"Mumble mumble ...
leggevo gli articoli che hai pubblicato su scuoladarmi relativi alla lotta, all'evoluzione gioco-sport-maturazione, all'aggressività...e siccome lì non si può postare ti scrivo una e.mail ... sempre che non mi spammi
Inevitabilmente leggere, se quello che leggo oltre ad essere ben scritto è ben argomentato (e ci tengo a precisare che, se è vero che partendo da una premessa sbagliata si può fare un ragionamento perfettamente logico... ma che sarà comunque un ragionamento sbagliato...si capisce come l'argomentum sia potenzialmente anche più importante della logica che lo sostiene!!) dunque... che stavo a dì?
Ah si... leggere qualcosa ben scritta e ben argomentata, inevitabilmente mi fa riflettere... e la cosa non è necessariamente un bene
Da dove parto? Bhé iniziamo dalla lotta... prima osservazione, lotta in greco è πάλαισμα (palaisma) la stessa parole da cui deriva palestra questo tanto per sottolineare identificazione tra allenarsi è lottare per gli antichi. Sarebbe forse anche interessante fare un raffronto con un'altra cultura che, per quanto lontana, è appartenente a quella che anticamente formava la civiltà del mediterraneo... ovvero l'india.
Se si osservano gli allenamenti tradizionali indiani, il Pehlwani (come anche quelli persiani del Varzesh-e Pahlavani - notare la radice comune pehlwani-pahlavani-palaisma tutti con la comune radice pale = lotta) essi sono costituiti da elementi formativi comuni. Senza andare a scomodare Myaghi&Danielsan e i loro allenamenti "alterativi" (oggi li si vendono come "funzionali") ecco che scopriamo attrezzature vecchie che oggi tornano di gran moda...Halteres (Grecia) kushti gada sumtola (India) Charkh Koshti Mīl Pah (Iran) ... se vuoi li traduco in inglese Halteres (Rubber-dumbell) kushti (prowler) gada (maceball o hummer) sumtola (log) Charkh (warm up) Koshti (push-pull) Mīl (Indian club) Pah (Aerobic)... okay è stato un elenco palloso ma era tanto per dire che poi non è che se metti una bella confezione e lo vendi col marchio Crossfit chiedendo uno sproposito ti stia necessariamente inventando qualcosa...
Ma quello che veramente mi piace è il "luogo" dell'allenamento: il "cerchio di sabbia" ... l'Arena.
Anzitutto un cerchio...non sto a spallarti sul significato mistico-simbolico-religioso-ecc del cerchio, dico giusto tre cosette. Primo che in inglese il "ring" di boxe, anche se è quadrato, lo chiamano appunto "ring", perché anticamente tutti i ring erano circolari, dal sumo all'arena dei gladiatori (tanto per andare da est a ovest) - credo forse solo il leitai (o come si scrive) si praticasse sopra un quadrato (ma i cinesi sono sempre originali) - Secondo che il cerchio è il simbolo del mondo, ed ho detto tutto. Terzo, e più importante... il cerchio è davvero molto semplice da realizzare...è molto più complesso fare qualsiasi altra forma geometrica piuttosto che un cerchio.
Poi la sabbia...la terra, ma una terra polverizzata, una terra che si impasta al sudore e al sangue, che ti si appiccica addosso. Una sabbia che richiama la terra, che richiama Gaia o Gea...che ci parla del Mondo. Ma probabilmente la sabbia era semplicemente comoda per attutire...direi che c'è poca mistica e molta pratica anche in questa scelta... E quando le cose dismettono i paramenti sacri e sono pronte a sporcarsi le mani, smettono di essere dette e vengono fatte.
Credo che questo sia un punto importante sul luogo. Non si lotta-combatte nei templi. Luoghi artificiosi e complicati... luoghi inumani e divini.
Si lotta nella polvere, si combatte nel fango... mud&glory recita il motto degli all blacks!
Ma del resto è ovvio... scrive Moshe "Polvere tu sei e in polvere tornerai!" (Genesi 3, 19) ma, visto che l'ebraico non mi fa impazzire... uomo da humus ovvero da terra (in contrapposizione a dio da dyauz ovvero cielo)!
Ecco quindi come la lotta, nel suo luogo di origine, si fonda proprio sul suo essere qualcosa di profondamente umano.
Ora veniamo al tempo del combattimento...e qui scomodiamo ancora i greci. I greci avevano due parole per definire il tempo... da un lato Kronos... il vecchio bastardo che si divora i figli... un modo elegante per dire che il tempo non aspetta nessuno...da l'altro lato Kairos...che non indica il tempo "cronologico", ma il "momento opportuno".
Ed ecco che la lotta, in quel cerchio così profondamente terreno e poco sacro in cui si origina...si svincola dal tempo storico per abbracciare un tempo più "profondo". Un tempo fatto di attimi, di percezioni, di sentimento... un tempo fatto di "momenti opportuni". Una dimensione decisamente sacra (o mitica) del tempo.
Anche questo mi piace. Perché non è nel luogo, nella sua maestosità, nella sua cerimoniosità "spaziale" e visibile, che fonda la sua "sacralità". Ma nella dimensione temporale che solo ed esclusivamente chi lotta può cogliere. Solo chi sta in quel momento lottando è sacro...perché si sacrifica...sacrum+facere ovvero si rende sacro.
Questo concetto si lega profondamente anche ad un altra riflessione.
La parola Agon ha originato nella nostra lingua tanto agonia che agonista. Ebbene questa è la giusta visione, l'interpretazione corretta dell'agonismo. Colui che gareggia e vince attraversando la via del dolore!
Una vittoria senza dolore, una vittoria facile, è una vittoria senza gloria!
E qui stiamo passando alla fase "gioco-sport-maturazione" combattere è inevitabilmente la via dell'agon, ovvero di un cammino doloroso immerso in un tempo "particolare". Ed è questo che consente la maturazione.
Narra la leggenda che Achille non nacque immortale, ma lo divenne. Qualche tempo fa mi sono interrogato sul "metodo" usato dalla madre di Achille per renderlo invulnerabile.
L'immersione nello Stige! Lo Stige, sono certo lo sai, è uno dei fiumi inferi... per l'esattezza è il fiume originato dalla ninfa Stix (credo una delle Oceanine...non mi ricordo) con un titano, tale Pallante.
Ora Stix sta per Odio, mentre Pallante (che credo significhi "vergine"...ma io ho fatto il liceo scientifico) era un custode della Sapienza o della Saggezza (notare: Pallante-Pallade, epiteto di Atena). Questa ierogamia origina quattro loschi figuri: Bia, Kratos, Zelos e Nike.
Nella mia fervida immaginazione ecco quindi che il percorso per diventare eroe (ovvero la massima categoria di combattente, colui che lotta contro i "mostri") attraversa quattro fasi:
Bia: la violenza ovvero la "Volontà" che è il primo atto. Essa indica propriamente l'agire, l'interruzione, violento appunto, dello stato di quiete (notare che anche un moto uniforme è in quiete). La manifestazione di Volontà è l'atto con cui un uomo decide di agire, di manifestarsi. La Volontà è lo sforzo, l'impegno permanente, per il raggiungimento di una meta.
La Volontà è vita in quanto la vita stessa è sforzo. Come asserisce Siddhārtha Gautama nella dottrina della Duḥkha che costituisce il primo fondamento al suo pensiero, “la vita è dolore” e chi decide di viverla, ovvero di interagire con l'universo attraverso le sue azioni, imponendo quindi la sua Volontà, si prepari al dolore (agon).
Kratos: una parola greca che possiede in se il senso di “forza stabile”, di “potere”. La parola che Kratos mi suggerisce è “radicamento”, meglio in inglese "grounding" che indica l'idea di piantarsi saldamente al terreno, atto che consente di esercitare la massima forza fisica in qualsiasi esercizio. Questo atto di consolidamento necessita dalla capacità di saper distribuire il nostro baricentro nel modo ottimale. Si compie quindi uno studio del proprio corpo. Non è un atto spontaneo ma un movimento che richiede studio, disciplina e preparazione. Queste sono le basi dellavera forza, che non risiede solo nei muscoli ma nella Tecnica (tekne, il saperfare)...ed è per questo che si parla di Potere e non di Forza brutale. Il Potere è indispensabile affinché il movimento riesca nel suo intento, ovvero affinché la Volontà (quindi una dimensione noumenica) diventi una Realtà (quindi una dimensione fenomenica). Il cuore del Kratos risiede dunque nella Preparazione, nella Tecnica (che si compone di forza, di studio e di consapevolezza - propriocezione, sensibilità cinestetica ecc se parliamo del solo corpo).
Zelos: ovvero l'Ardimento, il Coraggio! La Preparazione ci aiuta in ciò che conosciamo ma vi è nella vita, e quindi nell'affrontarla, sempre una componente di ignoto. L'ignoto ha da sempre spaventato l'uomo, né ha ottenebrato la mente. "Il sonno della ragione genera mostri" (Goya). Il Coraggio è propriamente l'atto di affrontare le tenebre. Rappresenta la discesa nei nostri inferi per affrontarne i personali spettri che ci infestano, come la discesa in campo aperto per affrontare gli avversari.
Metaforicamente direi che coraggioso è lo scalatore che conosce la logica delle montagne. Che conosce il comportamento della neve al diminuire della temperatura o all'aumentare dell'altitudine, che conosce la roccia e gli appigli che essa sa offrire. Non conosce quella montagna, ma conosce la montagna, la logica, il logos che parlano le montagne. Questo è il coraggio. La capacità di cogliere il logos delle cose... di saper cogliere il kairos. Credo che un discorso bellissimo sull'importanza del "tempo" nella lotta l'abbia fatto Bruce Lee...e sono certo tu lo conosca meglio di me
Nike: la Vittoria. Ecco che si conclude il cammino eroico di Achille. Come fare ad essere vittoriosi. Mumble mumble... ci ho rimuginato un bel po' su e alla fine mi sono dato una sola risposta. Si deve essere gioiosi. Uso questa parola orribile
per un motivo filosofico, ovvero perché la rubo agli stoici. Per gli Stoici la Gioia si distingua dal Piacere. Semplicemente asserivano che si può ottenere piacere dal Male ma non Gioia. Ecco quindi che la vittoria, quella eroica, quella che ti rende un eroe, quella che si ottiene nell'agonia, quella che si trova immergendosi nello Stige, è ottenuta in una lotta gioiosa.
Semplifico, riordino e sintetizzo.
Il mondo è in uno stato di quiete. La vita, se io non la vivo, è in uno stato di quiete (praticamente sono morto come direbbe Seneca).
Ma prendo coscienza del mondo, e decido di rompere l'armonia statica (quella che vivo passivamente). Compio un atto di Bia. Mi accingo a lottare col mondo (col fato, il destino, il capo rompi palle, Berlusconi...).
Se non voglio però essere travolto dagli eventi, non basta volere, devo sviluppare in me la vera forza, ed ecco che la lotta richiede l'allenamento (ovviamente funzionale eh
). Sviluppo il Kratos. Supero i miei limiti.
Ma la vita è oltre ciò che mi posso aspettare, oltre le mie euristiche... mi serve il Coraggio per affrontare l'ignoto (se poi vogliamo esagerare...possiamo parlare del grande ignoto...la Mietitrice... perché del resto non esiste guerriero che non si incontri con lei in un modo o nell'altro) ed ecco che lo Zelos mi indica una rotta nell'oscurità delle mie paure.
Infine ci vuole Gioia per conquistare la Vittoria. Rammento lo scontro tra Ettore e Achille... c'è stato un solo vincitore, ma in due hanno avuto la Vittoria. E infatti di due eroi ci parla la storia.
Perché anche Ettore ha combattuto con gioia. Certo non con piacere, ma combatteva per la sua patria, per sua moglie e per il suo bambino. E sono certo questo è stato per lui motivo di gioia.
Se non ricordo male il racconto, al principio è scappato. Per tre volte intorno alle mura di Ilio. E se fosse continuato a fuggire sarebbe vissuto...ma non sarebbe stato un eroe, non avrebbe conquistato nessuna Vittoria.
Invece si è fermato ed ha combattuto, ha lottato ed ha perso. Eppure, in quel modo un po' contorto con cui si "svela" la verità, ecco che abbiamo un solo vincitore ma due eroi vittoriosi.
Concludo con l'aggressività...aggredire un tempo significava semplicemente "andare a parlare"...ora lo si confonde con assalire...le parole perdono il loro significato.
La lotta, il combattimento, necessitano di un avversario. Quando si decide di entrare nell'Arena, in quel cerchio di sabbia che è qualunque luogo del mondo, quando si decide di rompere l'equilibrio statico (immobile, privo di tempo,morto) e di lottare per trovare l'equilibrio dinamico (nel tempo del kairos), l'armonia attiva e quindi di attraversare lo Stige, andiamo necessariamente incontro ad un avversario.
Gianni Rodari disse che "la Fiaba è il luogo di tutte le ipotesi"...e io dico che "l'Arena è il luogo di tutti gli scontri".
Specialmente degli scontri più importanti, il combattimento più grande, quello doveaggrediamo (ovvero ci misuriamo, dialoghiamo...troviamo il logos) l'avversario più forte.
Noi stessi? Forse... o forse Emin Boztepe o i Grace o l'equazione di Schrodinger o contro lo spirito combattivo di quel hardgainer di Gandhi... non lo so.
Ma se decidiamo di lottare sicuramente lo scopriremo
E se decidiamo di farlo, se decidiamo di entrare nel cerchio...abbiamo un solo modo per sperare di uscirne vittoriosi. E qui mi rifaccio allo schema che hai indicato tu: gioco-sport-maturazione e ancora gioco. Perché la vita/lotta è un gioco, e se non ci divertiamo, che gusto c'è?"