Dell'aspetto marziale del TJQ

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Offline Ván

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Dell'aspetto marziale del TJQ
« on: September 12, 2010, 09:18:15 am »
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Mi è ricapitato sotto mano un articolo che avevo trovato due anni fa, prima di intraprendere la pratica, e che avevo trovato molto bello.
Ora, dopo due anni di esperienza nei TJQ, lo leggo in modo decisamente più critico ma lo trovo comunque interessante.

Non entro nel merito di ciò che è scritto perchè sinceramente sono decisamente ignorante sull'argomento, ditemi voi cosa ne pensate:


Spoiler: show


Spunti per un approccio critico alla fisica dell'aspetto marziale del “taiji quan”
Di Marco Morena (Maggio 2003 articolo pubblicato sulla rivista ENERTAO)



Moltesono la ragioni per cui si iniziala pratica del taiji quan e, sebbene il taiji sia un'Arte Marziale, raramente questa e' la ragione principale per cui ci si avvicina ad esso.
Gia' dalla meta' negli anni 60 tra beat generation e hippies si iniziava a praticare il taiji.
In “Easy Rider” ad un certo punto si vede nettamente praticare una forma cosi' come nel mitico balletto in central park di “Hair” si vede chiaramente praticare Tui Sho.
Tutto cio' sulla scia del mitico risveglio giovanile della rivolta dei fiori e della fatasia al potere.
I giovani cercavano nuovi riferimenti e nuove frontiere ed il taiji entro' cosi' a far parte di tale fermento attraverso la stessa strada che porto' molti verso lo yoga , l'esperienza psichedelica e la ricerca di genuini significati della vita, che non fossero quelli precostituiti dettati dalla ipocrisia morale corrente.
Proprio relativamente a questo tipo di approccio e, diciamolo chiaramente, a questa “richiesta di mercato”, in occidente il taiji apparse come meditazione in movimento, yoga cinese, yoga in movimento o metditazione in movimento; tutte definizioni che tutt'ora vengono usate.
Il taiji in pratica costituiva una valida alternativa alle asanas dello yoga spesso veramente troppo estreme per l'occidentale medio dell'epoca, quando la ginnastica era solo un qualcosa per Marines a atleti olimpionici.
Tutto cio' quindi contribui' alla diffusione del taiji come pratica “salutistica”, a tal punto da far proliferare tutta una serie di scuole in cui non solo l'aspetto marziale non era insegnato o conosciuto ma neppure si era a conoscenza che quei movimenti lenti potessero avere qualcosa a che fare con una qualche forma di combattimento.
L'obbiettivo dell'epoca infatti era l'espansione della coscienza ed il taiji era un metodo con il quale si riusciva a percepire in poco tempo il flusso del Chi, si aveva cioe' la percezione sensoriale di un qualcosa che esulava dall'esperienza quotidiana senza dover ricorrerre all'esperienza psichedelica. In altre parole permetteva di entrare in risonanaza con l'universo in maniera naturale , con meno sforzo che con lo yoga e senza rischare la proprio incolumita'
psichica con pratiche alla Tomithy Leary o alla Castaneda.
A tal proposito e' veramente interessante leggere i primi libri publicati da occidentali sull'argomento, emanano tutti il profumo della scoperta di un qualcosa di eccezionale.
In effetti pero' il taiji era arte marziale, in Italia Grant Muradoff iniziava a diffonderlo e scriveva libri e articoli su questa arcana pratica lenta di lunga vita che era “un'arte marziale”
All'epoca c'erano i film di Bruce lee, qualche palestra di Karate, di Judo, di JuJitzu (detto anche “la lotta giapponese”), si sentiva parlare di AIKIDO e sull'onda del cinema di Honk Kong il mondo si era riempito di improvvisatori spesso istruitisi direttamente al cinema gurdando lo stesso film per tutti e tre gli spettacoli di seguito con lo stesso biglietto.
Nonostante cio' pero nelle scuole serie si praticava in maniera dura e rigida, e anche se si parlava di Ki, Kiai e Hara (tan tien), ben pochi in pratica sapevano effettivamente di cosa stesse parlando.
Sembrerebbe quindi che la pratica del taiji in maniera non marziale sia un qualcosa di
squisitamente occidentale invece non e' affatto cosi'.
Questa tipo di “deviazione” e' proprio insito nella storia del taiji ed in particolare con la nascita dello stile Yang, quando Yang Lu Chan si trasferi' a Pechino e capi' che modificando e ammorbidendo lo stile duro imparato della famiglia Chen avrebbe potuto far breccia nell'alta borghesia . Come poi fu e come ulteriormente fece Yang Chen Fu suo nipote.
Ma Yang Lu Chan si trasferi' a Pechino perche' aveva ucciso un uomo. Un maestro lo aveva sfidato avendo poi la peggio cosi' che egli dovette cambiare aria e rifugiarsi a Pechino dove oltre ad avere successo come insegnante con la borghesia e nobilta' dell'epoca (a cui poco piaceva prendere pugni e sudare) divenne istruttore della guardia imperiale. E non e' che si diventasse istruttore delle gurdie imperiali insegnando alle guardie “la meditazione in
movemento”.
Il taiji e' pertanto nella sua originale e piu' genuina accezione un'arte marziale. E come tale atta (scusate la crudezza) ad uccidere. Probabilmente molto piu' di altre arti marziali piu' esterne tenendo conto del fatto che ci si focalizza ad ottenere effetti nella struttura interna del corpo di un eventuale avversario (organi e circolazione del Chi) e non a causare contusioni o
abrasioni. In ogni applicazione le mani vanno messe e orientate sul corpo dell'avversario in maniera tale da distruggerne la connessione usando tecniche di Chin Na e ,Din Mak o in maniera piu' elegante sradicandolo.

Ma che razza di Arte Marziale e' il taiji?
Che differenza c'e' tra taiji e Karate o tra taiji e Pugilato?

Queste sono in genere le domande che piu' o meno velatamente si fa chi pratica taiji senza avere gia avuto una lunga esperienza di combattimento in altre arti marziali dure.
E soprattutto la piu' oscura e gelosamenete celata, quella per la quale in discussioni pubbliche si metterebbe la mano sul fuoco ma che nell'intimita e' quella che piu' turba e sulla quale si nutrono drammatici ancestrali dubbi:

Ma poi…., funziona veramente……?

Sembrera' strano ma questa e' una domanda che chi arriva a studiare taiji provenendo da una lunga pratica di arti marziali dure non si pone affatto.
Il perche' e' molto semplece: lo sa gia.
Un maestro di Judo, Karate o qualsivoglia altre arte marziale che magari e' stato un agonista per anni combattendo in quasi tutti i palazzetti dello sport d'Italia, non spenderebbe certamente tempo ad imparare il taiji se avesse questo dubbio.
Cio' pero'non e' automatico in chi' inizia direttamente con il taiji solo perche'non ha mai combattutto ne mai probabilmente lo fara'.
La pratica della forma e del Tui Sho infatti servono a sviluppare abilita' caratteristiche del taiji come connessione, radicamento.sensibilita' etcc… etcc….
Facendo un paragone musicale si potrebbe dire che:
“se studio la chitarra imparo a suonare facendo esercizi ed esercizi sulle scale musicali. Posso
diventare bravissimo e velocissimo a farle. Il piu' bravo nel mondo. Ma questo sara' di scarsa utilita' se mi trovero' a dover improvvisare un a solo in una jam session”.
Allo stesso modo il combattimento.
E' come se venissi attaccato e per risposta mi mettessi ad eseguire la forma….
Per saper combattere bisogna combattere. E Basta.

Ma torniamo pero' alla prima domanda:
Che razza di Arte Marziale e' il taiji?
Noi occidentali siamo abituati a pensare ad un combattimento come a un creare ferite all'avversario o tuttalpiu' a “schienarlo” se vogliamo vederla secondo una certa etica sportive-cavalleresca da primi del novecento.
In pratica funzionerebbe cosi': parto con una raffica di pugni e uno su tre o Quattro gli dovrebbero arrivare.
O addirittura secondo un'arcaica impostazione pugilistica “incasso” (!) e alla prima occasione colpisco.
Le arti marziali orientali hanno invece apportato due nuovi e rivoluzionari concetti: “cedere” (questa strana cosa secondo cui il piu' debole vince sul piu' forte e che a noi cresciuti sotto il mito di Ercole suona alquanto strana) e colpire dopo aver strategicamente messo l'avversario in condizione di non poter organizzare una risposta (colpire quindi diventa quasi solo una specie di formalizzazione fisica della vittoria e non un risultato statistico di una gragnuola di colpi).
Il taiji poi ha introdotto concetti cosi' arcani da essere quasi considerati stupidaggini da molti praticanti di sport da combattimento o mete irragiungili per tutta la fauna “spirituale” che si avvicinava al taiji.


La tecnica Marziale nel taiji:
Prescindendo in questa fase dal discorso energetico ed analizzando solo l'aspetto biomeccanico
(diciamo meglio l'aspetto biomeccanico piu' superficiale) del taiji, possiamo definire alcune
differenze tipiche tra il modo di colpire delle scuole “esterne” ed il taiji.
Nelle scuole esterne cio' che si fa' e' in pratica lanciare un arto contro l'avversario allo scopo di colpirlo.
A livello un po' piu' avanzato si scarica il peso del proprio corpo sull'avversario e, ancora meglio, si usano le anche per lanciare il colpo ed i piedi che spingono al suolo per aggiungere potenza al colpo.
Nel taiji invece il discorso e' diverso; molto diverso.
Cio che si lancia non il colpo o l'arto.
Cio che si fa e' scaricarel'onda d'urto. Il famoso Fa Jing: l'energia esplosiva.
Come avviene cio'?
Al di la' di esercizi specifici, il concetto e' tanto semplice quanto complesso da realizzare.
In pratica succede che tutto il corpo “cade” (o meglio cede 1 o massimo due centimetri) verso il basso rimanendo pero' lo scheletro sospeso per la testa.
Il corpo si comporta come una palla di gomma che cade. Al contatto con il suolo si schiaccia un po' e si espande in tutte le direzioni parallele al suolo.
Al contempo questa “caduta” al suolo genera una reazione elastico/vibrazionale che viene
ritrasmessa dalla struttura osseo tendinea.

E' fondamentale che l'energia venga a questo punto ritrasmessa dalla struttura osseo tendinea e non dalle masse molli o muscolari che la riassorbirebbero impedendone la trasmissione.
Perche' cio' avvenga e' quindi condizione indispensabile il rilassamento delle masse muscolari in maniera tale che la reazione elastica possa trasmettersi principalmente se non esclusivamente attraverso la struttura osseo tendinea.
E' proprio la struttura ossea infatti che per sua natura (essendo ovviamente le ossa parti piu' rigide del corpo umano) diminuisce l'ampiezza d'onda della vibrazione riflessa dal terreno aumnentadone per contro la frequenza (e quindi la capacita' di penetrazione). Cio' avviene per qualunque fenomeno ondolatorio che passa ad un mezzo di duffusione piu' rigido. Nel grafico a fianco si evidenzia appunto la differente risposta a sollecitazione meccanica di vari tessuti bioligici.
Si vede chiaramente come ossa tendini e legamenti sono le nostre parti che meno assorbono (quindi che meno smorzano) sollecitazioni e pertanto piu' in grado di trasmettere fenomeni ondulatori ad alta frequenza
Tanto piu' si e' abili e rilassati (non mosci) tanto piu' inpercettibile sara' la “caduta al suolo” e tanto piu' alta sara la frequenza della trasmissione dell'onda d'urto riflessa nel corpo dell'avversario.
Attenzione: nel corpo dell'avversario e non sul corpo dell'avversario come avverrebbe negli stili esterni.
A livello piu'alto tutto cio' diventa impercettibile allo sguardo e la “caduta” spesso diventa solo un micro tremito o la reazione elastica causata dalla spinta dell'avversario.

Ma come si ottiene cio'?
Due condizioni sono essenziali :Peng e Sung.

Peng: parare.
Peng, comunemente tradotto come parare e' probabilmente il punto chiave del taiji. In realta' “parare e' estremamente riduttivo per definire Peng che e' un concetto molto piu' vasto.
Peng e' molto piu' simile a “gonfiarsi-connettere-espandere-mettere in comunicazioni tutte le parti del corpo”. Un po' come se di fronte ad un colpo che arriva ci si trasformasse in un enorme pallone elastico su cui il colpo possa' rotolare via (LU) o “rimbalzare” (esprimendo Fa Jing come gia descritto).
E' la condizione che mi permette restando rilassato (nel senso di non rigido e non moscio) di assorbire i movimenti dell'avversario, di essere come l'acqua che si adatta, di far in modo che ”se lui mi spinge non mi trova” (il pallone che ruota), facendo tutto cio' con tutto il corpo in comunicazione ed armonia in modo tale da poter in qualunque momento esprimere Fa Jing.
Parlando in termini esclusivamente strutturali questa e' la condizione che permette alla risposta elastico/vibrazionale del suolo di trasmettersi attraverso la struttura osso/tendinea.
Peng e' la condizione indispesabile alla esecuzione degli altri tre principali movimenti dinamici del taiji: Lu , Ji e Ann.

Sung: affondare
Sung e' essenziale per il radicamento, per la connessione con il suolo che abbiamo visto essere
fondamentale per l'espressione del fa jing.
Si ottiene (con molto studio) tramite il rilassamento attivo della struttura muscolare. Cio' permette di “tenersi in piedi” usando il minimo di forza muscolare sufficiente e necessaria a cio' ed usando a tale scopo quasi esclusivamente la mscolatura interna.
Affondare e' piu' che altro l'effetto automatico che si ottiene tramite il rilassamento della muscolatura esterna. O meglio: solo il minimo di energia deve essere usata per tenere la postura.
Qualunque altra contrazione muscolare non farebbe altro che generare rigidita' che si tradurrebbe tra gli altri effetti negativi in un affondamento incompleto. Appare pertanto chiaro come rilassamento, affondamento o per contro rigidita', siano tutti aspetti ed effetti della medesima condizione: Sung.
La “caduta” di cui si e' gia parlato viene quindi generata a livello del bacino, pricipalmente tramite cadute di tensione muscolare organizzate a livello di ileopsoas, otturatore e gemelli. L'impulso ottenuto in risposta dal terreno viene poi trasmesso dalla struttura osseo tendinea agli arti come gia' descritto.
A questo punto sorge pero' spontanea un'altra domanada………
Ma questa energia esplosiva dove va indirizzata visto che, se la esprimo su di un avversario che esegue correttamente quanto descritto sopra, come risultato non otterro altro che la mia stessa energia riflessa ed amplificata che si scarica su di me?

Qui ci ricolleghiamo a quanto gia' detto rispetto al fatto di trasmettere l'onda d'urto nel corpo
dell'avversario e non sul corpo dell'avversario.
Si ma dove……….
Semplicemente dove o quando sentiamo il nostro avversario rigido o moscio, in parole povere
quando percepiamo assenza di Peng corretto nella struttura dell'avversario.
Assenza di peng corretto che si realizza sia in un contatto rigido per cui noi siamo in grado di scaricare energia sulla struttura non correttamente connessa dell'avversario (lui si e' si trasformato in un cubo di legno anziche' in un pllone di gomma e non e' percio' in grado di assorbire per poi riflettere) sia in un contatto “moscio” quando cioe il nostro avversario non ha affatto realizzato la connessione (anche se si fosse trasformato in una palla sarebbe come un tuorlo d'uovo che non e' in grado di far scivolare una spinta sulla sua superfice opponendo la sua consistenza senza pero' rompersi).
Il bersaglio pertanto non e' sulla mascella, sullo stomaco o sui reni. Il bersaglio e l'obbiettivo sono la struttura e la connessione dell'avversario, alterati i quali egli non e' piu' in grado di esprimere peng.
La destrutturazione della sua connessione e' infatti cio' che lo mette alla nostra merce'. Tanto per fare un esempio sarebbe impossibile sferrare pugni e calci mentre si rotola giu' per un pendio ed e' prorpio in questo stato di confusione che noi andiamo a porre la struttura del nostro avversario.
L'obbiettivo pertanto e' influire nella struttura dell'avversario per ottenere la sua destabilizzazione che in senso piu' esteso si traduce in sradicamento, opportunita di applicare un chi na o possibilta di penetrare con l'onda d'urto negli organi interni (se lui e'rigido assorbira' tutta l'onda d'urto del Fa Jing).

Concludendo:
Quanto esposto vuole essere principlamente un contributo alla conoscenza dell'aspetto Marziale del taiji che, seppur non determinanate per avere i benefici salutari ottenibili anche solo con la pratica corretta della forma, e' pur sempre un aspetto fondamentale e storico del taiji. La conoscenza e la pratica dell'aspetto marziale in oltre permettono la verifica del corretto progresso nella nostra pratica prorpio perche' ci permettono di valutare in maniera tangibile gli effetti di quanto studiato e di prevenire tutte le possibili deviazioni manieristiche a cui la nostra disciplina tanto facilmente si presta tengo a sottolineare che si e' analizzata solo ed esclusivamente la parte fisica strutturale dell'argomento.
Cio' rende infatti l'articolo tutt'altro che esaustivo sull'argomento non essendo stato volutamente analizzato cio' che fa muovere il corpo. L'energia di collegamento tra il pensiero e l'espressione del movimento. Il Chi.
Pertanto sebbene l'aspetto biomeccanico e' estremamente importante in quanto senza corretta
struttura non vi e' corretta forma, non va mai dimenticato la realta' profonda di quanto tramandato daiclassici:

E' l'Intenzione che muove il Chi.
E' il Chi che muove il Corpo.

Marco Morena
suddently... life has new meaning.

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Offline *Cherry*Blossom*

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Re: Dell'aspetto marziale del TJQ
« Reply #1 on: September 12, 2010, 12:27:41 pm »
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Una variazione sul tema "taiji e cattiveria"! comunque non sono d'accordo sulla parte che dice che i formisti sanno fare solo le scale. Ho sentito di una che praticava taiji non a scopo marziale che un giorno è stata attaccata e la reazione le è venuta spontanea! Il taiji migliora tutta una serie di caratteristiche del corpo, che poi sono spendibili in parte anche in questo...persino se non si è combattuto mai. E' come una persona che fa pesi...non si è allenato a sfondare le porte, ma la forza e le caratteristiche per farlo le ha maturate.
Train hard. Relax harder!

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Offline XinYiMan

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Re: Dell'aspetto marziale del TJQ
« Reply #2 on: September 13, 2010, 08:13:36 am »
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Una variazione sul tema "taiji e cattiveria"! comunque non sono d'accordo sulla parte che dice che i formisti sanno fare solo le scale. Ho sentito di una che praticava taiji non a scopo marziale che un giorno è stata attaccata e la reazione le è venuta spontanea! Il taiji migliora tutta una serie di caratteristiche del corpo, che poi sono spendibili in parte anche in questo...persino se non si è combattuto mai. E' come una persona che fa pesi...non si è allenato a sfondare le porte, ma la forza e le caratteristiche per farlo le ha maturate.

Conosco il Maestro Marco Morena di persona, è uno che sa quel che fa e sa quel che dice!
Un albero non si giudica forte in base alla lunghezza dei suoi rami, ma dalla profondità delle sue radici!

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insetto

Re: Dell'aspetto marziale del TJQ
« Reply #3 on: September 13, 2010, 14:44:35 pm »
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Una variazione sul tema "taiji e cattiveria"! comunque non sono d'accordo sulla parte che dice che i formisti sanno fare solo le scale. Ho sentito di una che praticava taiji non a scopo marziale che un giorno è stata attaccata e la reazione le è venuta spontanea! Il taiji migliora tutta una serie di caratteristiche del corpo, che poi sono spendibili in parte anche in questo...persino se non si è combattuto mai. E' come una persona che fa pesi...non si è allenato a sfondare le porte, ma la forza e le caratteristiche per farlo le ha maturate.

Conosco il Maestro Marco Morena di persona, è uno che sa quel che fa e sa quel che dice!

Be' nell'articolo a mio avviso ci sono delle visioni che non mi corrispondono ma sono mie fisime.
Si e' un ottimo praticante.

Es.
Quote
Cio che si lancia non il colpo o l'arto.
Cio che si fa e' scaricarel'onda d'urto. Il famoso Fa Jing: l'energia esplosiva.

Prima di colpire devi a mio avviso evitare o gestire l'avversario. Colpire senza avere un bersaglio chiaro e raggiungibile e' inutile.
C'e' anche nei classici se non erro questo concetto.

Se vi va di commentarlo in una parte o nell'altra magari ne viene fuori un bel 3D.

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rockyjoe

Re: Dell'aspetto marziale del TJQ
« Reply #4 on: September 13, 2010, 15:30:42 pm »
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c è qualche cazzata sparsa qua e la nell articolo,che,quando non soffre di partigianeria e di protagonismo,afferma idee giuste,ma non esclusive del taiji,ma,come minimo,di molte ari marziali cinese,anche tra quelle definite esterne,impropriamente.