PARTE XXII
Naturalmente l’articolo suscitò curiosità, ulteriori domande e molte polemiche.
Avevo visionato siti in cui esperti italiani e internazionali avevano la loro lista di stili insegnati nella loro organizzazione. Stili, si. Uso il plurale. Curiosamente, se un esperto di karate diventa istruttore o maestro ne padroneggerà molto raramente più di uno, ma nelle arti marziali ‘nuove’, e per nuove intendo giunte a noi negli ultimi anni, legate al mondo dei corsi istruttori, si può essere esperti anche di cinque, dieci stili o arti marziali.
Ciò avviene poiché quanto più un’arte marziale è sconosciuta, tanto più sarà possibile approfittare dell’altrui ignoranza in materia per spacciarsi multi esperti. Succede così di leggere lunghe liste di personaggi esperti in decine di arti marziali differenti, miscugli da loro inventati per mascherare i loro deficit tecnici e spesso nomi di stili mai sentiti persino da esperti indonesiani. Se siete interessati a diventare istruttori o multi istruttori in diversi stili, vi basta sfogliare qualche rivista di settore, prelevare dalla banca un po’ di soldi, chiamare uno dei numeri dell’associazione che ha pagato la rivista per avere il suo spazio pubblicitario – siete voi a pagare quello spazio – e liberarvi per due, massimo quattro week end all’anno per apprendere il pacchetto arti offerto dall’associazione x, il cui maestro si sarà formato allo stesso modo o avrà inventato il suo mix o si sarà guadagnato la fama di esperto scrivendo qualche articolo sulla rivista oppure avrà ottenuto il diploma honoris causa grazie a qualche seminario organizzato per l’esperto internazionale di turno che lo ha subito promosso esperto e rappresentante per il paese y in virtù del o dei seminari organizzati per lui.
Il vero guadagno nelle arti marziali è questo. Quello dei seminari, quello dei corsi istruttori. L’attività in palestra rende ben poco e va subito integrata con manovrine del genere.
In queste arti esistono più istruttori che allievi e si leggono più pubblicità di corsi istruttori che corsi ordinari.
La qualità? Ma se ti insegnano dei minestroni da loro inventati, per di più giù in arti a molti sconosciute, chi potrà mai sindacare?
Succede poi che gli allievi più anziani ed esperti col tempo e per qualche motivo si stacchino dall’associazione e fondino la loro nuova organizzazione. E via con nuovi corsi istruttori.
Tornando a noi, questi personaggi usavano il termine Pukulan come semplice settore all’interno del loro stile oppure per indicare genericamente il colpire l’avversario. “La nostra parte di Pukulan”, “il nostro settore di Pukulan”, “oltre alle leve e alle proiezioni usiamo anche colpi (Pukulan)”. Frasi così abbondano. Ma non solo. Accanto al termine Pukulan alcuni hanno aggiunto loro nomi, interpretazioni e versioni personali.
Come è normale che fosse, il nostro articolo aveva dunque smosso un po’ le acque e tanti pesciolini si erano sentiti tirati in causa. Ciò è dovuto anche al fatto che nell’ambiente è risaputo che il Pukulan vero e proprio sia un’Arte dura. Che alcuni stili di Pukulan siano efficaci. Ma ciò è sempre dovuto a come ci si allena, non a come si chiama la propria arte.
Parte della polemica e delle critiche al nostro articolo vertevano sulla differenza fatta tra Pukulan e Permainan (gioco).
Per un praticante di Pukulan il Permainan è la capacità e l’abilità raffinata di ‘giocare’ con il corpo e l’equilibrio dell’avversario. Una specialità altamente sofisticata e difficile da applicare. Per poterlo fare è necessario conoscere perfettamente e intuitivamente le meccaniche e trovare sempre la propria giusta posizione mentre si agisce sul punto debole della posizione dell’avversario. Permainan non è un termine dispregiativo. Non se lo si intende nei confronti di chi dice di praticare Pukulan e invece si produce unicamente in entrate, proiezioni, sbilanciamenti, ossia la parte più soft delle arti marziali indonesiane. Soft ma importante. Poiché anche colpire duramente e applicare tipiche entrate di Pukulan vero e proprio su un avversario sbilanciato mediante la capacità di utilizzare il Permainan è naturalmente più sicuro, ma anche più efficace.
Il Permainan è dunque un elemento essenziale del repertorio del praticante di Pukulan. Ma vedere un praticante di Silat che applica tecniche e si allena non secondo gli standard cui un praticante di Pukulan è abituato susciterà facilmente frasi tipo: “quello è Permainan!”.
Per concludere: il Pukulan include il Permainan, ma non viceversa.
Il Permainan è spettacolare, divertente, facile da insegnare ma non da applicare.
Ottimo per i video, per i seminari, per i corsi ordinari, per i gruppi numerosi, per le donne.
Anche il termine “Silat americano” utilizzato nell’articolo non suscitò le simpatie di alcuni.
Pazienza. Resta il fatto che Pukulan praticato come si pratica in Olanda non è presente in America e neanche più in Indonesia. Quel genere di Pukulan è tipicamente ‘indo’. Praticato in Olanda in gruppi ristretti e non potrebbe essere altrimenti.
Ma pochi sanno tutto ciò e l’ignoranza permetterà sempre di giocare sui termini.
Ecco il perché dell’articolo.
Molti potranno dire e affermare di aver visto o praticare Pukulan fin quando non avranno visto o praticato con un vero praticante di Pukulan.
E a me ciò stava per succedere. Il primo italiano che aveva accesso al Pukulan olandese.
Non qualche visita e qualche allenamento sporadico di qualche rudimento come in seguito appresi aveva fatto il direttore dell’associazione in cui militavo e che tutti credevamo ne fosse esperto o almeno esponente e membro.
Il Pukulan. Studiarlo, allenarlo, assimilarlo nelle cellule, dalla prima all’ultima.
Il viaggio stava per avere inizio...