caricamento parate,secondo voi solo una didattica o nasconde un'applicazione?

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Offline nameganai

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spero di farmi capire,noi lavoriamo molto con entrambe le braccia assieme,un pò come capita nel wing chun per intenderci...

da lì una riflessione,il caricamento che si esegue per una parata nel karate,potrebbe essere in realtà un modo per accompagnare il colpo alla parata  vera e propria?

facendo due prove secondo me si,ma vorrei sapere come la vede il mondo del karate...

se per voi è una cosa palese scusate la mia ignoranza karatekara...
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Offline XinYiMan

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assolutamente si. L'errore stà di fondo perchè si è fatta la classificazione tecniche di difesa (parate) e tecniche di offesa. Quindi viene inculcata la mentalità che la parata è solo una parata, mentre non esistono tecniche ma solo gesti e visti in quest'ottica contengono sempre le due facce della stessa medaglia attacco/difesa SEMPRE

E non solo il karate, ma tutte quelle discipline considerate tradizionali o di derivazione tradizionale.
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assolutamente si. L'errore stà di fondo perchè si è fatta la classificazione tecniche di difesa (parate) e tecniche di offesa. Quindi viene inculcata la mentalità che la parata è solo una parata, mentre non esistono tecniche ma solo gesti e visti in quest'ottica contengono sempre le due facce della stessa medaglia attacco/difesa SEMPRE

E non solo il karate, ma tutte quelle discipline considerate tradizionali o di derivazione tradizionale.
Esattamente, bravissimo Xin. :)
L'idea (sbagliata) di attribuire le connotazioni attacco o difesa ai gesti è una delle cose che fa perdere realtà ed efficacia (o applicabilità) a ciò che si studia.
Pensare una parata solo come parata, implica che la tal parata serva per parare il tal attacco, ma a quel punto, occorre che qualcuno mi attacchi con quell'attacco li, o non potrò usare quella parata.
In realtà si studiano dei gesti, per fare in modo che diventino spontanei, istintivi, allora, a tal "situazione" corrisponderà la più opportuna azione o reazione.
Lo Tsuki può essere il gesto per agire sul rachide cervicale e mandare a terra l'avversario, oppure per afferrarlo, così come qualsiasi parata o altro.
L'eccesso di spiegazioni per ogni gesto, la troppa voglia di attribuire una funzione palese ad ogni movimento, di fatto finisce per renderli tutti inutili almeno fino a che non capita quello che attacca proprio in quei modi, che fa proprio quei movimenti e ci permette di applicare quelle tecniche......ma nel frattempo, in troppi prima ci avranno massacrato.
« Last Edit: January 10, 2011, 10:59:18 am by Ronin44 »
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Offline nameganai

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grazie delle risposte,
sono ovviamente d'accordo con voi.

mi interessava comunque sapere se i caricamenti fatti con il braccio che non para,nel karate hanno un senso o se sono solo considerati caricamenti..

da qualche parte vidi un video sullo shuto-uke molto carino in questo senso..ma non lo trovo più..
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Si e no, nel senso che, si può lavorare in modo che il braccio opposto a quello che para faccia dell'altro, oppure che l'abbia già fatto, o che lo faccia contemporaneamente eccetera.
Il punto è abituare il proprio corpo al fatto che le braccia sono due come le gambe, quindi a mantenere attivo il braccio non direttamente interessato in quel movimento, perchè altrimenti si rischia di averlo come appendice poco utile in una fase di scontro o di lotta in cui non ci si può permettere di essere scoordinati o limitati.
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Si e no, nel senso che, si può lavorare in modo che il braccio opposto a quello che para faccia dell'altro, oppure che l'abbia già fatto, o che lo faccia contemporaneamente eccetera.
Il punto è abituare il proprio corpo al fatto che le braccia sono due come le gambe, quindi a mantenere attivo il braccio non direttamente interessato in quel movimento, perchè altrimenti si rischia di averlo come appendice poco utile in una fase di scontro o di lotta in cui non ci si può permettere di essere scoordinati o limitati.

Certo che lavora anche la fase "di caricamento", anche perchè se il gesto deve essere centralizzato (e qui voglio vedere quante divergenze di opinioni ci sono) allora le braccia si muovono insieme a causa della centralizzazione. E chi ha codificato questi movimenti non era un pirla, basta saper osservare.
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Raven81

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Mi pare che l'utente Muteki avesse filmato alcuni suoi studi relativi alle tre parate fondamentali del karate Goju Ryu.

Se non ricordo male si trattava non tanto di vere e proprie "applicazioni", quanto piuttosto di un metodo propeduetico-didattico per capire che senso potesse avere il caricamento e il lavoro a due mani.

Sulla questione "tecniche nascoste/non-evidenti":

- non sono uno di quelli che crede che un esercizio propedeutico debba avere per forza un'applicazione o esplicitare chissà quale principio: quando si fanno le ripetute di diretti al sacco si sta in una posizione che difficilmente se non mai si deve assumere in sparring, ma non per questo le ripetute sono inutili.

- appunto perché non esercizio propedeutico non deve per forza avere un'applicazione, non capisco che senso abbia nascondere (?!) o celare il significato di un gesto. L'argomento di Ronin44 sembra essere: nel momento in cui io associo un significato ad un gesto, lo vincolo univocamente ad una data situazione, cosicché perdo in adattabilità. MA non associandolo a nessun significato non posso fare alcun tipo di studio situazionale; e l'esperienza insegna che insegnare il significato di un gesto non ne limita l'applicabilità (es. il jab)

- non mi piace allenarmi senza sapere come e perché faccio quel che faccio. E non perché sia poco umile, troppo poco orientaleggiante, frettoloso nell'apprendimento, ma solo perché ritengo che per me non funzioni: un movimento diventa una tecnica solo quando c'è una "memoria corporea" e "un'intelligenza strategica" dietro a quel movimento, cioè quando so a cosa serve, quando serve... se non lo so, sto allenando un MOVIMENTO, non una TECNICA!
Se il movimento diventa all'improvviso una tecnica (una parate, una proiezione etc.) perché ho raggiunto l'illuminazione sul senso di quel gesto, solo da quel momento inizio a lavorarlo come tecnica!

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No, non dico di non spiegare, per carità.
Dico che la spiegazione di un gesto è velleitaria, perchè per ogni gesto ci sono troppe altre possibili spiegazioni/applicazioni.
Se ti insegno la tal parata per il tale attacco e tu vai a un gatering, ad uno stage o altro, trovi pinco pallo che fa quel gesto, quella parta, per afferrarti, per colpire, per proiettarti o che sò io, tu tornerai da me chiedendo (giustamente) perchè ti ho nascosto tutte quelle ulteriori spiegazioni.
Bisognerebbe sempre essere prudenti nel dare una definizione precisa di una tecnica, proprio perchè la sua applicabilità passa per l'estemporaneità di uno scontro, per la sua imprevedibilità, caratteristiche che rendono impensabile il vedere, capire e riconoscere un attacco a cui opporre il gesto imparato che recuperiamo dall'archivio della memoria.
Quello che ti sorprende in combattimento può serenamente essere uno che esegue Shuto Uke o Age Uke per colpirti, afferrarti e proiettarti a terra, azioni che probabilmente non erano nella testa di nessuno dei due, che sono state possibili perchè quelle tecniche non erano vincolate ad "una" spiegazione.
Io sono per gli esempi più che per le spiegazioni, tendo a dire "questa roba qui, ad esempio, può essere applicata così, oppure così, ma poi dipende dalla situazione, basta non essere rigidamente legati ad una sola traduzione".
Lo trovo più proficuo, più adatto a stimolare una personale ricerca e comprensione dei gesti.
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Offline XinYiMan

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No, non dico di non spiegare, per carità.
Dico che la spiegazione di un gesto è velleitaria, perchè per ogni gesto ci sono troppe altre possibili spiegazioni/applicazioni.
Se ti insegno la tal parata per il tale attacco e tu vai a un gatering, ad uno stage o altro, trovi pinco pallo che fa quel gesto, quella parta, per afferrarti, per colpire, per proiettarti o che sò io, tu tornerai da me chiedendo (giustamente) perchè ti ho nascosto tutte quelle ulteriori spiegazioni.
Bisognerebbe sempre essere prudenti nel dare una definizione precisa di una tecnica, proprio perchè la sua applicabilità passa per l'estemporaneità di uno scontro, per la sua imprevedibilità, caratteristiche che rendono impensabile il vedere, capire e riconoscere un attacco a cui opporre il gesto imparato che recuperiamo dall'archivio della memoria.
Quello che ti sorprende in combattimento può serenamente essere uno che esegue Shuto Uke o Age Uke per colpirti, afferrarti e proiettarti a terra, azioni che probabilmente non erano nella testa di nessuno dei due, che sono state possibili perchè quelle tecniche non erano vincolate ad "una" spiegazione.
Io sono per gli esempi più che per le spiegazioni, tendo a dire "questa roba qui, ad esempio, può essere applicata così, oppure così, ma poi dipende dalla situazione, basta non essere rigidamente legati ad una sola traduzione".
Lo trovo più proficuo, più adatto a stimolare una personale ricerca e comprensione dei gesti.
Bravo, pensa che io ai miei allievi fin dalla prima lezione gli ho detto "ragazzi dovete imparare a studiare e a ricercare fin da subito, altrimenti la vostra arte marziale non serve a un caxxo e in più dovete andarvi a confrontare quando potete (non necessariamente bisogna gareggiare per confrontarsi)" e glielo ripeto continuamente.
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Akira

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Offline Dipper

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Bella discussione.
Naturalmente anch'io ritengo che non solo "l'altro" braccio abbia una sua funzionalità, ma che sia parte integrante del movimento.
Allo stesso modo di un kata, credo per riallacciarmi al discorso di Raven, che inizialmente un significato alla tecnica vada attribuito (soto uke = parata media) per dare al principiante almeno un'idea teorica di quello che dovrebbe fare. Perchè altrimenti gli si direbbe: "fai soto uke, scoprirai dopo a cosa serve" il che è spiazzante. Piuttosto io sono per anticipare che la tecnica potrà evolversi in mille maniere, ma per ora è una parata media. Al momento buono, si apre la mente secondo quanto scritto da Ronin44.
D'altra parte, se vogliamo, anche la stessa didattica base dell'ido geiko, di parare avanzando in ayumi ashi di per se' ha solo una valenza teorica, perchè se paro avanzando signigfica che l'attacco è fuori portata e potrei tranquillamente starmene fermo (ed è una cosa su cui mi sono molto interrogato ultimamente). Credo però che il fatto di portare il peso sulla tecnica (prima avanzando, poi imparando a farlo sul posto o spostandosi di lato o indietro) sia già un indizio di quante applicazioni possa portare. Io ad esempio considero soto uke anche un attacco, ignorante finchè volete, su sul braccio di qualcuno che mi afferra al bavero o dintorni.

D'altra parte io mi sto stupendo ultimamente di quanti significati, quante varianti può avere la singola tecnica, e soprattutto mi sto accorgendo di quante tecniche si nascondono nei “caricamenti” e che, guarda caso, nel kihon vero e proprio di solito sono omesse, ad esempio di nagashi uke.

In ogni caso penso anch'io come XYM che il confronto e uno sguardo attento verso l'esterno siano imprescindibili per apprendere, e anche il mio sensei insisteva molto su questo.
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Offline Paguro49

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Si, sono d'accordo.
Ovviamente il mio discorso non riguarda la cintura bianca, li è necessario attribuire una funzione a un movimento.
Per me il problema nasce quando questa cosa continua anche dopo.
La parata in avanzamento, ad esempio, molto adottata in Aikido, è un movimento in Irimi, quindi anticipa e stoppa sul nascere l'attacco, in sen no sen, tramutando la parata in attacco, che proietta, che blocca o rompe.
Ovviamente, posso non essere in tempo, allora lo stesso movimento avverrà in Tenkan, assorbendo, ricevendo l'attacco.
Due facce della stessa medaglia, due intenti che attengono a momenti differenti della pratica e della perizia tecnica.
Faccio Shuto Uke per colpire, ma l'avversario è più rapido e non lo anticipo, a quel punto parerò e magari afferro, di sicuro non posso dire "Arimò" e ricominciare perchè non è venuta, farò quello che posso e che riesco, colpire, afferrare, estendere, proiettare o quel che è, ma sempre Shuto Uke sarà, che io avanzi o indietreggi.
Ma allora, se devo per forza dare (parlo sempre di esperti) una spiegazione, che faccio?
Un mese e un intero libro solo su Shuto Uke? Vado avanti così per ognuna delle troppe tecniche?
No, io credo che al principiante vada data una spiegazione che gli consenta di fare una cosa senza l'idea di muoversi a vuoto....ma poi il discorso deve evolvere.
« Last Edit: January 10, 2011, 12:53:57 pm by Ronin44 »
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Offline XinYiMan

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Io invece penso che anche al principiante mai e poi mai bisogna dire "questa è ..." nel caso del Soto uke una parata, anzi io parlo per la disciplina che insegno perchè il karate non lo insegno, prendo l'allievo che capita (capita sempre il più grosso :) ) e gli applico lo stesso gesto in 3/4 modi diversi, facendo vedere varianti fin da subito in modo da mantenere la mente per così dire aperta e in modo da non dargli un imprinting iniziale su quel determinato gesto, altrimenti ho notato che inconsciamente cercheranno sempre quello. Si capisce che questo è il mio metodo e non voglio spacciarlo per verità assoluta.  :)
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Offline Dipper

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Naturalmente, qui si entra in un campo di pura soggettività e ognuno applica quello che ritene più corretto ;)

Io ad esempio quando mi dei principianti di Shorin Ryu mi hanno chiesto di fare loro qualche lezione, ho mostrato diverse applicazioni di soto uke e age uke.
Uno di loro soprattutto, molto perplesso, mi ha detto "Ho capito adesso cos'è il vero Karate, non capisco perchè il nostro sensei non ci insegna così". Al chè io ho spiegato loro che il mio è stato più che una lezione uno show, giusto per mostrare quante cose ci possono stare dietro, ma di dare fiducia al loro sensei, che al momento buono avrebbe "sbloccato" le chiavi di lettura.
Insegnandogli da subito un principio polivalente, secondo me il principiante si perde, cercando di fare tutte le cose insieme senza farne nessuna veramente bene.

Tanto per fare un paragone con l'approccio che ho ("avrei", non tengo un corso regolare :=)) ci sono decine di modi per scrivere una "a", ma alle elementari la prima cosa che si insegna è quella standard, per tutti, poi ognuno evolve la propria grafia col tempo.
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Akira

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Io mi sono ritrovato spesso e volentieri ad allenare cose in una certa ottica, magari per una mia interpretazione che ho ritenuto valida, per poi sentirmi dire che il senso di quella tecnica era un altro, "però va bene anche così".
Il punto è che nessuno mi aveva mai spiegato in modo chiaro il senso corretto. E se lo hanno fatto guarda caso era comunque colpa mia perchè mancavo proprio a quella lezione...
Certe cose succedono solo nel tradizionalisssssimo, dove mi spiace ammetterlo ma sono in tanti a non sapere nemmeno loro quello che stanno facendo, e ripetono a pappagallo quanto gli è stato venduto.
La cosa peggiore è che spesso non si pongono nemmeno il problema di provare e verificare il come e il perchè di una tecnica "artiglio del pesce gatto che volteggia sul collo del cavallo disarcionato"....

Ormai me ne sto zitto e faccio certi movimenti giusto perchè mi piacciono esteticamente  :vomit: