ok..mi cimento anche io sull'onda divilgativa di sotutsu
omote: la parte esteriore delle tecniche o delle forme, quella che può essere insegnata solo attraverso la ripetizione del movimento da parte dell'allievo con le dovute correzioni del Maestro
ura: è ciò che stà dentro la tecnica, il principio che la rende efficace, ma è una parte che è molto più influenzata dalla soggettività del singolo e che proprio per questo non può essere insegnata da un maestro, dev'essere l'allievo stesso ad arrivare a capire ed interiorizzare "come funziona".
(tutto stò giro di parole...per cercare di esplicitare il concetto di: lavoro interno delle am cinesi!)
Spero di non essere cazziato da nessuno se esprimo qui questo pensiero da autodidatta.
Il judo ha presentato la parte omote del movimento e della tecnica all'occidente e lo ha fatto con un linguaggio di tipo scientifico (squilibri, forze, distanza, tempo ecc.).
La parte ura corrisponde a quanto detto nell'intervento sopra ed è esercitata nel randori. Cioè l'ura del kito no kata è stato trasposto nel randori. E' chiaro che si può fare randori senza riuscire ad abbandonare la mente dalle spiegazioni di cui sopra, ma ciò va cercato.
Se potessimo rivedere una bella esecuzione in un randori, vedremmo che lo squilibrio, come anche le distanze, il tempo ecc. non sono come quelle di un kata (intendendo come kata un movimento prestabilito), è intervenuto qualcos'altro che ha a che fare con la mente di entrambi. Quello è ura.
Il passaggio da omote a ura (che mi sembra Kano chiami all'occidentale "fissazione psicologica") non è compito del solo allievo, ma necessita di aiuto da parte del maestro, attraverso la parola oltre che il corpo, necessita cioè trovare degli artifizi per far capire ciò che l'allievo deve capire con il corpo, quindi non capisce nel senso normale del termine). Non so se mi sono capito.
Fin da subito bisogna che l'allievo sappia che quello che fa non è SOLO squilibrio, spazio, tempo, forza ecc., perché prima cerca e prima trova, anche se all'inizio farà solo omote come faccio io la maggior parte delle volte.
In altre parole spesso chi è più scemo capisce prima di chi è più intelligente (chi usa più la mente).
Nelle koryu tradizionalmente non si spiega all'occidentale, ma comunque oggi si parla di squilibri ecc. prendendo il metodo dal judo (una volta c'era l'ikemono, il maestro faceva vedere e l'allievo ripeteva).
Il passaggio da omote a ura affinchè avvenga necessita però di definizioni dell'uno e dell'altro e questo è perfettamente tradizionale. Basti vedere i densho lasciati da kito ryu dove si spiega molto della scuola.
Posso supporre che un insegnamento di alto livello fosse riservato ai migliori oppure a quelli ai quali il maestro voleva insegnare.
Insomma, un tempo volutamente si diceva qualcosa e non tutto agli allievi, così come non si diceva in giro un bel nulla, ma questo avveniva non perché la trasmissione sarebbe stata migliore.
Oggi non esiste più un valido motivo per non consentire a tutti di poter accedere il più velocemente possibile a quanto può migliorarli nel corpo e nella mente, esattamente come propinava due secoli or sono il compianto Jigoro Kano.