Questo pezzo tratto da "I tre poteri segreti del taiji Quan, corpo mente ed energia" del Maestro Flavio Daniele, esplica chiaramente cosa io penso dell'utilizzo dell'intenzione nella pratica marziale! Se avete altri pezzi di libri che parlano dell'argomento vi sarei grato se li postasse! A voi la parola!
YI NIAN - attenzione, volontà cosciente, intenzione
L'attività della mente non si ferma mai, l'uomo normale è continuamente coinvolto in un dialogo interiore senza sosta, che impedisce la calma ed agita i pensieri come il vento le acque di un lago. I maestri paragonano questo stato ad una scimmia ubriaca che si agita incessantemente, e il pensiero ad un cavallo che scalpita irrequieto.
La quiete del pensiero cosciente, che presiede all'equilibrio di tutte le attività dell'organismo, è la condizione minima indispensabile per avviare il processo di pacificazione (Jing) della mente (Yi). Yi Jing è il nome dello stato della mente pacificata, da cui sgorga un pensiero puro e trasparente come acqua di sorgente.
"Come giù nell'acqua limpida si vedono la sabbia, la ghiaia ed il colore diverso delle pietruzze, soltanto a cagione della sua trasparenza. Chi cerca la via della salvezza, bisogna che abbia la mente in egual modo limpidissima."
( P. F. Ronconi " Le Vie del Buddhismo", ediz. Basaia ).
Lo strumento principale dell’Yi Jing è l'attenzione, strettamente legata alla capacità di concentrazione, che a sua volta, altro non è che la focalizzazione volontaria dell'attenzione. Pacificazione, attenzione, concentrazione e intenzione, sono fortemente correlate in una specie di "circolo virtuoso" che si autoalimenta. Ci sono molti modi per entrare nel "flusso", di sicuro la capacità di focalizzarsi in maniera esclusiva ed intenzionale su quello che si sta facendo, in uno stato di profonda concentrazione ne rappresenta l'essenza.
"Attento come un gatto che punta un topo". Questa immagine, spesso abusata, sintetizza in maniera esemplare, nell'immaginario collettivo, l'archetipo della perfetta attenzione. Ma l'attenzione di cui parliamo nel contesto del presente lavoro è di ordine diverso ed è peculiare dell'essere umano. Essa è nello stesso tempo una delle capacità più elevate e meno sviluppate che possediamo: l'attenzione cosciente. Pochi sono coloro che hanno sviluppato questa attenzione volontaria, la maggior parte, l'hanno vissuta sporadicamente in situazioni fortuite, ma non ne possiedono il minimo controllo. Vediamo, quindi, di chiarire la differenza sostanziale che intercorre fra l'attenzione istintuale di un gatto affamato e l'attenzione cosciente dell'essere umano. Il gatto non ha possibilità di scelta, l'istinto della fame lo obbliga alla concentrazione totale di tutte le sue energie sul cibo-topo. Tutti gli animali hanno queste risposte coatte e reattive sotto l'impulso degli istinti fondamentali. Anche gli esseri umani sono soggetti a questi stessi istinti che condizionano il comportamento e impongono una attenzione intensa in determinate situazioni: pericoli di vita, forte eccitazione sessuale ecc. Sono situazioni molto particolari che hanno un gusto particolare, come certe rare spezie dal sapore intenso ed eccitante. Escludendo queste rare situazioni che polarizzano automaticamente e istantaneamente la nostra attenzione, la vita di tutti i giorni sembra immersa in una specie di brodo esistenziale senza gusto. Probabilmente, è la ricerca di questo gusto forte e il bisogno di ritrovare quell'unità interiore perduta, non più necessaria nelle condizioni di vita troppo confortevoli della nostra civiltà tecnologica, che porta molte persone a praticare alcuni sport particolarmente pericolosi. Questo tipo di attenzione non cosciente, non è il risultato di una scelta, si produce spontaneo quando per un caso fortuito, le condizioni interne (istinti, bisogni, desideri) e quelle esterne coincidono.
La vera attenzione, al contrario, nasce dalla scelta consapevole di orientare e focalizzare l'intento o volontà della mente nella direzione scelta, indipendentemente da qualsiasi necessità o condizione esterna.
Questa capacità di astrazione, propria dell’uomo, che abbiamo chiamato attenzione cosciente, opportunamente sviluppata è la condizione indispensabile per una reale crescita interiore. Solo grazie ad essa possiamo staccarci dalle situazioni contingenti e volgere all'interno il nostro sguardo per attivare le enormi potenzialità interiori.
Ecco cosa dice il Buddha a proposito dell'attenzione:
"L'attenzione conduce all'immortalità, la disattenzione alla morte; gli attenti non muoiono mai, i disattenti sono come morti". E più avanti: " Praticano la disattenzione gli uomini stolti e senza discernimento; ma l'intelligente custodisce l'attenzione, al pari del tesoro più prezioso. "
( "Le Vie del Buddhismo" di Pio Filippani Ronconi - ediz. Basaia )
A queste due qualità dell'attenzione (l'istintiva, che negli uomini e negli animali nasce dal gioco degli istinti, e la cosciente, tipica dell'essere umano, sganciata dalla circostanze e poco sviluppata) corrispondono due qualità della volontà, quella che nasce dalle pulsioni istintuali e dai nostri bisogni elementari, e quella di ordine superiore, frutto del loro controllo e superamento. La prima, molto spesso, nasce dalla paura e dal conseguente bisogno di potere, che ci porta ad accumulare beni materiali d’ogni tipo per colmare quel senso di vuoto esistenziale che ci attanaglia, nonostante che le condizioni esterne siano quanto di più confortante e rassicurante ci possa essere; la seconda, invece, frutto di uno sforzo cosciente di una personalità matura e consapevole, in grado di dare un senso alla propria vita sia in termini materiali sia di progresso interiore, è quella che viene chiamata intento o volontà della mente
Un attenzione forte è frutto di un intento inflessibile .
Chi, dopo anni di pratica, non ha raggiunto dei risultati apprezzabili, può doverlo anche alla mancanza di attenzione e volontà: senza di esse non si sviluppa la percezione della propria energia interna (Qi). Molti sono i praticanti che, pur seguendo la disciplina con amore e diligenza, non avendo sviluppato la consapevolezza interiore non fanno progressi //, perché non riescono a decodificare i messaggi del corpo e sono ingannati dalle loro stesse sensazioni.
All'inizio è importante concentrarsi sulle forme da imparare per eseguire correttamente i movimenti, con la pratica la loro esecuzione diventa più semplice, i movimenti fisici meno impegnativi e di fatto possono essere fatti in maniera automatica, senza la necessità di uno sforzo cosciente. Spesso a questo punto, la pratica diviene ‘routine’ meccanica e lo sviluppo risulta compromesso, perché non si presta sufficiente attenzione a quello che si fa, esternamente sembra Taiji, in realtà è un guscio vuoto. Al contrario, la pratica, necessita di una ricerca esperienziale attiva e concreta fino al limite dell'identificazione, che inizia con la focalizzazione del pensiero cosciente sugli aspetti più esterni (movimenti parassiti, tensioni muscolari, blocchi energetici ecc.) e che procede per stadi successivi, fino alla presa di coscienza di qualunque fenomeno possa emergere, sia esso fisico, emozionale o mentale. Chi pratica deve essere ben cosciente di ciò che gli accade senza distrarsi mai, con vigile attenzione deve essere in grado di percepire i mutamenti e le trasformazioni che avvengono all'interno del suo corpo: solo così diventa padrone di sé stesso ed è quindi in grado di orientare la sua mente, in modo che possa guidare, in maniera consapevole, tutto il processo di sviluppo.