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Mi sono accorto adesso che avevamo già parlato molto di questo concetto qualche mese addietro ma me ne ero completamente dimenticato
Comunque vado avanti lo stesso, prenderò a piene mani dai miei stessi post vecchi e da quelli di altri, tra cui Roroarro...
Abbiamo assodato che il richiamo è uno die fattori che aiuta ad esprimere la massima potenza possibile.
Se ce ne fosse acora bisogno, riporto il video trovato da Roroarro che nella seconda parte mostra le differenze tra due pugni: quello del principiante e quello dell'esperto:
Kyokushin Uchi Deshi (3 of 3)Ora ci colleghiamo al discorso dei pugni (e quando possibile dei calci) "tenuti" senza richiamo in kihon che sono in apparenza in contraddizione con il principio di cui scrivo.
Kime non significa bloccare lì la tecnica, non è una contrazione finale. Questa è la spiegazione che viene data ai principianti per iniziare a percepire la differenza tra rilassamento e contrazione, ma è solo un
proto kime.
Il kime vero non è tenere il pugno duro in isometria come la roccia per un tempo indefinito (magari sufficiente a che il pubblico si impressioni o gli aribitri valutino, o che la contrazione estrema ci dia una falsa sensazione di potenza), ma è metaforicamente come un onda che parte dal terreno, passa e si dirige sul bersaglio attraverso il colpo, vi si abbatte e poi torna indietro.
In SKI il kime si intende esattamente così, e nei programmi da cintura marrone in su kime waza è una tecnica da portare proprio per comprendere a che punto si è interiorizzato questo movimento.
Il kime come affondo e richiamo è importante e può essere applicato nelle AM. Il problema però è che il nostro corpo è composto da innumerevoli articolazioni. Esse ci permettono di muoverci perchè per loro natura sono degli snodi.
Tali snodi, in relazione ad un pugno, possono essere però un limite in quanto essendo "molli", al momento dell'impatto possono ammortizzare il pugno che stiamo portando. Questo succede in prima battuta su articolazioni che permettono il movimento su di un piano, come il gomito, ma anche e soprattutto per quelle ancora più delicate che permettono il movimento nello spazio, come il polso e la spalla.
Il paragone estremizzato e banale sarebbe quello di provare a tirare una stoccata con un bastone snodato.
Se al momento del pugno gli snodi non vengono controllati, non solo l'energia accumulata che dovrebbe scaricarsi sul bersaglio viene dispersa, ma rischiamo anche di costringere tali snodi (nel nostro caso "vivi") a torsioni forzate, dolorose e dannose.
Per questo è impotante avere controllo e consapevolezza di tutti i muscoli e le articolazioni in ogni momento dell'esecuzione, cosa che non è agevole raggiungere se si prova lo tsuki subito con il dinamismo del vero kime. Se un principiante si mette a provare subito su di un sacco uno tsuki a piena potenza probabilmente o non affonda o si fa male.
Ecco spiegata l'importanza della forma.
La perfezione del movimento, dell'istantanea in cui stiamo trasferendo l'energia al bersaglio è il momento più importante di tutta l'esecuzione. Tale brevissima istantanea è riprodotta in maniera schematizzata e in fermo immagine nel kihon.
Se si frusta da subito, è possibile che ci si concentri solo sulla frustata appunto, con il rischio che veramente la tecnica non vada in profondità come dovrebbe andare, e / o che venga fatta in prevalenza di braccia come parte attiva (mentre invece devono essere la parte terminale del “motore”).
Questa particolare esecuzione dei kihon probabilmente ha il fine di fare un “fermo immagine” sul momento di massima estensione, cosicchè il praticante “senta” la penetrazione del pugno e il corretto allineamento di tutte le parti del corpo.
Naturalmente questa esecuzione di per se’ non basta, e in tanti rimangono a tale livello basilare, chiamandolo “kime” dicendo poi che il Karate è rigido / ci si muove a robottino / si fa’ finta di colpire.
Parallelamente al kihon, una volta che il fermo immagine della tecnica è sufficientemente corretto è necessario dinamizzare la costruzione del movimento, tramite l’esercizio della frustata / richiamo, che può essere esercitata in vari modi. Una volta che si riesce a comprendere questa meccanica e a
raccordare il concetto di frustata con quello di affondo, anche il kihon fondamentale assume un’altra dimensione. Si visualizza l’impatto prima della massima estensione, prima che la tecnica sia conclusa e bloccata e prima che il peso sia scaricato a terra, e anche visivamente l’esecuzione diventa più fluida e anche bella da vedere.
Il kihon tradizionale serve quindi ad abituare il corpo ad un corretto allineamento esteriore, il "blocco" in kihon e un'ipotetica istantanea scattata in esecuzione dinamica mostrano due situazioni esteriormente identiche, ma ciò che succede all'interno cambia.
Continua...