Mi è piaciuta molto la risposta di carlo, davvero uno spunto interessante.
Mi fa riflettere molto, complimenti.
Grazie Patch87.
Se la cifra è, come immagino, l'anno di nascita, sei coetaneo con mio figlio, quindi parlo a te come parlerei a lui.
Questa ricerca di una efficacia marziale è molto comune (sia chiaro, prendo spunto dalla tua richiesta per fare un discorso più generale) ma spesso si delega solo all'arte l'onore/onere della efficacia, quasi che il praticante fosse un accessorio non indispensabile.
Un insegnante (non dico "maestro" sennò Marco-san continua a ca221armi...) diceva che l'arte è come una bottiglia e il praticante è come il vino contenuto.
Una buona bottiglia migliora un buon vino, ma nessuna bottiglia può rendere un DOC un pessimo vino.
Le tecniche più letali in termini di efficacia sono facilissime, quasi banali. Dita negli occhi, colpi col taglio della mano alla carotide, pugno a martello o uraken alla tempia... e si spegne la luce...
"Tecniche" che non necessitano di un lungo e particolare addestramento per essere applicate "a fare male".
Ma la tecnica amo vederla come un cavallo selvatico; briglie troppo tirate, il cavallo non si muove; briglie troppo lente, il cavallo va dove vuole lui... l'addestramento serve a comprendere (etimologicamente parlando) come e quando tirare le redini.
carlo, che da buoni consigli continuando a dare pessimo esempio