Intanto mi ritrovo nel discorso di Fabry riguardante l'esplorazione e la gestione del "lato oscuro".
Continuo a chiedermi perchè solo le arti marziali sentano il bisogno di parlare di una via spirituale e di dividere quella dalla pratica..
Mi spiegate (con parole semplice per favore) perchè la via spirituale dovrei impararla su un tatami? Non sarebbe meglio studiare filosofia o fare un bel corso di meditazione?
E soprattutto cos'è questo fantomatico -do? Se è rispetto umiltà e farsi un culo tanto non credo sia prerogativa delle AM
Ti dico di più. Ne' filosofia ne' tantomeno la meditazione hanno un valore spirituale in se'.
Non c'è
nulla che intrinsecamente contenga un ingrediente magico che permetta un'ascesa spirituale, tantomeno la religione, che in questo viene molto sopravvalutata.
La crescita spirituale è un impulso che nasce da dentro. D'altra parte però, tutto, comprese le arti marziali, può aiutare in questo percorso laddove ci sia tale impulso.
Le arti, marziali e non, ma pure qualunque altra attività sono solo
un mezzo attraverso cui si può trovare se' stessi.
La differenza tra Jutsu e Do, se esiste (perchè la teoria di Muteki mi pare molto plausibile), quindi non va ricercata in questo senso.
Non credo nemmeno che Jutsu e Do si definiscano in base ad una particolare strategia (linea vs cerchio) perchè è pacifico che per essere davvero capaci è necessario conoscere tutte le varie strategie e adattarsi all'avversario che ci si trova di fronte. Ad esempio, io con il mio background di Shotokan utilizzo spesso le linee rette, ma quando trovo qualcuno che è altamente specializzato in qustao ambito, di solito shotokanisti giovani o più rapidi e leggeri di me, e magari, controbatto con la circolarità per portarlo in un territorio a lui più ostile.
Secondo me la differenza potrebbe essere ricercata guardando quali altre discipline, a parte quelle di combattimento, riportano il suffisso -Do: Sho-Do (calligrafia), Ka-Do (fiori), Cha-Do (tè) ad esempio.
Tutte queste discipline hanno un approccio più ritualizzato e fatto di gesti "di contorno" preordinati.
Ho fatto questo esempio altre volte, ma se partecipiamo ad una cerimonia del tè, per circa un quarto d'ora vedremo una serie di gesti molto precisi che in se' potrebbero anche non esserci. Appoggiare la spatola in un certo modo, sedersi in una certa disposizione, osservare con attenzione i disegni della tazza... e solo infine gustare l'infuso.
Tutto questo non è strettamente necessario, basta prendersi una buona marca di tè, mettere a bollire l'acqua, sedersi, infilare la bustina, e buttare giù. La sovrastruttura tuttavia aiuta a portare una certa disposizione d'animo, alla ricerca della perfezione estetica e formale.
Già... ho scritto "estetica".
Concetto ambiguo perchè potrebbe essere confuso con la mera apparenza a discapito della sostanza (cosa che poi succede nelle gare di kata, cosa che non ho mai capito e mai capirò), ma nelle arti giapponesi così non è. La forma e la sostanza sono legate. Raggiungere la perfezione della forma influenza anche la sostanza (va da se' che, come è messo in evidenza da Funakoshi sr., la perfezione della forma è altra cosa rispetto al combattimento).
La cosa su cui non sono d'accordo è quando si dice che il praticante di un Do mette l'efficacia in secondo piano rispetto al praticante di un Jutsu.
Probabilmente sarebbe più corretto dire che il praticante del Do prende una via che oltre al mero risultato cerca quel qualcosa in più che rende la sua pratica "arte" e che il valore aggiunto di questa non sta in un miglior risultato a livello pratico.
In questo senso trovo che sistemi moderni e davvero orientati al risultato (cosa tutt'altro che scontata) come possono essere il KM e da quel che leggo il Keysi siano la quintessenza di ciò che potremmo chiamare Jutsu.
Dunque, ribadisco,
posto che davvero ci sia una differenza tra i due termini, penso che possa esistere Jutsu senza Do ma non Do senza Jutsu, altrimenti in quest'ultimo caso siamo di fronte ad una disciplina meramente estetica e circense adatta solo alle esibizioni.
Alla luce di questo pensiero, ritengo che mettere il suffisso -Do o -Jutsu alla propria disciplina sia alla fin fine una mera dichiarazione di intenti, ma è il praticante che decide quale via prendere. Ci sono dei praticanti di Karate-Do che sono dei rozzi fabbri e ci sono dei praticanti di SDC che sono così precisi e puliti che senza saperlo stanno percorrendo un Do.