo dalla fine degli anni 70 ed ero cintura nera di Shukokai, e avevo praticato Judo, Boxe, Jeet Kune Do, taiji e Aikido, quindi mi sentivo abbastanza in grado di affrontare uno come Vladimir. Dopotutto, aveva solo fatto Karate nei primi giorni del suo addestramento da Spetsnaz. Fu con estremo orrore che mi accorsi che dovevo ricorrere a tutto quello che sapevo fare solo per tenerlo a bada. Infatti, mi prese a calci in culo! Anche con i miei 23 anni di esperienza, mi colpiva a volontà. Non potevo evitare niente di quello che faceva.

Infatti, non avevo proprio idea di quello che faceva. Non ho mai visto dei movimenti tanto elusivi, anche conoscendo il Ninjitsu. Vladimir incarna l’elusione. Quando pensavo che mirasse alle gambe, andava alla testa. Quando difendevo la testa, mi colpiva al basso ventre. Appena capivo che gioco stava facendo, ne iniziava un altro e continuava a colpirmi. Tutto quello che facevo era inutile, erano decenni che non mi capitava nulla di simile. I miei allievi dicono che combattere con me è come entrare in una tagliola per orsi, ma quest’uomo era in grado di farsi largo fra i denti di acciaio e colpirmi come voleva. Fu un bene per me sapere che c’è sempre qualcuno più forte di te, in giro. Tutti i miei maestri mi hanno sempre detto “Abbi la mente di un bambino, in modo da apprendere sempre”. Non l’ho mai presa in maniera negativa. Anzi, lo presi invece come una sfida, e mi sentii contento e fortunato per aver visto che, anche dopo tanto tempo, si può sempre imparare qualcos’altro dagli altri.

L’altra lezione era di domenica pomeriggio, condotta da Randy, uno degli allievi di Vladimir. Randy ha visto combattenti di ogni parte del mondo, uomini che erano davvero dei maestri nelle loro arti venire a trovare Vladimir, e anche in quei casi lui si limitò a giocare con loro. Dopo venerdì avevo capito il perché. Lunedì ho avuto l’opportunità unica di allenarmi con un uomo chiamato Valeriy. Lo vidi già nel video sui coltelli, mentre li tirava da 5 o 10 metri nella “gola” di un bersaglio, e ora avevo la possibilità di fare sparring con lui!

Valeriy pesa circa 125 chili, ma si muove come il vento, di preferenza con piroette e avvitamenti. Era così veloce che riuscii solo a difendermi dai suoi colpi. Andammo avanti per 10 minuti, ed ero sempre meravigliato! Erano anni che non facevo uno sparring così. Poi mi dissero che era stato un campione di Ju Jitsu, e che il suo passato era così segreto che anche Vladimir glissa sull’argomento, tranne che proviene dalle forze speciali russe. Dopo essere sopravvissuto al suo massacro, Vladimir disse qualcosa in Russo a Valeriy, e questi rispose nella stessa lingua, prima di aggiungere un “Perfetto”. Poi Vladimir mi spiegò che aveva chiesto a Valeriy se fossi bravo, e che lui rispose di si. Fu uno dei migliori momenti della mia vita.
 
Iniziammo a lavorare con il coltello, e quello che successe dopo fu sbalorditivo. Ho imparato alcune delle tecniche più cattive e terribili che io abbia mai studiato in vita mia. Valeriy era contento del fatto che imparavo presto. Alcune delle tecniche erano davvero orribili, come tagli al polso, stoccate al gomito, colpi alla gola e dei movimenti che ti avrebbero aperto come un animale al macello. Quando pensi che queste cose vengono usate dagli Spetsnaz in combattimento, la realtà è facile da capire: sei lì per fare a pezzi qualcuno. Valeriy mi mostrò anche le contro difese e i contrattacchi, cose per me molto interessanti specialmente come insegnante.
Vasiliev afferma che nel Systema non si distingue fra parate, colpi e prese, poiché ogni movimento ha in realtà molte funzioni. I praticanti dimostrano una incredibile mobilità durante gli esercizi di lotta, ottenuta tramite lo sfruttamento del principio del “baricentro volante”, secondo il quale il corpo del combattente “galleggia” su e giù e in diagonale, mentre le spalle e il bacino ruotano sul loro asse per schivare e colpire. Il footwork del Systema è “scivolato”, come quando si va in skateboard, e la potenza dei colpi parte dalle anche.
I pugni del Systema seguono in genere traiettorie ellittiche. Quando il pugno parte il braccio è rilassato, ma viene teso gradualmente mano a mano che il pugno si avvicina al bersaglio. Dopo aver colpito, il braccio viene ritirato e rilassato di nuovo. Il risultato è un colpo veloce come una frusta ma molto più pesante nell’impatto. Questo tipo di movimento può essere usato per dare dei piccoli e veloci pugni chiamati “tikhok” (forse dall’avverbio russo tikho, “calmo, piano”), gomitate di lato dette “podkhliest” (da podkhliestnut’, “dare una frustata”), schiaffi al volto chiamati opleucha ( “ceffoni”), colpi che intrappolano gli arti con la parte interna delle braccia (oplet, dal verbo “oplestì”, “intrecciare”) o gomitate date con tutto l’avambraccio (obouch, all’incirca “colpo con l’accetta”). Altre tecniche di mano del Systema includono un veloce e discreto pugno al volto chiamato gichok ( forse da “gikh”, “urlo, strillo”). Per via della sua enfasi sulla sopravvivenza, il Systema include pochi calci diretti più in alto della cintura. Vasiliev afferma che i calci bassi richiedono meno energia, tempo e elasticità per essere eseguiti, e non lasciano in equilibrio instabile e vulnerabili quando si “entra o esce” dalla tecnica.
Penso che in quelle due settimane mi scorticai gambe, braccia, ginocchia e  petto più di quanto non abbia mai fatto in vita mia. Una cosa interessantissima del Systema è l’uso di quello che i giapponesi chiamano “ukemi”, o ricevere le tecniche. Un’altra cosa che mi colpì per prima fu che il Systema possiede un modo di difendersi assorbendo i colpi, tenendo il corpo molto fluido. Insegni ad ogni parte del corpo a difendersi, poiché ogni parte del corpo si “libera” dalla paura di essere colpita. E’ la difesa più naturale del mondo, poiché se hai paura di venire colpito, muovi quella parte del corpo in pericolo. Nella seconda settimana avevo meno graffi, per via della mia accresciuta abilità di fluire “con le tecniche” in un modo che non ho mai usato prima. Nelle arti giapponesi impari ad evitare i colpi con il footwork, ma quello del Systema è davvero economizzato. Se ci pensi, a volte non puoi spostarti più di tanto, quando sei al muro o in un angolo. Quindi devi imparare a muovere il corpo, e questo, cioè assorbire i colpi, diventa parte dell’addestramento.

Appena le due settimane furono passate, passai l’ultima notte a casa di Vladimir, godendomi un bagno caldo, e lo feci con piacere visto che non mi ero mai sentito così acciaccato, ma in compenso avevo ricevuto in incredibile addestramento. La moglie di Vladimir, Valerie, fece in modo che fossi ben “accudito”, e gli altri allievi erano sia preparati che amichevoli, e il mio grazie va a tutti loro. I canadesi sono davvero ospitali, la mia permanenza è stata deliziosa, a parte il dolore dell’addestramento, ovviamente! Vladimir è una persona umile, amichevole, simpatica, con una certa personalità particolare, in netto contrasto con l’immagine di assassino delle forze speciali che uno si può immaginare. Lo ringrazio di tutto cuore per la pazienza, il tempo dedicatomi, la sua generosità e amicizia. Non vedo l’ora di allenarmi di nuovo con lui.

Ed aveva assolutamente ragione, infatti tornai in Inghilterra due volte più bravo di prima. I miei allievi da tre o quattro anni notarono subito il cambiamento. Il mio assistente istruttore conosceva ormai tutte le mie mosse, riusciva a prevedere tutto quello che facevo, ma appena feci sparring con lui, quello che gli accadde fu la brutta copia di quello che capitò a me in Canada. Semplicemente, non riusciva a fermarmi, lo colpivo quando volevo e lui non capiva niente di quello che facevo. Ora, dopo un mese di addestramento con me, gli sta accadendo la stessa cosa. Il “Systema” è un’arte incredibile che vorrei raccomandare a qualsiasi marzialista in Inghilterra. Ora sono ufficialmente il primo istruttore in questa nazione, e vorrei invitare chiunque voglia praticarla a contattarmi al seguente numero o indirizzo.

Trevor Robinson
Tel: 01229 430 529
Address: 53 Longway
Barrow in Furness
Cumbria
LA13ODP

Uno delle cose più singolari del Systema è l’uso dell’energia psichica, un argomento affascinante che merita di essere davvero approfondito, cosa che intendo fare sul prossimo articolo che scriverò per “Combat”.


Link all’articolo originale:
http://www.russianmartialart.com/main.php?page=m_thesystema
Fondatore dell'omonimo sistema di difesa personale!

https://www.artistimarziali.org/forum/index.php?topic=3886.0

*

Offline Trepicchi

  • **
  • 876
  • Ricerca : Mente corpo e spirito in equilibrio
  • Respect: +19
    • Rma systema italy
  • Pratico: incontro sperimento e mi diverto
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #52 on: November 19, 2010, 00:04:58 am »
0
I BOGATYRI
Possenti indomiti cavalieri alla corte di Kiev




IL GRAN PRINCIPE DI KIEV E I SUOI CAVALIERI
anto tempo fa, o fratelli, prima che Mamaj arrivasse dall'oriente per portare pianto e afflizione sull'umida terra di Rus', la grande e splendente città di Kiev era la madre di tutte le città russe. Allora regnava sulla Santa Rus' il gran principe Vladimir, detto «Piccolo Sole». La Rus' era al sicuro, a quel tempo, e nulla potevano i peceneghi e i cumani e i tatari e tutti i feroci neri popoli della steppa, e nemmeno i giganti e le streghe e le creature pagane, perché il gran principe Vladimir si circondava di una schiera di valenti cavalieri, i bogatyri, i quali proteggevano validamente il territorio e le frontiere da tutti i nemici.

I nomi dei bogatyri sono ricordati nelle starine: Čurila Plenkovič, Djuk Stepanovič, Suchman, Mikhajl Potyk, Samson Kolyvanovič, Godenko Bludovič, Vasilij Kasimirovič, Dunaj Ivanovič, ma la fama di tutti è superata dai tre che furono i più grandi e famosi:

Il'ja Ivanovič della grande città di Murom.
Dobrynja Nikitič della grande città di Rjazan'.
Alëša Popovič della grande città di Rostov.
E questa è la loro storia.

 
SVJATOGOR
 

In russo Svjatogor vuol dire «Monte santo» con riferimento forse ai monti dove l'eroe dimorava, che potrebbero essere gli Svjatye Gory che si ergono non lontano da Pškov. Svjatogor è un eroe dai tratti arcaici, sopravvissuto in qualche modo nelle byliny del ciclo di Kiev.
aestoso titano di un tempo antico, ai tempi del gran principe Vladimir il vecchio Svjatogor si muoveva ancora per i confini della Santa Rus', nonostante la fede ortodossa fosse ormai giunta dalla Grecia e gli antichi dèi pagani non avessero più il potere di un tempo. Relitto di un tempo scomparso, Svjatogor guidava il suo cavallo per l'aperta ampia steppa. Così gigantesca era la sua corporatura che era costretto addirittura camminare sulle cime dei monti per evitare che la terra sprofondasse sotto il suo stesso peso.

Ma nonostante il suo tempo fosse ormai trascorso, Svjatogor ancora traboccava di orgoglio per la propria potenza, che sentiva diffondersi per le membra e i tendini come argento vivo. — Se la terra avesse un anello, — si vantava, — potrei rovesciarla su un fianco!

Mentre così andava per l'aperta ampia steppa, vide al suolo abbandonata la piccola bisaccia perduta da un pellegrino. La toccò con la punta della lancia ma non gli riuscì a spostarla. Allora si chinò dal cavallo per afferrarla, ma la bisaccia non si staccò da terra.

— Molti anni ho viaggiato per il mondo ma non ho mai trovato un simile portento — disse Svjatogor. — Una piccola bisaccia che non si muove dal posto dove si trova!

Allora Svjatogor scese maestosamente da cavallo, si chinò e afferrò la bisaccia con entrambe le mani e tirò con tutte le sue forze. La bisaccia si sollevò fino all'altezza dei suoi ginocchi... ma fino ai ginocchi era sprofondato Svjatogor nella nera terra. Sul pallido viso del gigante non scorsero lacrime, ma sangue. Lì Svjatogor s'incastrò, l'orgoglioso titano dei tempi andati, e, dicono alcuni, dovette restarvi finché giunse la sua morte.

estratto dal sito Bifrost....
vedi : http://bifrost.it/Sintesi/Bogatyri.html
...Sono il padrone del fuoco e vedo le cose nascoste, vedo la fiamma che si fa tempo, odo il flessibile fuoco del sacrificio sonoro sono un Unuzi, un bimbo davanti al mistero del mondo colmo di timore davanti al Fuoco, che ricompone le cose disperse..Preghiera di uno Sciamano Siberiano.***

*

Offline Trepicchi

  • **
  • 876
  • Ricerca : Mente corpo e spirito in equilibrio
  • Respect: +19
    • Rma systema italy
  • Pratico: incontro sperimento e mi diverto
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #53 on: November 19, 2010, 08:42:42 am »
0


Sabato 18 Dicembre  CAMPOGALLIANO (MO)

- Palestra HEALTH CLUB 1 -

Via Barchetta 21

Campogalliano (Modena)

Stage aperto a tutti

SYSTEMA RUSSIAN MARTIAL ART

Istruttore Luca Chiarato

SYSTEMA TRAINING GROUP PADOVA




Dalle ore  10 ALLE ORE 13



Info Contatti (prenotazione obbligatoria):



Manuel Casado

Tel.             335 428292     

mail: elhispanico@virgilio.it

Antonio

Tel.             348 0140427     

mail: antonio.cancian@gmail.com

vedi:

http://www.systematraininggrouppadova.it/index.php?option=com_content&view=article&id=67:stage-campogalliano&catid=36:eventinazionali&Itemid=64&lang=it
 
...Sono il padrone del fuoco e vedo le cose nascoste, vedo la fiamma che si fa tempo, odo il flessibile fuoco del sacrificio sonoro sono un Unuzi, un bimbo davanti al mistero del mondo colmo di timore davanti al Fuoco, che ricompone le cose disperse..Preghiera di uno Sciamano Siberiano.***

*

Offline Dottor Wolvie Killmister

  • *****
  • 3.548
  • Maresciallo Capo, Plotone da Pub Ar.Ma.
  • Respect: +747
  • Pratico: Pentatonica, Eptatonica, 9a Minore Armonica + боевая контрразведка & Videomaking Marziale, Difesa Personale Autoprodotta, Culto del "Cattivo Gusto"
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #54 on: November 20, 2010, 17:23:29 pm »
0

Il mio incarico speciale


Articolo del Dr. Brett Jacques tratto da GRAPPLING ARTS INTERNATIONAL MAGAZINE di Novembre/Dicembre 1999

Quando l’incarico mi arrivò sulla scrivania, strabuzzai gli occhi. Credevo sarebbe stato un incarico difficile. Il mio editore mi dà sempre compiti difficili. Usa dire che se è facile non è bello. Mi accorsi che qualcosa non andava appena vidi che quella busta di un anonimo colore gialle portava un timbro, G.A.I.N. Top Secret.
La aprii e lessi questo profilo:

G.A.I.N. TOP SECRET
Soggetto: Vladimir Vasiliev detto “Il Serpente”
Età: 40
Luogo di nascita: Tver’, Russia
Altezza. 1, 83 m
Peso: 81,82 kg
Trascorsi operativi: dato coperto da segreto
Stato civile: sposato con tre figli
Residenza: Richmond Hill, Ontario, Canada
Occupazione: Istruttore di arti marziali
Esperienza di pratica marziale:
Boxe: 5 anni
Karate: 1 anno
Combattimento corpo a corpo militare (Systema): dato coperto da segreto.
Altri metodi:
Metodo insegnato da Mihail Rjabko: più di 20 anni
Metodo insegnato da “Zio Piotr”:  più di 5 anni
Hobbies: Gadget elettronici, leggere libri di storia
Musica preferita: i Beatles
Film preferito: Fuga di Mezzanotte
Cibo preferito: semi di girasole arrosto
Bevanda preferita: birra Heineken

Avevamo già qualcosa su quest’uomo, ma l’editore voleva di più. Il telefono squillò e io risposi. Era lui.
“Che diavolo stai facendo ancora qui?”
“Eh?”
“Porta le chiappe a Toronto e scoprimi tutto quello che c’è da sapere su questo tipo. Mettilo alla prova. Prendilo a pugni, afferralo, fai qualsiasi cosa necessaria a vedere se non è un ciarlatano. Non facevi anche tu una cosa russa? Forse per questo quello lì collaborerà con te meglio di chiunque altro. Allora, perché stai ancora al telefono? Muoviti!”

Con il telefono appena chiuso in faccia pensai “ottimo, Toronto in gennaio. Perché non mi ha spedito in Brasile a intervistare Sperry?”. Arrivai quando la neve iniziava a cadere. Andai a casa sua, dove lui e sua moglie Valerie mi accolsero a braccia aperte e calorosità di cuore. Arrivai quasi a mezzogiorno, e per le successive quattro ore gustammo la cucina russa, parlammo e guardammo dei video. Per chi di voi non conosce l’ospitalità russa, vi consiglio l’esperienza, non rimarrete delusi. Prima del mio viaggio, mi ero documentato su quest’uomo da tutte le fonti che conoscevo. Mi ero procurato anche tutti i suoi video. Per via di queste informazioni, commisi l’errore che un buon reporter non dovrebbe mai fare: iniziare un intervista con un pregiudizio negativo. Ma diamine, da quello che avevo saputo questo tipo avrebbe potuto stracciare Bruce Lee, Quaichang Kane,  Giacobbe e l’Arcangelo, e pure Godzilla. Unità segrete qui, tecniche segrete là…
I video, beh… sembravano finti. I suoi colleghi di allenamento sembravano tuffarsi a terra apposta.

Così, dopo aver parlato con il Super Guerriero dei Corpi Speciali per quattro ore, lo trovai una delle persone più autentiche che io abbia mai incontrato. La sua conoscenza degli argomenti correlati alle arti marziali era immensa, a volte rimanevo senza respirare o battere ciglio. Analizzammo dei video di altri istruttori russi e americani (fra cui anche il mio). Scoprii che era davvero appassionato dello studio del movimento e della sua applicazione reale. Non era interessato negli sport da combattimento, ma solo a quello che funziona per strada e sul campo di battaglia. Pensai che questo era eccellente. Sapeva di cosa parlava, ma cosa era in grado di fare, realmente? Lo avrei scoperto subito. Era ora della lezione.

Iniziammo con parecchi esercizi di riscaldamento strani che culminarono in una spintonata tutti contro tutti. Io scelsi Vladimir come mio avversario preferito. Questo tipo smilzo era forte. Rimasi sorpreso dalla sua forza, era oltre quello che immaginavo. Poi, spiegò i principi del movimento e fece una dimostrazione di quello che avrebbero dovuto fare i suoi allievi. Quindi venne da me, e rimanemmo un po’ isolati dagli altri. Gli dissi, prima di iniziare, che avevo visto i suoi video, e quelle cose mi sembravano finte. Gli spiegai che avevo l’impressione che non fosse roba fattibile per strada. Sorrise benevolmente (oppure fece un ghigno malefico, non lo so) e disse “Proviamo. Tu vai di pugni, calci, quello che vuoi, e io mi muovo”. Lanciai tutta una serie di calci e pugni. Anche se non ce la mettevo tutta, non ne avrei avuto bisogno comunque. Questo tizio era fenomenale. Mi colpiva dagli angoli più strani e imprevedibili. Ogni colpo non fu da KO, ma aveva degli strani effetti che non potevo e non posso ancora spiegare. Potevo andargli addosso e magari atterrarlo, ma il dolore che mi aveva fatto provare me la faceva sembrare una opzione sconsigliabile. Era incredibile nello schivare. Tutto considerato, posso dire che è bravo per davvero. Continuammo con del lavoro sulle difese da coltello, punti di pressione, principi di protezione personale e, soprattutto, rilassamento. L’abilità di reagire stando rilassati è importantissima, nel metodo insegnato da Vladimir.

Per me si trattò di una esperienza fenomenale, che diventava sempre più illuminante mano a mano che la lezione si svolgeva. Come descrivere questo metodo? In base al mio background, dovrei dire che si tratta di Silat Ubriaco o Ba Gua Brillo o forse Aikido Sbronzo. Diamine, davvero f***utamente straordinario. Tuttavia, un sistema è buono solo se poi lo puoi insegnare a qualcun altro. Si può imparare? Se si, quanto ci si mette per diventare bravi? Ad alcune di queste domande mi hanno risposto due dei suoi allievi, che frequentano da circa due anni. Questi ragazzi erano fluidi, veloci, ma non erano dei cloni di Vladimir. Essi hanno fato in modo che il metodo funzionasse per loro. Questa esperienza di allenamento provocò delle scosse sismiche nella mia mentalità marziale. Varrebbe la pena per chiunque faresi una vacanza dalle parti di Toronto (in qualsiasi periodo dell’anno) per allenarsi da Vladimir.

GAIN: Quale è stata la tua prima arte marziale, e quanti anni avevi?

VV: Iniziai con la boxe, a 13 anni.

GAIN: E poi cosa praticasti?

VV: Lo stile di combattimento corpo a corpo insegnatomi nell’esercito, conosciuto come “Il Sistema”, un termine che indica una serie di tecniche basate principalmente su strategie e tattiche. A venti anni, iniziai Karate e dopo sei mesi di pratica, feci secondo posto in un  Kumite pan-russo, categoria 70 kg. Era un torneo a contatto leggero, ma alla fine sembrava che chi perse avesse avuto bisogno del medico.

GAIN: Quale aspetto del Karate ti piaceva?

VV: Quello delle gare, nelle quali potevi far vedere cosa sapevi fare.

GAIN: Quando iniziasti ad addestrarti con Mihail Rjabko?

VV: Iniziai quando avevo 20 anni. Io e un mio amico lo andammo a vedere perché si diceva che fosse molto bravo. Lo attaccammo all’unisono. Io calciai e il mio amico colpì di pugno, e cademmo entrambi a terra. Così, iniziai ad allenarmi con lui. Ma continuai lo stesso a praticare Karate, fino a quando mi trovai in uno scontro per strada e mi feci male il ginocchio. Allora mi resi conto che l’addestramento del Karate non mi aveva insegnato a continuare a combattere anche se fossi stato colpito. I movimenti che imparavo da Mihail invece mi permettevano di farlo. Mi fermai col Karate, ma mi piace ancora dare calci. Per impressionare la mia futura moglie e sua madre, feci un giochetto di abilità. Mentre Valerie teneva una scatola di fiammiferi verso di me  io tirai un calcio saltato ruotato tenendo un fiammifero tra le dita del piede, accendendolo sulla minerva. Ero anche bravo a tirare le cose, e le impressionai anche tirando delle lamette da barba nel legno, piantandole in profondità.

GAIN: Dimmi qualcosa in più su Mihail Rjabko.

VV: Venne addestrato da uno delle guardie del corpo di Stalin quando era nell’esercito. Iniziò davvero molto giovane. E’ una brava persona, e io ho imparato molto da lui. Vado ancora da lui in Russia per allenarmi, ogni volta che posso.

GAIN: Hai avuto altri istruttori?

VV: Uno, che chiamavo “Zio Piotr”. Lo incontrai per strada, e iniziammo a parlare. Quindi, iniziammo ad allenarci insieme. Aveva una settantina d’anni, ma era davvero forte. Zio Piotr diceva che il suo sistema derivava dall’aver avuto a che fare con i Samurai. Era basato su reazioni istantanee, lasciando all’avversario solo la prima mossa. Era davvero spaventoso lavorare con lui, era davvero brutale. Mi insegnò a riconoscere subito i punti deboli dell’avversario istintivamente, a pelle. Mi disse che molto tempo fa la gente era più rilassata e più sveglia. Questo permetteva di scoprire debolezze e infortuni negli altri sensitivamente. Mi insegnò a guarire tramite il trasferimento di energia. Mi allenai con lui per cinque anni.

GAIN: Quali sono le tue tecniche preferite?

VV: In realtà uso movimenti, non tecniche. In Russia, gli scontri da strada sono roba normale; la gente è subito pronta a partire. E’ normale per la nostra cultura. Succede nei ristoranti, nei bar, dovunque. Ogni volta che mi sono travato a combattere, è stato così rapido che poi guardavo la gente a terra e non mi ricordavo neanche cosa avessi fatto precisamente.

GAIN: Quali sono i punti di forza in quello che insegni?

VV: Permette la crescita in orizzontale (qualità umane) e in verticale (livelli di abilità). Rende meno aggressivi perché rende più rilassati e contenti. Permette di vedere le cose, e non solo guardarle.

GAIN: E i punti deboli?

VV: Ci sono in ogni sistema, ma ancora di più nel singolo praticante. Mi piace insegnare a brave persone, a gente di cuore.

GAIN: Una delle citazioni più interessanti del tuo ”Russian System Guidebook” dice “Dieci feriti sono meglio di un morto”. Ce lo spieghi?

VV: Un essere umano è facile da danneggiare quando sai come farlo. Ma il Systema promuove un buon carattere morale e il rispetto per la vita umana. Se puoi portare a termine il tuo compito senza  prendere delle vite, è una cosa buona.

GAIN: Il tuo metodo si basa più sui principi e  movimenti che sul sistema tradizionale fondato sulle tecniche. Spiegacelo.

VV: I principi ti permettono di improvvisare e adattarti. Imparare a muoversi serve alla stessa cosa. Quando inizia uno scontro, esso è sempre imprevedibile, e devi essere in grado di reagire, essere flessibile, adattarti. Questo si costruisce sui tuoi riflessi naturali. E’ anche importante muovere solo la parte del corpo che serve. Questo permette di colpire da ogni direzione.

GAIN: Che tipo di approccio usi nelle tue lezioni?

VV: Per prima cosa, la lezione deve essere divertente. C’è tanto lavoro da fare, ma deve essere piacevole. Usiamo la progressione, negli allenamenti. Con questo intendo che usiamo armi di legno e colpi leggeri, e piano piano passiamo ad usare lame vere e colpire sul serio. Facciamo anche del lavoro da bendati. Alla fine della lezione, discutiamo su quello che abbiamo fatto, anche per aiutarci a capire meglio. Crediamo nell’addestramento a contatto come aiuto a sviluppare le reazioni, la padronanza di movimento e il rilassamento. Quest’ultimo è importante perché la rigidità impedisce il movimento.

GAIN: C’è una base filosofica nel tuo sistema?

VV: La filosofia è molto importante. Una breve introduzione è presente nel mio manuale. La filosofia serve infatti come guida, come concetti di cui tener conto. Ci sono dieci importanti principi che aiutano nello studio del Systema russo.
Armonizza la tua vita.
Non essere aggressivo.
Pensa continuamente.
Non affidarti alle regole.
Capisci che non è l’arma ad essere pericolosa, ma chi la impugna.
Accetta che esistano la sconfitta e la rabbia.
Allontanati senza interrompere il contatto.
Non preoccuparti di come appari.
Fai tutto con attenzione e naturalezza.
Cerca sempre di risparmiare energie in quello che fai.

GAIN: Sono dei principi validi. Nella tua guida parli del sistema salutistico russo. Su quali concetti si basa?

VV: Ne imparai i primi principi quando ero nell’esercito. Lì, non venimmo addestrati ad essere delle macchine, ma a svilupparci da soli. Ci vennero insegnate le basi di molte cose che poi approfondimmo per conto nostro. La stessa cosa vale per il sistema salutistico russo. Usiamo idroterapia, digiuno, alimentazione istintiva, movimento e respirazione corretta.

GAIN: Segui una dieta speciale?

VV: Mangio “ad istinto”, e faccio circa 40 ore di digiuno una volta a settimana. Questo mi aiuta a lavorare meglio.

GAIN: Segui una routine speciale di esercizi?

VV: Anche qui è l’istinto a dirmi cosa devo fare, ma ho lezione ogni giorno, quindi già questo mi dà un’ampia base di esercizi.

GAIN: Cambiamo un pò argomento. Cosa pensi degli incontri cosiddetti “Senza Regole”?

VV: Che ne hanno un po’ troppe, per chiamarsi così. Hanno permesso alle arti marziali di andare avanti, ma favoriscono i tipi grossi. Questi sono i primi a venire colpiti dai proiettili in combattimento, perché non si muovono così bene, e oltretutto sono dei bersagli grossi. Sono i tipi più piccoli a sopravvivere in questi scontri.

GAIN: C’è del grappling in quello che insegni?

VV: Non facciamo Sambo. Ci focalizziamo sul movimento e non sulle tecniche. I nostri atterramenti provocano delle cadute scomposte, e quindi già a grande rischio di fare male solo impattando col suolo. Non lo pratichiamo molto, e lo stesso vale per la lotta a terra. Noi usiamo prima di tutto muoverci attraverso gli arti dell’avversario piuttosto che stringerli e metterli in leva. Insegno delle leve e delle prese, ma principalmente a poliziotti e bodyguards.

GAIN: Cosa riserva il futuro per Vladimir Vasiliev?

VV: Produrrò dei video di altri istruttori russi. Viaggerò in America e in Europa per tenere dei seminari.

Basandosi sul mio resoconto dell’allenamento con Vladimir, una organizzazione locale di Kung Fu organizzò un seminario di due giorni. Bene, vi parteciparono più di 100 persone da otto stati diversi. C’erano anche alcuni allievi di vecchia data di Vladimir. La quantità di informazioni data in quei due giorni avrebbe potuto essere spalmata in due settimane. Diedi a Vladimir un canovaccio di quello che la gente voleva vedere, e lui fece questo e altro. Facemmo del lavoro sui punti di pressione, strategie offensive, disarmi da coltello e pistola, cadute che erano delle vere e proprie capriole, principi sui colpi a mano aperta e altri che ne permisero l’inclusione anche nello stile di Kung Fu che i presenti stavano già praticando. Dopo la prima sera, avevamo organizzato un  piccolo banchetto con Vladimir e gli organizzatori principali del seminario. Mangiammo e bevemmo russo, raccontando aneddoti fino a tardi. Il giorno dopo andò tutto bene, senza fastidiosi dopo sbornie. Alla fine del week end, ognuno era contento. Molti praticanti di stili tradizionali ebbero un brusco cambiamento nei propri paradigmi marziali. Vorrei anzi dire che molti dei partecipanti non avrebbero mai più praticato nello stesso modo di prima.

Bene, è tutto qui lo scoop su Vladimir Vasiliev, un marzialista di talento e una persona davvero autentica. Raccomando vivamente i suoi stage e i suoi video. L’insegnare uno dei sistemi marziali più originali ed efficaci, lo rende uno dei migliori istruttori del nord America.

Link all’articolo originale:

http://www.russianmartialart.com/main.php?page=m_specialassignment

Fondatore dell'omonimo sistema di difesa personale!

https://www.artistimarziali.org/forum/index.php?topic=3886.0


*

Offline Dottor Wolvie Killmister

  • *****
  • 3.548
  • Maresciallo Capo, Plotone da Pub Ar.Ma.
  • Respect: +747
  • Pratico: Pentatonica, Eptatonica, 9a Minore Armonica + боевая контрразведка & Videomaking Marziale, Difesa Personale Autoprodotta, Culto del "Cattivo Gusto"
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #55 on: November 23, 2010, 11:24:31 am »
0

Vladimir Vasiliev: La mente guerriera russa sta per colpire l’Inghilterra.
Articolo di Trevor Robinson tratto da COMBAT del marzo 2000


I due guerrieri si fronteggiarono sul campo di battaglia, spada in pugno, mortalmente tetri, per un lungo e intenso attimo. Nelle loro vene sangue, paura e adrenalina; il loro unico suono, un respiro pesante.

Un istante dopo, il primo guerriero attacca con la sua grande spada, descrivendo un arco diretto verso la testa del suo nemico. Lo vedo pensare, nell’assalto, di essere a un passo dalla vittoria. Il secondo guerriero alza la mano e la muove alla sua sinistra, con un gesto fluido e misurato. Con un misto di sorpresa e incredulità il primo guerriero fende l’aria, e nello stesso istante il secondo fende il suo corpo. Giacendo a terra, egli muore con un unico pensiero: cosa ho sbagliato?

Il guerriero ancora in vita conosce bene la risposta a quella domanda. Egli è un maestro del “Systema”, e quella sua immensa abilità nell’uso dell’energia psichica, lo stato più alto della tecnica marziale, sarebbe stata accuratamente tramandata nei secoli a venire.

Un viaggio marziale
Prima che io parli di Energia Psichica, devo chiarire un pò di cose, dato che si tratta di un argomento “provocatorio” e poco conosciuto. Sebbene sia vasto e complicato, cercherò di presentarlo in maniera semplice.
Le arti marziali e le condotte di vita religiose sono sempre andate a braccetto, le arti cinesi con il Taoismo e il Buddismo, quelle giapponesi con lo Zen, lo Shintoismo e le varie scuole buddiste; anche Templari e i Crociati come i Thug dell’India erano parte di un ordine religioso.
Storicamente,  il “vero guerriero” ha sempre lavorato sul proprio corpo, mente e spirito e c’è sempre stata un Via, un Sentiero verso l’Illuminazione. Lavorando così, ogni artista marziale ha modo di perfezionarsi, espandere liberamente la propria coscienza delle cose della propria vita. E perfezionando sé stesso, perfezionerà così anche la propria tecnica.
Sul sentiero del Systema, il marzialista impara che la tecnica deve essere una reazione naturale e non una risposta insegnata dall’esterno (attraverso kata, ripetizioni.. ecc), e così, temprando l’aspetto psicologico (la mente) e intuitivo (lo spirito), è in grado di padroneggiare la tecnica (e viceversa).
Chiunque si addestri a lungo e seriamente riuscirà ad andare oltre la tecnica, fino al livello dei principi, cioè il “come funzionano” le tecniche.
Quando si acquisiscono i circa 30 principi del Systema, non ci sono più tecniche, ma solo movimenti e reazioni naturali che aiutano il corpo a “pensare”, e che quindi si traducono nella giusta risposta alla situazione di pericolo. A questo punto, è di grande utilità praticare un arte marziale basata sulla biomeccanica umana, e non quella animale. Dopotutto, un coniglio non cerca mica di muoversi come un lupo, no?

A questo livello, la mente e il corpo sono libere dalle tecniche (quando pensate, cioè state in uno stato di attività più o meno introspettivo, con la mente in un altro luogo e tempo). Libera dalla tecnica, la mente è presente nel “qui e ora”, e il corpo reagisce spontaneamente con l’avversario a livello fisico, psicologico e psichico. Il Systema russo afferma che solo le reazioni naturali costituiscono una buona difesa. Questo è particolarmente vero quando ci si batte con più avversari.
Man a mano che il marzialista si avvicina alla sfera spirituale, le differenze fra chi si scontra svaniscono, e il combattimento diventa ai suoi occhi un semplice rapporto di energie in movimento.
Chi si difende non ferma il movimento dell’attacco, ma lo lascia continuare in una nuova direzione, anzi dandogli altra forza. Così, chi attacca fornisce a chi si difende lo strumento per farlo. L’aggressore viene sconfitto con il proprio gesto. Chi si difende “ruba” l’impeto all’attacco, facendolo diventare inefficace.

Per fare ciò, bisogna sempre “assecondare” il movimento dell’attacco. Come detto prima, bisogna quindi essere sempre in un rapporto interattivo, e questo significa che anche chi ha attaccato, allo stesso modo, reagirà alla difesa appena fatta! Prendete nota: è necessario stare sempre in rapporto di movimento con l’avversario per accorgersene. Infatti noi siamo sempre in relazione con il nostro ambiente. Se non lo si tiene a mente, se ne possono anche pagare le conseguenze. Chi attacca deve continuare a credere di stare prevalendo fino al momento della sconfitta (altrimenti cambierà movimento). Per ottenere questo, è importante che chi si difende sia nello stato di coscienza adatto, privo di introspezione. Solo allora capirà che non è importante fare ciò che si pensa funzioni per difendersi, ma fare quello che è richiesto dall’attacco “qui e ora”.
Così, i movimenti di chi si difende (tecniche) saranno le reazioni dirette ai movimenti dell’attacco, e non la sua idea di cosa farà l’avversario. Questo principio si applica anche al contrario, cioè quando poi siamo noi ad attaccare!
A questo punto si sta lavorando con i concetti di tempo, spazio ed energia. Non c’è più niente che rassomigli a un conflitto. Si è in gado di ingaggiare lo scontro e controllare l’avversario da una “zona sicura”, e i suoi movimenti non saranno altro che degli influssi di energia.
Ovviamente, si può esplorare questo livello liberamente dagli altri, si può arrivare a praticare anche molto bene l’uso dell’Energia Psichica anche prima di imparare a combattere fisicamente, ma sarebbe di poca o nulla utilità pratica senza avere compreso anche tutto il resto. Ora, parlerò di questo livello superiore.

Energia psichica

I pensieri sono cose. Dove va il pensiero, lì va l’energia.
I concetti di Ki (giapponese), Chi o Qi (cinese), Prana (indiano) e tutti i suoi altri nomi è così radicato nel tessuto delle culture del mondo, che solo i più miopi fra gli  individui ne possono negare l’esistenza. Per loro, le conseguenze psicologiche del crollo di ciò in cui credono sarebbero troppo immense. Significherebbe infatti che il corpo non termina alla pelle, con tutto ciò che ne consegue, e ci sono molte persone che non contestano tale osservazione.

Significherebbe inoltre che l’aura umana, il mesmerismo, l’imposizione delle mani e la magia che fa uso consapevole di quest’energia (stregoneria) sarebbero cose vere, ed è un po’ troppo per chi vive nel nostro mondo permeato dalla tecnologia. Allora: se quest’energia esiste, che cos’è in realtà?

Attraverso il nostro addestramento nelle arti marziali, iniziamo a fare più attenzione ad aspetti dell’esperienza che forse prima non avevamo neanche notato. Iniziamo ad accorgerci e dare più peso a cose come incontrare qualcuno per la prima volta, e trovarlo simpatico o antipatico prima ancora di saperne qualcosa di più. Ci piacciono le vibrazioni di chi ci circonda, possiamo accorgerci che qualcuno ci osserva, e quando guardiamo a nostra volta (cos’è che vi fa guardare a vostra volta?) ci accorgiamo di “leggerne” lo stato d’animo, o che sta per succedere qualcosa oppure il telefono squilla e sappiamo già chi è dall’altra parte. Se riusciamo a permetterci di sviluppare questa capacità, iniziamo a vedere il mondo in maniera diversa. 

Il dr. Viktor Inyushin dell’università russa di Kazakh, fin dagli anni 50 ha lavorato intensamente sul campo di energia generato dall’essere umano. Dai risultati dei suoi esperimenti, è arrivato a ipotizzare l’esistenza di un energia detta “bioplasmica”, composta da ioni ed elettroni e protoni liberi. Dato che questo è in uno stato fisico diverso dagli altri quattro stati conosciuti, cioè solido, liquido, gassoso e plasmico ( a proposito, la tecnologia LCD è basata su quest’ultimo), Inyushin suggerisce che il campo di energia bioplasmico sarebbe un “quinto stato” della materia.

Le sue osservazioni dimostrarono che le particelle che compongono questo bioplasma sono in continuo moto e continuo rinnovamento, il tutto provocato dai processi chimici delle cellule. Sembra che ci sia un’equilibro fra le particelle positive e quelle negative, entro il quale il bioplasma è relativamente stabile. Se c’è uno squilibrio, questo influisce sulla salute dell’organismo.
Ma nonostante questa stabilità del bioplasma, Inyushin ha scoperto che una buona porzione di questa energia è irradiata nello spazio. Correnti di particelle di bioplasma che staccatesi dall’organismo possono essere misurate nel loro volo attraverso l’aria. Sono queste invisibili correnti o linee di “essere umano” che vengono manipolate dal praticante di Systema, e che con esse manipola anche l’avversario. Quindi, siamo arrivati a parlare di un mondo di energia vitale e forma bioplasmica, che si muove intorno e lontano dal corpo.

Se ci documentiamo, ci accorgiamo che questo fenomeno era già conosciuto, fin dall’antichità. E’ solo in tempi recenti che si è avuta un riscoperta dell’argomento. Via via che la nostra conoscenza si è sviluppata, e la fisica Newtoniana ha lasciato il campo a concetti come relatività, elettromagnetismo e teoria delle particelle, siamo sempre più in grado di vedere le connessioni tra l’oggettiva descrizione scientifica e la nostra soggettiva esperienza di vita.

Quindi, com’è questa energia? Allora, la miglior descrizione che ho avuto mi è stata data da mio figlio di tre anni e mezzo, Dominic, che mi disse che sembrava come un soffio quando, ehm, l’ho testata su di lui, e che gli veniva la ridarella e sentiva una spinta verso il muro alle sue spalle. Personalmente, non mi aspetto che chiunque mi creda, almeno fino a quando non abbia provato in prima persona, ma ognuno di noi ha una certa abilità con questa energia. 

La mia prima esperienza reale di questa energia risale al 1995, durante i 5 giorni del mio esame di Ninjitsu per la cintura nera. Una prova consisteva nell’evitare un colpo di spada mentre stavo in ginocchio, con gli occhi bendati, rivolto lontano dal mio maestro giapponese, anch’egli con gli occhi bendati (forse per evitare di fermarsi se non mi fossi mosso!). Mentre avrebbe calato la sua spada sulla mia testa, per uccidermi (mentalmente, spero..), lo scopo del test era di vedere se fossi stato in grado di accorgermi dell’energia della sua intenzione. Lo passai al primo colpo, grazie a Dio, senza alcun trucco.

Se si aspetta di sentire il suono della spada essa avrà già colpito, mentre se il corpo avverte l’intenzione dell’aggressore, esso si muoverà in tempo dalla linea dell’attacco. La maggior parte delle persone non è in grado di usare questa capacità perché tende a ignorare queste reazioni del corpo, almeno fino a quando si raggiunge un certo livello. Bisogna liberarsi del “sé” (attività, introspezione), così che il corpo possa sentire la minaccia esterna. Da quel test, e specialmente da quando pratico Systema, ho acquisito una nuova e maggiore abilità, che mi permette di far colpire o afferrare a vuoto, come anche far cadere a metà dell’attacco (senza contatto fisico!), ma quello che so fare io impallidisce a confronto delle incredibili abilità dei veri maestri del Systema.

Allenare l’energia psichica
Vladimir Vasiliev è un maestro del Systema, ed è in grado di farne un incredibile uso volontario. Ma dato che è così umile, sarebbe il primo a negarlo! Per spiegarmi, mi affiderò al suo resoconto personale sul tipo di addestramento al quale venne sottoposto durante il suo servizio nelle unità speciali russe, gli Spetsnaz:

“ Il segreto di questa adattabilità consisteva nell’addestramento psichico ricevuto. Dovevi arrivare molto oltre il semplice aspetto fisico e psicologico, fino a un punto in cui l’intuito e il cosiddetto sesto senso, che tutti abbiamo ma pochi usano, diveniva parte della tua vita quotidiana. La consapevolezza ambientale, o lo sfruttamento del tuo sesto senso era il focus di molti degli esercizi. Le lezioni potevano durare anche 5 ore, e in alcune eri bendato dall’inizio alla fine. Dovevi seguire la lezione, fare gli esercizi e comprendere i principi spiegati dagli istruttori senza bisogno della vista.
Durante gli sparring, l’istruttore camminava per la stanza, colpendo con una bastonata qualsiasi allievo che si fosse fatto sorprendere distratto. Questo velocizzava il processo di acquisizione della percezione degli altri presenti nell’ambiente. Altre volte, venivamo condotti in stanze totalmente buie, e dovevamo indovinare se e quante persone ci fossero dentro insieme a noi. Dovevamo anche identificare, bendati, dei colori solo toccando dei pezzi di carta colorati. Così, la consapevolezza veniva estesa oltre i cinque sensi, raggiungendo l’area della psiche.
Alcuni istruttori già esperti nella trasmissione dell’energia psichica caricavano dei bicchieri di acqua. Si trattava di un trasferimento di energia, come se fosse stato un tocco taumaturgico. Si concentravano sull’acqua, e la caricavano senza toccarla, tramite le dita. L’allievo dopo doveva entrare nella stanza e riconoscere i bicchieri caricati. Lo scopo di questo esercizio era quello di saper riconoscere se quello che si sta per bere è avvelenato. Il veleno è molto più “potente” della semplice acqua, e imparare a riconoscerne l’energia era uno degli obbiettivi finali dell’addestramento.
Prima di dormire, ci insegnarono visualizzare l’ambiente che ci circondava. Diventavamo totalmente consapevoli dell’aspetto, del suono e del colore della stanza. Dopodiché ci aggiungevamo anche la percezione tattile. Mettevamo tutte queste informazioni nella mente, e ci addormentavamo. Se qualcosa fosse stato cambiato nella stanza, ci saremmo svegliati e avremmo reagito alla situazione.
L’istruttore cambiava qualcosa nell’ambiente, anche di pochissimo, e noi dovevamo svegliarci o risponderne coi superiori. Dopo molta pratica, imparammo a farlo. Dormivamo con i piedi fuori dal letto o dal sacco a pelo, in modo da poter metterci in piedi e rispondere istantaneamente. Dormo ancora così.
Successivamente, arrivavi a comprendere e rispettare le tue capacità, e imparavi ad usarle solo nei limiti del raggiungimento del tuo obbiettivo. C’è una forte componente morale nell’arte marziale russa, esattamente come nelle altre arti del mondo. Diventare un oppressore o usare i tuoi poteri per compiere il male sarebbe una vera disgrazia, rendendo completamente estranei a quello che dovrebbe essere un guerriero, e finirebbe per indebolire irrimediabilmente il proprio potere interiore”.

Questa è la mia introduzione all’energia psichica. Nel mio prossimo articolo per Combat, mi soffermerò un po’ di più sull’addestramento fisico e mentale ricevuto da Vladimir negli Spetsnaz, la sua filosofia di vita e altri aspetti interessanti dell’arte marziale russa, il Systema.


Link all’articolo originale:

http://www.russianmartialart.com/main.php?page=m_mindwarrior

Fondatore dell'omonimo sistema di difesa personale!

https://www.artistimarziali.org/forum/index.php?topic=3886.0

*

Offline Trepicchi

  • **
  • 876
  • Ricerca : Mente corpo e spirito in equilibrio
  • Respect: +19
    • Rma systema italy
  • Pratico: incontro sperimento e mi diverto
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #56 on: November 27, 2010, 04:53:30 am »
0


Tre video apparsi su Discovery Channel....che trattano systema

intervistatore è uno dei protagonisti  del canale Go Warrior ( http://www.tmvc.sg/go-warrior/ )





« Last Edit: November 27, 2010, 04:57:38 am by Trepicchi »
...Sono il padrone del fuoco e vedo le cose nascoste, vedo la fiamma che si fa tempo, odo il flessibile fuoco del sacrificio sonoro sono un Unuzi, un bimbo davanti al mistero del mondo colmo di timore davanti al Fuoco, che ricompone le cose disperse..Preghiera di uno Sciamano Siberiano.***

*

Offline Dottor Wolvie Killmister

  • *****
  • 3.548
  • Maresciallo Capo, Plotone da Pub Ar.Ma.
  • Respect: +747
  • Pratico: Pentatonica, Eptatonica, 9a Minore Armonica + боевая контрразведка & Videomaking Marziale, Difesa Personale Autoprodotta, Culto del "Cattivo Gusto"
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #57 on: November 30, 2010, 22:51:50 pm »
0

FIGHT CLUBS: Dalla Russia con...

Articolo di Steve Payne tratto da “THE TORONTO SUN” del 13 gennaio 2001

Nel film “Fight Club”, con Brad Pitt, la gente si prende a pugni in faccia per divertimento. Mentre Hollywood diventa così estrema, a Toronto uomini e donne praticano ogni giorno il combattimento disarmato. Perché? Per stare in forma e per rinforzare l’autostima, per rilassarsi e scaricare i nervi, senza però pestarsi a morte.
Qui c’è un bel pò di possibili discipline, dalla boxe al karate passando per le lezioni di un ex membro delle Forze Speciali Russe, gli Spetsnaz. 

Incontriamo questo “James Bondsky”, o meglio Vladimir Vasiliev, un veterano delle missioni segrete, così addestrato all’azione che dorme ancora con i piedi scoperti. E’ un’abitudine consolidata da un decennio di servizio nelle unità speciali, anche in missioni sotto copertura. Come soldato e guardia del corpo, Vasiliev era così portato per il combattimento corpo a corpo che ne divenne anche istruttore. E adesso continua ad insegnare quello che sa ai suoi allievi di Tornhill.

Non aspettatevi morti e feriti durante la sua lezione. A differenza di molti altri modi di combattere, l’Arte Marziale Russa non ha movimenti o posizioni fisse, niente gradi o cinture. Gli allievi combattono con movimenti istintivi, naturali, spontanei. Vasiliev, 42 anni, ha degli studenti così rilassati che alcuni movimenti di lotta sembrano più dei passi di danza che mosse di combattimento. “Ognuno dovrebbe essere prima un umano, e non un animale”, dice questo marito e padre di due figli, “rilassati e reagirai più velocemente”.

L’Arte Marziale Russa sembra assurdamente semplice. In realtà, è brutalmente efficiente. Vasiliev può battersi con sei persone alla volta armate di coltello. Il pompiere di Toronto Scott Connor, 39 anni, si è addestrato con lui per 5 anni. “Il Systema si basa sulla libertà di movimento. Essendo naturale, è davvero efficace” dice Connor.

Rommel San Pedro, un pastore evangelico di 33 anni di Mississagua, ha un rispetto reverenziale per Vasiliev, come tutti gli altri allievi. San Pedro una volta ebbe a che fare con un maestro di arti marziali delle Filippine che sembra battè quello che sarebbe divenuto il leggendario Bruce Lee. “Vasiliev avrebbe potuto battere Lee”, afferma il religioso.


Link all’articolo originale:

http://www.russianmartialart.com/main.php?page=m_fightclubs

Fondatore dell'omonimo sistema di difesa personale!

https://www.artistimarziali.org/forum/index.php?topic=3886.0

*

Offline Dottor Wolvie Killmister

  • *****
  • 3.548
  • Maresciallo Capo, Plotone da Pub Ar.Ma.
  • Respect: +747
  • Pratico: Pentatonica, Eptatonica, 9a Minore Armonica + боевая контрразведка & Videomaking Marziale, Difesa Personale Autoprodotta, Culto del "Cattivo Gusto"
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #58 on: November 30, 2010, 22:53:20 pm »
0

Gli A-Team

Articolo di Shane Mooney tratto da “MAXIM” di Marzo 2001

Nel 1974, l’URSS formò la prima delle sue unità propriamente d’elite, destinata ad essere subito e drasticamente efficiente. Qualcuno ama paragonare gli Spetsnaz russi (SPETSialnoye NAZnacheniye, “truppe per missioni speciali”) con i Berretti verdi o il SAS britannico, ma chiunque conosca un po’ del loro reclutamento e addestramento durante la Guerra Fredda, sa bene che in nessun caso in occidente ci si sarebbe mai potuto permettere di fare altrettanto. Nel 1974, Yurij Andropov formò l’unità militare “invisibile”, gli Spetsnaz del Gruppo Alpha, in grado di agire indipendentemente dall’Armata Rossa per eseguire missioni speciali, “legali” o meno.

Selezione e Addestramento
Durante la Guerra Fredda, i sovietici non compilavano moduli per entrare nello Spetsnaz, lo Spetsnaz sceglieva loro. Uomini di tutti i tipi venivano osservati e prelevati dai propri superiori per l’arduo e lungo servizio.
Ancora fino ad adesso, molte delle reclute scelte per questo tipo di addestramento, in realtà lo vengono a sapere solo dopo molti mesi o anni. L’ex Spetsnaz Vladimir Vasiliev conferma: “Anche quando sei scelto per questo addestramento, nessuno ti dice che hai a che fare con le unità speciali, almeno fino a un certo livello… ma non importa a che livello arrivi, non saprai mai tutto quello che ti riguarda”.

Di tutte le forze speciali del mondo, gli Spetsnaz sono ineguagliabili nella mole di lavoro che riservano all’addestramento mentale finalizzato a rinforzare e ampliare le  proprie capacità sensoriali. I soldati vengono bendati per ore, fino a che non sono in grado di eseguire gli esercizi e capire i principi insegnati dagli istruttori senza l’uso della vista, o sono fatti stare a lungo in stanze buie come la pece.

L’addestramento fisico sconfina nella punizione crudele e inaspettata. “Venivamo costretti a sopportare l’insopportabile, in alcuni di questi esercizi” dice Vasiliev. “Gli istruttori ti torcevano il braccio dietro le spalle fino a farti gridare dal dolore. Poi, come se non  fosse stato già abbastanza, qualcuno ti punzecchiava con un coltello. A quel punto ti veniva dato di scegliere tra due estremi: farti rompere il braccio o farti tagliare col coltello”.

Tutti gli Spetsnaz imparavano il Systema, un’arte marziale che molti esperti considerano la migliore per la difesa da coltello o da più aggressori. Essenzialmente, il più completo metodo per uccidere e ledere. E grazie ai prigionieri dei gulag, i soldati avevano una sconfinata riserva di avversari da calciare, colpire e massacrare durante la fase dell’addestramento dedicata al corpo a corpo.

I successi dell’unità
Nel 1985, dei terroristi assaltarono l’ambasciata sovietica a Beirut e rapirono molti ufficiali russi, ponendo come condizione del rilascio che l’URSS avrebbe dovuto forzare la Siria a fermare la sua politica favorevole ai Palestinesi fedeli a Arafat, guidandoli fuori dal Libano. Il presidente Gorbaciov riuscì subito a fermare la Siria, ma i rapitori tardarono a rilasciare gli ostaggi. Lo Spetsnaz entrò subito in azione, precipitandosi a Beirut e dando ai terroristi 48 ore di tempo per rilasciare i loro connazionali. Appena il tempo fu scaduto i russi rapirono quattro di loro, ne decapitarono uno e ne rispedirono la testa in un sacco al capo, promettendo altre azioni analoghe. I prigionieri vennero subito rilasciati.

Il racconto di un’azione vissuta in prima persona.

“A metà degli anni 80, un pericoloso prigioniero che stava nel reparto medico di una grande prigione cittadina prese in ostaggio una dottoressa e, tenendole una lama sulla gola la usò come scudo e per farsi aprire le porte. Scattò l’allarme interno, e una richiesta d’intervento venne inoltrata presso la mia unità Spetsnaz. Mentre il criminale si faceva strada attraverso i corridoi con il suo ostaggio, arrivammo lì, e uno dei nostri sostituì una delle guardie dall’altra parte delle ultime uscite. Quando arrivò anche il prigioniero, questi gridò e minacciò di sgozzare la dottoressa, se la porta fosse rimasta chiusa. L’operativo Spetsnaz era stato camuffato in modo da sembrare vecchio, con dei capelli arruffati e degli spessi occhiali. Iniziò a piagnucolare e a dire che era il suo primo giorno di lavoro, e che non sapeva cosa fare. Tastandosi la tasca, tirò fuori la sua pistola e, tenendola per due dita tremanti, stese il braccio e la porse al prigioniero. Poi, in un batter d’occhio, se la passò nell’altra mano e gli fece saltare la testa”.
Vladimir Vasiliev, 10 anni di servizio nello Spetsnaz


Link all’articolo originale:

http://www.russianmartialart.com/main.php?page=m_ateams

Fondatore dell'omonimo sistema di difesa personale!

https://www.artistimarziali.org/forum/index.php?topic=3886.0

*

Offline Dottor Wolvie Killmister

  • *****
  • 3.548
  • Maresciallo Capo, Plotone da Pub Ar.Ma.
  • Respect: +747
  • Pratico: Pentatonica, Eptatonica, 9a Minore Armonica + боевая контрразведка & Videomaking Marziale, Difesa Personale Autoprodotta, Culto del "Cattivo Gusto"
Re: Attivita' 2010- 2011 Systema Scuola Vladimir Vasiliev- Istr. Luca Chiurato
« Reply #59 on: December 07, 2010, 11:46:51 am »
0

Come combattere da uomini

Articolo di Barret Hooper tratto dal “Saturday Post” di gennaio 2002

La parola su cui mi soffermo è “dissanguare”. Dissanguare. Fra “dissalatore” e “dissoluto” sul vocabolario, significa far uscire il sangue. Di solito significa la morte. Uno si aspetta di sentirla associata a un autopsia o a una storia di vampiri,  oppure a una puntata di X-Files. 

Con una lama di 15 cm puntata addosso, è normale che mi senta un po’ anemico. Uno scatto e un arco sotto il mio mento, e la mia gola verrebbe aperta. Ovviamente, non è il sanguinamento che mi preoccuperebbe(?!) ma piuttosto il danno ai muscoli, tendini e legamenti, che mi lascerebbe come un burattino inanimato.

Il corpo umano ha più di 650 muscoli e 100 giunture, tenuti insieme da cartilagini e  tendini, cioè parti morbide, deboli. E il mio avversario, Vladimir Vasiliev (che io chiamo “L’Impalatore”) li conosce tutti. “E’ importante imparare a lavorare sui punti sensibili del corpo”, dice nel suo forte accento russo. A differenza di quanto si vede nei film, il combattimento col coltello è sapere dove colpire per far “scoprire” una persona, perché “non si vince col coltello, si sopravvive e basta”.

Vasiliev è il capo istruttore della scuola di Arte Marziale Russa a Thornhill, a nord di Toronto, che offre “niente limitazioni e risultati rapidi”. Lo scovai su una rivista di arti marziali, in mezzo alle pubblicità di un qualcosa chiamato “Dim Mak: Tocco della Morte” e di video didattici tipo “Ottieni la tua cintura nera di Karate in 10 lezioni”.

Probabilmente non lo avrei notato, se non avessi riconosciuto il numero telefonico e il distretto postale di Toronto, a cui inviare messaggi e ordinazioni di materiale. Il suo annuncio riguardava l’Arte Marziale Russa o Systema, “un unico, pratico e devastante stile di difesa da qualsiasi attacco” basato su, diceva, “l’addestramento delle forze speciali russe”.

Forze Speciali Russe. Voiska Spetsjalnogo Naznachenja, o più semplicemente Spetsnaz. Creati nel 1974 per agire disgiuntamente dall’Armata Rossa, incarnavano la minaccia e il potere dello stato sovietico. Fu l’arma segreta dell’URSS durante la Guerra Fredda.

Fu infatti lo Spetsnaz ad eseguire il piano sovietico di rovesciare il governo afghano nel 1979, assaltando il palazzo presidenziale e assassinando il presidente Amin e la sua famiglia. Nel 1985, quando i terroristi conquistarono l’ambasciata sovietica a Beirut, fu sempre lo Spetsnaz a rapire quattro dei terroristi, decapitarne uno e spedirne al loro capo la testa chiusa in un sacco. Anche oggi, lo Spetsnaz è forse la forza più esclusiva del mondo; più dei Navy Seal o della Delta Force. Composto da cecchini, esperti di esplosivi e combattimento ravvicinato, esso gestisce operazioni di controterrorismo, salvataggio ostaggi, e ricognizione. Essi operano in Cecenia e nelle Repubbliche separatiste, e sembra anche in Afghanistan, impegnati segretamente nella caccia ad Osama Bin Laden. In marzo del 1999, una storia pubblicata su “Time” parlava di come ex Spetsnaz venissero usati come rinforzo “ombra” ed assassini perfetti per conto della Mafia Russa.

Vladimir Vadiliev è un veterano degli Spetsnaz, con circa 10 anni di servizio alle spalle, un “guerriero dei gruppi speciali” che troveresti in una storia di Tom Clancy, e in effetti è un operativo che ne addestrò anche degli altri. E si è offerto di usare la sua preparazione marziale per trasformarmi in una perfetta e spietata macchina per uccidere.

La palestra di Vasiliev è vicina a una scuola di ballo, sul retro di un fabbricato industriale.  I gradini di una scala metallica conducono all’unica porta, e una scritta sul vetro riporta “Arte Marziale Russa – Systema”
Dentro, i muri dell’anticamera sono tappezzati di articoli di giornale sulla scuola e delle foto suggestive: un cecchino che prende la mira, un team che assalta un edificio. Su una mensola c’è qualche video didattico: Defense Against Mass Attacks, Russian Mega Fighting, Knife Fighting and Throwing, Gun Disarming.
Ci sono anche delle riviste, con Jet Li e Jackie Chan sulla copertina. L’area dove ci si allena è decorata da una bandiera del Canada, una della Russia Postcomunista e una dello Spetsnaz, con il suo simbolo del pipistrello nero sullo sfondo blu chiaro. I colpitori sono impilati in un angolo insieme a  un assortimento di mazze, coltelli e spade.
Alcuni neon chiari e qualche finestra sono l’unica fonte di luce. Odora come la palestra di una comune scuola superiore. Quando entrai, la lezione era in corso, e sembrava una scena di Fight Club. C’erano circa 20 persone, tutti maschi e atletici, in maglietta e mimetica, che si attaccavano a vicenda.

Vasiliev osserva con le mani sui fianchi, calmo. Mi aspettavo qualcuno tipo Dolph Lundgren, il pugile russo di Rocky IV, qualcuno più grosso e più “squadrato”, più “macchinoso”. Ma Vasiliev sembra davvero uno normale.
Di media altezza e costituzione, ha capelli corti, scuri, con un pò di grigio ai lati, un volto amichevole e sincero accentuato delle rughe d’espressione. Quando si avvicina a me per salutarmi, c’è un qualcosa di tipicamente russo o tipicamente militare che mi colpisce subito.  Sorride apertamente presentandosi, aggiungendo “Fai pure delle domande” prima di tornare alla lezione. Il Systema è l’ultima proposta nella difesa personale. E’ come un nuovo Ninjutsu (la letale arte degli assassini vestiti di nero del Giappone feudale, resa famosa da molti film degli anni 80).
 Ed ha fatto guadagnare a Vasiliev una buona reputazione nell’ambiente marziale internazionale. E’ apparso su testate come Combat e American Survival Guide. He stato citato in una storia apparsa su maxim riguardante le unità commando d’elite alla “Rambo”: Berretti Verdi, SAS britannici e, ovviamente, gli Spetsnaz. La sua versione dell’arte marziale russa (RMA) - ci sono cose simili, come il Sambo, che ha anche la dimensione sportiva – è stata analizzata e scomposta da esperti della difesa personale su riviste come Inside Kung Fu e Black Belt.

Il Systema è un originale stile di combattimento corpo a corpo che risale al X secolo. Per secoli la Russia è stata attaccata da invasori europei e asiatici: Variaghi (vichinghi svedesi), Sciti, Bulgari del Volga e i Mongoli dell’Orda d’Oro di Gengis Khan ne sono solo alcuni. Nel tempo, i guerrieri russi svilupparono pertanto un sistema che fosse adattabile ed efficace in ogni condizione di scontro e contro qualsiasi nemico.

Non si imparano delle tecniche precodificate, come nei kata, o ad imitare degli animali, come in alcuni stili di Kung Fu tipo quelli della tigre o della scimmia. Dopo la presa del potere da parte dei Comunisti nel 1917, tutte le tradizioni antiche vennero soppresse. Ma le autorità riconobbero l’utilità delle arti marziali russe, e le riservarono per l’addestramento delle loro unità speciali. Per decenni, l’addestramento venne coperto da segreto, come il mitico stile Shaolin, fino a che Vasiliev ruppe il silenzio diventandone il primo e principale praticante fuori dalla Russia. 

Allo stato attuale, ci sono 26 scuole nel mondo in cui gli istruttori sono stati addestrati e autorizzati da Vasiliev ad insegnare il Systema. Allievi di ogni tipo e nazione si recano a Thornhill per studiare con lui. Molti sono già esperti di altre arti marziali, altri vogliono migliorare la loro abilità o mettersi alla prova (una cintura nera di Aikido aveva programmato di andare ad allenarsi con la polizia di Tokio, ma una volta visto i video di Vasiliev, optò per il Canada).

Ci sono molti ricchi uomini d’affari che vogliono dei bodyguard bene addestrati, e un certo numero di persone con un passato professionale nelle forze dell’ordine e in quelle armate, come Marines e Rangers degli USA, membri della Legione Straniera Francese e dell’esercito britannico, e una guardia del corpo della famiglia reale dell’Arabia Saudita.
Nella lezione vedo un allievo attaccare Vasiliev torcendogli il braccio dietro la schiena, che con un piccolo movimento ondeggiante si libera e gli intrappola polso e gomito in una presa dolorosa. Non ho idea di come abbia fatto a liberarsi, e credo neanche l’allievo.

Vasiliev allora invita un altro gruppetto di allievi ad attaccarlo. A differenza dei film, dove i cattivi attaccano uno alla volta, loro lo circondano e lo colpiscono contemporaneamente da più direzioni. Calciano, danno pugni, lo afferrano, ma lui si  muove senza sforzo, piroettando, abbassandosi e ridirezionando i loro stessi colpi su mascelle, teste, cosce, mura, pavimento e così via. 
Fra una cosa e l’altra, si sofferma sui punti e gli angoli di pressione; spiega che “le spalle possono essere spezzate come un ala di pollo”. Infatti, l’autodifesa è il fine ultimo del Systema, ma il vecchio adagio “la miglior difesa è l’offesa” è una cosa scontata, nelle lezioni di Vasiliev. “Il movimento è la chiave”, fa notare, “non il colpo”. A differenza del Karate, dice, non c’è il “difendere l’aria”. Pugni e calci sono bloccati molto vicino al corpo. “Porta a te l’avversario, non inseguirlo”. I calci sono dati raramente al di sopra della vita. “E’ molto più utile colpire gli stinchi, le ginocchia e le anche. Ci vuole meno energia ed è più veloce, e rende più difficile farsi attaccare”.

A volte, qualche allievo cerca di fare qualcosa di più “carino” tipo tirargli un calcio alla testa o uno ruotato (molti sono cinture nere in altre arti). “Non fate cose alla Jackie Chan”, li rimprovera scherzosamente, dopo aver deviato abilmente questi attacchi.

Come nella Capoeira brasiliana, molti dei movimenti del Systema possono essere trovati nelle danze tradizionali russe, il che spiega perché a volte Vasiliev sembra ballare una Hopak ucraina, al ritmo di una musica che riesce ad ascoltare solo lui. “E’ come un balletto, anzi va oltre”, mi dice dopo un allievo. Altre volte sembra come se facesse breakdance, dispensando al contempo piccoli e rapidi colpi accompagnati scherzosamente da i suoi vocalizzi da fumetto (Bum! Bam! Pow!).

La sua tecnica può non convincere, a prima vista: gli allievi sembrano cooperare troppo nel farsi mettere nel sacco da Vasiliev e dai suoi movimenti ondeggianti. Ma a un certo punto inizio ad accorgermi di piccoli particolari nel suo modo di muoversi.
Questo, come scoprii dopo, è uno degli aspetti unici del Systema. Gli allievi imparano a schivare gli attacchi tenendo il proprio corpo fluido e muovendo solo la parte che viene minacciata.

Jacob Goldblatt, una cintura nera di Aikido trasferitosi qui sei mesi fa per studiare il Systema, riporta una storia raccontatagli da Vasiliev. Una volta, mentre stava su un treno con altri operativi come lui, il convoglio frenò bruscamente e un’anziana signora letteralmente “volò” verso di loro. “Invece di acchiapparla al volo, come avrebbe fatto chiunque, il mio collega si scansò automaticamente, lasciandola cadere per terra!”.

Alla fine della lezione, andiamo nel suo ufficio per continuare il discorso. A volte la sua mente è più veloce in russo che la sua lingua in inglese, così sua moglie Valerie si unisce a noi per tradurre. E’ una fisioterapista, immigrata qui da Leningrado (l’odierna San Pietroburgo) alla fine degli anni ‘80. Si sono sposati nel 1992, e hanno due figlie.

Seduto di fronte a me, lontano dalla sala della palestra dove ha appena trascorso un ora e mezza strapazzando i suoi allievi, Vasiliev non ha l’aria di un killer. Gli potresti sedere a fianco in autobus e non notarlo. E’ anche questo che ne ha fatto un ottimo candidato per lo Spetsnaz . “Loro cercano qualcuno che abbia un aspetto normale, medio, in grado di mischiarsi alla folla, che non dia nell’occhio e che sappia compiere la missione, qualcuno che sia diverso da Arnold”, dice indicando una sua foto sulla scrivania con la moglie e Schwarzenegger. “Devi essere in grado di sparire in un bosco, tra la gente, sparire in una stanza vuota”.

Vasiliev è cresciuto a Tver’, una città industriale 200 chilometri a nordest di Mosca. Suo padre era un generale dell’Armata Rossa, che morì quando lui era piccolo. Ha una sorella e un fratello, anche se non può dire di più poiché, come molto del suo passato operativo, è ancora coperto da segreto.

Il servizio militare era obbligatorio nell’URSS, quindi dopo il diploma Vasiliev venne arruolato. Insieme ad altri giovani promettenti, venne poi scelto da un superiore che faceva ricerche fra le reclute per entrare negli Spetsnaz. (Gli atleti dell’unione Sovietica, specialmente quelli di discipline come lotta, arti marziali e tiro sportivo sono sempre stati una buona base da cui attingere personale).

Time riporta una frase di un ex ufficiale degli Spetsnaz: “Si dice che se non finisci in prigione, finisci negli Spetsnaz”. Vasiliev si è trovato molto spesso in risse e scontri da strada. “In Russia, queste cose sono normali”, dice, “la gente è sempre pronta a partire. E’ normale per la nostra cultura. Succede per strada, nei bar, nei ristoranti, dovunque. Quando combattevo, durava tutto così poco che alla fine vedevo la gente a terra e non mi ricordavo che fosse successo e cosa avessi fatto”.
Nello Spetsnaz, Vasiliev fu proposto per una delle Unità Operazioni Speciali, un gruppo di elite così segreto che molti dei suoi membri non sapevano di farne parte anche per parecchi mesi o anni. Solo i più alti in grado erano al corrente della sua esistenza.

Queste unità venivano attivate per le operazioni ad alto rischio per conto del KGB e di altri organi governativi. Nel gergo dell’Intelligence, si occupavano dei “lavori bagnati”, cioè incarichi come rapimenti e assassinii. Vasiliev ha studiato Karate e Boxe, e si è allenato con un misterioso combattente di circa settant’anni chiamato “Zio Piotr”, il cui stile è derivato dall’aver avuto a che fare con gli “ultimi” fra i guerrieri Samurai.  “Si basava su reazione istantanea, e lasciavi solo la prima mossa all’avversario”.
In più, l’addestramento degli Spetsnaz era davvero molto estremo. I suoi istruttori lo picchiavano tutti i giorni, dandogli anche delle scosse elettriche per irrobustirlo mentalmente. Gli torcevano il braccio dietro la schiena “fino a che iniziavi a gridare perché non ce la facevi davvero più”, quindi veniva punzecchiato con un coltello. “Volevano vedere fino a che punto potevi sopportare tutto ciò prima di crollare. Usavano anche alcuni esercizi per insegnarti a rilassarti durante il dolore e a scoprire altre risorse per resistere”. Si usavano anche delle nuotate in acque gelide (c’è un detto degli Spetsnaz che fa “L’acqua è troppo fredda per nuotarci solo se è già ghiaccio!”), e inoltre fu fatto cadere su enormi formicai e fatto mordere da migliaia di insetti. Veniva condotto negli obitori o presso incidenti gravi, e costretto a portare in braccio dei cadaveri, per renderlo meno sensibile al “sangue e al dolore”. Lo scopo, dice, è quello di creare un soldato “immune dal tormento psicologico di una battaglia. Volevano che le loro truppe speciali non avessero paura della morte”.

Vasiliev successivamente divenne istruttore, insegnando il Systema a membri dello Spetsnaz, agenti del KGB, polizia e bodyguards. Ma dopo più di 10 anni nell’esercito, Vasiliev si sentiva pronto per “vedere il mondo senza mitragliatrici”. Abbandonò l’esercito e qualche anno dopo, nel 1990, si trasferì a Toronto, dove visse facendo molti lavori, prima di incontrare Valerie.

Quando chiedo a Vasiliev di che tipo erano le sue missioni, risponde in russo. “Controspionaggio”, dice Valerie, “far sparire qualcosa, carpire informazioni, impossessarsi di un oggetto. O rapire, uccidere qualcuno”.
“Sei stato mai coinvolto in un rapimento o in un assassinio?”
Valerie guarda il marito e Vasiliev ha una breve pausa, prima di rispondere in inglese “Puoi dire che ne so qualcosa, che ero molto vicino a queste cose”. Conoscendo la reputazione dello Spetsnaz in Afghanistan, gli chiedo se c’è mai stato. Sorride e scuote le spalle. “Non posso dirlo. Se potessi lo direi, ma non posso.”

Ricordo un commento di un suo allievo dopo la lezione: “Ci sarebbe dovuto stare anche Vladimir, su uno di quei due aeri a New York”. I ragazzi scherzano spesso sul fatto che quando Vasiliev viaggia in aereo, bisognerebbe farlo sapere agli altri passeggeri. Però non è che scherzino e basta. “Per me sarebbe molto meglio, saprei cosa fare” dice, ma senza alcuna traccia di machismo alla John Waine. “I terroristi non sono quasi mai soli. Bisogna individuare il capo. Infatti il leader sarà il più calmo fra dio loro, e questo rivela subito chi è il più pericoloso. A quel punto, agisci”.

Vasiliev si è trovato per puro caso a fare questo lavoro,. Mentre si allenava presso un centro di aggregazione della comunità russa nella sua adottiva Toronto, dimostrò un paio di mosse a un amico, attirando anche altri amici e già qualche allievo, ai quali insegnava nello spazio della sua casa. Nel 1993, aprì la sua scuola, la prima del nord America in cui si praticasse l’arte marziale russa. Nel giro di sei mesi la sua palestra ha visto allenarsi più di 100 allievi, facendogli recuperare l’investimento iniziale di 10.000 dollari. Nel 1996 ha prodotto il suo primo video didattico, Knife Defense, di cui afferma che contiene “oltre 35 tecniche uniche ed efficaci per difendersi da QUALSIASI tipo di attacco col coltello. Nominato dalla European Knife Fighting Association come il miglior video dell’anno, include una spiegazione passo dopo passo su come difendersi da qualsiasi cosa, da mazze da baseball a nunchaku e spade ninja, oltre ovviamente a coltelli tascabili, da caccia, da macellaio e da lancio. (Il combattimento col coltello è una specialità degli Spetsnaz. Il coltello era un simbolo di onore, nell’antica Russia. I soldati vengono addestrati a lanciare due coltelli alla volta colpendo due bersagli diversi, usare una pala come un’ascia, e sputare delle lamette negli occhi del nemico). Da allora, Vasiliev ha prodotto 13 video, da Defence Inside a Car (nel caso di aggressione dal sedile posteriore o rapina/sequestro) fino a Improvised Weapons, nel quale usa una cintura per disarmare un aggressore e i denti di un pettine come una lama.
Sono venduti sul sito della scuola, insieme ad altro merchandise come magliette, spille e mostrine dello Spetsnaz e coltelli da allenamento in metallo smussato. Anche se la loro produzione costa poco (spesso si tratta solo di Vasiliev e di altri allievi che dimostrano le tecniche nella sua palestra davanti alla videocamera),  vengono venduti fra i 39.95 e i 69.95 dollari cadauno, e le vendite sono di circa 1000 video per ogni tipo, solo entro il primo anno di pubblicazione.

Vasiliev adesso viaggia parecchie volte all’anno per tenere stage in nord America e in Europa. E’ appena tornato da un week end di lezione in New Jersey. “Addestramento per Commando; strangolamenti, come strisciare silenziosamente in una foresta, agguati, cose del genere” dice.
Organizza perfino degli stage annuali a Toronto, che vedono come insegnante Mihail Rjabko, il suo istruttore allo Spetsinstitut, la segreta struttura di addestramento di cui si sa solo che si trovi a Mosca. Addestrato dall’età di 5 anni da una delle guardie del corpo di Stalin, Mihail Rjabko è stato reclutato dagli Spetsnaz all’età di 15 anni. Attualmente è il comandante tattico del team di salvataggio ostaggi e operazioni di antiterrorismo.

E’ grazie a lui e agli altri contatti che ha all’interno dell’apparato militare che Vasiliev riceve l’autorizzazione per portare non più di 30 allievi (almeno quello che se lo possono permettere economicamente) a Mosca ogni primavera per allenarsi con operativi delle unità salvataggio ostaggi e antiterrorismo degli Spetsnaz.
Questo fine settimana da turisti-allievi, offre un addestramento uguale a quello regolare, in una base delle forze speciali. Gli allievi vengono vestiti con le uniformi regolari e addestrati con una serie di esercizi: corpo a corpo, tiro dinamico, tattiche di guerra campale e una corsa su un carrarmato. Il prezzo del corso include anche un giro turistico per i luoghi più famosi di Mosca come la Piazza Rossa, il Kremlino e il Bolshoj.

Ma torniamo nel molto meno esotico locale di Thornhill. Qui la palestra risuona di vocalizzi indefiniti di sforzo e di dolore; lo specchio che ricopre il muro è appannato. “Ricordate di respirare. Se respirate, vi sentite vivi”, ripete Vasiliev “e non lottate. Non dovete voler andare in competizione. Non centra nulla chi è il più forte”.
Molto lontano dal tipo di istruttore tutto di un pezzo, Vasiliev sembra più come il signor Miyagi di Karate Kid, che guida gli studenti con il suo esempio. Scherza quando un attacco non va a segno, li riprende benevolmente quando vede errori e si spiega meglio se vede qualche espressione incerta.
“Alcuni di voi” dice, dopo un certo esercizio “alcuni di voi…”. Fa una pausa, studiando le facce visibilmente ansiose dei suoi studenti. “Non mi sembrano in gran forma”, dice prendendoli in giro. C’è una videocamera nell’angolo a riprendere la lezione, e lui, facendo incurante un brutto muso all’obbiettivo, si mette ghignando in posa come un culturista.

Nonostante ciò, l’addestramento è estenuante, basato sulla realtà dello scontro. Non ci sono sacchi, né esercizi “ipotetici”. “In molte arti marziali, molto tempo è dedicato a imparare ad assumere delle posture irreali e movimenti classici”, dice. “Questo non prepara un allievo per uno scontro autentico”. Qui, invece, si fanno flessioni ricevendo dei calcetti nello stomaco, in petto, sulla schiena e alle gambe.
“E’ un bene abituarsi ad essere colpiti”, spiega Vasiliev. (Stranamente, i colpi mi aiutano infatti a distrarmi dal dolore alle braccia delle flessioni). A un certo punto, dopo aver provato a dare una sventola al mio compagno di allenamento, mi sono ritrovato sbattuto a terra, senza fiato. Mi alzo in piedi e vedo il logo Russian Martial Art strappato dalla mia maglietta, per terra.
Poi passiamo alle tecniche di coltello. Gli allievi meno esperti usano dei coltelli in legno, mentre quelli più avanzati una replica in metallo smussato. Poi, quando si è in grado, si passa ad usare coltelli veri. Vasiliev dice che il coltello è uno strumento per aumentare la propria accortezza. “Si può essere bravi contro i pugni, ma i pugni a volte sono ovvi. I movimenti di un coltello sono brevi, rapidi e pericolosi. Non ci si può scherzare sopra”.

La forma e le dimensioni di un coltello spesso ne determinano il tipo di attacco. Vasiliev crede anche che possano rivelare molto di chi lo usa. “Quando vedi uno con un coltello dritto e semplice, è probabile che sia un persona tutto sommato a posto e più ragionevole”, spiega nel suo Guidebook.
“Ogni deviazione da questa forma basilare”, cioè curvo, con angoli strani, troppo lungo o corto “indicano una psiche più aggressiva, più predisposta alla violenza”.
(Ovviamente, non è una colpa pensare che portare un coltello con sé sia già l’indizio di una natura aggressiva).

Vasiliev ammette che le sue lezioni possono attirare delinquenti e altri indesiderabili, ma che li scopre subito dopo un paio di lezioni e, nonostante non abbia mai rifiutato a nessuno di insegnare, gli consiglia di fare qualcos’altro. Credo che i suoi argomenti siano molto persuasivi.

Mentre mi sto riposando dopo la lezione, esaminandomi le braccia per trovare tagli o abrasioni, Vasiliev si avvicina e mi fa notare che ho bisogno di sviluppare la mia energia psichica. Mi immagino chissà cosa, ma lui intende qualcosa di più pratico.
“La gente pensa che sia una specie di trucco mentale Jedi o riguardi vedere i morti” dice ridendo, “ma si tratta di rendere la mente più chiara possibile, senza distrazioni o pensieri. Perfezionando la tecnica, arrivi a un livello in cui la tecnica non esiste più. La smetti di pensare e il corpo reagisce istantaneamente all’avversario”.
Chiamatelo l’approccio del sesto senso all’autodifesa, dove l’intuito domina. “E’ come una vibrazione, positiva o negativa, che avvertiamo quando incontriamo qualcuno per la prima volta o quando ci sembra di essere osservati”. Per insegnare ai suoi allievi sintonizzarsi meglio su questa abilità, a volte vengono bendati per tutta la lezione. Durante il suo addestramento, Vasiliev afferma di aver fatto degli esercizi analoghi nei quali si identificava il colore di alcuni foglietti solo toccandoli, e si riconosceva dell’acqua semplice da quella avvelenata senza assaggiarla.

Prima di andarmene, ho un’ultima domanda per Vladimir, una che un mio amico mi ha posto a sua volta: “Puoi insegnarmi a uccidere un uomo in tre secondi?” (tutti i membri delle forze speciali dovrebbero saperlo fare, o no?).
Ride. “La gente infatti viene qui per quello”, risponde la moglie. “A volte qualcuno viene a sfidarlo, specialmente nei seminari. Vengono per provare a vedere se riescono a sorprenderlo, colpirlo, afferrarlo, in una parola a metterlo alla prova”.
“E’ un problema” conferma Vasiliev “ma temono comunque di farsi male, quindi non è una vera sfida”.
Chiedo di nuovo: “Ma tu puoi insegnarmi a uccidere un uomo in tre secondi?”.
Smette di sorridere, fa un pausa e mi guarda negli occhi. “Ma certo, altrimenti che ti alleni a fare?”.

Link all’articolo originale.

http://www.russianmartialart.com/main.php?page=m_fman
Fondatore dell'omonimo sistema di difesa personale!

https://www.artistimarziali.org/forum/index.php?topic=3886.0