Dopo un bel pomeriggio di scambio tecnico, pratico e umano passato con il mitico Ottavio Tramonte e i suoi compagni di allenamento, passo ora a descrivere le mie impressioni su quest'arte marziale.
Preciso che molte preziose informazioni a riguardo sono reperibili al sito dei praticanti italiani
http://www.pukulan.it/ .
L'attitudine di questa arte è la stessa che, a mio avviso, si può trovare in ogni situazione umana in cui una neonata entità sociale si trova a dover difendere la propria esistenza dalla minaccia di nemici forti, soverchianti e vicinissimi. Sto parlando di assenza di forme di competizione sportiva, di assenza di regole che possano intralciare la natura stessa dell'arte e delle sue finalità, come una ferrea disciplina di vita volta a salvaguardare la propria idea di individui, esseri umani, popolo o nazione. In altre parole, la stessa etica che portò alla nascita del Krav Maga.
Non esiste una impostazione attendista, ma si attacca per primi al minimo segno di azione dell'avversario, per colpire di incontro punti del corpo determinati, in modo da procurare reazioni biomeccaniche previste e sfruttabili. Ogni posizione contiene in sè attacco e difesa. Si agisce sempre per finire lo scontro con uno o massimo due colpi, aspettandosi sempre altri attacchi, a volte simultanei.
Negli esercizi di contrattacco, quando toccava a me colpire per primo, bastava un mio respiro innocente per far partire la reazione.
Questi qui, prima colpiscono e dopo chiedono scusa, semmai.
L'uso della biomeccanica è un qualcosa di estremo. Per descrivere il praticante di Pukulan, dovrei farvi pensare a un carro armato veloce e mobilissimo (le gambe) sulla cui torretta siano state impiantate un paio di Browning (le braccia). Il tutto è sovrastato da un mix tra un radar, un mirino e una telecamera a più modalità di ricezione (termico, infrarosso ecc.). Che sarebbe la testa.
Le prime cose che saltano all'occhio sono:
il footwork geometricamente impeccabile, usato in maniera da comprendere la maggiorparte degli spostamenti possibili dell'avversario, per stargli sempre a contatto strettissimo. Dato che loro dicono "un passo, un colpo", si può intuire l'importanza che hanno gli spostamenti tridimensionali
Le tecniche di braccio-pugno-gomito sono usate con precisione, forza esplosiva e continuità di movimento. Continuano fino a che non si ha la netta percezione della "vittoria". Obbligano l'avversario a stare sempre a portata dei colpi, anche in cooperazione con il lavoro delle gambe.
Alcune tecniche presuppongono un deciso condizionamento osseo. Si indurisce il corpo per convogliare il dolore in reazione esplosiva adrenalinica. Per arrivare a un certo livello di resistenza ossea lividi frequenti sono la norma, nell'allenamento. Questo provoca un'innalzamento netto della soglia del dolore, da usare per attivare o aumentare l'intensità dell'azione.
I colpi "entrano" nel bersaglio, usando anche modalità a frustata o rapide contrazioni del braccio a cortissimo raggio. Per dare il meglio, però devono essere compresi i principi biomeccanici di quest'arte. Tali principi sono contenuti in diverse forme. Ottavio ha eseguito davanti a me una di queste. Comprendeva forse 20 passaggi circa, ma si trattava di passaggi brevi, la sue esecuzione non sarà durata più dio dieci secondi, e si vedeva che si tratta di veri promemoria per i movimenti tipici.
Il combattente di Pukulan combatte come se stesse sempre con le spalle al muro, in attacco, seguendo l'avversario e tempestandolo letteralmente di colpi. A cortissima distanza riesce a sprigionare in un attimo una potenza di attacco impressionante.
Non si fa riscaldamento nel senso classico del termine, ma l'affaticamento deriva dall'esercizio delle tecniche e degli sparring, protratto per diverse ore (5 o 6).
La cosa stupenda è il contrasto tra l'estrema informalità e la formalità del Pukulan inteso come filosofia di vita. In un attimo si passa dallo stato di quiete e cordialità a uno stato di furia dirompente. Questo me ne sono accorto a livello emotivo.
Il lavoro a terra è simile a quello del Systema, mentre con le armi si adotta la stessa strategia delle mani nude: attaccare, ledere, non dare tempo di reagire, destabilizzare, finalizzare. Se spunta il coltello, il vero pericolo è chi lo impugna, per dirla tutta.
Che dire, si tratta di una di quelle arti marziali conservatesi integre, al di fuori dai circuiti del business e della pubblicità. Il Systema li ha entrambi, è vero. Ma forse perchè, a differenza di Pak Flohr, che introdusse il Pukulan in Olanda, Vasiliev non sapeva fare altro.
Ad ogni modo, l'accento sulla realtà dello scontro e i modi di affrontarlo è parte integrante dei due metodi. Per il resto, il Pukulan è, per dirla col Systema, "distruttivo".
Vabè, per ora abbasta.