Buonasera a tutti, scusate se mi presento così senza avvisare, ma mi sa che ho ingoiato l’amo con tutta la lenza!
Vorrei fare un paio di piccole osservazioni, rigorosamente all'insegna della concordia. Parto dall’inizio:
Da Wikipedia.it
Il Kime, nella pratica del Karate, può essere definito come "focalizzazione della massima potenza esplosiva del colpo" in un punto stabilito.
Lo studio e la corretta comprensione di ogni singola tecnica, da parte dell'allievo, dovranno trovare quindi il loro naturale coronamento nello sviluppo del Kime, sia nella pratica quotidiana del Kihon, sia nell'esecuzione dei Kata, conferendo ad ogni attacco e ad ogni parata la massima incisività, potenza e pulizia.
Nessun praticante di Karate, dunque, può aspirare a progredire verso i gradi superiori della disciplina se non è in grado di applicare un buon Kime durante l'esecuzione delle tecniche. Lo stesso principio si applica, a maggior ragione, nelle manifestazioni agonistiche, nelle quali il Kime è uno degli elementi fondamentali di valutazione dell'atleta.
Da Wikipedia.en
Kime (Japanese: 決め) is a Japanese word. It is the noun form of the verb "kimeru," which means "to decide," "to conclude," etc. In English, its general meaning is "deciding."
Kime is a commonly-used Japanese martial arts term. In karate it can mean "power" and/or "focus," describing the instantaneous tensing at the correct moment during a technique. The tension at this time is mostly focused on the dantian ("hara") and abdomen. In judo, the "Kime-no-kata" are often translated as the "Kata of Decision." In other budō, the term refers to attacking a pressure point. In all cases, certain finality is implied.
Cos'è veramente?
Come si allena/si ricerca?
Quale vera utilità ha?
C'è chi ne esalta la sua importanza e chi lo critica fortemente.
Voi che ne pensate?
Senza rispondere alla prima domanda è impossibile rispondere alle altre.
E qui mi sono messo di buzzo buono per partire pulito, preciso e con il piede giusto, ma già vedo un po’ di problemi.
Per cominciare, che cosa intendi per “veramente”?
Intendi una traduzione in termini fisici? Fisiologici? In questo caso:
- i termini utilizzati da Wikipedia sono approssimativi o controversi: la “potenza esplosiva” non è un termine definito, né come grandezza fisica (lo è la potenza, in quanto lavoro compiuto - o energia rilasciata - nell’unità di tempo) né come capacità condizionale (lo è invece la forza esplosiva). Di fatto, non è stato fornito nessun corrispettivo di questo concetto (nato in termini empirici e in contesto culturale differente) né nella fisica né nella scienza dello sport;
- di per sé il passaggio da un modello fisico generale (didattico, di quelli che si trovano anche sui testi per ragazzi) a un modello di movimento umano è molto, molto difficile da realizzare, per il grande numero di fattori che concorrono a quest’ultimo. Qualcuno pensa seriamente di ricavare considerazioni utili per l’efficacia di una tecnica direttamente dalla formuletta F = M x A ?
Eppure leggo, ora come in passato, qui come altrove, ogni sorta di volonterose elaborazioni sulle grandezze e sui meccanismi in gioco in una tecnica di karate o altra disciplina (molte anche scritte da me, purtroppo) che non tengono alcun conto di queste difficoltà.
Di fatto, a quanto vedo il concetto di “kime” non è fisicamente definito; per quanto se ne sa, non è nemmeno detto che sia fisicamente definibile (per gli amanti della storia delle scienze, potrebbe essere un concetto come l’etere o il flogisto) ed è quindi impossibile iniziare discorsi sulla sua utilità o allenabilità.
Ho letto di kime a solo, kime in interazione, kime vero, kime sportivo, kime da principiante, kime da esperto, ma una definizione chiara di kime ancora no. E penso che solo per arrivarci vi sia da fare un lavoro non indifferente!
Un’ultima osservazione per l’amicone Ryujin, (che diabolicamente persevera), anche se non vorrei ripetere il botta e risposta interminabile dell’ultima volta.
Mi sono riletto il testo del prof. Hewitt, e nei suoi esempi di rimbalzo non ho trovato nulla, ma proprio nulla di associabile all’azione “di richiamo” che conferirebbe maggior forza (in senso fisico) alla tecnica: né in quello del vaso, né in quello del pistolotto contro la lastra di pietra, né nelle pale del mulino ad acqua, né ahimè nell’esempio della karateka – tra l’altro la cui mano vedo affondare tra le lastre piuttosto che rimbalzare (ma forse non è tanto esperta?).
Secondo me quest’ultimo è un esempio leggermente fuorviante se non lo si legge attentamente, e la giustificazione fisica che tu dai al “richiamo” si basa su un’applicazione impropria delle leggi dell’impulso al tuo ragionamento… oppure qualcuno mi spieghi che cosa non ho capito nei paragrafi 3.1 e 3.2 del testo di Hewitt!
Onestamente, continua a non tornarmi anche questo aspetto:
4a) una volta che la tecnica è arrivata a fine corsa (ripeto, prima della fine corsa delle articolazioni), gli antagonisti ora eseguono un vigoroso ed intenzionale lavoro di richiamo per ottenere l'effetto rimbalzo spiegato da Hewitt. Attenzione che non è un rimbalzo elastico, perchè in questo caso vuol dire che non abbiamo dato un pugno morbido e non abbiamo vinto completamente la resistenza del bersaglio, una palla che ci rimbalza elasticamente in testa non ci fa molto male quanto una statuetta di ferro che ci viene calata sul cranio e poi richiamata.
Naturale che poi una componente elastica ci sia ma deve essere minimizzata.Quella che ho evidenziato purtroppo mi sembra una contraddizione in termini: un rimbalzo è per sua stessa definizione elastico, non mi risulta che vi siano rimbalzi propriamente detti che non siano dovuti a restituzione elastica dell’energia.
A parte l’ovvio paragone tra due esempi imparagonabili (la pallina di gomma contro la statuetta di ferro…). Un esempio più calzante potrebbe essere l’impatto di un mattone che si rompe durante l’urto, paragonato a un mattone di pari massa e velocità ma di materiale più resistente, che resta intero e rimbalza sulla calotta cranica (che un minimo di elasticità ce l’ha): se la testa non si rompe, nel secondo caso sentirò molto più male; e forse qui il differente impulso può spiegare la cosa.
La statuetta di ferro che nel tuo esempio ti cala sulla testa e viene richiamata
non rimbalza; viene richiamata, che è per l’appunto una cosa diversa. Nel bilancio delle energie in gioco si introduce allora una voce ulteriore, che è la forza di richiamo. Possiamo narrarci tutti i meccanismi e le modalità di azione, tirare in ballo ogni sorta di considerazione, ma che non può spostare di una virgola questo fatto.
Concludendo, dovessi dare un'opinione dovrei dire che forse sarebbe il caso di ripensare l'argomento partendo da altre basi. Magari più storico-filologiche che scientifiche o aspiranti tali...
Ehm…troppo “soft” come esordio?