Ultimamente Luca, anch'io sono sempre più convinto della necessità di un po' di schiettezza.
Sono tanti anni che mi alleno, dal Karate ho avuto molte soddisfazioni e mi ci sono anche salvato le chiappe.
Tuttavia, durante tutto questo tempo, mi sono accorto di recente che ho sempre applicato un filtro mentale. Mi spiego meglio, ci sono delle dinamiche dal Karate che ho subito sentito "mie", anche se c'era necessità di allenarle prima di renderle un minimo operative. Parlo proprio delle tecniche base: pugni, calci, schivate, difese. Il problema arriva quando vengono mostrate applicazioni più complesse: lui fa così, allora io faccio così, poi così e poi così ancora.
Ho sempre ritenuto un mio limite il non aver appreso bene questo tipo di tecniche a mio parere spesso arzigogolate, ma sospetto che non sia proprio così.
Il problema non è tanto il Karate o le sue tecniche, tanto quanto l'acriticità con cui si prendono e si ripropongono le cose, senza mettere in dubbio. Spesso si parla di kata e relativi bunkai come di "difesa pesonale", ma difficilmente vengono messe alla prova veramente.
Per me una tecnica deve essere
1) provata da solo, a vuoto
2) provata su di un compagno, che collaborativamente e generosamente ci lascia fare
3) provata su di un compagno che adesso però se non esegui bene la tecnica ti buca
4) provata in un contesto non preordinato, magari sotto pressione psicologica
Il problema è che spesso ci si ferma alla seconda fase, e quando si prova a mettere una marcia in più, e non funziona, spesso si porta come motivazione che "non si è abbastanza bravi". Ma in un contesto in cui bisogna difendersi davvero, escono solo cose semplici, dove per semplice non intendo da imparare, ma da utilizzare.
Facevo l'esempio dell'allenamento con Madhatter quando mi ha mostrato i disarmi da pistola del Krav Maga. Io fin lì credevo che fossero fantascienza, ma lui me li ha mostrati e li abbiamo provati con una pistola a pallini.
Bene: dopo che me li ha spiegati mi sono uscite...
Subito! Tutte!
Tutti i pallini sono finiti nel prato (e garantisco che Madhatter non è uno che si fà problemi a sparare, avevo anche gli occhiali da sole per proteggere gli occhi, tanto per intenderci)! Non ci vogliono vent'anni per assimilare i principi di questi movimenti, nessun mistero. Te lo spiegano e se hai un minimo di esperienza marziale, esce! Magia!!
Stessa cosa per il BJJ, di cui so 4 cose in croce, più di una volta mi sono uscite le tecniche in modo molto fluido e spontaneo.
Il discorso cambierebbe se fossi un neofita (io sono il primo a dire che non mi convincono i corsi per diventare Rambo in 15 lezioni, e che come tutte le cose per imparare ci vuole tempo) ma se dopo più vent'anni di Karate, e qui perdonatemi la presunzione, non sono in grado di applicare una tecnica, nemmeno al secondo step o sono io una scarpa o è la tecnica che è una minchiata.
Si dice spesso che bisognerebbe ritornare alla tradizione, a quello che facevano i maestri nell'età dell'oro del Karate, ma mi sembra più un concetto teorico che non ha nessun risvolto pratico, primo, perchè nessuno può testimoniare cosa davvero si facesse in passato (anzi, in alcuni libri si dice che a Okinawa tutto l'allenamento conisiteva nella ripetizione dello stesso kata per anni...). Io invece vredo che bisogna fottersene della storia.
Io credo che il Karate, invece di "tornare alle origini", queste fantomatiche origini, deve ANDARE AVANTI!
Abbiamo in mano uno strumento, che ha dei punti di forza e delle pecche. Bene, secondo me disonoriamo l'insegnamento ricevuto se lo applichiamo acriticamente senza pensare.
Da un lato posso dire che spesso il Karate è sottovalutato, e molte dinamiche non comprese dai non addetti ai lavori.
Dall'altro però, forse le cose che funzionavano ad Okinawa nell'800 non è detto che funzionino nelle metropoli del 2010, dove non ci sono problemi di denutrizione e dove l'altezza e la prestanza fisica media sono molto più elevati.
Quindi per me sono indispensabili:
L'applicazione dei 4 step di cui sopra.
L'assimilazione di tutte le metodiche di uno SDC anche se non si intende competere.
Sparring a manetta in tutte le salse.
La preparazione fisica almeno di base (altro che i maestri che a 40 anni hanno un girovita doppio del mio).
Dati questi presupposti, possiamo continuare anche ad allenarci seguendo quella che è un'arte e una via, quindi cercando la perfezione tecnica, con kihon e kata, da trasferire poi in kumite.
L'apertura verso le altre discipline, sicuramente un praticante di un buon JuJutsu o di un buon Krav Maga ha qualcosa da insegnarci, mentre spesso nei dojo si vedono applicare leve che non usciranno mai.
Oppure dando per scontato che l'aggressore ci attachi con un oi tsuki fuori misura rimanendo poi fisso col suo attacco ad aspettare che noi applichiamo la nostra difesa.
Poi non dico che il problema sia solo nostro eh... ho già raccontato degli aneddoti che spaziano dal praticante della disciplina antichissima cinese che ho bucato a suon di calci frontali all'insegnante di Krav Maga che è andato all'ospedale per il troppo dolore dopo che gli tirato un pugno sul costato.
Ma se ci limitiamo a confrontarci con la mediocrità, non andiamo da nessuna parte
Il Karate, come tutte le discipline, di per sè non è ne' buono ne' cattivo. E' uno STRUMENTO, e come tale può essere usato bene, o male, con professionalità o in modo maldestro.
Devo dire che rispetto a praticanti di altre discipline, solitamente il karateka usa proprio male il suo strumento.
Di motivi ce ne sono tanti, ma ho già scritto troppo