Credo comunque che molti strafalcioni derivino non dalla rozzezza dei marzialisti giapponesi quanto dai fraintendimenti delle controparti italiane o gaijin in genere.
Sono sorpreso di come molti affermino di amare la tradizione e poi non sapere nemmeno cosa stanno dicendo quando usano vocaboli nipponici. Sul forum è troppo facile perché c'è Google sensei, ma provate a chiedere a quattrocchi ai compagni cosa significa "osu" e godetevi gli sguardi vacui.
Detto questo, se si ritiene che una scuola tradizionale sia lacunosa e si intende integrare il programma, giustamente è opinione prevalente che non la si può più chiamare con il nome originario, dunque non rimane che sceglierne un altro. O no?
Esattamente quello che intendevo dire, ossia che preferisco vedere usare la lingua Italiana quando non si padroneggia la lingua originale, altrimenti si rischia la figura dell'ignorante o del paccottaro che, per dare credibilità al suo prodotto lo riveste del mistico manto Nippo.
Se c'è qualità e competenza (e non ho ragione per credere il contrario) non occorre pescare a caso fra i termini Giapponesi non ancora utilizzati nel variegato universo dei millemila stili di Karate.
Sulle lacune e le integrazioni, beh non sono così convinto della mancanza di alternative.
Il Maestro Montanari integra come un pazzo, ma insegna Shotokan, al quale poi aggiunge (non sostituisce) altre cose quando ritiene pronti gli allievi.
Il Maestro Kase, insegnava Shotokan, ma con evidenti differenze rispetto a Shirai, che insegna Shotokan ma con concetti differenti da Enoeda eccetera.
Ovvero, penso che si possa tranquillamente insegnare secondo un programma, salvo poi inserire quanto di personale si è maturato negli anni.
Un pò il discorso dell'Italiano, che non diventa Italiese o italiatico a seconda di chi lo insegna, le basi sono quelle, poi c'è la personale visione dell'insegnante quando è molto bravo e preparato.