problema di comunicazione: tatam dai una definizione di dp
Quello che faccio per difendermi!
Deduzione: se aggiungo un aggettivo (proporzionale) alla parola difesa, devo anche identificare cosa intendo con questo aggettivo, naturalmente se intendo insegnare o imparare una possibile difesa proporzionale.
Diversamente diventa inutile parlare di proporzionalità e si genera confusione.
La domanda giusta è: "da che cosa ci si difende?".
La legge dice che è legittimo difendersi da un pericolo (definizione: circostanza o situazione da cui si teme derivi grave danno).
La giurisprudenza ha aggiunto altri parametri ala legittima difesa non compresi nella legge.
Ad oggi non è dato sapere cosa è legittimo e cosa no, non esistendo delle prescrizioni per eliminare il pericolo e laddove non possibile ridurlo (per esempio un parapetto alto un metro per un ponteggio), ciò determina l'incertezza assoluta per chi si trova nella necessità di difendersi, di determinare cosa sia legale fare e cosa non sia legale fare; mentre la sua vita può essere in pericolo la legge non gli dice come può determinare la condizione di pericolo, pertanto si trova nella condizione di dover essere giudicato rispetto a qualcosa che doveva esserci (il pericolo), ma che al momento della sua azione o non azione non aveva gli strumenti giuridici per capire se c'era; non solo ma non era nemmeno nella condizione di sapere quanto di quello che ha fatto era legittimo rispetto alla presunta (da lui, perché il giudice non ha ancora fatto il processo) condizione di pericolo, potendo egli eccedere nella difesa.
Io credo, ma naturalmente è un'opinione del tutto personale, che l'allenamento alla difesa personale dovrebbe essere diretto, per l'appunto, alla difesa e non ad arrampicarsi sugli specchi di una legislazione e relativa giurisprudenza assolutamente inutili a descrivere il problema, quindi a dare degli strumenti giuridici in mano al fruitore, cioè al cittadino atti a capire i limiti della propria azione, con il rischio di determinare in capo al difendente, tanti e tali problemi, da creare nella sua mente solo una grande confusione, risolvibile solo attraverso la non azione, cioè la non difesa, che è esattamente il contrario di ciò che vuole chi desidera imparare a difendersi.
Molto più utile o, semplicemente, davvero utile, è istruire il malcapitato difendente, ma fortunatamente uscito vivo dallo scontro su come comportarsi "dopo" l'evento, per ridurre tutte le possibili ripercussione ed evitare altri danni dallo Stato oltre a quelli che gli ha arrecato il/i p.di m. che ha appena avuto la sfortuna di incontrare.
Quest'ultimo aspetto dovrebbe essere quello maggiormente curato, posto che i nemici per chi si deve difendere sono due:
l'aggressore/i in prima battuta e se se ne esce vivi, lo Stato in seconda, terza e magari quarta battuta.
Allora occorrerebbe l'opera di un avvocato o ancora meglio di un magistrato, dalla parte di chi si difende ovviamente, che spieghi per filo e per segno se fare denuncia oppure no, cosa dire o non dire, con tanto di simulazioni, domande e risposte e chissà cos'altro.
Il tutto in sinergia con l'istruttore/i che potrebbero tradurre in pratica taluni consigli gestendole fasi immediatamente successive all'evento.
Il tutto, ovviamente, a porte sigillate come tra cliente e avvocato.