Ma, a quel punto, l'allenamento viene a coincidere con la vita stessa...
Ed è quella la cosa veramente senza prezzo..
Allenarsi all’apertoArticolo di Martin Wheeler pubblicato il 26 giugno 2008
Come molti di noi, ho passato anch’io i miei anni di studio passando dal classico dojo poco illuminato ad altri di ben altro tipo, per scoprire le arti delle quali siamo tutti così appassionati. Auditorium di chiese, palestre di università, garage, palestre di pugilato, ci incontravamo in qualunque posto un istruttore sia riuscito ad affittare, scroccare o farsi prestare per picchiare o sottomettere un avversario non collaborativo in relativa privacy.
Ho imparato ad apprezzare l’odore del sudore di ogni palestra degna di questo nome, ma per me non c’è niente di meglio dell’aria aperta. E allo stesso modo per me non c’è niente che possa essere paragonato al gusto del terreno che mi graffia la faccia e che mi stride fra i denti, come un ulteriore livello di “realtà” mentre qualcuno prova a piantarmi la testa nel suolo per mettermi in leva al braccio.
L’aperto sembra (e alle volte è) un ambiente alieno per la maggior parte dei praticanti di arti marziali. Ma in realtà è probabilmente l’ambiente migliore in cui un praticante di Systema possa esercitare le proprie abilità.
Attualmente infatti tengo la maggiorparte delle mie lezioni all’aperto, e per buone ragioni. Una volta Vasiliev espresse perfettamente quello che penso anch’io, cioè disse di non allenarsi mai dove si sta “comodi”.
Questo però può significare, nell’ottica di un sistema basato sui principi, molte cose. Ad esempio, non fare mai una flessione che puoi fare con facilità, fanne un’altra più difficile. Significa non crogiolarti in una routine confortevole, metti alla prova le tue abilità, anche se ciò significa rinunciare a qualcosa del posto dove ti alleni, purché tu possa scoprire qualcosa di nuovo. Significa fare un passo fuori dal luogo dove ti senti a tuo agio e lavorare in territorio “inesplorato”.
La pratica strettamente fisica del Systema non ha niente di particolare, alla fine facciamo gli stessi esercizi fatti e apprezzati da tanti altri atleti. Ma credetemi, qualsiasi cosa fatta in palestra diventa esponenzialmente più difficile da fare all’esterno. Anche una semplice flessione o uno squat cambiano a seconda del tipo di terreno, condizioni praticamente impossibili da replicare in palestra.
Il terreno può infatti passare da scivoloso, roccioso o erboso nello spazio di pochi metri. E’ qualcosa che i tuoi piedi devono imparare a gestire, mentre il resto del corpo combatte per sopravvivere. L’indipendenza di movimento è un concetto base per ogni praticante di Systema, ma l’impressione che se ne ha cambia radicalmente appena si va all’aperto. Solo l’imparare a scivolare per bene su un terreno accidentato, fango o neve è un grande “strumento”, ed è anche qualcosa difficile da ricreare anche nella più sgangherata delle palestre. Altri fattori di ordine fisico sono:
1. Le condizioni di illuminazione.
Queste rimangono di solito sempre uguali in palestra, ma all’aperto possono cambiare nell’arco di pochi minuti, diventando un vantaggio o uno svantaggio. Personalmente, se possibile mi metto di solito con le spalle al sole durante gli sparring o gli esercizi col coltello, in modo da vedere le reazioni dei miei compagni di allenamento quando sono invece costretti ad avere il sole negli occhi. A volte mentre cerco anche di sfruttare un rialzo del terreno, sempre se è possibile. Viceversa, mi metto a volte volontariamente in queste posizioni di svantaggio per esercitarmi a reagire e ottenere invece un vantaggio, più o meno come un pugile che si fa mettere volontariamente alle corde per imparare meglio a togliersi di lì o ad “usarle”. Come cala la sera e c’è meno luce, la percezione della velocità e della profondità cambiano. Al buio completo, poi, molte regole vanno a farsi benedire mentre l’udito e l’intuito diventano un fattore principale. E non sono cose che vorreste scoprire per la prima volta mentre siete sul serio nei guai, per strada o al lavoro, qualunque esso sia.
2. Temperatura e aderenza.
In generale, la propria sensibilità cambia al variare della temperature. Mentre il corpo lotta per mantenere costante la propria temperatura si può trovare a spingere il sangue verso la superficie o richiamarlo da essa. Questo può influire sulla sensibilità e sulla coordinazione motoria, specialmente con le armi. E ovviamente ci sono anche semplici fattori fisici come avere le mani umide o scivolose per il fango, o la polvere che irrita gli occhi e le vie respiratorie se si va vicino al suolo, in un clima secco. In ogni momento, si può rimanere sorpresi dal fatto che quando il clima è freddo e umido si è poco disposti inconsciamente a sporcarsi o inzupparsi del proprio sudore, perfino contro un aggressore armato, quando magari andare al suolo è l’ultima possibilità per sopravvivere.
3. Colpire.
Dare un pugno “pelle su pelle” è una cosa. Colpire attraverso una maglietta, che dà comunque un pò di attrito anche se il colpo è efficace, è un’altra, anche se magari, sia in palestra che in strada, può essere l’ideale. Ma dare un pugno attraverso un giubbotto o strati di vestiti richiede maggiore abilità, o almeno la conoscenza della sua inefficacia in alcune situazioni, quando bisogna invece cambiare bersaglio. Ma anche capire l’uso degli abiti per impacciare qualcuno o la migliore aderenza da applicare per delle proiezioni non sempre è argomento trattato nella maggior parte delle palestre.
Questi sono solo alcuni dei fattori ai quali ho raramente pensato prima di iniziare ad allenarmi all’aperto. E, ovviamente, ce ne sono molti altri. Insieme ad altri fattori psicologici correlati, inoltre. Uno di questi riguarda una cosa che non ho mai padroneggiato ma che ho notato con l’esperienza dell’allenamento all’aperto, con gli altri. Mi riferisco alla sensazione di benessere del dopo allenamento. Fino a poco tempo fa credevo che fosse una cosa psicosomatica, una specie di sensazione che si prova lontani dall’ambiente urbano, quando torniamo a “sporcarci” nella natura. E forse è solo questo, ma di recente ho letto di uno studio secondo il quale sembra, quando giochiamo in questo “sporco”, che ci siano dei microbi nel suolo che quando entrano nel nostro organismo, farebbero da antidepressivi. E per questo ci sentiamo bene.
Chi lo sa?
Link all’articolo originale:
http://www.russianmartialart.com/main.php?page=article_info&articles_id=27&osCsid=a8ac31998cc0468bad9d7a6aa9993ec3