Sarebbe interessante sentire l'utente Beppe che ha conosciuto questo maestro...
Ahia mi chiamano in causa! Dal mare... se ne va a farsi benedire il mio buon "vivi nascosto"...
Per amor di precisione: io mi allenavo con il gruppo di taikiken-iken (in giapponese: yiquan) che faceva capo a Kubo (ma Kubo, grosso e massiccio anche per un occidentale, l'ho incontrato una volta sola), e che si incontrava in due dojo differenti e vicino al parco del castello di Osaka. Di quel periodo ricordo diverse cose, non tutte molto piacevoli: le posizioni da taikiken BASSE, con le ginocchia che sporgevano oltre la punta dei piedi (posizioni ottime per la parte bassa della schiena, ma le ginocchia e le gambe...); e poi gli esercizi di sensibilità con i bastoni, e l'esercizio di pugni che "smbravano" presi dallo xingyiquan, perché ne ricordavano i nomi, ma che rispetto allo xingyi erano molto diversi; e l'esercizio di shotei (i colpi col palmo della mano, duri, ascendenti, esercitati più a lungo delle tecniche di pugno e con uno "snap" da karate); e poi gli esercizi di sensibilità con l'ausilio del bastone e dello shinai; e gli esercizi di combattimento, cui partecipava gente del keiwan (K1) e del KKK (e no, non si trattava degli incappucciati un poco sfigati 'mmericani der sudde: questi menavano come esaltati!) - e dagli esercizi di combattimento per lo più io fuggivo, proprio a causa dell'esaltazione. Era il 2003, e tutti questi signori mi sembravano fighissimi, finché un insegnante di una koryu, incontrato tramite amici, mi freddò: "Combattimento reale?", mi disse, "E quanto dura?". Io: "Almeno 5 minuti a coppia". E lui: "E alla fine quanti morti?". Io: silenzio. E lui: "Quello non è combattimento, è un gioco: le risse alle elementari valgono altrettanto". E gli amici, budoka di fama da mezzo mondo, inseriti nel "giro" delle Koryu, a dargli ragione...
Ciò detto, è indubbiamente vero che gli "ikenisti" giapponesi si allenavano con foga e determinazione (with dedication). Ed è vero che attingevano a due tradizioni: nel caso di Kubo e di chi lo seguiva, il taikiken di Sawai (si mormorava che Kubo fosse stato la persona più giovane insignita da Sawai del grado di Renshi) e lo iken/yiquan di Yao Chenguang. E le due pratiche erano mescolate in allenamento, pur tenendole distinte "in teoria" (le posizioni potevano anche essere tenute "basse" stile taikiken; e all'inizio ai principianti era richiesto "soltanto" di mantenerle; ma poi si iniziava a lavorare sulle direzioni, tensioni, rilassamento eccetera). Io ci ho visto molti elementi del kendo e dello iaido (il senso della distanza, i passi, certi concetti relativi all'uso del centro - ma non chiedetemi esempi, non sarei in grado di farne), ma anche un approccio molto diretto, lineare al combattimento; meno, molto meno pugilato rispetto al gruppo di Yao, che, su consiglio e presentazione dei ragazzi del taikiken, visitai durante quelle vacanze di Natale. E si praticavano sì i cinque pugni dello xingyi, ma rivisit e corretti - e io avevo l'idea che quei cinque pugni appartenessero ad un'epoca intermedia tra lo yiquan di oggi (fortemente influenzato da Yao) e lo xingyiquan da cui, in parte (molto) ristretta, partiva Wang. Vi era, nel taikiken, anche un esercizio del fali quasi statico, molto ma molto diverso dal fali dello yiquan. Una pratica che all'epoca trovavo interessante, ma anche "strana". Qualche tempo fa, parlando con un grande praticante di Yiquan di Sesto, proveniente dal karate, allievo un tempo di Tokitsu, oggi di Guo e i altri insegnanti, a tavola si discuteva proprio dell'opportunità di allenamenti di combattimento spinti allo stremo delle forze e all'estremo del... ma la conclusione cui, in due, si arrivava, la conclusione condivisa, era che neppure nel muay thai o nella boxe durante lo sparring si spinge fino all'estremo - non è logico "rompersi" in allenamento, prima di dover combattere davvero. Nel taikiken, ma prima anche nello shotokan dei miei tempi, lo si faceva, lo si fa.
E a me, che sono pigro e "signor nessuno" nelle AM, questo non piace. Just my two cents.