Il bimbo libero di muoversi a suo piacimento fino all'età scolare, compatibilmente al luogo in cui vive ed alle possibilità familiari, di fatto si trasforma in un sedentario a tempo pieno, appena comincia a frequentare la scuola elementare. Per lunghe ore starà seduto nei banchi e come se questo non bastasse, continuerà a stare seduto anche a casa per fare i compiti, spesso in alternativa o in associazione ad almeno due ore in media di immobilità televisiva.
Del resto il periodo che va dai 6 anni a 14 anni per entrambi i sessi, a seconda di come viene vissuto dal punto di vista motorio, può condizionare in larga parte il benessere e l'equilibrio psicofisico dall'adulto. Infatti, prima dei grandi sconvolgimenti sociali e delle modificazioni del tenore di vita e delle abitudini prodotti negli ultimi 50 anni dalla rivoluzione industriale, una civiltà povera e prevalentemente contadina imponeva un ritmo di vita in cui il "movimento" era ancora protagonista.
Un simile capovolgimento di tendenza, di abitudini e di ritmi di comportamento ha generato una serie di limitazioni e di condizionamenti, sul piano fisico e psichico, direttamente proporzionali al grado di benessere sociale e, al contempo, di inattività motoria delle popolazioni che venivano interessate da quelle trasformazioni.
Di converso, negli strati sociali dove il tenore di vita era meno sconvolto dal benessere economico e dal diffondersi delle macchine, era estremamente meno frequente il riscontro della "subhealt" cioè dello stato di "sotto salute", come gli anglosassoni hanno indicato l'insieme dei quadri limite tra la normalità fisiologica e la patologia vera e propria, indotti e sostenuti dalla sedentarietà dilagante.
Lo sport come gioco motorio infantile appare essere sempre una simulazione, come ogni gioco, un "fare come se", simulazione spontanea di attività che sono dell’essere umano in quanto tale e quindi anche dell’adulto. Questo aspetto dello sport, e del gioco infantile in particolare, racchiude in sé anche una finalità primaria che è quella di allenamento, un allenarsi a fare cose, ad apprendere modi, a preparare ed usare il corpo. Tutto ciò ovviamente è presente nelle culture più antiche od in quelle di tipo "tribale ".
Basta ricordare come esempio evidente, le attività sportive che ci vengono dalla cultura greca che sono tutte attività che rappresentano un allenamento o alla caccia o alla lotta, oppure in ogni caso a capacità utili, se non addirittura necessarie, alla sopravvivenza. La stessa cosa si può dire anche per certe performance che caratterizzano certi riti di passaggio dei popoli a cultura etnico-tribale.
Questo aspetto è presente da sempre ed universalmente nell’attività motoria spontanea dei bambini nella quale troviamo la lotta, la corsa, le prove di forza o di abilità nella ricerca. Attività queste che hanno sempre un senso ed una finalità di tipo esplorativo e cognitivo, perché rappresentano i modi articolati e complessi attraverso i quali il bambino esplora conosce e gestisce il mondo. La naturalità di questo processo è dimostrata anche dal fatto che atteggiamenti di questo tipo li ritroviamo come comportamenti etologicamente leggibili anche negli animali ed in particolare nei mammiferi, nei quali "l’apprendimento" è fondamentale per evocare e sviluppare le competenze innate; i cuccioli "giocano " come se cacciassero o come se sfuggissero ad un pericolo.
Il bambino è per sua natura un essere psicosomatico, ed il corpo è la base ed il luogo dell'esperienza di vita in un vissuto totale ed indifferenziato tra sensazioni ed emozioni che è difficilmente concepibile da una "mente adulta".
Il neonato ed il bambino nei primi mesi di vita extraeuterina vivono una realtà che l'adulto riesce ad immaginare quasi esclusivamente attraverso il sogno, il simbolo o un sintomo. Realtà costituita appunto da un insieme di sensazioni e di emozioni strettamente connesse e sulle quali si costruiscono le catene associative del pensiero. E’ una realtà immediatamente vissuta in un complesso di atti che implicano sempre il muoversi nel mondo. Il movimento, quindi, è sia un mezzo di espressione e di adattamento, ma anche un mezzo di conoscenza e di autocostruzione. Nello sviluppo postnatale il bambino entra, in genere intorno al terzo mese, in un gioco percettivo attraverso il quale comincia a riconoscere le parti oggettivamente percepibili del proprio corpo, e quindi si crea le basi dello schema corporeo e dell'immagine corporea e contemporaneamente del suo "campo di azione ", e percepisce la differenza sostanziale tra il campo dell'azione diretta, segnata dalla sua capacità di muoversi ed il campo percettivo. Riesce, cioè, a discriminare la differenza tra ciò che percepisce, ciò che desidera e le possibilità insite nel suo movimento, come espressione delle sue necessità, dei suoi desideri e delle sue capacità.
Questo avviene attraverso un secondo processo di separazione dopo quello della nascita, per cui il riconoscersi comporta un riconoscere anche la madre come altro da sé, separato e posto in un campo relazionale, che dal punto di vista motorio è segnato e caratterizzato dal contatto e dal distacco, dall’avvicinarsi e dall’allontanarsi. Si può dire che nel primo anno di vita lo sviluppo psichico individuale determina precocemente la distinzione tra i diversi vissuti del corpo, del corpo soggetto e del corpo oggetto. Tutta l'esistenza individuale si articola tra queste due diverse modalità di sentirsi e questo processo bipolare costituisce la prima base del "sé ", anche se questo poi è costituito dalla costanza di un meccanismo di assemblaggio e di miscelazione di tanti elementi che mutano i loro rapporti secondo l’età, il sesso ed il contesto. In questa variabilità esistenziale particolare importanza riveste la fase complessa dell’adolescenza. Il vissuto del corpo del bambino è quindi un vissuto diretto, potremmo dire, anche se ciò non corrisponde esattamente alla realtà dei fatti, che il corpo del bambino è un corpo poco pensato e prevalentemente psicosomaticamente vissuto.
Nel bambino, nel magma costituito dalle pulsioni, dalle sensazioni, dai desideri, e dai fantasmi che caratterizzano le relazioni primarie e precoci, l’ "io corporeo " con la sua capacità di movimento costituisce la base della personalità nascente, della sicurezza di base, della propria espressività e quindi dell’autostima legata all’identità come processo di autoriconoscimento. Da questo momento inizia un processo costruttivo in cui i vissuti corporei e le fantasie si uniscono e si integrano, fondando anche quel senso critico della realtà, oggettiva e soggettiva, che caratterizza una personalità matura ed equilibrata, nella quale nessuna parte prevale se non in modo transitorio e funzionale in fasi particolari di quello specifico profilo caratterologico
http://www.pianetamamma.it/il-bambino/sport-e-tempo-libero/l-importanza-dello-sport-nella-vita-dei-bambini.htmld.ssa Giuliana Apreda